” LE RELIGIOSE DI CASA COLONNA ” – PROF.SSA GABRIELLA TORITTO
Redazione- Nel XIII secolo si distinsero per la loro vita monastica Margherita, figlia di Ottone di Giordano Colonna e altre donne del casato. Pur essendo ferventi religiose e vivendo nell’ortodossia la vita monastica mantennero rapporti con il mondo esterno, interessandosi a situazioni e problemi lontani dal loro mondo, dimostrando di essere capaci di costituirsi un proprio spazio nelle vicende delle loro famiglie e della città in cui vissero ed operarono.
Di Margherita Colonna ricordiamo due biografie: “Vita”, scritta dal fratello Giovanni, senatore romano, che sorprende poiché a redigerla fu uno degli esponenti più illustri della nobiltà romana del ‘200; l’altra, “Vita secunda”, risalente ad una monaca della fondazione di San Silvestro in Capite, una certa Stefania. Entrambe le biografie sono di indubbia utilità per conoscere la vita e il carattere di Margherita e sono tra loro saldamente connesse, tanto da non potere dubitare della loro autenticità.
“La vita”, scritta da Giovanni Colonna, risponde ai canoni della consolidata tipologia agiografica, e fa emergere tutta la parzialità fraterna nei confronti della suora che dovette largamente influenzare la spiritualità del senatore e della grande famiglia Colonna. La biografia descrive in modo abbastanza verosimile e partecipato la scelta religiosa di Margherita, il suo progressivo distacco dal mondo, gli anni trascorsi nelle terre di famiglia a Palestrina, quelli vissuti da orfana dapprima presso il fratello Giovanni, poi accanto al fratello Giacomo, cardinale di Santa Maria in via Lata. Giunta nell’età da marito, a Margherita fu proposto in matrimonio un ricco pretendente che la ragazza rifiutò, preferendo vivere da penitente.
Si narra che, dopo il rifiuto della ragazza, colei che avrebbe dovuto diventare sua suocera le inviò due frati predicatori con l’incarico di sondare le vere intenzioni della vocazione ostentata e per orientare Margherita verso le nozze. Allora uno dei due domenicani, in seguito ai ripetuti dinieghi della giovane, nello stigmatizzare il suo progetto di fuga dal mondo, la accusò di mancare di magnificentia cordis. A quell’affronto Margherita rispose, non esaltando l’umiltà della sua scelta, ma riaffermando il ruolo di casa Colonna nel mondo poiché “de domo sua in cordis magnificentia cunctas excellerat. Non aliae barones et comites” … “sibi praesiderant sed ipsa solius regis Filio se statuerat r desponsandum” = “Superò tutta la sua casa nella magnificenza del suo cuore. Nessun altro barone e conte”…”la presiedevano, ma lei aveva deciso di fidanzarsi solo con il Figlio del re”.
Una volta che Margherita decise in modo irrevocabile la sua monacazione, furono stabiliti i termini in cui essa si sarebbe realizzata. Inizialmente Margherita fu ospitata presso i frati minori di Zagarolo, nei pressi di Roma, preferendo soccorrere i sofferenti e i poveri piuttosto che vivere presso la propria famiglia che disponeva di aiuti e di sostegno economici e politici di ogni tipo e consistenza. Poi pensò di ritirarsi presso il celebre santuario della Mentorella sul Monte Guadagnolo in compagnia di altre due consorelle per tentare un’esperienza di segno eremitico. Purtroppo l’ostilità del feudatario della zona, Giovanni Conti, che non vide di buon occhio l’installazione dei Colonna sui suoi territori, sebbene si trattasse di una fragile fanciulla, convinse Margherita a desistere dall’iniziale santo proposito.
Entrambe le due biografie riferiscono che anche i più autorevoli membri della famiglia manifestarono delle remore verso le decisioni di Margherita. La giovane fin dall’infanzia era sempre stata fisicamente cagionevole.
I familiari influirono con garbo e decisione al fine di distogliere Margherita dal progetto per lei insostenibile di condurre un’esistenza eremitica e in una zona così fredda e disagiata. Tutti i parenti Colonna la scoraggiarono anche dal rendere definitivo il suo ritiro presso la fondazione di San Damiano in Assisi, in cui la giovane Colonna si trattenne per un po’ di tempo prima che le condizioni di salute, già provate, la spinsero a rientrare a Roma dove i fratelli avrebbero potuto meglio proteggerla.
In verità il Cardinale Giacomo, suo fratello, pensò di orientare Margherita presso la fondazione femminile romana di San Silvestro in Capite, ovvero volle indirizzarla presso un monastero già considerato di famiglia e al cui sostentamento i Colonna provvidero a più riprese con cospicue elargizioni e donazioni di terre. I possedimenti di San Silvestro, come è stato recentemente ribadito, furono situati verso la zona settentrionale dell’agro romano e furono tutti a ridosso dei feudi già di appartenenza dei Colonna. San Silvestro finì così per diventare appannaggio spirituale e materiale del casato e nel 1290 il Cardinale Giacomo lasciò addirittura una considerevole porzione delle sue sostanze a quella fondazione monastica cui fu profondamente legato, sebbene alla sua morte fosse stato sepolto presso l’Ara Coeli, dunque presso l’amministrazione comunale capitolina a cui aveva dedicato gran parte della propria esistenza.
È fuori dubbio che i Colonna si avvalsero della vocazione di Margherita nell’intento di assumere all’interno della città di Roma un’importante posizione ecclesiastico-spirituale tanto che il Cardinale Giacomo divenne “Visitatore” del monastero in cui era rinchiusa la sorella e dei territori che dal monastero dipendevano, divenuti appannaggio di famiglia.
La vocazione di Margherita servì dunque alla famiglia Colonna per controllare ed incrementare meglio il patrimonio che i papi Niccolò III, Martino IV e persino Onorio IV Sabelli tentarono in ogni modo di ostacolare. In quel tempo tuttavia le famiglie più importanti vollero esercitare il proprio potere e accrescere le proprie influenza e ricchezza sia sul territorio laziale e zone limitrofe sia all’interno della stessa città di Roma.
Pur essendo autentica nelle sue intenzioni di voto, Margherita accettò volentieri di favorire i disegni della famiglia, cui era molto legata, e rinunciò alla vita contemplativa lontana dall’Urbe per entrare in San Silvestro, la cui Regola era stata approvata dal papa Alessandro IV e poi da Urbano IV per le “Minori recluse”. Si trattava della stessa Regola delle nobili penitenti di Francia, abbracciata anche da Isabella, sorella del re Luigi IX, il Santo.
Stando alla storia che ci è pervenuta, i fratelli Colonna, al di là degli interessi di potere, nell’orientare la scelta vocazionale della sorella furono lungimiranti, prudenti e onesti poiché la giovane monaca ben presto vide peggiorare le proprie condizioni di salute. Infatti Margherita soffriva di una grave forma di ulcera che le procurò grandi sofferenze e la costrinsero a diradare le estenuanti veglie di preghiera e le varie attività spirituali che la impegnavano. E lei, che si era distinta fra le nobildonne religiose per il pauperismo severo, per l’assistenza agli emarginati, all’infanzia abbandonata, alle madri nubili, con uno stile di vita improntato alla discrezione e riservatezza, fu costretta ad abbandonare la casa in San Silvestro per tornare a Prenestina, nella piccola fondazione religiosa di famiglia dove morì poco dopo, nel 1280, alla giovanissima età di venticinque anni.
Il pontefice Onorio IV, stimando esemplare la vita religiosa condotta da Margherita, al fine di esaudire i suoi propositi spirituali permise il trasporto delle spoglie mortali della suora dal monastero prenestino a San Silvestro, che nel 1285 Onorio consegnò ai Colonna con tutta la fondazione, al cui capo si alternarono altre illustri esponenti della nobile famiglia: Bartolomea, Angiolella e Giovanna.
Ben presto Margherita, dichiarata Beata, divenne oggetto di culto. Nel 1847 fu Pio IX a confermare la sua beatificazione e a sancirne il culto per l’Ordine Francescano. Nel 1883 tale culto fu esteso da Papa Leone XIII alla diocesi predestina. Margherita fu davvero un esempio di donna importante dalla grande spiritualità.
In entrambe le biografie, precedentemente accennate, sono riportate le visioni celesti che ebbe nel corso degli anni di vocazione. La più importante fu quella nel corso della quale le rimase impresso al dito il marchio dell’anello, pegno delle sue nozze mistiche con Cristo.
Giovanna, nipote di Margherita, figlia del senatore Giovanni, divenne badessa di San Silvestro in Capite a fine 1200. Pur non essendo da meno alla zia in opere di carità e di beneficenza, e pur essendosi distinta per il rigore e la sagacia con cui amministrò le economie della fondazione, fu meno fortunata. Giovanna si ritrovò ad essere badessa di San Silvestro nel momento in cui lo scontro fra i Colonna e papa Bonifacio VIII divenne acceso e grave. Il pontefice, mirando a sottrarre le sostanze dei potenti nobili dell’Urbe, in particolare i Colonna, a vantaggio della propria famiglia Caetani, li privò dei loro patrimoni e cariche.
Giovanna fu allontanata dalla carica abbaziale e dalla sede monastica e fu costretta ad assumere la Regola delle Clarisse.
Il pontefice, che considerava i Colonna acerrimi nemici, non si fece scrupolo di trattare con uguale durezza tutti i componenti della famiglia Colonna, sia gli uomini sia le donne, pur queste ultime nella loro fragilità.
Solo dopo la morte di Bonifacio VIII e l’elezione di Benedetto XI Giovanna fu reintegrata nel suo ruolo di badessa di San Silvestro e la famiglia poté riavere i possedimenti sottratti. Dopo avere sopportato con fierezza la sorte avversa, i Colonna furono riscattati da un pieno successo politico, religioso e spirituale.
F.to Gabriella Toritto