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CAMBIAMENTO CLIMATICO : AUMENTANO LE “CLIMATE LITIGATION” – VALTER MARCONE

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Redazione- Climate change, cambiamento climatico e aumento delle “ cause” ovvero delle “chiamate in giudizio” di Stati al fine di rispondere ai danni causati dal cambiamento climatico che gli Stati stessi non riescono, non vogliono, o non possono contrastare.

La situazione in questo campo ormai è delineata, anzi irrevocabilmente segnata se non si interviene : in base ai dati a disposizione, secondo il fisico scozzese Jim Skea. presidente dell’Intergovernmental Panel on Climate Change, braccio scientifico delle Nazioni Unite sull’emergenza climatica, entro il 2030 ci sarà un aumento di 1,5°C delle temperature globali rispetto ai livelli pre-industriali.

Intentato a settembre del 2020, si è aperto il 27 settembre 2023 ( è il primo caso del genere depositato presso la Corte di Strasburgo) ovvero sono appena iniziate le udienze davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo ( Cedu) di un giudizio che vede contrapposti un gruppo di ragazzi contro 33 Stati ( 27 Governi dell’Unione Europea, più Regno Unito, Svizzera, Norvegia, Russia, Turchia e Ucraina). L’accusa è di violazione dei diritti umani per non aver affrontato in modo adeguato il cambiamento climatico.

Il procedimento è promosso da sei cittadini portoghesi, il più giovane ha 11 anni, il più ”vecchio” ne ha 24: la generazione che, nei prossimi decenni, sperimenterà sulla propria pelle gli effetti più gravi del surriscaldamento globale. I giovani si sono rivolti alla Corte europea dei diritti dell’uomo ( Cedu). saltando la giurisdizione dei tribunali portoghesi, perchè hanno ritenuto che le giurisdizioni nazionali non hanno fatto abbastanza e perché affermano che la decisione di agire o meno contro il global warming non può essere lasciata alla discrezionalità degli Stati.

Un processo che però vede riunite anche altre istanze . Infatti lo scorso 29 marzo si è celebrata a Strasburgo la prima udienza dinanzi alla Grande Chambre della Corte europea dei diritti dell’uomo sulle cosiddette “cause climatiche” (climate cases) Verein Klimaseniorinnen Schweiz e altri c. Svizzera (n. 53600/20) e Carême c. Francia (n. 7189/21) riunite per tematica e questioni giuridiche insieme a Duarte Agostinho e altri c. Portogallo e altri 32 Stati (n. 39371/20). La ritrasmissione delle udienze è disponibile sul sito della Corte Europea. ( 1)

L’udienza è “solo” la prima nelle cause riunite perché le discussioni dei vari ricorsi sono state scaglionate e, secondo le indicazioni della cancelleria della Corte europea, dovremo aspettarci le pledoiries del caso Duarte Agostinho prima della sospensione estiva dei lavori della Corte.

Dai comunicati stampa della Corte si apprende inoltre che, in coda a queste tre capofila introdotte tra il 2020 e il 2021, sono state poste altre 6 cause, introdotte tra il 2021 e il 2022, delle quali una italiana, frutto della riunione di due ricorsi Uricchio c. Italia e altri 31 Stati (n. 14615/21) e De Conto c. Italia e altri 32 Stati (n. 14620/21).

Federico Di Salvo su “ unionedirittiumani.it” afferma che i tratti caratteristici di queste cause sono due : “… sotto un primo profilo l’essere state introdotte in gran parte con sforzi e risorse e ricorrenti collettivi, per opera di ONG o comitati,” ma soprattutto sono ad iniziativa di attori diversi come giovani che , come si comprende , sopporteranno il peso maggiore del cambiamento climatico, ma anche da anziani .Continua Di Salvo : “ soggetti che affermano di essere già stati lesi nella loro integrità fisica e psichica dal cambiamento climatico” (…).Sotto un secondo profilo l’essere dirette contro un gran numero di Stati Parte della Convenzione, (…) sotto un terzo profilo l’essere state precedute senza successo da un esperimento di ricorsi interni, il cui esito infruttuoso ha destato problematiche di ineffettività dei rimedi a disposizione nei vari ordinamenti, o il non essere state affatto precedute da rimedi interni, ritenendosi essi insussistenti o ineffettivi date le violazioni sollevate. “(2)

Che i Governi siano stati poco attivi lo riconosce lo stesso neo presidente dell’Intergovernmental Panel on Climate Change, Jim Skea. che afferma : “Cosa non ha funzionato? I governi “non hanno messo in atto politiche abbastanza ambiziose da consentire il raggiungimento degli obiettivi dell’accordo di Parigi. Questo è assolutamente certo», ha detto lo scienziato scozzese. E ha aggiunto: “Il mondo non finirà se diventerà più caldo di 1,5 gradi. Tuttavia, sarà un mondo più pericoloso. I Paesi dovranno lottare con enormi problemi e ci saranno molte tensioni sociali». D’altra parte, non bisogna disperare, perché l’umanità avrà sempre il potere d’influire sulla traiettoria futura dell’emergenza climatica. Skea ha precisato: «Possiamo ancora intraprendere azioni per evitare alcune delle peggiori conseguenze del cambiamento climatico, questo dev’essere chiaro. La sensazione di essere paralizzati di fronte a una minaccia letale non ci aiuterà, è importante passare rapidamente all’azione».(3)

Le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo sono legalmente vincolanti per i Paesi membri e la mancata osservanza fa scattare multe pesanti. La decisione è attesa per la prima metà del 2024.

Circa il ricorso ai tribunali in tema di danni per il cambiamento climatico ci sono illustri precedenti.

Un tribunale del Montana,Stati Uniti , ha dato ragione a 16 giovani attivisti climatici, di età compresa tra cinque e 22 anni, rappresentati dallo studio legale Our Children’s Trust, che sostenevano che le politiche dello stato, orientate al fossile, avessero violato il loro diritto costituzionale a un “ambiente pulito e salutare”.

Nelle 103 pagine della sentenza, la giudice Kathy Seeley ha sottolineato che i ricorrenti avevano subito gravi danni alla loro salute fisica e mentale a causa del cambiamento climatico e dell’inquinamento. Ha aggiunto che la legge statale che vieta alle agenzie governative di valutare l’impatto sul clima dei grandi progetti del settore dell’energia è responsabile del cambiamento climatico.

Si tratta di una sentenza storica che dimostra la grande importanza della lotta dell’attivismo giovanile per impedire una catastrofe climatica sempre più vicina. (4)

Nella recente sintesi del suo Sesto Rapporto di Valutazione (AR6), pubblicata a fine marzo,l’ Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) ha evidenziato alcune misure chiave che i governi devono adottare immediatamente se vogliamo evitare il collasso del clima. (5)

Ma per tornare al processo di cui si è tenuta la prima udienza lo scorso 27 settembre 2023 di cui abbiamo parlato sopra va ricordato che l’obiettivo dei ricorrenti è promuovere un verdetto di colpevolezza. Non chiedono risarcimenti economici . La pronuncia della Corte dovrebbe indurre gli Stati a tagliare le emissioni di gas serra. «Abbiamo presentato prove che dimostrano che gli Stati hanno il potere di fare molto di più per regolare le loro emissioni di gas serra, ma stanno scegliendo di non agire», ha dichiarato l’avvocato Gerry Liston, della Global Legal Action Network, che sostiene i ricorrenti.

In realtà per un intervento efficace nei confronti dei gas serra , come afferma il rapporto che abbiamo citato, occorrono alcune azioni concertate tra loro . Fonti pulite : eolica e solare, ( energie più a buon mercato di quella delle fonti fossili ) , stop al consumo di suolo per l’agricoltura.

Quattro almeno le azioni per realizzare l’intervento di cui sopra .

La prima misura è un taglio netto agli inquinanti climatici di breve durata, a partire dal metano, che potrebbe ridurre di oltre mezzo grado il surriscaldamento globale. La seconda misura è bloccare la deforestazione. Il terzo punto citato dall’Ipcc è restituire i territori alla natura. Il quarto punto è cambiare l’alimentazione e l’agricoltura. (6)

Un verdetto di colpevolezza potrebbe costringere i Governi ad accelerare i piani di taglio delle emissioni di gas serra. Questo è l’obiettivo dei ricorrenti, che non chiedono un risarcimento economico. Una condanna «sarebbe come un trattato vincolante imposto dalla Corte agli imputati», ha aggiunto Liston. Inoltre, le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo hanno un’influenza sulle cause discusse nei tribunali nazionali.

Bisogna dar conto, nel riferire di questo quadro di azioni giudiziarie nei confrinti degli Stati per la salvaguardia del clima anche di un giudizio in Italia davanti al Tribunale di Roma.

I proponenti partono dalla considerazione che” i cambiamenti climatici sono una emergenza ambientale globale “, che i loro effetti minacciano i diritti fondamentali delle persone come quelli alla vita, alla salute all’acqua, all’alloggio ma soprattutto il diritto “ umano ad un clima stabile e sicuro: dal momento che le condizioni climatiche influenzano la tutela degli altri diritti,”.Un insufficiente contrasto da parte degli Stati del cambiamento climatico può esseere ricompreso dunque in definitiva tra le violazioni dei diritti umani .

Sulla base di questo ragionamenti più di 200 ricorrenti, tra cui 162 adulti, 17 minori (rappresentati in giudizio dai genitori) e 24 associazioni impegnate nella giustizia ambientale e nella difesa dei diritti umani hanno deciso di intraprendere un’azione legale mai intentata prima in Italia.

Oggetto della causa è citare in giudizio lo Stato per inadempienza climatica, ovvero per l’insufficiente impegno nella promozione di adeguate politiche di riduzione delle emissioni clima-alteranti, cui consegue la violazione di numerosi diritti fondamentali riconosciuti dalla Carta costituzionale dello Stato italiano.

L’azione legale è promossa nell’ambito della campagna di sensibilizzazione intitolata “Giudizio Universale” ed è quindi un chiaro esempio di “climate litigation” portate avanti in diversi paesi del mondo.

I ricorrenti sono assistiti da un team legale composto da avvocati e docenti universitari fondatori della rete di giuristi Legalità per il clima. A patrocinare la causa l’Avv. Luca Saltalamacchia, esperto di tutela dei diritti umani e ambientali e l’Avv. Raffaele Cesari, esperto di Diritto civile dell’ambiente, assieme al Prof. Michele Carducci, dell’Università del Salento, esperto di Diritto climatico.

La premessa su cui si basa “Giudizio Universale” è che le acquisizioni scientifiche condivise, proprio perché non controverse, vincolano gli Stati e costituiscono un parametro di verifica della loro condotta, sia a livello internazionale che nazionale.

Le principali obbligazioni climatiche che lo Stato è tenuto ad osservare derivano da fonti internazionali, regionali e nazionali, tra cui spiccano per rilevanza:

  • Accordi internazionali sul clima (tra cui UNFCCC – Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici del 1992 e Accordo di Parigi del 2015)
  • Fonti internazionali e regionali sui diritti umani (tra cui CEDU, Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, artt. 2 e 8)
  • fonti dell’Unione Europea (tra cui TFUE art.191 e Regolamento UE n.2018/1999)
  • Costituzione italiana (tra cui artt. 2 e 32)
  • Altre fonti di rango nazionale (tra cui Codice Civile, artt. 2043 e 2051)

L’azione legale è indirizzata allo Stato italiano, attraverso un atto di citazione davanti al Tribunale Civile di Roma. La richiesta formulata dall’azione riguarda la condanna dello Stato a realizzare un drastico abbattimento delle emissioni di gas serra per il 2030, in modo da centrare l’obiettivo dell’Accordo di Parigi sul clima, in ordine al contenimento massimo del riscaldamento globale entro 1,5°C e ad ogni modo ben al di sotto dei 2°C a fine secolo.

Nell’atto, si contesta la condotta illecita dello Stato, che non è riuscito a perseguire una politica climatica conforme alle acquisizioni scientifiche più avanzate.

La causa legale non ha affatto un valore simbolico, ma mira ad ottenere un radicale cambiamento nelle politiche climatiche dello Stato, attraverso un deciso aumento delle ambizioni di riduzione e la garanzia di piena tutela dei diritti umani, in ottemperanza alle obbligazioni climatiche che lo Stato è tenuto a osservare per effetto della Costituzione, deg

L’Atto di citazione nello specifico contiene:

  • l’inquadramento dei problemi climatici e della grave e preoccupante condizione planetaria di emergenza climatica, accertata dalla comunità scientifica mondiale e dichiarata anche dalla UE e dall’Italia;
  • la descrizione della specifica condizione di vulnerabilità e fragilità del territorio italiano;
  • la disamina delle fonti giuridiche da cui derivano le obbligazioni climatiche, che lo Stato deve rispettare;
  • il catalogo dei diritti fondamentali, a partire dal diritto umano al clima stabile e sicuro, altrimenti violati dall’emergenza climatica;
  • l’inquadramento della responsabilità climatica dello Stato in base al Codice civile italiano;
  • le richieste al giudice.

Dice l’atto di citazione

Con il presente atto, gli attori evocano in giudizio lo Stato italiano per conseguirne

l’osservanza, nei tempi e nei modi prescritti, delle proprie obbligazioni positive, di

contrasto al cambiamento climatico.

1. La esaustiva e piena cognizione degli elementi di fatto e di diritto costituenti le ragioni

della domanda, la valutazione degli elementi probatori versati in atti, presuppongono la

considerazione dei problemi climatici. Pertanto, essi sono illustrati per primi, con

riguardo anche alla loro incidenza sui fatti della vita umana (Cap. I).

2. A seguito di tale illustrazione, si dà atto della grave e preoccupante condizione planetaria

di emergenza climatica, accertata dalla comunità scientifica mondiale e dichiarata

dall’UE, evidenziandone gli elementi determinanti di urgenza (Cap. II).

3. Per la medesima ragione, si procede anche alla rappresentazione della specifica

condizione emergenziale del territorio italiano, sintetizzabile con la formula di hot-

spot climatico, poiché di essa lo Stato italiano deve tener conto nelle sue decisioni e

perché pienamente a conoscenza (Cap. III).

4. Le obbligazioni dello Stato, ora aggravate dall’emergenza climatica planetaria e dalla

condizione emergenziale italiana, sono previste innanzitutto da diverse fonti operanti

nell’ordinamento multilivello euro-unitario: la l. n. 65/1994 di ratifica e di esecuzione

della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 1992 (d’ora

in poi UNFCCC); la l. n. 204/2016 di ratifica ed esecuzione dell’Accordo di Parigi sul

clima del 2015 (d’ora in poi Accordo di Parigi); il diritto europeo, originario e derivato,

che include e integra UNFCCC e Accordo di Parigi; ulteriori fonti connesse o

integrative, come i Report del “Panel intergovernativo sul cambiamento climatico”

(d’ora in poi IPCC) e le decisioni e dichiarazioni di organi e organismi di cui l’Italia è

componente. Le obbligazioni statali rivengono altresì dalla Costituzione (artt. 2, 3 c.2, 9,

10 c.1, 11, 32, 33, c.1/c.6 e 117 c.1) e dalla Convenzione Europea sui Diritti Umani

(d’ora in poi CEDU) (artt. 2, 8, 14) (Cap. IV).

5. Tali fonti definiscono i doveri statali di protezione del sistema climatico, diretti a porre

fine all’aumento costante della temperatura, perseguire e mantenere la stabilità climaticacontribuire ad arrestare gli effetti degenerativi dell’emergenza climatica, quindi rendere

effettivi, nel presente e nel futuro, i contenuti essenziali dei diritti fondamentalissimi della

persona umana, prevenendone la lesione (Cap. V).

6. Infatti, la perdurante (permanente) violazione dei modi e tempi dei doveri statali di

protezione è idonea a fondare, ratione loci, la responsabilità climatica dello Stato

italiano convenuto, riconducibile alle fattispecie di cui agli artt. 2043 c.c. ovvero 2051

c.c., nonché degli artt. 1173 e 1218 c.c. (Cap. VI).

L’obiettivo dell’iniziativa legale consiste nel chiedere al Tribunale civile una pronuncia che imponga l’adozione di decisioni statali di riduzione delle emissioni di gas serra, in grado di rendere definitiva la stabilità climatica e contestualmente garantire la tutela effettiva dei diritti umani per le presenti e future generazioni, in conformità con il dovere costituzionale di solidarietà e con quello internazionale di equità tra gli Stati.

Le principali richieste specifiche avanzate dai ricorrenti al giudice sono:

  • dichiarare che lo Stato italiano è responsabile di inadempienza nel contrasto all’emergenza climatica;
  • condannare lo Stato a ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 92% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.

Questa percentuale è calcolata tenendo conto delle responsabilità storiche dell’Italia nelle emissioni clima-alteranti e delle capacità tecnologiche e finanziarie attuali; in conformità ai principi di equità e di responsabilità comuni ma differenziate che caratterizzano il diritto climatico.

Questi principi sono di massimo rilievo nel calcolo del “giusto contributo” di riduzione (cosiddetto Fair share) che ogni Stato è tenuto a garantire per contribuire in maniera equa al raggiungimento dell’obiettivo dell’Accordo di Parigi .(7)

Certo la prospettiva , se non si fa proprio nulla o almeno quello che occorre è veramente una prospettiva angosciante. Certo né per noi , né per le future generazioni . Sicuramente per quelle generazioni che vivranno sulla Terra tra duecentocinquanta milioni di anni. Questo infatti il termine che gli scienziati dell’Università di Bristol hanno posto come termine della vita sul pianeta. Gli studiosi di quella università infatti hanno stabilito che l’estinzione potrebbe arrivare tra 250 milioni di anni. Ci sembra una distanza temporale davvero enorme, ma se consideriamo che invece la Terra potrebbe vivere ancora diversi miliardi di anni, infondo 250 milioni non è poi un numero così grande. Secondo il dottor Alexander Farnsworth, il principale autore del rapporto e ricercatore associato presso l’Università di Bristol, la causa principale di tale terribile prospettiva è il grande aumento delle temperature e del caldo estremo. In futuro, queste temperature così elevate porteranno alla formazione di un nuovo supercontinente, il quale sarà anche protagonista di svariati fenomeni vulcanici Ecco le parole del professore a riguardo:”Le prospettive per un futuro lontano sembrano molto desolanti. I livelli di anidride carbonica potrebbero essere il doppio dei livelli attuali. Considerando che si prevede che il Sole emetta circa il 2,5% in più di radiazioni e che il supercontinente si troverà principalmente nei tropici caldi e umidi, gran parte del pianeta potrebbe trovarsi ad affrontare temperature comprese tra 40 e 70°C.”.

(1)la Corte dovrà decidere su tutta una serie di aspetti, su cui dovrà pronunciarsi, tra le quali, ad esempio:

– se il diritto all’ambiente sostenibile sia un diritto umano e possa profilarsi una legittima aspettativa generazionale (discriminazioni tra i giovani e i meno giovani etc…);

– chi siano i soggetti che possano definirsi vittime di tali possibili violazioni e quindi legittimati ad agire denunciandole, vantando un pregiudizio verificabile, apprezzabile e importante, e quando queste cause invece possano dirsi actiones populares in quanto tali inammissibili;

– quale sia il grado di tutela giurisdizionale e lo standard di rimedi che gli ordinamenti interni debbano approntare anche in termini di accesso e riconoscimento della legittimazione ad agire perché possano definirsi effettivi;

– quale sia il congegno giuridico-internazionale che leghi gli obblighi scaturenti da accordi Internazionali diversi dalla Convenzione EDU alla Convenzione stessa per i suoi Stati Parte;

– quali diritti umani convenzionali vengano quindi in gioco e quali siano le norme invocabili a base giuridica di simili pretese di rispetto, protezione e attuazione di questo tipo di rivendicazioni;

– quali obblighi convenzionali vengano in rilievo (negativi, positivi, procedurali?);

– chi, quanti e quali siano i soggetti responsabili che debbano rispondere di tali violazioni;

– quale sia il grado di impegno che gli obbligati devono profondere e quali siano le misure specifiche da porre in essere  per liberarsi dagli obblighi gravanti di non ingerenza e di protezione, e soprattutto se questi, indipendentemente dal parametro dell’accordo di Parigi, siano obblighi di mezzi o risultato.

Il numero delle questioni, la loro rilevanza e il loro grado di non scontatezza in materia (sia nella stessa giurisprudenza della Corte, che nel dibattito dottrinale) rendono la trattazione di queste cause estremamente interessante e, al termine di questa gestazione, la Corte sarà chiamata a dare alla luce attesissime pronunce gemelle, anzi plurigemellari, le quali costituiranno davvero indici rivelatori del “clima” che si respira a Strasburgo…

(2)https://www.unionedirittiumani.it/newsletter/le-chiameranno-sentenze-gemelle-ovvero-che-clima-si-respira-a-strasburgo/

( 3)https://www.ilsole24ore.com/art/global-warming-possibili-soluzioni-ci-sono-ma-bisogna-agire-tutti-e-subito-AFcpiKO

(4)https://www.amnesty.it/usa-sentenza-storica-in-favore-di-un-gruppo-di-attivisti-per-il-clima/

(5)Uscito dopo sette anni di lavoro, questo gigantesco rapporto comprende l’intera gamma di conoscenze umane sul sistema climatico, raccolte da centinaia di scienziati in migliaia di articoli accademici e pubblicato in quattro parti, nell’agosto 2021, febbraio e aprile 2022 e marzo 2023. Nell’ultima parte, a cui ha contribuito anche Skea, si elencano le soluzioni più efficaci che si possono applicare subito, senza necessità di ulteriori progressi tecnologici.

(6)Prodotto dall’estrazione e dal trasporto di petrolio e di gas, dalle miniere di carbone e dall’allevamento (soprattutto di bovini), il metano è un gas serra circa 80 volte più potente dell’anidride carbonica, ma resta in atmosfera solo una ventina d’anni prima di degradarsi in CO2. Bloccare le fughe di metano è considerata dall’Ipcc la misura più urgente.

L’abbattimento delle foreste pluviali distrugge alcuni dei più grandi serbatoi di assorbimento del carbonio e rischia di portarci a un “punto di svolta” in cui vaste foreste come l’Amazzonia e il Congo diventano fonti nette di anidride carbonica nell’atmosfera invece di assorbirla. C’è speranza che i recenti tassi disastrosi di deforestazione osservati in Brasile diminuiscano con il ritorno del presidente Lula, ma sarà un’impresa difficile. Anche il Congo è ancora gravemente minacciato e in Malesia e Indonesia continua la distruzione delle foreste per produrre olio di palma .

Le foreste sono importanti, ma molti altri ecosistemi naturali, come le zone umide che vengono prosciugate per l’agricoltura, sono altrettanto importanti serbatoi di assorbimento del carbonio. Anche gli oceani e le loro coste, con le paludi di mangrovie e le praterie di alghe, che assorbono carbonio e riducono l’impatto dell’innalzamento del mare, devono essere protetti.

Nutrire la futura popolazione mondiale utilizzando gli attuali sistemi alimentari sarà impossibile, mentre il passaggio a una dieta più sostenibile, ricca di verdure e povera di carne e latticini, potrebbe contribuire moltissimo al rallentamento della crisi climatica

(7)https://giudiziouniversale.eu/la-causa-legale/

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