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” LA NOBILE ANIMA DI PEPPINO RANALLI”-DOTT.SSA ALESSANDRA DELLA QUERCIA

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Redazione-Se mi chiedessero di descrivere Peppino Ranalli, protagonista incontrastato del libro “Peppino e la perfezione del melograno” di Lina Ranalli, ricorrerei senza alcun dubbio ad una canzone evocativa e introspettiva: “Impressioni di Settembre” della PFM.

Il motivo è semplice: nel suo testo si racchiude l’intima essenza di Peppino, la sua anima tormentata e speranzosa, i suoi sogni smarriti nel vento, il suo straziante disagio interiore, l’incessante ricerca della sua identità e l’amore viscerale per la natura e la sua campagna. Anche l’incantevole musica rispecchia perfettamente l’atmosfera dell’opera di Lina, che si focalizza sulla scoperta del senso profondo dell’esistenza.

L’autrice prova a sciogliere l’annoso dilemma: qual è la via per raggiungere la felicità? La si ottiene compiacendo gli altri per farli contenti o seguendo il proprio sentire, anche a costo di andare contro le aspettative e i voleri di chi ci circonda?

La risposta è una sola: essendo se stessi. Chi non lo è non sarà mai libero, né tantomeno felice.

Peppino c’ha provato, avrebbe voluto svincolarsi dalle convenzioni e dalle decisioni altrui, ma non ce l’ha fatta e ha preferito andarsene via, “volare” in un suo altrove, dove si potesse sentire finalmente accettato e accolto.

Lina delinea, con estrema grazia e immenso affetto, i passaggi salienti dell’arduo percorso di suo fratello, il cui quotidiano era costellato di continue sofferenze e delusioni che l’hanno portato ancora di più ad estraniarsi. Quella di Lina non è una semplice opera: sono fogli intrisi di verità, di accurati studi, di toccanti ricordi, di lacrime amare e soavi carezze. Il tutto arricchito da interessanti spunti di riflessione e illuminanti consapevolezze.

Lina è riuscita ad aprire il suo cuore, e l’ha fatto nel modo più sublime: ridando valore e dignità al suo adorato fratello, che per troppo tempo non è stato capito ed è stato incompreso, umiliato, bistrattato, deriso, emarginato. Lui, proprio lui che ha sempre avuto qualcosa in più rispetto ai tanti.

Immergendomi nei suoi scritti colgo la sua grandezza: la sua rara sensibilità, il suo fine intelletto, la sua intensità di sensazioni e, a sorpresa, anche la sua abilità nel comporre versi. Già, perché Peppino Ranalli è un poeta. Il suo è un lessico di pregio: etereo e sottile in vari frangenti, condito da un sapiente uso di allegorie e metafore. Non sono, i suoi, versi banali e melensi, non son buttati lì a caso, hanno un significato preciso e invitano a meditare. A tratti leggiadri e a tratti aspri, traboccano di sincerità, ritraggono pienamente lui e quei momenti di confusione e indicibile solitudine.

Son tutti degni di nota, ma son rimasta maggiormente colpita dai seguenti, presi da parti diverse:

 “Mi sento tutto morto, a stento ritrovo me stesso….O luna piena, quanto male mi hanno fatto, fammi ritrovare la strada giusta, altrimenti la mia vita sarà un disastro.”

“Mi sfugge il sapore della vita.”

“Io credo che sei molto buona e piena di umanità, è il mondo forse a farti cattiva.” 

“…non c’è nessuna a sentirmi, avrei bisogno di parlare, c’è troppa rabbia e troppo amore in tutto quello che ho nel cuore…ma ti diverti sempre a ridere di me…”

“Vivere a questo mondo dove l’indifferenza della gente è mortale, dove il respiro è non c’è, ma è così .”

“La mia vita è esasperata dal dolore e poi ecco che torna un po’ di pace. Una pace troppo dura per me. Ma poi si fa notte e tutto scompare.”

Già da queste poche frasi si percepisce l’innata capacità di Peppino di “guardare oltre”, non facendosi influenzare da apparenze mendaci, ma esplorando a fondo le persone con cui si rapportava. Emerge, inoltre, nettamente il leitmotiv della disperazione, intervallata da istanti di pace illusoria: quasi come se nell’inquietudine la sua mente si offuscasse e si colmasse di pensieri tristi e, invece, nella pace ritrovasse la lucidità. Si trattava, però, di una lucidità dannosa per lui perché lo faceva essere ben conscio di tutto ciò che non lo appagava, di scelte diverse che avrebbe voluto compiere, ma che purtroppo non riusciva a mettere in pratica. Pertanto, quella effimera tregua dal dolore, in cui cercava di allontanare la negatività, anziché rasserenarlo lo poneva di fronte alla realtà, a come stavano sul serio le cose. Essere, inoltre, preda della più cieca indifferenza “ammazza” più di un’arma e spinge a chiudersi in un mondo proprio dove si respira, ma non si respira davvero, si respira solamente angoscia, sperando di tornare a respirare di nuovo la Vita, quella vera.

Quante ne hai passate, caro Peppino! Avresti voluto coltivare le tue passioni e dar corpo ai tuoi desideri, purtroppo t’è mancato quell’ardire di farlo; ma tu, al contrario di quei tanti che t’hanno sempre etichettato e giudicato con spaventosa superficialità, sei nato per imprimere un segno indelebile nell’anima di chi ha avuto l’intelligenza di comprendere la straordinarietà del tuo essere.

È risaputo, l’ignoranza è la peggiore malattia. Quelli che feriscono anime nobili come la tua cadono facilmente nel dimenticatoio perché non hanno niente da dire e da dare, sono creature aride che non lasceranno mai tracce di sé. Tu, invece, non sei passato invano. Tu ci hai donato perle di suggestiva bellezza. Grazie Peppino. Grazie di cuore.

Dott.ssa Alessandra Della Quercia

La prossima presentazione del libro “Peppino e la perfezione del melograno” di Lina Ranalli edito da Artemia Nova Editrice si terrà venerdì 17 agosto 2018 nella splendida cornice di Villa Filiani di Pineto, alle ore 17.00.

Appuntamento imperdibile per le anime “Oltre”.

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