” UN MASSACRO ORRIBILE NELLA LOGICA DELLA RIVALSA ” – DI VALTER MARCONE
Redazione- Ha scritto Luigi Manconi su Repubblica del 25 ottobre 2023 : “È possibile disertare? Non intendo dire restare indifferenti o assumere una posizione equidistante, bensì sottrarsi alla logica bellica degli opposti schieramenti in campo — filopalestinese, filoisraeliano — e adottare un punto di vista che vada oltre questa tragica spirale di morte. Quando sento anche persone a me care (politicamente e affettivamente) ammonire che i bambini palestinesi uccisi dai bombardamenti di Israele sono «tre, quattro volte» quelli uccisi da Hamas provo un leggero disgusto.”
Luigi Manconi sta parlando del conflitto tra Israele ed Hamas in un contesto in cui Israele ed il popolo palestinese ridotto a vivere all’interno della striscia di Gaza ,dopo le occupazioni dei territori da parte di Israele , si combattono ormai da vari decenni .In attesa di una soluzione che da più parte viene indicata con la formula “ due territori, due popoli “ . Un conflitto che il 7 ottobre 2023 ha registrato una deflagrazione a causa dell’aggressione da parte di miliziani di Hamas ad alcune città e kibbutz di confine che ha fatto distruzioni, morti ed ostaggi.
Quel giorno, racconta la cronaca Hamas ha attaccato Israele dal cielo,dalla terra e dal mare . In venti minuti sono caduti sul territorio di confine tra Gaza e Israele tremila razzi per saturare il sistema di difesa aerea Iron Dome; dalla terra incursioni nelle città meridionali, specie Sderot. B’ert, Hofakim, Nahal Oz, Mugen, Sufa, il kibbutz di Kfar Aza; dal mare con sbarchi .Attraverso varchi nelle barriere di metallo ,calati dai parapendii oppure emersi dai tunnel ,i miliziani di Hamas hanno occupato centri urbani, posti di frontiera uccidendo almeno 1300 persone tra cui 200 militari e prendendo in ostaggio altre 200 persone .
Da quel momento la reazione di Israele, in preparazione di un intervento di terra che porti i suoi soldati proprio sulla striscia di Gaza per annientare una volta per tutte Hamas , ha visto bombardamenti e lanci di razzi continui su quel territorio. L’operazione aerea dal nome “Spade di ferro” sopra i cieli di Gaza ha portato decine di aerei a colpire la Striscia nel tentativo di colpire obiettivi militari di Hamas. Bombardamenti che hanno prodotto secondo il ministero della Salute di Gaza 6.055 morti tra cui 2.000 bambini e più di 18mila feriti.
Inoltre Israele ha sospeso l’erogazione di acqua, energia elettrica, carburante e ha chiuso il valico di Rafat verso l’Egitto da dove quotidianamente entravano nella striscia aiuti umanitari, carburante , cibo e tutto quello che occorreva per il sostentamento dei due milioni di palestinesi della striscia e per il funzionamento dei servizi delle loro città, soprattutto il funzionamento degli ospedali. . (1)
La data del 7 ottobre scelta da Hamas per la violenta incursione sul territorio di Israele sembra ricordare un anniversario. L’incursione decritta come la più violenta degli ultimi anni è stata e paragonata alla guerra dello Yom Kippur (o guerra di ottobre). Iniziò il 6 ottobre 1973 durante i festeggiamenti del Kippur. Fu un’operazione militare congiunta organizzata da Egitto e Siria che colse di sorpresa Israele. L’operazione portata avanti da Hamas ha avuto inizio a un giorno dalla ricorrenza del cinquantesimo anniversario della guerra del ‘73.
Probabilmente l’incursione di Hamas è maturata in un contesto in cui il 2 luglio le Forze di difesa israeliane (IDF) hanno lanciato “un vasto sforzo antiterroristico nell’area della città di Jenin e del campo di Jenin”, colpendo una “infrastruttura terroristica” .Il 4 luglio a Jenin le truppe israeliane avevano messo in atto una caccia all’uomo , episodio al quale era seguito lo stesso giorno a Nord di Tel Aviv il ferimento di otto persone in un attentato condotto da un furgone uscito di strada che aveva travolto alcuni passanti. In quell’occasione il movimento islamico palestinese Hamas aveva elogiato l’attacco, definendolo “la prima risposta ai crimini dell’occupazione contro il nostro popolo a Jenin”. (2)
E soprattutto arriva dunque al culmine di un processo di inasprimento delle tensioni. Il 2022 è stato l’anno più sanguinoso per i palestinesi della Cisgiordania dalla fine della Seconda intifada (2000-2005).
Allo stato di tensione ha contribuito sicuramente , come riconoscono le fonti di stampa e l’opinione pubblica israeliana le decisioni dell’esecutivo di Netanyahu su alcuni fronti. Decisioni che hanno prodotto dimostrazioni di piazza per molti mesi e hanno fatto passare in seconda linea per esempio gli avvertimenti in tema di sicurezza che da alcune parti venivano lanciati.
Decisioni che hanno prodotto la legalizzazione di nove colonie israeliane in Cisgiordania e l’approvazione della costruzione di nuove colonie. Un progetto illegale anche secondo la comunità internazionale che ostacola il raggiungimento della pace. Inoltre, il parlamento ha approvato una legge per revocare la cittadinanza o il permesso di residenza non solo a tutti coloro che sono condannati per terrorismo, ma anche a chi riceve sostegno pecuniario dall’Autorità nazionale palestinese.
Hamas nasce al termine della prima Intifada (1987), la sollevazione popolare contro l’occupazione da parte di Israele dei territori palestinesi. Ma proprio in quegli anni tra il 1993 e il 1995 vennero siglati gli Accordi di Oslo che, sulla base della soluzione a due stati, avrebbero dovuto rappresentare il primo passo verso la costruzione di uno stato palestinese indipendente (3)
In realtà quel processo è fermo ormai da trent’anni quasi per l’ascesa al governo in Israele di Netanyahu dal 1996, che assieme ad altri fattori, ha bloccato i negoziati sulle questioni lasciate aperte dagli Accordi e ha di fatto congelato il processo di pace .
Tra il 2000 e il 2005 con lo scoppio della Seconda Intifada ogni prospettiva di pace viene azzerata . Una seconda Intifada più aspra della prima con la morte di quasi cinquemila palestinesi e mille israeliani . Morti e distruzioni che hanno lasciato un segno . Inoltre nel 2002, nel pieno della sollevazione popolare palestinese, Israele cominciò la costruzione di un muro di separazione tra i propri territori e quelli palestinesi in Cisgiordania. Da allora la situazione nei Territori palestinesi non ha fatto altro che peggiorare. Israele continua a mantenere una consistente presenza militare in Cisgiordania, dove negli ultimi vent’anni ha anche accelerato la sua politica di espansione delle colonie, città e insediamenti israeliani in territorio palestinese, ritenuti illegali dalla comunità internazionale.
Il 7 ottobre 2023 dunque. Giorno dell’attacco da parte di Hamas ad Israele e ricorrenza del cinquantesimo anniversario della guerra del Yom Kippur (o guerra di ottobre).Ma da quel momento si è cominciato a combattere nel nostro paese anche un’altra guerra , oltre quella in Palestina e oltre quella della propaganda da parte dei due contendenti : Hamas che rilascia con il contagocce gli ostaggi, Israele che apre alla stampa gli obitori dove sono conservate le salme delle vittime del raid del 7 ottobre, una guerra in casa nostra.
Una guerra tra giornalisti , opinionisti, intellettuali , professori universitari, sui social e nei talkshow dove si fronteggiano schieramenti filopalestinesi e filoisraeliani . Una guerra “ di parole ” tra privilegiati che vivono lontano dalla guerra vera , incapaci di assumersi la responsabilità di essere liberi dagli schieramenti; soggetti alla trappola della rivalsa ,incapaci di vedere la realtà e soprattutto le vittime. Schieramenti che non vivono la condizione materiale del dolore di quello strazio che è stato l’incursione miliziana di Hamas prima e la reazione israeliana dopo . Dentro la trappola della rivalsa in cui la reazione di Israele produce delle vittime intese solo come dato statistico che fa dire : ecco Israele ha ucciso tre volte di più di Hamas bambini innocenti. Tutto questo in un paese, il nostro , abituato ormai da tempo alle polarizzazioni : schierarsi subito, come è avvenuto anche nel caso del conflitto Russia Ucraina perdendo obiettività e solidarietà verso le vittime. Senza capire le cause . Ma soprattutto manca la capacità di empatia con le vittime di entrambi i contendenti ; manca una equanime empatia che diventa una questione etica da analizzare attentamente. Ovvero capire a che cosa è dovuto questo fatale schierarsi .
A proposito di polarizzazioni ,per esempio, ma anche in tema di sinistra e sionismo , si potrebbero ricordare gli articoli di Furio Colombo su Il foglio del 19 ottobre e poi sulla Repubblica di mercoledì 25 ottobre .L’ex direttore dell’Unità afferma : “L’antisemitismo, che in Italia era stato una prerogativa fascista, della destra, è penetrato a sinistra, come l’umidità che si diffonde da una parete all’altra della casa” .Ovvero continua Colombo : “ Su Israele la sinistra sta commettendo lo stesso tragico errore che commise con le Brigate Rosse. Lascia circolare nel suo discorso la propaganda di Hamas, come fosse la limpida voce del popolo palestinese, anziché quella di un’organizzazione terroristica feroce, contro la quale è necessario schierarsi e denunciare, come fece l’operaio comunista Guido Rossa con le Br”. Proprio sull’articolo sulla Repubblica Colombo si domanda a proposito di sinistra e questione sionista : “Come ha fatto la parte più ricca di cultura resistenziale a confondersi fino a perdere il filo? “
Nel suo articolo Luigi Manconi ha voluto denunciare proprio questo” tipo di guerra” ,in aggiunta alla guerra vera che si combatte però lontano dal nostro paese, spostando l’attenzione sulle vittime di entrambi i fronti e sulla necessità di affrontare il problema fuori dalla logica degli opposti schieramenti . Ma soprattutto quello di Manconi è un appello all’umanizzazione di fronte ad un massacro di esseri umani .
Un massacro orribile da entrambe le parti, una spirale di morte che avvolge entrambi i contendenti , un prezzo altissimo pagato dai civili di Israele e dai palestinesi della striscia di Gaza. Ci sono voluti , tanto per fare un esempio , molti mesi di guerra tra Russia e Ucrania per arrivare ad un numero così alto di vittime civili che nel conflitto israelo palestinese si sono contate in una settimana.
Una cronaca che racconta un numero altissimo di vittime. Ma una cronaca che però non può stravolgere le vere ragioni del conflitto e le vere strade per arrivare ad una composizione dello stesso facendo diventare “ statistica “ le cifre delle vittime.
Di fronte alle quali occorre chiedersi superando le barriere ideologiche, gli schieramenti e l’uso politico della storia cosa sta succedendo in Medio Oriente. Ovvero ricercare le ragioni del riaccendersi di queste violenze e le conseguenze . E soprattutto chiedersi perchè il processo di pace avviato con gli accordi di Oslo non ha dato i risultati sperati . Che cosa c’è da capire dopo gli attacchi terroristici di Hamas in Israele,la migrazione di massa di palestinesi verso il Sud di Gaza e l’operazione di terra che ha lanciato Tel Aviv. Che cosa c’è da capire di questo drammatico scenario in evoluzione continua che ha già prodotto un riallineamento delle posizioni in Medio oriente. Tra attori importanti come l’Arabia Saudita con la quale Israele aveva avviato colloqui e trattative in uno scenario in cui contano di più gli affari che le vecchie ruggini . Con una Iran che continua a sostenere Hamas e gli herzbollah del Libano e una Turchia che si affaccia dentro equilibri che vedono protagonisti anche Russia e Cina per esempio in Siria.
Ho brevemente tracciato più sopra una storia dell’escalation del contrasto tra Israele e i palestinesi che ha portato ai fatti del 7 ottobre . In realtà quanto è accaduto sta producendo anche un nuovo allineamento nel Medio oriente di Stati che negli ultimi decenni avevano visto in Israele un punto di riferimento in alternativa alle mire egemoniche dell’Iran . Negli ultimi anni i rapporti tra Israele e gli altri paesi della regione sono sensibilmente migliorati. Risale al 2020, infatti, la firma dei cosiddetti Accordi di Abramo(4) per una normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra Israele e gli Emirati Arabi Uniti, il Bahrein e il Marocco (oltre che il Sudan).
Dunque tutti quegli Stati che vedevano negli accordi di Abramo una prospettiva avevano scelto, una scelta strategica in questo caso, di affidarsi al soggetto più lontano o meno noto, in questo caso Israele anziché a quello contiguo o più longevo. Una scelta anche in considerazione del fatto che che Israele occupa un territorio, quello della Terra Santa e in particolare di Gerusalemme, carico di simboli specialmente per i seguaci delle tre religioni monoteiste. Da secoli, dice Dario Fabbri su Domino n 9/2023 , “l’impero persiano ,prima zoroastriano,quindi sunnita, e poi sciita, è antagonista dei numerosi popoli arabi ,tranne quelli vinti allo sciismo. Viceversa Israele esiste da appena 75 anni , con estensione territoriale ridotta,privo di missione panregionale. Caratteristiche che ne convalidano la preferibilità anche per Stati di confessione altra”.Probabilmente l’attacco di Hamas sostenuto dall’Iran ha inteso rimescolare le carte sul territorio mediorientale, provocando la reazione di Israele a danno delle vittime civili palestinesi e infiammare le piazze per allontanare di nuovo Israele dal suo contesto geopolitico .Un tentativo iraniano attraverso Hamas di di spezzare il fronte multiconfessionale ordito ai suoi danni
Ma il nostro tema è quello della rivalsa che sta producendo migliaia di morti civili .
Secondo la logica della rivalsa sembra essere stato interpretato il discorso del segretario generale dell’Onu Antonio Guterres che ha denunciato la “ soffocante occupazione a cui il popolo palestinese è sottoposto da 56 anni e le “chiare violazioni” dei diritti umani compiute dall’esercito israeliano a Gaza.
Parlando dell’attacco compiuto dal gruppo fondamentalista Hamas, il segretario generale ha definito “ingiustificabili” le violenze indiscriminate compiute il 7 ottobre, sottolineando però come sia “importante riconoscere che gli attacchi di Hamas non sono avvenuti nel vuoto : il popolo palestinese è stato sottoposto a 56 anni di soffocante occupazione. Hanno visto la loro terra costantemente divorata dagli insediamenti e piagata dalla violenza, la loro economia soffocata, la loro gente sfollata e le loro case demolite. Le loro speranze per una soluzione politica alla loro situazione sono svanite.”
L’intervento di Guterres, conteneva anche con un forte richiamo ai leader israeliani a rispettare le regole della guerra e il diritto internazionale. “Anche la guerra ha delle regole. Dobbiamo esigere che tutte le parti in causa mantengano e rispettino gli obblighi derivanti dal diritto umanitario internazionale; che facciano costantemente attenzione, nella conduzione delle operazioni militari, a risparmiare i civili; che rispettino e proteggano gli ospedali e l’inviolabilità delle strutture delle Nazioni Unite che oggi ospitano più di 600.000 palestinesi”.
Il discorso non è piaciuto affatto a Israele, perché non avrebbe tenuto conto delle violenze subite dagli israeliani e troppo poco duro verso Hamas, che Israele e altri paesi considerano un’organizzazione terroristica.
In realtà Gutierres ha detto quello che l’Onu va ripetendo da tempo. Forse in questo caso lo ha detto male e quindi è più alla forma che alla sostanza che va imputata la critica . Una critica che si è scatenata anche nel nostro paese e anche in questo caso tra opposte fazioni oltre che in campo internazionale . In realtànel discorso di Gutierrez ci sono passaggi e sono quelli in cui condanna Hamas, tra l’altro parlando in modo esplicito di azione terroristica (“act of terror”). Qualcosa di radicalmente lontano dal lessico pro-Hamas, che di solito si esprime in termini di “resistenza”, o “rivolta” contro l’occupante. Gutierrez poi parla da segretario dell’Onu quando fa appello alla dignità umana e dove si richiama al diritto internazionale, poiché come ricordato in questi giorni dalle principali organizzazioni umanitarie, come ad esempio Human Rights Watch , il diritto internazionale e in particolare la Quarta coonvenzione di Ginevra (1949), che protegge e tutela i civili dovrebbe essere in cima alle priorità. Entrambe le parti attualmente in conflitto (l’esercito israeliano, Hamas e la Jihad Islamica) sono tenute a rispettarla. È questo un fatto incontrovertibile che nessuno può smentire o sconfessare, e verso il quale non esistono deroghe.
Proprio Human Rights Watch a proposito dell’intervento di Guterres, ha scritto sulla sua newsletter Daily Brief:
Se c’è una cosa che tutti dovrebbero imparare dal conflitto in Israele e Palestina delle ultime due settimane – e in realtà dai conflitti ovunque negli ultimi anni – è questa: le atrocità non giustificano le atrocità. Se leggerete un milione di frasi su questi eventi, ricordate almeno quelle sei parole. Non è difficile capire l’idea di fondo. Le “leggi di guerra” si applicano a tutte le parti in conflitto, e quando una parte viola tali leggi, non autorizza l’altra parte a ignorarle. Infatti, nulla di ciò che fa una parte può giustificare i crimini di guerra dell’altra parte.
C’è infine un altro aspetto da evidenziare nelle parole di Guterres e che sta passando sotto silenzio: tra le vittime civili a Gaza ci sono state finora “almeno 35 persone” che lavoravano per l’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione.
Probabilmente è questo il vero senso e la vera interpretazione che va data alle parole di Gutierrez.delle parole di Gutierrez : “ Se c’è una cosa che tutti dovrebbero imparare dal conflitto in Israele e Palestina delle ultime due settimane – e in realtà dai conflitti ovunque negli ultimi anni – è questa: le atrocità non giustificano le atrocità.”
Le atrocità non giustificano le atrocità : “si può giustificare l’attacco di Hamas, il male provocato da quell’attacco in forma di lutti e sofferenze con un altro male quello messo in atto da Israele in questi anni di sopraffazione nella striscia di Gaza . “
No è la risposta semplice ma forte. No . E lo ha detto Manconi nell’articolo con il quale ho iniziato questa riflessione scongiurando la logica della rivalsa che produce solo orribili massacri di cui purtroppo è piena la storia dell’umanità.
Anche se Netanyahu insiste nell’affermare che la guerra continuerà fino ad oltranza , ovvero fino alla distruzione di Hamas contravvenendo anche agli auspucu dell’alleato americano che sollecita una risposta proporzionata ai fatti del 7 ottobre. Un Netanyahu che sa che la sua carriera durerà fino a quando dura la guerra e che da ultimo si è visto costretto, dalle manifestazioni dei parenti degli ostaggi che sono arrivati a momenti fin dentro il suo alloggio, ad aprire una trattativa con Hamas , che mai avrebbe voluto fare, per lo scambio di prigionieri palestinesi contro ostaggi in mano ad Hamas. .Infatti un sondaggio del Dialog Center, pubblicato dal Jerusalem Post, ha mostrato che il 94% degli intervistati ritiene che il governo di Netanyahu abbia almeno una parte di responsabilità per l’assenza di adeguate misure di sicurezza che hanno portato al massacro del 7 ottobre, mentre il 56% degli intervistati ha affermato che dovrebbe dimettersi dopo che la guerra è finita. Nel frattempo, il sostegno a Netanyahu è diminuito considerevolmente; un altro sondaggio condotto da istituti di ricerca israeliani, mostra che solo il 29% degli intervistati lo sceglierebbe come primo ministro preferito, secondo Bloomberg.
La questione è aperta. Le prossime settimane saranno forse decisive per le sorti di questo conflitto ,per la sua risoluzione tra cessate il fuoco e tregua umanitaria. Per l’allargamento del conflitto che forse né Iran , nè gli Hezbollah e soprattutto gli Stati Uniti vogliono. Oppure vedranno l’esercito di Tel Aviv impantanato a Gaza con l’accentuazione del massacro questa volta da entrambe le parti .
(1)La striscia di Gaza è una regione costiera di 360km2 popolata da più di 2 milioni di persone, di cui oltre 1 milione e 400mila con lo status di rifugiati. Dal 1967 fino al 2005, anche questa zona è stata occupata militarmente da Israele. Nel 2007, due anni dopo il ritiro israeliano, Hamas ha preso il controllo della Striscia e da allora Israele continua a operare un blocco, ovvero la chiusura quasi totale dei valichi di frontiera e degli accessi via mare e aerei, che dura tutt’ora. Oggi a Gaza oltre l’80% della popolazione vive grazie agli aiuti umanitari, mentre il tasso di disoccupazione sfiora il 50%. A causa delle continue chiusure dei valichi d’accesso, da parte israeliana, le poche imprese che si dedicano alla produzione di beni di prima necessità lavorano a intermittenza. La chiusura dei valichi di frontiera ha reso poi ancora più difficile la crescita economica di Gaza e la ricostruzione dopo la devastazione provocata dagli interventi militari israeliani degli ultimi anni.
(2)Il campo alla periferia della città, allestito negli anni ’50, si estende per meno di mezzo chilometro quadrato. Al suo interno vivono circa 11mila persone. È una delle aree più densamente abitate della Cisgiordania, ma è considerato dagli israeliani una roccaforte dei movimenti di resistenza armata palestinesi. L’offensiva voluta dai partiti di ultradestra che sostengono il governo di Benjamin Netanyahu, costituisce la più grande operazione militare realizzata da anni nel territorio palestinese. (…)Nelle prime ore di lunedì mattina, 2 luglio 2023, le Forze di difesa israeliane (IDF) hanno affermato di aver lanciato “un vasto sforzo antiterroristico nell’area della città di Jenin e del campo di Jenin”, colpendo una “infrastruttura terroristica”. L’attacco è iniziato nella notte con raid multipli di droni armati che hanno colpito dall’alto diversi edifici residenziali. Successivamente, diverse colonne di blindati israeliani sono penetrate alla periferia del campo da direzioni differenti, cecando di isolare l’area dal resto della città, per passare al setaccio le abitazioni ed eliminare i leader delle fazioni armate. Nell’operazione, secondo il sito israeliano Walla, sarebbero coinvolti circa un migliaio di soldati di vari dipartimenti, dai reparti dell’esercito alle truppe speciali e la polizia di frontiera. Il tenente colonnello Richard Hecht , portavoce delle IDF, ha detto ai giornalisti che alcuni “sospetti terroristi” armati sono stati uccisi durante l’operazione. “Non stiamo cercando di occupare il terreno. Stiamo agendo contro obiettivi specifici”, ha detto Hecht, secondo cui uno degli obiettivi dell’operazione è spazzare via la mentalità del ‘rifugio sicuro’ all’interno del campo di Jenin, definito come un “nido di vespe”. Hecht ha anche affermato che l’Autorità nazionale palestinese (ANP) e la Giordania erano state informate in anticipo dell’incursione, un’affermazione non confermata da altre fonti.
https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/cisgiordania-jenin-tra-cielo-e-terra-134313
(3) Si deve a questi accordi la divisione dei Territori palestinesi in tre aree (A, B e C) e la creazione di un’amministrazione autonoma, l’Autorità nazionale palestinese (ANP), che sull’area A e B esercitava un certo grado di sovranità.
(4)We, the undersigned, recognize the importance of maintaining and strengthening peace in the Middle East and around the world based on mutual understanding and coexistence, as well as respect for human dignity and freedom, including religious freedom.
We encourage efforts to promote interfaith and intercultural dialogue to advance a culture of peace among the three Abrahamic religions and all humanity.
We believe that the best way to address challenges is through cooperation and dialogue and that developing friendly relations among States advances the interests of lasting peace in the Middle East and around the world.
We seek tolerance and respect for every person in order to make this world a place where all can enjoy a life of dignity and hope, no matter their race, faith or ethnicity.
We support science, art, medicine, and commerce to inspire humankind, maximize human potential and bring nations closer together.
We seek to end radicalization and conflict to provide all children a better future.
We pursue a vision of peace, security, and prosperity in the Middle East and around the world.
In this spirit, we warmly welcome and are encouraged by the progress already made in establishing diplomatic relations between Israel and its neighbors in the region under the principles of the Abraham Accords. We are encouraged by the ongoing efforts to consolidate and expand such friendly relations based on shared interests and a shared commitment to a better future.
https://www.state.gov/the-abraham-accords/