COME SARA’ IL LAVORO DOPO IL CORONAVIRUS
Redazione- A lungo le società e le civiltà che ci hanno preceduto si sono interrogate sul lavoro, sul suo valore, sul suo potere , sulla sua capacità di trasformazione dell’ambiente e dello stesso uomo, della produzione della ricchezza . La storia del lavoro si confonde con la storia dell’uomo e le fa da sfondo, da rumore di fondo perché l’uomo si è espresso oltre con l’arte, la musica, la poesia, la creazione del paesaggio ,le forme dell’esistere, anche con il lavoro. Un diritto e un dovere, un modo di essere o di non essere, un modo di partecipare e di condividere. Certo la disciplina del “diritto “ del lavoro che mette assieme e sfiora altre discipline del sapere è una conquista recente .Il diritto del lavoro nasce e si sviluppa nel XIX secolo ma il lavoro, come rapporto economico, è parte , come si diceva, della stessa storia dell’uomo ed anticipa la stessa nascita delle civiltà umane. Nell’età antica il lavoro si svolge in famiglia . In alcune società il lavoro è solo svolto dagli schiavi che non hanno soggettività giuridica. Nel Medioevo nascono le “ servitù”. Durante il feudalesimo, uno dei fenomeni più importanti di questo periodo storico, ciascun uomo è subordinato ad un altro in una complessa piramide del potere. I lavoratori sono servi della gleba, persone legate per tutta la vita alla coltivazione delle terre del signore feudale. Nell’ età comunale, nell’Alto Medioevo, le botteghe conquistano una importanza strategica nelle città. Nascono le corporazioni che riuniscono gli artigiani di vari settori e gli stessi lavoratori delle botteghe iniziano ad avere una prima forma di tutela. Il lavoratore è soprattutto un apprendista Nel ‘700 l’espansione del commercio estero, le nuove scoperte tecnologiche ( macchina a vapore ) e la rivoluzione industriale nasce il capitalismo che usa le macchine per aumentare la scala di produzione. Il gigantismo delle macchine non conosce ritardi nello sviluppo. Il luogo di lavoro diventa la fabbrica dove si mettono assieme capitale e forza lavoro e dove nascono le merci , (1) Nel mondo moderno come scrivono Jean Fourastié, Gino Giugni su Enciclopedia del Novecento (1978) alla voce Lavoro: “ La ricerca dell’efficienza del lavoro è difficile, lenta e complessa. Questa ricerca conduce, o costringe, gli uomini a costituire gruppi di lavoratori specializzati, chiamati ‛imprese’: la produttività obbliga in tal modo l’umanità a ricorrere alla divisione del lavoro, la quale obbliga a sua volta allo scambio. Lo scambio si fa sempre tra due prodotti differenti, per esempio tra dei vestiti e un apparecchio radiofonico, tra una certa quantità di carne e dei tegami, ecc.; la determinazione del tasso di scambio non è cosa semplice e dà luogo a problemi di giustizia sociale, risolti in modo più o meno soddisfacente. Tale è tuttavia l’efficienza della divisione e della specializzazione del lavoro, che l’umanità si impegna sempre più in questa direzione. Ciascuno di noi, quindi, ciascun operaio produce sempre più, nell’impresa, cose che non consuma e, inversamente, sempre più consuma cose che non ha prodotto.
Si comprende facilmente come i gruppi umani e le nazioni che hanno accettato le costrizioni, lo scotto della divisione del lavoro, le organizzazioni gerarchiche e i molteplici altri obblighi che ne derivano, abbiano acquistato molto presto sugli altri gruppi e nazioni grandi vantaggi economici e politici, e ciò proprio a motivo dell’efficienza che della divisione del lavoro è la principale conseguenza. Questo è uno dei tratti essenziali della storia contemporanea, che è dominata da quei fenomeni cui si dà il nome di ‛crescita’ o ‛sviluppo’. Oggi, questi fenomeni hanno cominciato a rivelare la loro ‛faccia nascosta’, le loro conseguenze impreviste. I vantaggi della crescita (e in particolare quelli relativi al livello di vita, alla salute, alla durata media della vita) sono stati, è vero, confermati (è questa la faccia visibile del fenomeno, l’obiettivo desiderato e voluto); ma la divisione del mondo tra paesi sviluppati e paesi non sviluppati, tra i quali l’abisso si approfondisce anziché colmarsi, i limiti fisici che la crescita incontra in alcuni paesi sviluppati, le insoddisfazioni che persistono e si sviluppano nei paesi più progrediti, sono tutti fatti che pongono all’umanità di oggi gravi sfide. L’organizzazione mondiale del lavoro non può più essere presa in considerazione unicamente dal punto di vista dell’efficienza del lavoro orario.”
La sequenza “indicare , nominare, segnare, costruire” e le loro funzioni rappresenta uno dei capisaldi dell’evoluzione, per così dire, sociale dell’uomo ma è anche il contenitore linguistico ,tecnico,storico e politico di queste azioni che sono tutt’uno con il lavoro. Il paradigma di una esemplare tracciatura di un sentiero che meglio vorrei definire un cammino verso uno dei suoi obiettivi : la realizzazione dell’uomo.
I padri costituenti nel definire la carta programmatica di una repubblica appena nata vollero esprimere il massimo della loro fiducia in un mondo nuovo e rinnovato ( che veniva fuori dal disastro di due guerre mondiali ,dall’affermazione di nazionalismi, da un ventennio di libertà negate ) affermando che la Repubblica italiana voleva e doveva essere una repubblica fondata sul lavoro(2) .La storia di questo lavoro, come ho ricordato sopra trovava negli avvenimenti millenari del nostro paese un filo conduttore che lo indicava come fonte di socialità,impegno, ricchezza,progresso. Ma anche come fonte di conflitto (3) Insomma una civiltà del lavoro. Tra cui quella contadina che ha caratterizzato negli ultimi secoli la vita italiana. Le storie del lavoro di quella civiltà sono legate ad un continuo lavorio e tessitura di progetti che allineano sforzi per l’affrancamento dalla servitù e dalla fatica; di lotte per l’affermazione di diritti e rivendicazioni di salari equi ,trasformazione del lavoro nei campi , nascita del sindacato ,ricerca di ausili come la meccanizzazione.
Il cinema ,la musica, la letteratura . hanno creato con questi temi e problemi per soggetto, opere d’arte immortali e hanno richiamato in modo sempre efficace la necessità di interventi sociali e politici molte volte per cambiamenti epocali. Così storicamente si pongono anche avvenimenti come disastri in fabbriche, incendi,morti bianche nell’edilizia. Fino a cronache che raccontano l’assurdità ( ma non molto ) di una condanna a morte da parte di un tribunale per il colpevole di “ aver ucciso una macchina .(4)
A lungo si è anche discusso del rapporto tempo del lavoro / tempo liberato.”Otto ore di lavoro, otto ore di tempo libero, otto ore per dormire “ fu lo slogan che all’inizio del secolo scorso animò le lotte degli operai , braccianti , contadini e le manifestazioni di piazza. Ma in realtà il rapporto tra lavoro e tempo libero, e del valore del loro rapporto nella moderna società industriale e post industriale è uno dei più importanti ed appassionanti dibattiti che filosofi, politici, storici, sociologi, hanno tenuto fin dall’antichità.
C.Volpi, (5) “…un problema del tempo libero si pone all’attenzione dei politici, dei sociologi e degli educatori solo a partire dalla moderna società industriale, caratterizzata dall’anticipazione della produzione di massa sul consumo e dalla razionalizzazione dei procedimenti operativi culminante in una nuova direzione del lavoro.”
Così pure J.Dumazedier: (6) “A cominciare dall’avvento della società industriale, nel secolo XIX^ è stata prevista l’importanza dello svago, o piuttosto del tempo liberato, risultante dalla riduzione del lavoro industriale.”
Di avviso diverso è M.-F.Lanfant: (7) “La discussione sul tempo libero è continua nel corso di tutta la storia. Contrariamente a quanto si dice, non è propria della civiltà contemporanea, si è sempre intrecciata in un modo o nell’altro alle lotte sociali, religiose o politiche.”(25)
Ma il Dumazedier ribatte: “Alcuni ritengono che il tempo libero sia sempre esistito in tutte le epoche e in tutte le civiltà. Non condividiamo questa tesi che invece è sostenuta da Sébastian de Grazia . E’ evidente che il tempo non occupato dal lavoro è antico quanto il lavoro, ma il tempo libero, come lo intendiamo oggi, presenta tratti specifici, tipici della civiltà scaturita dalla rivoluzione industriale.”
E più avanti precisa: “Perchè il tempo libero diventasse una realtà per la maggior parte dei lavoratori, si sono dovute realizzare due condizioni preliminari nella vita sociale:
- le attività della società non sono più regolate interamente dagli abblighi rituali imposti dalla comunità. Almeno una parte di tutte queste attività, e più specificatamente il lavoro e il tempo libero, sfuggono ai riti collettivi. In particolare, il tempo libero riguarda la libera scelta degli individui anche se, evidentemente, questa è soggetta ai condizionamenti sociali;
- il lavoro professionale si è staccato dalle altre attività e ha un limite arbitrario, non regolato dalla natura. La sua organizzazione è specifica e tale per cui il tempo libero di chi esercita tale tipo di lavoro è abbastanza nettamente separato o separabile da esso.
Il Coronavirus sta cambiando il lavoro . Occorrerà dunque parlare di lavoro leggero , di lavoro a distanza, di ambiente di lavoro . Ma anche di lavoro sommerso, di lavoro nero , di nuovi diritti per i lavoratori .In altre parole si tratta di ridisegnare un mondo che speriamo non sia ad immagine e somiglianza della emergenza che richiede questo cambiamento e che non si debba arrivare a dire che l’unico ambiente di lavoro veramente asettico è quello in cui operano le macchine e le intelligenze artificiali. Sarebbe uno scenario fantascientifico veramente insopportabile.
In termini di cambiamento si parla di piccole innovazioni come per esempio in Emilia-Romagna dove la manodopera stagionale per l’agricoltura si cerca online, e sul portale “Lavoro per te” c’è un percorso speciale per incrociare domanda e offerta di lavoro. “
Per arrivare a quelle più corpose : è’ già iniziata l’era del lavoro leggero o smart working ? Non si può dire perché quella che il coronavirus ha costretto a fare è una sperimentazione quasi alla buona anche se forzata e necessaria per non appesantire i danni che già cominciano a delinearsi e che saranno stringenti tra qualche mese in questo settore . Una sperimentazione caratterizzata ,forse perché quasi del tutto impreparati, però da bassa digitalizzazione di imprese e lavoratori, pesanti limiti legati alle infrastrutture del Paese e diffidenza da parte di imprenditori all’adozione di questa modalità di lavoro. Si tratta del “test” più grande che sia stato condotto sul lavoro agile nel nostro Paese e che coinvolge 2 milioni 205 mila dipendenti, il 17,2% della forza lavoro in organico delle imprese italiane. È quanto emerge dal focus della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro “Non chiamatelo smart working. Il lavoro agile ai tempi del Coronavirus secondo i Consulenti del Lavoro”, secondo estratto dell’indagine condotta tra il 23 e il 25 marzo 2020 su 4.463 iscritti all’Ordine. Per i Consulenti del Lavoro a pesare è innanzitutto il basso livello di digitalizzazione del Paese, sia per l’indice di alfabetizzazione digitale di imprenditori e lavoratori (l’88,4% concorda che tale aspetto rappresenta un forte ostacolo per l’efficacia dello strumento), sia per le carenze delle infrastrutture tecnologiche (l’81,8% degli intervistati). Emerge anche un atteggiamento di diffidenza verso il lavoro agile da parte di larghi segmenti del tessuto imprenditoriale (79,3%) che non contribuisce alla sua diffusione in questa fase emergenziale. Guardando, poi, all’impatto prodotto dallo smart working sui processi lavorativi e ai suoi benefici, le valutazioni fornite appaiono complesse. Per il 74% degli intervistati le difficoltà di coordinamento a distanza dei gruppi di lavoro rallentano i processi decisionali e produttivi, creando disfunzionalità e inefficienza. Il 50,6% dei Consulenti del Lavoro pensa che il lavoro da casa aumenti responsabilità e produttività dei lavoratori, ma il 49,4% pensa l’esatto opposto. Similmente, a fronte del 47,8% che afferma che con lo smart working si crei un clima di maggiore fiducia e collaborazione tra management e risorse umane, il 52,2% non è d’accordo con tale affermazione (8)
Probabilmente perché il lavoro leggero diventi una opportunità diffusa e concretamente realizzabile all’interno delle strategie di impresa occorreranno condizioni ,alcune delle quali imprescindibili. Come quella sicuramente del cambiamento di una mentalità ,come pure il cambio di passo in termini di produttività.. Il lavoro non sarà più legato alla timbratura del cartellino di presenza ma sarà svolto per obiettivi individuali e soprattutto di gruppo, di squadra . Sarà sicuramente legato alla riproposizione di un nuovo e diverso contratto di lavoro da quello attuale con garanzie e diritti per particolari aspetti a cominciare per esempio dallo stesso orario di lavoro. Inoltre ,in considerazione delle situazioni abitative in cui tale lavoro oggi è stato fatto, spesso con problemi di spazio e di commistione con altre esigenze ,per esempio quelle di formazione sempre on line di studenti ,tale lavoro poter essere svolto in luoghi diversi dall’abitazione. Si pensi ai locali comuni di alcuni condomini oppure a locali appositamente adibiti per gruppi di abitazioni ( diciamo di quartiere ) per evitare spostamenti .
Oltre al lavoro a distanza c’è un futuro umano nel mondo del lavoro degli automi e dell’intelligenza artificiale che da sola garantisce il cento per cento di asetticità? L’uomo ha sempre interagito con le macchine nel lavoro quando soprattutto servivano ad alleviare la sua fatica: Dall’aratro ai telai della rivoluzione industriale le macchine hanno rappresentato anche una potenzialità delle capacità della sua intelligenza. Dove l’uomo non sarebbe mai potuto arrivare li ha dato il compito alla macchina, da lui stesso costruita , di surrogare la sua azione. Parliamo per esempio delle nano tecnologie, (9) parliamo della chirurgia
Ora dovremmo parlare ,in tema di futuro del lavoro dell’uomo che interagisce con un’automa cosa che già fa da tempo ma questa volta di un automa capace di intelligenza e quindi di auto apprendimento . Qui non si tratta della lavatrice o della lavastoviglie e nemmeno di tutte quelle strane applicazioni alla domotica per facilitare alcuni compiti dell’uomo, si tratta di entrare in un territorio di confine interessante ma che coinvolge molti aspetti interessanti da esaminare e quindi bisognosi di approfondimenti che rimandiamo ad un’altra riflessione .
(1)Luigi Dal Pane, La storia come storia del lavoro. Discorsi di concezione e di metodo, Bologna, Pàtron 1968) Il merito di rileggere il volume oggi è quello di rappresentare un invito a conoscere più a fondo una pagina importante della storiografia economica e sociale italiana che molta parte della generazione formatasi negli ultimi venticinque anni non ha mai incontrato o ha frequentato il più delle volte in maniera individuale e indipendente, per una sorta di rimozione inconscia operata nella trasmissione delle conoscenze. Questo fatto è ancor più vero se pensiamo che il volume affronta temi ancora molto dibattuti, dentro e fuori il discorso storiografico. Il primo di questi è la concezione di “storia” e “fare storia” più volte evocata nel libro. Mezzo per comprendere il presente, attraverso una conoscenza dell’umanità e del suo mutamento, la storia doveva essere necessariamente unitaria e non poteva conoscere divisioni al suo interno. L’ampliamento e l’allargamento dei confini erano necessari al fine di riprodurre il più fedelmente possibile le vicende accadute, grazie al senso del complesso e del relativo e ai rapporti di correlazione e proporzione. Per questo motivo, secondo Dal Pane, era necessario tenere insieme diversi «livelli» della vita dei lavoratori (dall’economico-giuridico al politico, dal sociale al morale-ideologico) poiché essi si sorreggevano reciprocamente a tal punto che era impossibile osservare l’uno senza tenere in considerazione l’altro. Rapporti economici e rapporti sociali in particolare non potevano essere disgiunti e la storia del lavoro offriva il terreno più adeguato: non perché quel “del” contribuisse a costruire steccati o orticelli, ma perché il lavoro era visto come un fattore essenziale della natura umana e dell’ambiente artificiale, unendo pratica e teoria, attitudini mentali e operative. L’allora antitesi fra storia economica-giuridica e storia etico-politica veniva così superata poiché «nessuna attività umana … anche la più modesta, può essere disconosciuta e negletta», ma tutte si stringevano «col pensiero in un unico abbraccio creatore» (p. 223). https://www.storialavoro.it/discussioni-1/
www.iisg.nl/hpw/
Database di prezzi e salari dal Medioevo a oggi, con una vasta sezione di link, a cura dell’International Institute of Social History di Amsterdam
.(2)I costituenti sono stati espliciti sul tema, nella Costituzione italiana il lavoro occupa uno spazio di rilievo. L’articolo 1 della Costituzione repubblicana recita: “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro”.
Con la “chiarezza” necessaria a rendere comprensibile a tutti i cittadini quelle norme che sono – ancora oggi – le fondamenta giuridiche del nostro essere comunità, la carta costituzionale afferma all’art. 4 il lavoro come diritto del cittadino e suo dovere – “secondo le proprie possibilità e la propria scelta” – e precisa che la Repubblica “promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”. Agli articoli 2 e 3 viene ribadito che “la Repubblica (…) richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” ed è sempre “compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli (…), che, (…) impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori alla organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Un terzo degli articoli dei principi fondamentali parla del lavoro.. Principi ripresi in quasi tutto il Titolo III, dei Rapporti economici. All’art. 35 si ribadisce che “la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni”. All’art. 36 si precisa che “il lavoratore ha diritto a una retribuzione (…) sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”; quindi a un lavoro che gli consenta ciò. Si evidenziano poi categorie che necessitano di maggiori attenzioni e tutele: donne, minori, inabili (artt. 37 e 38). L’articolo 41dopo aver sancito che “l’iniziativa economica privata è libera”, subito precisa che “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Sintesi perfetta di quando fin lì affermato e del concetto posto all’art. 36: lavoro e dignità del lavoratore, della persona. Concetti inscindibili. Con indicazioni attuative per la Repubblica declinate con accuratezza di termini: fondata, riconosce, tutela, promuove.
(3)Solo en passant va ricordato che con la modifica dell’art 18 dello Statuto dei lavoratori “svilito” prima (Fornero 2012) ed eliminato poi (Jobs Act 2015) creando il “lavoro a tempo indeterminabile” e formalizzando la precarizzazione è stato eliminato un diritto che riguardava direttamente più di 6 milioni di lavoratori e solo poco più di 100.000 aziende, il 2,4% in un contesto prevalentemente di micro e piccole imprese. In questi ultimi anni si è sacrificata la dignità delle persone ricavandone una illusoria (e comunque diseguale) ripresa economica e occupazionale. Tutto in nome di una flessibilità che non garantisce occupazione mentre “crescono povertà e disuguaglianze”.
Scriveva Francesco Occhetta nel suo Blog “L’umano nella città” su società, politica, giornalismo e spiritualità già il 10 novembre 2017 “Nel pensiero dei padri costituenti il lavoro è paragonabile a un esodo. È promesso. Viene plasmato e si forma in un processo sociale e antropologico dinamico, mai statico. È per questo che nella Costituzione, il termine più ricorrente, dopo «legge», è «lavoro» o «lavoratori». Il significato di lavoro – non riducibile all’occupazione e alla retribuzione – è come una bussola, è stato pensato per orientare il cammino di una società chiamata ad attraversare stagioni e lavori nuovi. Nel tempo delle macchine e dei robot, quale significato assumerà il lavoro per la vita degli uomini? Quali devono essere i (nuovi) diritti e doveri del lavoratore a partire dal dettato costituzionale? E ancora: come sconfiggere la disoccupazione e quale formazione garantire ai giovani per prepararli al lavoro del futuro? (… ) Quando, durante i lavori della Costituente, Costantino Mortati propose di inserire il principio lavorista come diritto fondamentale, lo pose accanto al principio democratico, a quello personalista e a quello solidarista. È da quest’insieme di principi che si definisce la dignità della persona umana come “valore madre” della nostra Costituzione. Il significato di lavoro nella Costituzione rimanda sempre al significato della dignità della persona e della sua concreta realizzazione come realizzazione di libertà, di crescita personale e comunitaria, di inclusione e di coesione sociale. Il cittadino non viene definito più dal ruolo sociale conferito dalla ricchezza o dai titoli nobiliari, ma dal fare bene ciò che gli viene affidato.(…) Negli atti della Costituente il lavoro è stato pensato in connessione alla formazione e alla famiglia. Mancano ingegneri, commercialisti, saldatori, cuochi, infermieri, esperti di marketing, falegnami, fabbri e soprattutto professionisti del Tech, i lavoratori del digitale. La scuola non sta preparando i giovani ai lavori per i quali c’è domanda di assunzione e lo scorso anno sono stati circa 259.000 i profili professionali che le aziende non sono riuscite a reperire. E poi ci sono le famiglie. Dalle Costituzioni di Paesi come Francia, Spagna e Germania sono nati i «Fondi opportunità» per ogni bambino che nasce; gli «affitti di emancipazione», per rendere autonomi i giovani nel difficile passaggio all’età adulta e al mondo del lavoro e «Pacchetti Giovani Famiglie» per aiutare le giovani famiglie nel lavoro.È attraverso i princìpi costituzionali che definiscono il lavoro che siamo chiamati a stabilire le tutele previdenziali e assicurative dei nuovi lavoratori. Cosa significherà per loro ottenere un salario equo, condizioni lavorative sicure, tutele degne? Mentre il diritto europeo distingue il worker, il lavoratore tout court, dall’employee (dipendente), il lavoratore subordinato, il legislatore italiano, invece, si ostina a regolare le nuove forme di lavoro, come lo smart working, nello schema classico della subordinazione. Un’altra questione ci sta a cuore: il rapporto tra lavoro e pensioni che richiede un nuovo patto generazionale e il riconoscimento del lavoro degli immigrati, in un Paese come l’Italia in cui su quattro occupati quasi tre sono pensionati. http://www.francescoocchetta.it/wordpress/?p=61869
(4)Per la canzone archiviata storicamente l’era del canto di lavoro di matrice folklorica, quando si cantava nei campi per alleviare la fatica o semplicemente per riempire le pause, l’epoca contemporanea fornisce nuovi spunti agli autori di canzoni. Dalla canzone politica in senso stretto (Cantacronache, Della Mea, Bertelli) alla “nuova creatività operaia” (‘E Zezi), dai cantautori (Jannacci, Ciampi) al teatro canzone (Gaber), il lavoro e la fabbrica hanno fornito storie toccanti e stimolato riflessioni .
Canzoniere folk. Testi e musica delle più belle canzoni italiane pubblicato da Giunti Demetra Filastrocche, conte, ninne nanne, canti d’amore, di lavoro, di matrimonio, di intrattenimento, canti religiosi, ballate, canti degli emigranti, lamenti funebri, sono alcune delle forme in cui si presentano i 60 canti popolari raccolti nel libro e provenienti da tutte le regioni d’Italia
(5)Volpi C.: “IL TEMPO LIBERO TRA MITO E PROGETTO”, Eri, TORINO, 1979,
(6) Dumazedier J.: “SOCIOLOGIA DEL TEMPO LIBERO”, Franco Angeli, MILANO,1978, pag 29
(7) Lanfant M.F.: “TEORIE DEL TEMPO LIBERO”, Sansoni, FIRENZE, 1974, p.35
(8) https://primavercelli.it/cronaca/coronavirus-smart-working-lavoro-ai-tempi-del-covid-19/
(9) Allo stato attuale, la nanotecnologia è unanimemente riconosciuta come una disciplina rivoluzionaria in termini del possibile impatto sulle applicazioni industriali e di converso sulle ricadute sulla nostra vita quotidiana. Le nanotecnologie potrebbero offrire e già offrono delle soluzioni in molti campi tecnologici.Si deve sottolineare altresì come, la nanotecnologia per la sua innata natura interdisciplinare, coinvolge
settori e ricercatori dei campi di ricerca più svariati.