COME DILAPIDARE UN PATRIMONIO SENZA RIMORSI (SECONDA PARTE)
Redazione- Continuiamo ad esaminare in questa seconda parte una relazione, forse un manifesto intitolato :”Covid .Un’operazione verità è necessaria “ firmato da alcuni virologi, economisti, giuristi (1) che tenta di evitare lo sperpero frettoloso di quella esperienza che nel mese di marzo- aprile ha consentito all’Italia di guadagnare tempo e presentarsi come un modello nella lotta contro l’epidemia di Covid 19.. Un documento che gli estensori hanno voluto chiamare “ operazione verità “ per mettere in luce tutte quelle inadempienze e manchevolezze che si sarebbero dovuto evitare, alla luce dei diversi studi prodotti in Italia, per non tornare in una situazione drammatica quale quella sperimentata in marzo aprile di quest’anno .Nella prima parte abbiamo esaminato i punti controversi dell’effettuazione dei tamponi e i problemi della riapertura della scuola collegati a quelli dei trasporti pubblici.
Il terzo punto del documento si riferisce alla necessità di costituire un “Un database pubblicamente accessibile con tutti i dati necessari per affrontare efficacemente l’epidemia . La lotta contro l’epidemia si vince partendo dalla conoscenza dei dati epidemiologici indispensabili per capire per esempio i canali di trasmissione del virus oppure per organizzare una rete efficiente di tracciamento dei contatti. Da giugno scorso l’Accademia dei Lincei, fra i tanti,aveva chiesto al Governo che fossero raccolti e messi a disposizione della comunità scientifica i dati epidemiologici. Ciò non è avvenuto. Ad oggi ancora molti dati essenziali per la lotta al virus sono sconosciuti. Quanto ai dati della Protezione Civile, è incredibile che le poche informazioni fornite siano del tutto indisponibili a livello comunale, e che a livello provinciale l’unico dato fornito sia quello dei nuovi casi.”
La questione dei dati aggregati o disaggregati , insieme alla formulazione di 21 parametri per la decisione di classificare le regioni in tre zone rosse, arancione e gialle a secondo dell’estensione del contagio, ha un precedente ovvero la decisione dell’ Istituto superiore di sanità di rendere pubblici i verbali relativi alle riunioni nelle quali furono formulati i pareri che permisero al Governo di adottare le misure di contrasto e controllo dell’epidemia durante la prima fase . In questa seconda fase i dati che permettono di fare la fotografia della situazione sono forniti dalle regioni . Tenendo conto del fatto che occorrono almeno due settimane per capire l’efficace o meno di una decisione , la questione del data base è una questione controversa e irta di problemi .La strumentalizzazione politica dei dati porta poi ad un rimpallo delle responsabilità fino ad una specie di scaricabarile che è come un cane che si morde la coda. Nello scaricabarile si parte dai dati, si passa attraverso tutti gli attori di questo scenario , Enti locali, Governo, Asl che restano indenni per tornare ai dati. E non si riesce a capire mai da che parte sta qualche responsabilità, ammesso che serva a qualcosa in questo momento additare responsabilità al posto invece di recuperare una collaborazione di gruppo che il Presidente Mattarella da tempo auspica . Fino all’intervento di ispettori della sanità, per esempio in Campania a cui è stato demandato il compito di capire la rispondenza tra i dati trasmessi dalla regione e la situazione reale negli ospedali e sul territorio.
La relazione poi affronta poi il problema del l tracciamento come strumento di controllo della trasmissione del virus . La capacità dei Paesi dell’est Asia di tenere sotto controllo il diffondersi dell’epidemia è legata innanzitutto al tracciamento dei contatti dei positivi. Il Governo aveva promesso un sistema efficace di tracciamento informatico. L’app Immuni non ha funzionato.
Non ha funzionato perché i numeri del contagio sono andati fuori controllo ed è stato impossibile nel nostro paese, come in tutti gli altri paesi europei toccati dal contagio in questa stessa proporzione. Chiudere tutto per alleggerire il ricorso agli ospedali e per ristabilire numero controllabili è la soluzione che si va delineando a breve o lungo termine. Soluzione unica per poter ripartire poi con una situazione sotto controllo.
La raccomandazione era “Non chiudere un occhio sugli assembramenti, effettuando controlli massicci e sanzionando le violazioni. Per tutta l’estate si moltiplicano gli assembramenti, in particolare quelli legati alla movida e ai divertimenti di massa, ma né la polizia locale, né le forze dell’ordine vengono mobilitate per fare rispettare le regole: il numero di controlli si riduce di circa l’80% rispetto ad aprile. Nemmeno a Ferragosto, quando i rischi per la salute sono diventati evidenti a tutti, viene disposta la chiusura delle discoteche, che entra in vigore solo dopo aver concesso l’ultimo weekend di divertimento (14-15-16 agosto).”
Questo punto si commenta da solo guardando alle cronache degli avvenimenti che hanno caratterizzato l’estate . Ma soprattutto mette in evidenza come dopo il lungo lockdown accettato con pazienza e con consenso ci sia stata una voglia di recupero di una socialità di cui ci si era sentiti defraudati all’interno di canti e sbandieramenti che mascheravano l’ardita voglia di rifarsi appena passato il pericolo . Minimizzato e quello che è peggio a volte negato, in una confusione di opinioni degradate a “chiacchiera “ vero virus della convivenza. Perché maschera e confonde la realtà sotto un rumore di fondo non solo fastidioso ma anche pericoloso. Non si capisce mai da che parte sta il ragionamento e a che punto è il percorso per riuscire a venire fuori da una situazione che viene presentata spesso , con l’estrema totale semplificazione del “ o si muore di covid o si muore di fame” . Senza tener conto che esiste una complessità dei problemi e che la semplificazione di questa complessità diventa pericolosa per molti aspetti .
Uno dei punti più controversi del documento è sicuramente quello relativo alla necessità di “ Mantenere la promessa di creare 3.500 nuovi posti di terapia intensiva .Ad oggi si stima che solo 1.300 dei 3.500 posti aggiuntivi di terapia intensive, previsti dal governo a maggio scorso, siano operativi. Solo il 12 ottobre si è chiuso il bando di gara per le nuove postazioni”. La realizzazione di posti in terapia intensiva deve tener conto di alcuni aspetti importanti legati tra di loro indissolubilmente e tali da costituire un unico momento di intervento. Frazionando la complessità del problema si tratta di tener conto degli spazi ( con la certificazione di quelli esistenti i , quelli da individuare nelle strutture ospedalieri funzionanti ,quelli da creare ex novo ) ,delle attrezzature e della gestione ( anestesisti, infermieri e medici professionalmente preparati alle terapie intensive. Con l’aggiunta di strutture capaci di garantire terapie sub intensive fino ad arrivare a strutture in grado di ospitare quanti devono trascorrere un periodo di isolamento al di fuori del proprio alloggio, i Covid Hotel . Tutto questo non si improvvisa e le difficoltà che si pagano in questo momento vengono da decisioni che sono state prese da tempo. Sono anni che questi tre elementi ,le strutture, i posti letto in genere e in terapia intensiva ,il personale medico e paramedico , subiscono ferite gravissime non solo dal punto di vista economico e finanziario ma anche di programmazione, gestione e comunque attenzione al problema della salute. Chiusura fisica di luoghi di cura, gli ospedali, riduzione dei posti letto , riduzione del personale. Fino a smantellare la medicina preventiva e la medicina sul territorio. Per non parlare della discussa quota cento che ha favorito il pensionamento di quegli infermieri e di quei medici che in questo momento sarebbero stati preziosi . Per questo ultimo aspetto si è preferito estremizzare una legittima aspettativa accorciando il periodo necessario per il pensionamento al posto di retribuire meglio infermieri e medici, al posto di ridurre il loro orario di lavoro con nuove assunzioni. Negli ospedali francesi e tedeschi lavorano infermieri italiani che hanno scelto di andare all’estero perché potevano contare su contratti di lavoro più dignitosi sia in termini di retribuzione che di orari di lavoro. Senza contare le decisioni che hanno applicato il numero chiuso alle facoltà di medicina e alle specializzazioni .Sono 23 mila i medici laureati che non possono attualmente accedere alla specializzazione perché la Ragioneria dello stato si rifiuta di sbloccare i fondi esistenti . Sono stati mandati a casa infermieri e medici senza avere modo di rimpiazzarli ( per la scarsità di nuovi medici, per il lungo tempo di formazione occorrente,perché molti infermieri per esempio lavorano all’estero ) . Ora si cercano medici e infermieri ma nel vuoto, il vuoto colpevole di decisioni che da anni impoveriscono programmazione e gestione della sanità pubblica.
Garantire un adeguato distanziamento su tutti i mezzi pubblici era stato un mantra di mesi con la formulazione e l’adozione di protocolli che stabilivano una percentuale massima per la capienza di ogni vettura , autobus , vagone di metropolitana. “ I mezzi pubblici, afferma il documento , possono essere un importante luogo di diffusione del contagio. Nonostante ciò il Governo, d’intesa con le Regioni, si è limitato a stabilire una capienza massima per mezzo pubblico pari all’80%, una capienza che non consente un adeguato distanziamento. Non è stato previsto un finanziamento straordinario specifico, né è stato esercitato alcun coordinamento per indurre Comuni e Regioni a dotarsi di nuovi mezzi utilizzando le procedure d’urgenza di cui all’art. 63 del Codice appalti, che avrebbero consentito di espletare le gare in circa un mese. Si sarebbero potuti assumere conducenti con bandi straordinari per contratti a tempo determinato,magari fra i conducenti NCC rimasti senza lavoro, o si sarebbero potute finanziare convenzioni con le compagnie dei taxi. Si sarebbero dovuti riaprire al traffico i centri storici, alleggerendo così la pressione sui mezzi pubblici.
Secondo l’ufficio studi dell’Asstra, l’associazione che riunisce le società di trasporto pubblico locale, “se si verificasse una riduzione ulteriore del riempimento dei mezzi, attualmente consentito all’80% ,”risulterebbe difficile per gli Operatori del Tpl continuare a conciliare il rispetto dei protocolli anti Covid-19 e garantire allo stesso tempo il diritto alla mobilità per diverse centinaia di migliaia di utenti ogni giorno, con il conseguente rischio di fenomeni di assembramento alle fermate e alle stazioni”. Senza contare il problema dell’inquinamento e del traffico: “Le ulteriori limitazioni al servizio di Tpl obbligherebbero buona parte dell’utenza a fare ricorso alla mobilità privata per continuare ad effettuare i propri spostamenti. Ipotizzando che l’utenza trasferisca le proprie abitudini di mobilità dal mezzo pubblico all’autovettura, si potrebbero generare da oltre 42mila a oltre 250mila spostamenti in auto in più ogni giorno solo nelle ore di punta mattutine”. (2)
Scrive Linda Maggiori Blogger e scrittrice impegnata nella difesa dell’ambiente sul Blog de Il fatto quotidiano del 26 ottobre 2020 : “Dopo decenni di scriteriati tagli ai trasporti pubblici, tagli di linee, tagli di orari, dopo decenni di spinta alla motorizzazione selvaggia, dopo decenni di calo drastico di mobilità sostenibile nei percorsi casa-scuola… ci troviamo nel bel mezzo di un incubo. Con l’inizio della seconda ondata di pandemia Covid, coi mezzi pubblici affollati e persone stipate, l’unica soluzione sembra chiudere tutto. E probabilmente lo è. “La capienza all’80% dei mezzi pubblici che in ore di punta si fa fatica a gestire e controllare è legata al fatto di dover portare a scuola i ragazzi e farli tornare a casa per chi non può permettersi di portali da solo” (parole di Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia Romagna): in altre parole, i mezzi pubblici li usano quelli che non possono permettersi di usare l’auto privata. Messaggio pericoloso, classista e assurdo, messaggio che spingerà sempre più genitori ad accompagnare i pargoli in auto, per dimostrare il loro amore, la loro premura e la loro” classe”, contribuendo così a intasare sempre più la cappa padana, favorendo la circolazione del virus e indebolendo i nostri polmoni.” (3)
Dice Matteo Corner ( 4) Nel mondo ideale, il governo stanzierebbe fondi miliardari per potenziare le corse e dare la possibilità di assumere il personale che serve per far fronte all’emergenza. Ma sul settore del trasporto locale si concentrano ormai da anni tagli quasi lineari – solo negli ultimi dieci anni in Italia sono stati tagliati 10 miliardi di euro di fondi, ha detto al quotidiano Domani l’esperto di Pianificazione dei trasporti Ennio Cascetta – e conflitti di competenza fra i vari enti locali, col risultato che forse nemmeno uno stanziamento una tantum potrebbe bastare a risolvere la situazione.
Poi c’è un problema di tempi. «Il trasporto pubblico locale non è un sistema molto flessibile», spiega Andrea Corsini, assessore alla Mobilità dell’Emilia-Romagna: «gli autobus vanno trovati, se non ci sono vanno costruiti e comprati, e stiamo parlando di cose irrealizzabili nel breve e nel medio termine. E inoltre, dove li trovi gli autisti?».(…)Escluse le soluzioni di più ampio respiro, per ragioni di costi e tempi, il governo si sta concentrando sulle pezze. Fra il decreto rilancio, e il decreto agosto ha stanziato 900 milioni di euro per rafforzare il trasporto pubblico locale, e all’inizio di settembre ha annunciato altri 300 milioni in arrivo per le regioni e 150 milioni per i comuni “
E poi c’è ancora un punto controverso in tutto questo quadro di realtà: Si sarebbe dovuto “ assicurare un’adeguata e tempestiva disponibilità di vaccini anti-influenzali, anche nelle farmacie In molte regioni italiane mancano i vaccini contro l’influenza. Le quantità disponibili sono insufficienti anche per una parte della popolazione anziana. Non si trovano nelle farmacie. Molti cittadini, dopo mille raccomandazioni a vaccinarsi, non saranno in grado di farlo. Per fronteggiare l’emergenza si dovevano centralizzare le procedure di acquisto a livello nazionale.”
Spiega Tommasa Maio, responsabile dell’area vaccini della Fimmg, che per primi a partire con la campagna vaccinale, nella prima decade di ottobre, sono state le Regioni Campania, Lazio, Liguria, Sardegna e Sicilia e la Provincia autonoma di Trento. Buona parte delle altre Regioni hanno avviato la loro campagna tra la seconda e la terza settimana di ottobre. Il Piemonte, per ultima, ha iniziato il 26. “A oggi le dosi che sono state consegnate ai medici sono state quasi tutte somministrate – dice Maio – . I medici di famiglia hanno lavorato moltissimo e hanno esigenza di avere le altre – aggiunge – Non solo ne hanno diritto ma hanno bisogno di averle perché ci sono pazienti che pressano per essere vaccinati”. (5)
Nelle farmacie la situazione, secondo Federfarma, è “a macchia di leopardo” e resta critica in diverse Regioni. Nel Lazio, in Emilia-Romagna e in Liguria è possibile trovare l’anti-influenzale in farmacia. Alle altre Regioni il segretario della Federazione dei farmacisti, Roberto Tobia, chiede di adempiere “secondo quanto previsto dalla Conferenza Stato-Regioni”, che assegnava loro la quota dell’1,5% del totale delle dosi del piano vaccinale e di valutare, insieme al ministero e all’Aifa, “la possibilità di importare le dosi dall’estero”. (…) “La quantità che noi pensavamo di avere in farmacia era intorno alle 2 milioni di dosi, visto che lo scorso anno ne erano state dispensate 900mila – aggiunge il segretario di Federfarma – . La promessa dell’1,5% riesce a coprire circa 250mila dosi. Le farmacie sono tempestate di richieste e prenotazioni di clienti”.
Mettere i medici di base in condizione di visitare i pazienti Covid, dotandoli dei necessari dispositivi di protezione individuale è una delle raccomandazioni del documento che testualmente afferma : “ Come testimonia, tra gli altri, il primario Luigi Cavanna ad Italia Oggi del 13 giugno, l’esperienza delle cure domiciliari anti-Covid ha consentito di ridurre sensibilmente i ricoveri ospedalieri e la mortalità. Le unità speciali di continuità assistenziale per le cure domiciliari sono poche e male organizzate. Occorreva un intervento governativo che innanzitutto finanziasse questo servizio e ne garantisse la efficacia su tutto il territorio nazionale coinvolgendo direttamente i medici di base dotati di adeguate protezioni. Nonostante le promesse di rafforzare la medicina territoriale, ancora ad oggi (28 ottobre) i medici di base non sono in condizione di visitare a domicilio i loro pazienti sintomatici, né di effettuare tamponi. “
“Agli ospedali, giustamente, hanno dato strutture e strumenti, ma noi nulla. Io sono sempre quello. Il ministro Speranza aveva annunciato 230 milioni per la medicina di base ma di risorse non ne sono arrivate. La diagnostica ambulatoriale non riesce a fare da filtro con le strutture ospedaliere. La gente è frastornata e spaventata ed è difficile gestire i nostri pazienti”. Dice a Repubblica del 21 ottobre 2020 il Il dottor Giandomenico Savorani è medico di base a Bologna. Come tutti gli altri suoi colleghi lavora in trincea cercando di seguire i suoi pazienti, di convincerli a non correre al pronto soccorso al primo sintomo. (6)
Chiara Daina su Il Fatto quotidiano scrive il 12 novembre 2020 : “ Il meccanismo della presa in carico dei malati sul territorio, soprattutto nelle Regioni zona rossa, dove l’emergenza è molto grave, salta facilmente. Il risultato sono medici di base in affanno assediati da pazienti che si sentono abbandonati. Ma perché il sistema, nove mesi dopo il primo caso di Covid, ancora non funziona? Il problema è strutturale: il medico di famiglia dovrebbe essere supportato dall’azienda sanitaria (per la messa in quarantena e il monitoraggio a domicilio), ma quasi ovunque è lasciato solo a gestire un numero spropositato di malati. Si salva solo chi (ad esempio in Veneto o in Emilia) riesce ad avere un segretario e un infermiere a supporto. Senza dimenticare che, nove mesi dopo il primo caso, ancora non esiste un protocollo unico e nazionale per la gestione dei positivi al Sard-Cov2 a domicilio. Il 10 novembre scorso, il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli ha annunciato che, su richiesta del ministro della Salute, arriverà un documento guida per i medici di famiglia (con indicazioni sui farmaci da prescrivere per le cure a casa). Confermando così che fino adesso si sono arrangiati in un caos di documenti e protocolli “spontanei”. (7)
Luoghi dove poter trascorrere la quarantena senza contagiare famigliari conviventi .Il Governo aveva promesso i Covid-hotel. In estate con il decreto legge 34 la gestione è passata dalla Protezione Civile alle Regioni. Asl e Ats stanno lanciando soltanto ora bandi per stipulare convenzioni con hotel e altre strutture. Nessun passo concreto è stato fatto in questo senso . Sono in presenza di una seconda ondata quella che sta caratterizzando l’autunno , annunciata e delineata fin dalla fine della prima ondata, si comincia a parlare di covid hotel per cercare di alleggerire il ricorso agli ospedali in presenza di tutte quelle situazioni che la terapia farmacologica riesce a controllare e a risolvere . Si parla di 3.576 dimessi dagli ospedali , guariti in i novembre . Un trend troppo basso per assicurare un ricambio nelle strutture ospedaliere tale da assicurare assistenza a chi si ammala. Evidentemente gli ammalati sono in numero molto superiore ai dimessi e guariti.
Probabilmente la vera soluzione del problema sarà il vaccino . L’annuncio della Pfeiffer la farmaceutica tedesca americana ha comunicato di aver messo a punto un vaccino alla terza fase della sperimentazione efficace al novanta per cento . Gli scienziati sovietici hanno da tempo comunicato che è disponibile un vaccino dal nome Sputnik V .In realtà i ricercatori stanno lavorando su tre tipologie di vaccini: Vaccino a RNA: si tratta di una sequenza di RNA sintetizzata in laboratorio che, una volta iniettata nell’organismo umano, induce le cellule a produrre una proteina simile a quella a quella verso cui si vuole indurre la risposta immunitaria (producendo anticorpi che, conseguentemente, saranno attivi contro il virus) Vaccino a DNA: il meccanismo è simile al vaccino a RNA. In questo caso viene introdotto un frammento di DNA sintetizzato in laboratorio in grado d’indurre le cellule a sintetizzare una proteina simile a quella verso cui si vuole indurre la risposta immunitaria Vaccino proteico: utilizzando la sequenza RNA del virus (in laboratorio), si sintetizzano proteine o frammenti di proteine del capside virale. Conseguentemente, iniettandole nell’organismo combinate con sostanze che esaltano la risposta immunitaria, si induce la risposta anticorpale da parte dell’individuo.
In sintesi numerica ci sono sette vaccini alla prima fase di sperimentazione ,un vaccino alla seconda fase ,quindici vaccini in terza fase di sperimentazione e ottanta vaccini ancora allo stato di sperimentazione animale . La Commissione europea per molti dei vaccini di cui sopra ha già firmato contratti di acquisto al fine di mettere a disposizione degli Stati membri e quindi dei cittadini europei un ampio ventaglio di opportunità .
Conclude il documento : Noi pensiamo che quel che non è stato fatto fra maggio e ottobre debba assolutamente essere fatto ora. Perché il problema cruciale di un’epidemia non è portare il numero di contagi vicino a zero, ma mantenerlo basso quando il peggio sembra passato. Per garantire questo, servono tutte e 10 le cose che abbiamo elencato. Serve, soprattutto, un impegno solenne del governo centrale ad attuarle in tempi brevi e certi, senza i tentennamenti e le distrazioni del passato. Serve un cronoprogramma che specifichi costi, strumenti, fasi di avanzamento, date di conclusione.Perché il rischio che corriamo è grande. E’ il rischio che, dopo il tempo delle chiusure, quello delle aperture ci restituisca la medesima illusione, il medesimo tempo sospeso in cui siamo vissuti quest’estate. Un intervallo in cui si fa poco per contrastare il virus, ci si illude che il virus sia in ritirata, e così si prepara l’arrivo di una nuova ondata.
Gli italiani, come sempre, finiranno per fare quel che gli si chiede, sopportando sacrifici e rinunce. E’ troppo chiedere che, almeno, non siano inutili?
(1)Un documento intitolato :”Covid .Un’operazione verità è necessaria “ firmato da alcuni virologi, economisti, giuristi. Nicola Casagli, ordinario di Geologia applicata, Università di Firenze; presidente OGS, Trieste.
Pierluigi Contucci, ordinario di Fisica matematica, Università di Bologna.
Andrea Crisanti, ordinario di Microbiologia; direttore del dipartimento di Medicina molecolare, Università di Padova.
Paolo Gasparini, ordinario di Genetica medica, Università di Trieste; direttore del Dipartimento di Genetica medica ospedale Burlo, Trieste.
Francesco Manfredi, ordinario di Economia aziendale; prorettore Lum, Jean Monnet, Bari.
Giovanni Orsina, ordinario di Storia contemporanea; direttore School of Government Luiss.
Luca Ricolfi, ordinario di Analisi dei dati, Università di Torino; presidente e responsabile scientifico della Fondazione David Hume.
Stefano Ruffo, ordinario di Fisica della materia; presidente SISSA Trieste.
Giuseppe Valditara, ordinario di Diritto privato e pubblico romano, Università di Torino; coordinatore Lettera 150.
(3) Il Fatto Quotidiano – News su politica, cronaca, giustizia ed economia
(4) https://www.ilpost.it/2020/10/19/mezzi-pubblici-coronavirus/