SOMA E PSICHE DELLA POVERTA’-DOTT.RE RICCARDO ROMANDINI
PREMESSA:
Molte persone a causa della crisi economica che ha investito il nostro Paese e il resto del mondo hanno già perso il lavoro, non si sa quante lo perderanno e molti rischiano di perderlo, sono in cassa integrazione o stanno lavorando senza stipendio.
Molti oggi si trovano in condizioni di povertà, ma tutti queste persone hanno problemi pratici ( non arrivano alla fine del mese,non riescono a trovare un altro lavoro, non riescono a pagare il mutuo o riescono solo a sopravvivere con una ridotta qualità di vita) e vanno aiutati sul piano pratico,cioè a risolvere i problemi concreti che ne derivano. Molti di loro andranno certamente in crisi anche psicologicamente, ma in modo diverso a seconda della gravità dei problemi e a seconda di come “prendono” individualmente questi problemi.
Si può perdere la sicurezza nel futuro e diventare ansiosi , si può perdere l’autostima e deprimersi, può peggiorare la relazione con il coniuge o con i figli, si possono riattivare vecchie problematiche psicologiche o si può arrivare a mettere in atto comportamenti autodistruttivi (dall’alcolismo al suicidio). Solitamente nella comunicazione pubblica questa dimensione psicologica della crisi economica viene dimenticata, diventa doveroso affrontarla in modo da cominciare a dare il giusto peso alle variabili soggettive della crisi in atto.
Non che gli aspetti psicologici della crisi non vengano evocati, anzi assistiamo quasi tutti giorni al “duello mediatico” tra la tesi di chi sostiene addirittura che la crisi è fondamentalmente psicologica (si ha paura del futuro e non si spende anche quando si potrebbe) e si risolve con l’ottimismo, e la tesi di chi sostiene che la crisi si risolve essenzialmente con aiuti concreti ( perché non si mangia ottimismo). Dal punto di vista psicologico si tratta purtroppo di due tesi sbagliate, poiché ,da una parte, non basta dire a chi ha buoni motivi per essere pessimista che bisogna essere ottimisti (basta solo a coloro che ottimisti lo sono già), né basta dall’altra dire che bisogna fare qualcosa di concreto per aiutare chi ne ha bisogno per poterlo fare subito come servirebbe
Erano uomini e donne che avevano costruito la propria identità e autostima , un proprio equilibrio affettivo ed una condizione economica sostenibile e che ora vivono le ansie e le sofferenze della perdita del proprio “essere sociale” come lavoratori e lavoratrici , della sicurezza di un reddito, del rischio di perdere la casa acquistata con il mutuo in buona parte ancora da pagare , le preoccupazioni per i figli senza lavoro o con lavoretti incerti . Molti di loro non sanno con chi parlare di questa condizione di sofferenza psicologica, vivono in solitudine questi drammi, alcuni non ne parlano neppure in famiglia perchètemono di infrangere la delicata geometria degli equilibri affettivi.
Solo mettendo al centro ciascuna persona,infatti, si potrà capire di cosa ha bisogno nella crisi: di aiuti materiali (quando la crisi dipende prevalentemente da fattori oggettivi),
di aiuti psicologici, (quando la crisi dipende prevalentemente da fattori soggettivi)
e di entrambi gli aiuti quando a perdere il lavoro o a rischiare di perderlo è una persona che la prende male a causa dei suoi problemi psicologici ma che non ce la potrebbe fare neanche se la prendesse bene.
Le persone in crisi per il lavoro o per lo stato di povertà vanno aiutate come tutte le persone sia nella dimensione materiale che in quella psicologica e solo questo può umanizzare la loro crisi o il loro stato.
Secondo gli indicatori che le società occidentali condividono per misurare il loro bene-essere, l’Italia è un paese economicamente malato.
Nella terminologia della scienza economica (che per quel che riguarda la Polis, nel mondo odierno, svolge la medesima funzione descrittiva, diagnostica e curativa che hanno per l’essere umano le scienze biologiche, psicologiche e mediche), questa malattia si chiama recessione che sta a indicare lo andare indietro, il recedere a condizioni di sviluppo inferiori.
L’economia è un potente organizzatore simbolico dell’affettività individuale e sociale attraverso essa si visualizza l’attuale male-essere della Polis.
Questo coinvolge i suoi abitanti e in particolare i giovani i cui comportamenti, come sempre, sono gli indicatori del sano e dell’insano prodotto dalla rete sociale di cui fanno parte. Essi sembrano corrosi dal nichilismo, dalla negazione di ogni valore da uno stato d’animo contraddistinto da “passioni tristi” ovvero da un senso pervasivo di impotenza e incertezza che li porta a rinchiudersi in se stessi e a vivere il mondo come una minaccia.
Le varie forme di povertà
La povertà è un fenomeno complesso, legato ai cambiamenti storici, culturali e sociali delle società contemporanee, il cui contrasto è un impegno arduo in assenza di una sostanziale sinergia sul piano dell’informazione e della sua conoscenza. La conoscenza della distribuzione della povertà tra le popolazioni e l’analisi delle caratteristiche che si associano a questo fenomeno è stato studiato storicamente attraverso il riferimento a 3 distinti modelli che si sono succeduti nel tempo e che si basano sui diversi approcci e dimensioni presi in esame.concetti generali Le povertà sono di tue tipi e suddivisi a loro volta in tre distinti modelli:
1) OGGETTIVI
2) SOGGETTIVI
Quelli oggettivi: Povertà assoluta, Povertà relativa Quelli soggettivi: Povertà percepita
POVERTA’ ASSOLUTA
Quando si parla di povertà assoluta si fa riferimento all’idea della semplice sopravvivenza o a quella di un livello di vita ritenuto minimo accettabile.
In questo caso per discriminare i poveri dai non poveri si definisce previamente un insieme di bisogni ritenuti essenziali e le risorse che ne permettono un soddisfacimento minimo; le persone (o le famiglie) che non dispongono di questo minimo di risorse vengono qualificate come povere. I bisogni che più spesso vengono identificati come essenziali sono l’alimentazione, l’alloggio, il vestiario, la salute e l’igiene (talvolta si aggiunge anche la vita di relazione).
A questa lista di bisogni si affianca una lista di consumi che ne permettono il minimo soddisfacimento, tramutando poi i consumi, attraverso i prezzi di mercato, nella somma di denaro necessaria. Si ottiene così una soglia di reddito minimo che stabilisce il “confine della povertà”.
Questa concezione della povertà – qualificata come “assoluta” e quindi legata a necessità fisiologiche di base – si ricollega a concetti quali i bisogni primari, il minimo vitale, il fabbisogno nutrizionale minimo, la disponibilità di beni e servizi essenziali per la sopravvivenza.
In sostanza è “assoluta” in quanto prescinde dagli standard di vita prevalenti all’interno della comunità di riferimento.
POVERTA’ RELATIVA
una definizione di povertà relativa, correlata agli standard di vita prevalenti all’interno di una data comunità e comprendente bisogni che vanno al di là della semplice sopravvivenza, dipendente dall’ambiente sociale, economico e culturale e che quindi varia nel tempo e nello spazio.
Un paese complessivamente ritenuto povero può contenere una percentuale di poveri inferiore di quella contenuta da un paese ricco, così come in un paese complessivamente ricco possono essere considerate povere persone che in un altro paese, complessivamente povero non sarebbero ritenute tali.
Si spiega richiamando ilcollegamento tra povertà e disuguaglianza.
La misura della diffusione della povertà è in realtà una misura dell’estensione della disuguaglianza. Un paese complessivamente povero, ma caratterizzato da una disuguaglianza molto ridotta avrà un tasso di povertà anch’esso molto ridotto perché una gran parte della popolazione vive in condizioni di vita che sono comprese entro un piccolo intervallo.
All’opposto di un paese mediamente ricco che è percorso da una forte disuguaglianza si troverà ad avere un alto numero di poveri perché molte persone vivono in condizioni lontane dalla media, oltre la soglia di povertà.
Quando si ragiona in termini di povertà relativa è che la prima operazione essenziale è definire l’ambito territoriale (o sociale) di riferimento, perché è all’interno di esso che si colgono le relazioni di disuguaglianza e quindi di povertà;
“Ognuno sarà ritenuto povero o non povero in rapporto agli altri tra i quali vive”.
Tra povertà relativa e disuguaglianza esistono delle differenze di carattere concettuale e operativo, così come esistono molti punti di contatto. La disuguaglianza caratterizza ogni società secondo forme diverse e la percorre individuando un continuum di posizioni superiori ed inferiori alla media. La povertà, invece, interessa solo una parte della disuguaglianza e più esattamente il suo estremo inferiore. Il problema concettuale da risolvere riguarda l’individuazione del punto dove la disuguaglianza si trasforma in povertà.
Considerare la povertà come la conseguenza estrema della disuguaglianza sociale è molto utile in termini operativi perché comporta la sostituzione di interventi assistenziali diretti verso le persone povere, con azioni di politica sociale volti a modificare i meccanismi sociali che producono la disuguaglianza prima, la povertà poi.
Povertà soggettiva
La povertà soggettiva si riferisce alla situazione di coloro che, nella percezione che hanno delle proprie condizioni di vita, si sentono poveri. Il disagio in questo caso appare correlato con almeno altre tre dimensioni più tipicamente connesse con la qualità della vita e dei servizi: la lontananza, fisica e/o culturale, dalle opportunità della società moderna, anche per inadeguatezza o diseguale distribuzione dei servizi civili, sociali, sanitari e socio assistenziali; la cattiva qualità dell’ambiente sociale locale; la disfunzionalità e la cattiva qualità del contesto fisico ambientale e delle infrastrutture entro l’habitat in cui vivono.
Crisi, Caritas e Istat:
FONTE UFFICIALE, LA STAMPA ECONOMIA 19/02/2015
A rischio povertà 1 italiano su 4.
Peggio di noi solo la Grecia.
10 milioni di italiani senza mezzi, in cinque anni interventi di sostegno raddoppiati.
Boom degli under 30 che non lavorano e non studiano: sono il triplo della Germania
LE NUOVE POVERTÀ
L’ideologia del liberismo selvaggio, l’incapacità delle politiche di affrontare la crisi economica, l’impreparazione di un ceto imprenditoriale incapace di guardare al futuro, stanno producendo il sorgere di nuove povertà accanto a quelle già esistenti.
Non si tratta solo dei pensionati al minimo, degli emarginati e degli immigrati; anche molti settori di lavoratori a stipendio fisso stanno vedendo erodere il loro reddito in misura tale da avvicinarsi al limite della povertà.
Il giovane d’oggi, mediamente con un livello di scolarità e di conoscenze più elevato rispetto ai suoi coetanei di trent’anni fa, si trova di fronte, anche se laureato!, come prospettiva di vita il lavoro temporaneo nelle sue variegate forme; questo vuol dire che non potrà mai permettersi ciò che la generazione precedente ha avuto (sicurezza del futuro, mutuo per la casa, garanzia per gli acquisti a rate, serenità nel mettere al mondo dei figli).
Se non con l’aiuto dei genitori, e cioè con un pesante rastrellamento dei risparmi delle famiglie a favore degli imprenditori; è cioè più povero rispetto ai genitori.
«Ci sono tante situazioni ai limiti pensionati ad esempio che non ce la fanno più ad arrivare alla fine del mese, ma è anche vero che a determinare la condizioni di povertà e dei senza-dimora sono tante cause messe insieme, in primo luogo il fattore economico, ma poi via via tutti i contatti che vengono a saltare, dalla rete sociale alla famiglia, fino a quando il soggetto perde il collegamento anche con la sua identità» e finisce in strada.
Gli invisibili
Queste persone sono persone che nessuno vuole vedere, sono Italiani che soffrono in silenzio, anche padri di famiglia, che non hanno voce in capitolo perché non contano, non hanno lavoro, soldi, rispetto, considerazione, perché subiscono l’indifferenza di tutti.
Se non verranno presi provvedimenti ed interventi adeguati per questa categoria di persone, lo Stato dimostrerà di aver fallito nel garantire ai suoi cittadini i principi fondamentali della Costituzione:
diritto al lavoro, istruzione, casa, salute, libertà e giustizia e un domani si ritroverà a pagare un prezzo troppo alto a cui non riuscirà più a trovare rimedio.
Non c’è interesse per il sociale, perché investire nel sociale non porta profitti, ma solo un cieco non riesce a vedere che tutto questo ricadrà sullo Stato come un boomerang, che si trasformerà in disgregazione sociale incontrollata, aumento della criminalità e “anomia” mancanza del rispetto delle norme e delle regole e tutto ciò che ci può essere di peggio e di negativo per il rispetto dei diritti dei cittadini e per l’immagine negativa che una Stato potrebbe trasmettere nei confronti degli altri Paesi europei.
Sympatheia
sympatheia (da: syn“insieme” e pathos “condizione emotiva, passione, dolore, sofferenza”, cioè significa letteralmente “provare le emozioni che prova l’altro”) e dunque, nel suo significato originario, il termine è molto simile a ciò che oggi intendiamo per “empatia”.
La sofferenza altrui è molto importante per un medico
È alla base della professione stessa, senza sarebbe impossibile esercitarla secondo canoni etici.
Nella letteratura psicologica, scritta perlopiù da autori anglofoni, il termine “simpathy” mantiene dunque questo significato che viene dal greco antico (il termine viene infatti usato in modo interscambiabile con la parola “empathy”), significando la capacità di comprendere i sentimenti dell’altro, di provare per l’altro un insieme di emozioni, che vanno dall’interesse alla preoccupazione, alla compassione.
Le emozioni che con il termine inglese “simpathy” vengono condivise, sono perlopiù negative, dal momento he hanno a che fare con l’indigenza, il dolore, la malattia, la solitudine e la disperazione.
L’attribuzione al merito
“Pierrè Dacò” uno dei massimi esponenti della psicologia contemporanea, sostiene:
“Non si attribuisce il merito a qualcuno per aiutarlo a diventare ciò che è, ma per costringerlo a diventare ciò che noi vogliamo, che esso sia”.
Questo per dire che oggi se meritiamo e otteniamo riconoscimenti, è solo perché facciamo cose che corrispondono alla volontà degli altri e non per fatti valutati secondo criteri oggettivi e tangibili.
Tutto questo diventa fonte di ingiustizia e discriminazione e disuguaglianza.
Crea inoltre un circolo vizioso, limitando la libera espressione dei talenti delle persone e conducono tutti a comportarsi come burattini, senza identità e dignità, dove tutti si fanno del male a vicenda e dove l’unico vincitore è l’inganno e l’unico sconfitto è la giustizia.
Istat, in Italia 16 milioni di poveri
In Italia oggi sono oltre 10 milioni le persone in condizioni di povertà relativa, che presentano una spesa per consumi inferiore alla soglia di riferimento. Si tratta del 16,6% della popolazione. La povertà assoluta, che non consente di avere standard di vita accettabili, coinvolge invece il 7,9% delle famiglie, per un totale di circa 6 milioni di cittadini. «Il 23,4% delle famiglie vive in una situazione di disagio economico, per un totale di 14,6 milioni di individui». Tornando al dato odierno, circa la metà, il 12,4% dei nuclei, si trova in grave difficoltà.
Trovarsi in uno stato di povertà come ad esempio perdere il proprio impiego a causa di un licenziamento, della chiusura dell’azienda, o anche di un semplice abbandono spontaneo dell’ambiente lavorativo comporta infatti un maggior rischio d’incidenza di svariati disturbi come: Ipertensione, diabete, malattie cardiovascolari e disturbi di natura psichiatrica.
Lo stress si manifesta in tutti con frequenti mal di testa, dolori di stomaco, insonnia e tensione muscolare. Una buona percentuale ha ripreso a fumare, altri si abbuffano di cibo.
Quando, poi, ci troviamo a vivere una condizione di crisi economica, come quella che attraversa il mondo in questi mesi, le nostre reazioni psichiche e fisiche tendono a modificarsi. Alcune ricerche dimostrano che nei paesi occidentali a causa dello stress, una persona su quattro va incontro nel corso della propria esistenza, ad un problema di salute mentale.
Gli esperti di salute mentale sostengono che nei periodi di recessione economica, questo tipo di problemi tendono statisticamente ad aumentare drasticamente. In condizioni di disagio, la nostra vita e il nostro equilibrio psicofisico possono subire una brusca modificazione.
E’ stato osservato che, in queste circostanze, molte persone si trovano a dover affrontare relazioni familiari più tese e notti insonni, e aumentano globalmente nella popolazione il rischio di stress e quello di depressione.
I determinanti della salute
Fattori che intervengono nella determinazione dello stato di salute:
Gradiente sociale
Stress
Inizi della vita
Esclusione sociale
Lavoro
Disoccupazione
Sostegno sociale
Dipendenze
Cibo
Trasporti
1) gradiente sociale
La speranza di vita è più breve e la maggior parte delle malattie sono più frequenti ai livelli più bassi della scala sociale di ogni società .
Le persone che si trovano negli strati inferiori della piramide sociale sono soggetti ad un rischio almeno doppio di essere colpiti da malattie e morte prematura rispetto a chi si trova vicino al vertice.
2) stress
Le condizioni di stress ( preoccupazione, ansia, incapacità di reazione) sono dannose per la salute e possono portare a morte prematura.
Essere sottoposti a stress per lungo tempo incrementa la vulnerabilità nei confronti di molte infezioni, del diabete, dell’ipertensione, delle patologie cardiovascolari, dell’ictus, dei disturbi umorali depressivi e aggressivi.
l’attivazione di risposte allo stress toglie energia e risorse ai numerosi processi fisiologici utili al mantenimento della salute. Ciò interferisce sia sul sistema cardiovascolare che su quello immunitario.
3) gli inizi della vita
Un buon inizio di vita significa sostegno alle madri e ai bambini: l’impatto sulla salute dello sviluppo e dell’educazione dei primi momenti durano per tutta la vita.
Esperienze precoci negative e rallentamento della crescita influenzano lo stato di salute portando una riduzione del desiderio di imparare, demotivazione, comportamenti problematici, rischio di marginalizzazione.
Abitudini associali alla buona salute, come l’alimentazione consapevole, l’attività fisica e il non fumare sono associate agli esempi avuti in famiglia, dal gruppo dei pari nonché da una buona istruzione.
I rischi corsi dai bambini nel corso dello sviluppo sono significativamente maggiori per chi si trova in condizioni socioeconomiche critiche e possono essere ridotti mediante il miglioramento della prevenzione prima , durante e dopo la gravidanza
4) l’esclusione sociale
La durata della vita è breve dove la qualità è scadente. Povertà , esclusione sociale e discriminazione causando privazione e risentimento provocano un costo di vite umane.
Esiste una povertà assoluta quando non hanno le risorse elementari per vivere.
Esiste una povertà relativa quando si è più poveri della maggior parte della popolazione e non si dispone di una abitazione dignitosa, dell’istruzione, dell’accesso ai mezzi di trasporti necessari per una completa partecipazione sociale.
Essere esclusi dalla vita sociale ed essere trattati come inferiori è causa di peggior salute e di maggior rischio di morte prematura.
L’esclusione sociale è anche l’esito di razzismo, discriminazione, stigmatizzazione, ostilità, disoccupazione.
La povertà e l’esclusione sociale aumentano il rischio di divorzio e separazioni, di disabilità, malattia, dipendenza e isolamento sociale.
5) il lavoro
lo stress sul posto di lavoro aumenta il rischio di sviluppare malattie. Le persone che hanno un maggior controllo sul proprio lavoro godono di un migliore stato di salute. Avere scarso controllo sul proprio lavoro è una caratteristica fortemente correlata con l’aumento di dolore alla parte inferiore della schiena, alle assenze per malattia e alle malattie cardiovascolari. Il rischio cardiovascolare è associato soprattutto alla ricezione di compensi inadeguati (in forma di denaro, status e autostima)
6) la disoccupazione
La sicurezza del lavoro favorisce la salute, il benessere e la soddisfazione per il lavoro stesso. Più i tassi di disoccupazione sono alti , più sono causa di malattia e morte prematura.
Gli effetti della disoccupazione sulla salute sono legati sia alle sue ricadute psicologiche, sia ai problemi finanziari che essa comporta.
La mancanza di sicurezza del lavoro causa ansia, depressione, aumento dei rischio di malattie cardiovascolari.
7) il sostegno sociale
Amicizia, buone relazioni sociali e forti reti di sostegno migliorano la salute in casa, al lavoro e nella comunità.
Il sostegno sociale contribuisce a fornire alle persone le risorse pratiche ed emozionali di cui hanno bisogno.
L’appartenenza a una rete sociale di comunicazione e di obblighi reciproci fa sì che ci si senta considerati, amati, stimati e apprezzati.
Le società con elevati livelli di disparità di reddito tendono ad avere minore coesione sociale e tassi più alti di criminalità violenta.
8) le dipendenze
Il contesto sociale è influenzato dall’uso individuale di sostanze psicoattive. Il consumo di droghe è una reazione al disagio sociale e,allo stesso tempo, un importante fattore che aggrava le conseguenti disparità sul piano della salute.
Per esempio: ci sono persone che ricorrono all’alcol per anestetizzare le sofferenze di una condizione sociale ed economica difficile e, a sua volta, la dipendenza da alcol conduce a una mobilità sociale verso il basso. Lo stesso vale per il tabacco. Il disagio sociale è associato a elevati tassi di tabagismo e scarsissimi successi nella disassuefazione.
Il fumo è una delle maggiori voci di spesa nel bilancio dei ceti poveri ed è una fra le cause fondamentali di malattia e morte precoce. La nicotina non offre né un reale sollievo dallo stress, né un miglioramento dell’umore.
Il consumo di alcol, tabacco e altre droghe è incoraggiato da grandi multinazionali e dal crimine organizzato con un marketing e una attività promozionale aggressive.
9) il cibo
Una buona dieta e un adeguato apporto alimentare sono essenziali per promuovere la salute e il Benessere.
La scarsità e la mancanza di varietà del cibo causano malattie da malnutrizione e da carenze. L’alimentazione eccessiva contribuisce all’insorgenza di malattie cardiovascolari, diabete, cancro, malattie degenerative dell’occhio, obesità, carie dentali.
Le condizioni sociali ed economiche determinano, nella qualità della dieta, un gradiente sociale che contribuisce alle disuguaglianze nel campo della salute. A questo riguardo, la disparità maggiore tra le classi sociali riguarda l’origine degli alimenti.
In molti paesi, i ceti poveri tendono a sostituire gli alimenti freschi con quelli lavorati, meno cari. Cibi a elevato contenuto di grassi sono frequenti nella dieta di tutti i gruppi sociali.
Le persone a basso reddito , come le giovani coppie, gli anziani e i disoccupati trovano più difficoltà a nutrirsi bene.
10) i trasporti
Trasporto salubre significa spostarsi di meno in automobile e di più a piedi e in bicicletta, sostenuti da un miglioramento del trasporto pubblico. Camminare, andare in bicicletta e usare mezzi pubblici promuovono la salute.
Soluzioni possibili generali: 1)Ispirare una visione comune 2) Mettere gli altri in grado di agire 3) Tracciare il percorso 4) Infondere coraggio 5) Mettere in discussione i paradigmi
Inoltre:
LAVORARE DI PIU’ CON LE PERSONE E LE ISTITUZIONI
SAPER COMUNICARE (ASCOLTO/EMPATIA/RELAZIONE)
AGGREGARE IL CONSENSO
DISPONIBILITA’, ATTENZIONE ED ENTUSIASMO
CONDIVIDERE I RAGIONAMENTI, LE IDEE, I SOGNI
LAVORARE IN SQUADRA CON OBIETTIVI CONDIVISI
ENERGIZZARE – MOTIVARE – COINVOLGERE
Modalità specifiche:
1) dirette alla persona singola
2) dirette alla comunità tutta
alla persona singola:
Sostenerla nella sua autoconoscenza ed autoconsapevolezza per sviluppare la sua qualità di vita Favorire il cambiamento di atteggiamenti e attese nei confronti del lavoro [inflazione delle aspettative] Stimolare i differenti gradi di attrattivitàdel lavoro (e delle organizzazioni) Valorizzare la possibilità di passaggio a forme di lavoro compatibili con le risorse e le capacità residue Potenziare una efficace analisi dei compiti e delle potenzialità individuali Attenuare atteggiamenti di sfiducia e job shock (insicurezza, prospettiva futura incerta, ecc.)
Evidenziare la centralità dei processi di differenziazione (risorse, aspettative, significati attribuiti al lavoro,
Migliorare le capacità di contatto e di analisi della realtà
Sviluppare le competenze comunicative e relazionali Facilitare la scelta o il proseguimento di un percorso formativo o un’attività professionale
Migliorare l’utilizzo delle risorse incentivando il valore dell’autonomia individuale Motivare il personale sull’autovalutazione e sul riconoscimento dei punti di forza e di debolezza
Favorire il clima organizzativo e sociale con procedure valutative negoziate e condivise
Misurare la prestazione in relazione alla competenza attuale ed in direzione di quella potenziale
alla comunità:
Rieducare i popoli ad essere coesi ed uniti tra loro secondo principi comunitari. Aiutare i popoli a riprendere la consapevolezza della realtà e dei loro Diritti naturali.
Educare alla comunità è amplificare la socievolezza oltre gli estremi dell’individualismo e del collettivismo nel quale la massa ha sempre l’ultima parola sull’uomo e la comunità prepara esiti totalitari.
All’interno dell’esperienza comunitaria il movimento della persona verso gli altri non è facoltativo, ma indispensabile alla dialettica di formazione di sé.
Costruendo relazioni profonde con l’altro, attraverso una crescita con e per gli altri per costruire non un “io”, ma una “persona aperta alla comunità”, una persona rinnovata da nuove presenze.
La persona non si costituisce contro gli altri per mezzo degli altri e senza gli altri, ma apprendendo a spegnere la centralità dell’io nella donazione al tu.
Noi non siamo merce
Siamo gente che si alza ogni mattina per studiare, per lavorare o per trovare lavoro, gente che ha famiglia e amici.
Gente che lavora duramente ogni giorno per vivere e dare un futuro migliore a chi ci circonda.
Ma tutti siamo preoccupati e indignati per il panorama politico, economico e sociale che vediamo intorno a noi per il senso di impotenza del cittadino comune.
Questa situazione fa male a tutti noi ogni giorno.
È tempo di muoversi, è ora costruire insieme una società migliore. Le priorità di qualsiasi società avanzata devono essere l’uguaglianza, il progresso, la solidarietà, la libertà di accesso alla cultura, la sostenibilità ecologica e lo sviluppo, il benessere e la felicità delle persone.
Ma se tutti ci uniamo, possiamo cambiarla.
la sofferenza altrui darà sempre fastidio, a chi ne è responsabile e complice