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RAPPORTI CON I PARI, FANCIULEZZA E RISCHI NEL PROCESSO DI CRESCITA-DI SILVANA DI FILIPPO

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Redazione-Il rapporto con i pari è quell’interazione in cui  il bambino si confronta con gli altri. Il modo di giocare cambia. Si gioca in gruppo in base a regole che stabiliscono il modo di procedere, i ruoli e le finalità.

8-10 anni: i bambini si organizzano in piccole bande regolate da norme di comportamento e linguaggio (per sviluppare il senso di appartenenza).

Per il bambino è importante il rapporto coi coetanei per:

  1. Trovare amicizia, comprensione, protezione, rassicurazione.
  2. Sviluppare la propria personalità ed avere una visione più realistica di sé grazie al confronto con gli altri.
  3. Maturare strategie sociali, ragionare insieme.
  4. Emanciparsi gradualmente da genitori ed insegnanti.

Le funzioni assolute del gruppo di pari, sono così riassumibili:

amicizia, rivalità e competizione, sviluppo del concetto di sé, orgoglio e senso di gruppo, regole morali e di comportamento, scorribande, gioco ed attività sociali, affrontare le ostilità, sviluppo della lealtà verso il gruppo, imitazione dell’adulto, indipendenza dall’adulto.

Durante il periodo della Fanciullezza (6-11 anni): abilità motoria/sviluppo cognitivo aprono uno scenario attorno alla fascia di età che va dai sei agli undici anni è molteplice.

A 5-6 anni, il bambino è in grado di progettare azioni in vista di uno scopo.

A 8-9 anni, il bambino si irrobustisce e si muove con maggior scioltezza. Tale fase è caratterizzata dal pensiero reversibile che fa parte del momento operatorio concreto.

Bullismo: forma di violenza che compare a partire dagli 8 anni e che consiste nella persecuzione, da parte di un singolo o di un gruppo, di un coetaneo o di un bambino più piccolo scelto come capro espiatorio. La vittima viene ripetutamente tormentata con l’obiettivo deliberato di punirla o annientarla e può, a sua volta, trasformarsi in bullo nei confronti di altri bambini nel tentativo di riscattare la propria dignità ferita.

Bulli: bambini impulsivi ed incapaci di autocontrollo.

Vittima: bambini timidi e insicuri o ansiosi.

Bisogna distinguere l’atto di stuzzicare da quello di tormentare.

Stuzzicare è innocente e spontaneo, spesso scherzoso, dura poco, avviene tra “uguali”, spiacevole ma sopportabile, avviene uno contro uno, può essere reciproco.

Tormentare è calcolato, è persistente, si ripete, è una lotta ineguale, si vuole ferire, spesso annientare, spesso sono vari contro uno, i ruoli di bullo e vittima sono fissi.

Le conseguenze dello stuzzicare possono essere: disagio passeggero che a volte si trasforma in scherzo, si torna amici rapidamente, si resta nel gruppo che ritrova la sua coesione.

Le conseguenze del tormentare: sofferenza che dura nel tempo, difficile tornare amici come prima, ci si isola, ci si stacca dal gruppo. Nel gruppo che un clima di minaccia, di sfiducia, di insicurezza, scarsa amicizia e poca spontaneità.

Spesso il bullo e la vittima non ne parlano in famiglia o con gli insegnanti. E’ compito degli adulti, allora, percepire queste situazioni di disagio e spiegare che non è giusto tenere certi comportamenti.

Il bullismo può essere combattuto canalizzando le energie dei bambini violenti verso mete non violente o verso lo sport (box, karatè) che insegnano a scaricare l’aggressività all’interno di regole e nel rispetto dell’avversario.

Rapporto con i fratelli: Lo sviluppo del carattere e degli interessi del bambino è condizionato dal modo di collocarsi nei confronti dei fratelli, nel tentativo di affrontare la propria identità, distinguersi, ottenere attenzione dagli adulti. Un certo grado di rivalità e di aggressività è comune tra fratelli e costituisce un laboratorio sociale nel quale i bambini imparano a gestire i conflitti.

Ruolo Degli Adulti : il modo in cui il bambino giudica e percepisce se stesso (autostima) è basato in parte sulla valutazione delle proprie caratteristiche e in parte sul modo in cui viene trattato e considerato dagli adulti significativi, oltre che dai coetanei. Gli adulti possono contribuire alla formazione di un buon livello di autostima mostrando affetto, sensibilità, fiducia e formando regole di base che delimitano un ambito all’interno del quale il bambino è lasciato libero di muoversi autonomamente. Tutto questo è meglio che avvenga in presenza di regole che presuppongono interazione tra adulto e bambino.

Tra le variabili di maggior peso nel processo di crescita, si evidenziano:

1)Relazione genitori – figli

2)Esperienza passata di separazione dai genitori

3)Comunicazione in famiglia

4)Referenti culturali

I referenti culturali rappresentano dei momenti di passaggio da una fase di crescita ad un’altra (ad es. la prima comunione).

Per quanto riguarda la comunicazione in famiglia, se essa è disfunzionale porta a conseguenze che si vedranno anche in età adulta.

Una disfunzione può essere la comunicazione inibita: si parla poco, non si affrontano i problemi, ci sono segreti che l’altro non conosce.

Un’altra disfunzione è l’eccesso di comunicazione: tutti parlano con estrema invadenza. Si parla ma senza affrontare un problema particolare.

La comunicazione incongrua si ha quando non c’è coerenza tra il messaggio e la mimica (comunicare una notizia triste sorridendo), in questo caso arriva un tipo di messaggio confuso che può creare dei problemi al bambino.

La comunicazione dislocata si ha quando pensieri e sentimenti si esprimono con segnali fisici senza la comunicazione verbale (ad es. il bambino che non vuole andare a scuola che ha mal di pancia).

L’adolescenza come forma distinta dall’età adulta è una conquista recente, dell’età moderna.

Precedentemente si passava direttamente dall’età infantile a quella adulta anche perché non esisteva la scolarizzazione obbligatoria, si entrava nel mondo del lavoro molto presto, ci si sposava giovanissimi.

In alcuni paesi sottosviluppati permane ancora una situazione del genere, nei paesi occidentali no.

Verso la fine dell’800 si comincia a parlare dell’adolescenza e, col passare del tempo, questa fascia di età si prolunga sempre di più. Con le migliorate condizioni economiche e col fatto che si fanno meno bambini, si dedicano maggiori attenzioni ai figli ed agli adolescenti. Attualmente si parla di una fase post – adolescenziale perché i ragazzi continuano rimanere a casa molto a lungo.

L’adolescenza è il periodo della maturità sessuale.

Il ragazzo cresce fisicamente in modo rapido sviluppando peso ed altezza. Cambiano le caratteristiche somatiche. I ragazzi che non sono preparati a questi cambiamenti e a queste novità possono sviluppare dei problemi, dei complessi. E’ compito degli adulti far capire ai ragazzi che si tratta di una fase naturale e transitoria. A volte, in seguito alla non accettazione di stessi, possono svilupparsi delle forme patologiche come l’anoressia e la bulimia.

Ovviamente si sviluppano notevolmente, dal punto di vista intellettivo, le capacità logiche  ed astrattive. Aumentano le capacità deduttive e prerevisionali.

Lo sviluppo generale è condizionato molto anche dall’ambiente circostante. Si sviluppano le capacità dialettiche ed argomentative. I ragazzi in questa fase contestano e dissentono con gli adulti e coetanei. Cambia anche il modo di porsi nei confronti dell’altro sesso. L’adolescenza è quindi una fase critica e turbolenta. L’adolescente deve essere aiutato ad accettare questi cambiamenti con serenità. Altre problematiche che si possono sviluppare sono quelle legate all’uso di droghe e sostanze sintetiche soprattutto in questa fase che aumenta notevolmente il rischio di questi comportamenti.

L’adolescente deve trovare una nuova identità rispetto alla precedente. Si parla di identità diffusa proprio perché l’adolescente non riesce a trovare una propria identità. Tale processo è facilitato se, nell’adolescente, è avvenuto quel necessario distacco dai genitori, utile alla maturazione. L’adolescente deve rendersi emotivamente distaccato dai genitori, fare delle personali esperienze emotive. Alto fattore importante è la creazione di una scala di valori e di giudizio.

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