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“PIZZOLI | UNA BIBLIOTECA E UN PERCORSO PER RICORDARE LEONE E NATALIA GINZBURG” DI VALTER MARCONE

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Redazione- Si deve a Stefano Ardito una delle firme più note e prestigiose del giornalismo di montagna e di viaggio con i suoi reportage che compaiono sulle maggiori testate italiane, due ricordi di Natalia Gingburg . Il primo su Montagna.tv dove riferisce del soggiorno in quel paese durante il confino inflitto dal regime fascista al marito Leone Ginzburg e il secondo su il Messaggero nel giorno dedicato alla memoria.(1)

Ardito dunque su Montagna Tv racconta così il confino di Leone Ginzburg a Pizzoli , dove lo raggiunge la moglie Natalia con i due figli. Leone lavora con il gruppo che Giulio Einadi ha messo su a Torino dando vita alla casa editrice dello struzzo. In quella esperienza Giulio Einaudi, Leone Ginzburg, Vittorio Foa, Massimo Mila ebbero il coraggio (anche fisico) di pensare ai libri del dopo fascismo, proprio nel momento del suo trionfo. Pagarono con il confino e il carcere, dove però continuarono a studiare come se fossero ospiti di un confortevole campus americano. Nel candido monastero einaudiano di via Biancamano, a Torino, le gerarchie erano scritte magari da qualche parte, ma non pesavano e nessuno ci fa caso. Non si registravano conflitti generazionali. I vecchi maestri erano ammirati e rispettati, i giovani talenti erano cercati, inseguiti, valorizzati. L’allegria del fare insieme trasformò il lavoro in passione, divertimento, gioco, gratificazione.Leone Ginzburg non si risparmiava proponendo un catalogo di opere di cui curava la traduzione e le prefazioni . Da Pizzoli inviava bozze corrette e integrazioni alle opere che man mano venivano pubblicate .

Ma leggiamo come racconta Ardito questa sua permanenza : “Nell’estate del 1941, una famiglia di antifascisti torinesi, confinata in un borgo d’Abruzzo, vive qualche giorno che somiglia a una vacanza. Dal giugno del 1940 Leone Ginzburg, ebreo di origine russa, traduttore e critico letterario, militante di Giustizia e Libertà, è relegato a Pizzoli, a venti chilometri dall’Aquila sulla via che conduce verso Amatrice e la Salaria. Qualche mese più tardi, prima dell’inverno che paralizza la poca vita sociale del borgo, lo ha raggiunto la moglie Natalia, insieme ai due figli piccoli, Carlo e Andrea. Poi, nella primavera del 1941, la Prefettura dell’Aquila autorizza i genitori di lei, Giuseppe Levi e Lidia Tanzi, a visitare per qualche giorno la famiglia. Sono giorni sereni, forse addirittura felici. “Immagino Carlo e Andrea passeggiare su con i nonni sui sentieri di montagna a osservare insetti e farfalle, e il nonno, come sempre dotato di grande energia, indicare in alto sul cammino la montagna che dovranno scalare quando diventeranno grandi” scrive Florence Mauro, scrittrice e regista italo-francese, nella biografia Vita di Leone Ginzburg. Intransigenza e passione civile.

Leone, nato nel 1909 a Odessa, nell’odierna Ucraina, e vissuto per gran parte della sua vita a Torino, ha conosciuto le galere fasciste tra il 1934 e il 1936. Viene nuovamente arrestato e inviato al confino in Abruzzo nel giugno del 1940, ventiquattr’ore dopo la dichiarazione di guerra di Mussolini alla Gran Bretagna e alla Francia, e il celebre discorso dal balcone di Palazzo Venezia.

Natalia che lo ha seguito portando con se i due figli si dedica a loro per tutto il giorno anche se ha una ragazza del luogo che la aiuta. Esce con i bambini a fare brevi passeggiate . Solo alla sera quando i bambini dormono può dedicarsi alla sua attività di studio e di scrittura. Traduce alcune opere che saranno pubblicate dalla stessa casa editrice Einaudi e dà vita ai primi tentativi di scrittura”

La scrittura di Natalia Ginzburg è una continua dichiarazione e quindi una totale immersione nella verità e nella lealtà per l’oggetto della propria scrittura. Scrivere è per Natalie Ginzburg dire sempre la verità e non scrivere mai per caso ; la stessa cosa è per Leone Ginzburg il suo “ bruttissimo Leone” come lo definisce in una “impressione” messa per iscritto appena dopo averlo conosciuto . Il fratello di Natalia , amico di Leone , lo invita a casa e mentre Leone si intrattiene in soggiorno lui chiede a Natalia di dargli l’ultima novella che ha scritto per sottoporla al giudizio nientemeno di Benedetto Croce. Quando Natalia lo accompagna in soggiorno con il testo della novella scopre che non c’è nessun Benedetto Croce ma piuttosto un barbuto e accigliato Leone Ginzburg. Tutto il contrario, dal punto di vista estetico del suo ideale di principe azzurro. In realtà Leone Ginzburg che ha appena ottenuto la cittadinanza italiana e vive ora in Italia che è il luogo che riesce ad appagare il suo desiderio di patria ha vissuto giovanissimo a Parigi per una ricerca su Maupassant ed è diventato amico di Benedetto Croce .Leone legge quella novella e le promette di inviarla a Solaria dove in effetti sarà pubblicata .

Continua Ardito : “Nei tre anni che trascorre a Pizzoli, Leone Ginzburg lavora per l’editore Einaudi, traduce testi dal francese e dal russo, può scrivere e ricevere lettere a proposito di capolavori come Guerra e Pace di Lev Tolstoj e L’idiota di Fëdor Dostoevskij. Lavori che gli procurano un reddito, anche se modesto. Natalia, durante il confino, scrive La strada che va in città, il suo primo romanzo, che esce nel 1942 con lo pseudonimo di Alessandra Tornimparte. Nel 1943, all’Aquila, mette al mondo la terza figlia, Alessandra.(…) “Le lascio immaginare il senso di malinconia e di rabbia che mi dà il continuare a essere considerato straniero nel mio paese” scriverà Leone Ginzburg a Benedetto Croce il 1° agosto 1943, prima di essere liberato. Poi Leone torna a Roma, si impegna nella Resistenza, viene catturato e torturato nel carcere di Regina Coeli, muore a causa delle percosse il 5 febbraio 1944.”

L’articolo di Stefano Ardito è interessante perchè malgrado i brevi cenni autobiografici di Leone e Natalia mette l’accento sul rapporto tra questa coppia e il paese di Pizzoli . Un rapporto che Natalia narra in un racconto dal titolo Inverno in Abruzzo pubblicato nel 1962 da Einaudi nella raccolta Le piccole virtù.

“Quando la prima neve cominciava a cadere, una lenta tristezza s’impadroniva di noi. Era un esilio il nostro: la nostra città era lontana, e lontani erano i libri, gli amici, le vicende varie e mutevoli di una vera esistenza”

Un racconto che termina così.

“Allora io avevo fede in un avvenire facile e lieto, ricco di desideri appagati, di esperienze e di comuni imprese. Ma era quello il tempo migliore della mia vita, e solo adesso che m’è sfuggito per sempre, solo adesso lo so” .

Il tempo migliore della vita di una famiglia e delle loro speranze anche davanti alla tragedia del confino, della mancanza di libertà , della guerra imminente. Un tempo che non si poteva dimenticare . Tanto che nel 1979 Natalia è tornata a Pizzoli .

Così Ardito dopo aver richiamato l’attenzione sul rapporto tra i Gnzburg e Pizzoli nato negli anni del confino mette in evidenza come quel rapporto non sia mai venuto meno .

Infatti continua Ardito : “Nel 1979 Natalia è tornata a Pizzoli, e la Einaudi ha donato un po’ di libri al Comune. Nel 2007, sedici anni dopo la scomparsa della madre, i figli di Leone e Natalia hanno donato al borgo abruzzese circa 3000 volumi che le erano appartenuti. Accanto ai libri è un bel ritratto di Natalia della pittrice aquilana Sara Chiaranzelli. “Oggi la Biblioteca Comunale è dedicata ai Ginzburg. Una parte dei libri possono essere già consultati, altri sono in corso di catalogazione” spiega Milena Ranieri, assessore alla Cultura.Nella Pizzoli di oggi, oltre alla Biblioteca, pochi elementi ricordano gli anni di Natalia e di Leone. Davanti al Municipio, dal 2021, una targa ricorda “Natalia Ginzburg alias Alessandra Tornimparte, scrittrice, drammaturga, politica”. Il terremoto dell’Aquila del 2009 ha reso inagibile la casa che ha ospitato dal 1940 la famiglia. Non si può vedere, purtroppo, la stanza sul cui soffitto è dipinta un’aquila e che accoglieva la vita dei Ginzburg. “L’esilio era l’aquila, era la stufa verde che ronzava, era la vasta e silenziosa campagna e l’immobile neve” racconta Inverno in Abruzzo.”

Dunque una biblioteca intitolata alla Ginzburg. Anzi un progetto di biblioteca di comunità.

L’Associazione Orione, in collaborazione con il sociologo e scrittore Alessandro Chiappanuvoli, ha saputo sfruttare il lungo periodo di emergenza causato dal Covid-19 per ideare il progetto “Una biblioteca per la comunità”, volto a valorizzare e promuovere la Biblioteca comunale “Leone e Natalia Ginzburg”.

Il progetto, che ha preso avvio nel novembre 2921 grazie al patrocinio e al finanziamento dell’amministrazione comunale di Pizzoli, prevede da un lato l’individuazione di una strategia di rilancio per la biblioteca come hub culturale e, dall’altro, la promozione delle sue prossime attività.

In costante ascolto e con la collaborazione attiva della comunità, delle associazioni e degli istituti scolastici del territorio.

La valorizzazione della biblioteca intitolata a Natalia e Leone Ginzburg che si avvale di una ricca donazione . I figli Carlo, Andrea e Alessandra nel 2016, anno del centenario della nascita di Natalia, hanno donato circa 3000 volumi appartenuti a Natalia .

A luglio del 2022 l’Ansa riferiva : “ Entra nel vivo, con il report finale del progetto “Una biblioteca per la Comunità”, lo spazio culturale “Leone e Natalia Ginzburg”, realizzato a Pizzoli (L’Aquila) con la collaborazione di abitanti e associazioni del paese dell’Alta Valle dell’Aterno. Un progetto, iniziato i primi di novembre del 2021 e concluso ai primi di maggio di quest’anno, in cui è stata definita una pianificazione strategica partecipata per il rilancio della biblioteca come hub culturale e un piano di comunicazione per far conoscere le attività e i servizi che in questi giorni si stanno realizzando e strutturando. Nell’immediato, la “biblioteca Ginzburg” ospiterà presentazioni di libri, la prima delle quali in programma domani, con lo scrittore e giornalista sulmonese Savino Monterisi e il suo “Infinito restare”, edito da Radici Edizioni.
Oppure esibizioni musicali, come il concerto a cura dei Solisti Aquilani previsto per il 5 agosto nella suggestiva location della chiesa di Santo Stefano a Monte, vicina al Castello Dragonetti de Torres di Pizzoli. “Prime battute – assicurano i promotori del progetto – di una nuova realtà sociale e culturale, la Biblioteca Ginzburg, che ha l’obiettivo di arricchire non solo la comunità pizzolana ma anche il territorio dell’Alta Valle Aterno e porsi in sinergia con le numerose attività già consolidate nell’aquilano”. Sabato 30 luglio, alle 18.30, la sala consiliare di Pizzoli ospiterà la presentazione del logo ufficiale, realizzato dall’artista grafico Stefano Divizia. “

Di Natalia Ginziburg a trenta anni dalla morte Sandra Petrignani ne fa un ritratto lungo quattrocento pagine , la cui fonte principale sono gli stessi scritti , dal titolo “La corsara . Ritratto di Natalia Ginzburg pubblicato da Nei Pozza. Accanto a Natalia – così la chiamavano tutti, semplicemente per nome – si muovono prestigiosi intellettuali che furono suoi amici e compagni di lavoro: Calvino appunto, Giulio Einaudi e Cesare Pavese, Elsa Morante e Alberto Moravia, Adriano Olivetti e Cesare Garboli, Carlo Levi e Lalla Romano e tanti altri. Perché la Ginzburg non è solo l’autrice di un libro-mito o la voce – corsara quanto quella di Pasolini – di tanti appassionati articoli che facevano opinione e suscitavano furibonde polemiche. Natalia Ginzburg «era ,come la definisce la stessa Sandra Petrignani , il potere editoriale, negato a ogni altra creatura di sesso femminile. Era un’autrice teatrale inconsueta eppure di successo. Era l’opinionista battagliera di grandi giornali italiani e le sue posizioni ci stordivano, irritavano, innamoravano. Come il corsaro Pasolini sapeva scombussolare gli animi ribelli del post-sessantotto. Era una donna austera e triste, che raramente sorrideva. Si vestiva in stile monacale, di scuro, scarpe basse maschili. Portava i capelli corti, senza messa in piega, quasi se li tagliasse da sé fregandosene del risultato. Non un filo di trucco, niente rimmel, cipria, rossetto, nulla. Una suora laica. Incuteva soggezione, per quel che rappresentava, per quel che era». (Sandra Petrignani, La corsara)(2 )

Ma Stefano Ardito in conclusione del suo articolo ci informa che “ un altro ricordo, forse il più bello, di Natalia e di Leone sta nascendo tra i boschi e le ripide erosioni di roccia chiara che sorvegliano l’abitato di Pizzoli, e le torrette del castello Dragonetti De Torres. Sono i luoghi, come ci ha raccontato Florence Mauro, dove il nonno Giuseppe indicava ai nipoti Carlo e Andrea “la montagna che dovranno scalare quando diventeranno grandi”.“Segnare i sentieri della Montagna di Pizzoli ci ha richiesto degli anni, nell’ultimo periodo ci siamo concentrati sul rifugio Martinelli. Il lavoro sul Sentiero Ginzburg è in corso, per ora i cartelli ci sono, ma manca una parte dei segnavia” spiega Rita Ceci, che coordina gli interventi dell’Associazione Orione e della Sottosezione CAI della Valle dell’Aterno, che possono essere contattate attraverso le loro pagine Facebook. Una passeggiata segnata, dalla Piazza del Municipio di Pizzoli, sale alla Fonte Trio, al castello Dragonetti De Torres e ai ruderi della chiesetta della Croce, di cui è previsto il restauro. La segnaletica è quella del Sentiero Enrico Giorgi, tra salita e discesa basta meno di un’ora. Il Sentiero Ginzburg, dal castello, tocca la chiesetta, taglia una ripida pineta, poi supera delle facili rocce attrezzate con catene metalliche. Si scavalca un crinale si traversa una strada sterrata, si toccano alcune casette agricole e si raggiunge un’altra zona di erosioni. Una salita più comoda, in un magnifico bosco, porta a un crinale a 1150 metri di quota, che sorveglia l’abitato di Barete. Si torna per la stessa via alla strada sterrata, poi si piega a destra e si torna al paese, in tutto occorrono tre ore e mezza. Chi vuole percorrere il Sentiero Ginzburg senza difficoltà deve salire per via Colle Rosso, a sinistra del Municipio, e seguire la segnaletica verso la strada sterrata e poi il Sentiero. In questo modo si evitano i passaggi attrezzati, e il tempo scende a due ore e mezza. Il Sentiero dei Tre Rifugi, il più frequentato della zona, sale con tratti ripidi al rifugio Chicchiricchì e poi al rifugio dedicato a Federico Martinelli, in vista dei Monti della Laga e del Monte Corvo. Si traversa un altopiano di pascoli, si tocca il rifugio Santa Pupa, poi una discesa in una forra rocciosa porta al paese di Barete, da cui si torna al punto di partenza. E’ una vera escursione, con 750 metri di dislivello, e che richiede circa quattro ore di cammino. Le rocce intorno al rifugio Martinelli, che da Pizzoli sembrano toccare il cielo, sono “la montagna che dovranno scalare quando diventeranno grandi”, che nonno Giuseppe additava ai piccoli Ginzburg: (3)

E’ un percorso ampio a differenza di quello molto ristretto che Natalia nomina nel suo racconto : “Ogni mattina uscivo con i miei bambini e la gente si stupiva e disapprovava che io li esponessi al freddo e alla neve. «Che peccato hanno fatto queste creature?» dicevano. «Non è tempo di passeggiare, signò. Torna a casa». Camminavamo a lungo per la campagna bianca e deserta, e le rare persone che incontravo guardavano i bambini con pietà. «Che peccato hanno fatto?» mi dicevano. Laggiù se nasce un bambino nell’inverno, non lo portano fuori dalla stanza fino a quando non sia venuta l’estate. A mezzogiorno mio marito mi raggiungeva con la posta, e tornavamo tutti insieme a casa.”

Un sentiero di montagna ma forse anche un parco letterario tra quelli già istituiti e quelli da istituire.

“I Parchi Letterari assumono il ruolo di tutela letteraria di luoghi resi immortali da versi e descrizioni celebri che rischiano di essere cancellati e che si traducono nella scelta di itinerari, tracciati attraverso territori segnati dalla presenza fisica o interpretativa di scrittori. Un singolare percorso che fa rivivere al visitatore le suggestioni e le emozioni che lo scrittore ha vissuto e che vi ha impresso nelle sue opere “ scrive lo scrittore Stanislao Nievo) mosso dalla esigenza di preservare le storie letterarie e le pietre del suo Castello di Colloredo di Montalbano in Friuli- dove Ippolito Nievo scrisse le Confessioni di un italiano – crollato in seguito al terremoto del 1976.

Il lettore dispone così di una chiave di lettura che stimola la visita di luoghi altrimenti considerati solo per il loro panorama: un viaggio reso reale ed attuale dall’incontro con personaggi viventi che introducono a un racconto inseparabile dalla località che li ospita. Capire quanto l’opera letteraria sia potente nell’avvicinare il lettore all’ambiente descritto da un autore, è sicuramente il primo passo per offrire allo stesso lettore i mezzi per essere coinvolto e partecipare alla tutela di quell’ambiente. I Parchi Letterari non si limitano a custodire e divulgare la letteratura attraverso i luoghi, ma pretendono di salvaguardare i luoghi attraverso la letteratura.”

Da Gabriele D’Annunzio a Ignazio Silone, da John Fante a Ovidio passando per Benedetto Croce ed Ennio Flaiano,l’Abruzzo e la provincia aquilana è ricca di testimonianze letterarie . Tra quelli esistenti ne ricordiamo alcuni .

Il Parco Gabriele D’Annunzio ad Anversa degli Abruzzi,A lui è stato dedicato il Parco Letterario di Anversa degli Abruzzi (Parco Letterario Dannunziano). L’antico centro abitato d’Anversa è adagiato su uno sperone roccioso, a 660 metri d’altitudine e domina l’ultimo tratto delle suggestive Gole del Sagittario, oggi riserva naturale del WWF. Anversa degli Abruzzi, fu scelta da Gabriele d’Annunzio per l’ambientazione della sua opera, “La fiaccola sotto il moggio”, tragedia scritta nel 1904 tra le mura della “casa antica dei Sangro”, un castello normanno aragonese.

Il Parco Ignazio Silone a Pescina dove nacque nel 1900 . Partecipò attivamente alla vita politica italiana e contribuì alla fondazione del Partito Comunista. E’ considerato uno degli scrittori italiani più tradotti nel mondo. Le sue opere esaltavano i concetti della libertà e denunciavano le ingiustizie sociali e le oppressioni della povera gente. Morì nel 1978 e le sue ceneri riposano a Pescina dei Marsi sotto il campanile della chiesa di S. Berardo come espressamente richiesto nel suo testamento.

Il Parco John Fante a Torricella Peligna,un comune in provincia di Chieti ,fa parte anche della Comunità montana Aventino-Medio Sangro e come diceva John Fante è “un luogo dove puoi baciare la Majella sulle labbra!”. Ha molti monumenti e luoghi d’interesse caratterizzati dalla presenza di chiese, santuari ed eremi, come il santuario di Santa Maria del Roseto, l’eremo di San Rinaldo, la chiesa di San Nicola, la chiesa di San Giacomo, la chiesa di San Camillo, la chiesa di San’Agata, arricchita da fontane monumentali e palazzi antichi (Palazzo Persichetti, Palazzo Fallascoso).
Il Parco Ovidiano sul Monte Morrone vicino Sulmona con il Santuario di Ercole Curino ,la villa di Ovidio , Fonte d’Amore dove Ovidio aspettava la sua Corinna.

Si aspetta l’istituzione per esempio a L’Aquila di un Parco dedicato a Laudomia Bonanni.

( 1)Viaggi, montagna e alpinismo, sentieri e trekking, natura e aree protette, scienza, storia. Sono questi i temi di cui si occupa Stefano Ardito, giornalista, scrittore, fotografo e documentarista nato a Roma nel 1954. Da più di trent’anni, Stefano ha trasformato in una professione la sua passione di camminatore, alpinista e viaggiatore che lo ha portato tra l’altro in Himalaya, nel Sahara, in Patagonia e in Antartide. Autore di numerosi libri, di un centinaio di guide e di sessanta documentari televisivi, ha scritto e scrive per alcuni dei più importanti quotidiani e periodici italiani. Ha collaborato con numerosi parchi nazionali e regionali, e ideato numerosi importanti itinerari di trekking. E’ riconosciuto come una delle voci più autorevoli in Italia in materia di montagna e alpinismo, di sviluppo turistico sostenibile e di conservazione della natura.

Egli stesso scrive di sé : “La mia esperienza come viaggiatore e vagabondo dei monti comprende centinaia di ascensioni sulle Alpi e sull’Appennino, e decine di spedizioni e trekking in Himalaya e Karakorum, nel Caucaso, sulle montagne dell’Africa e sulle Ande. Tra le esperienze che ricordo con maggior piacere sono il periplo del sacro Monte Kailas (Tibet, 2002), le traversate sahariane (Algeria, Libia, Niger, Mauritania), la spedizione ambientalista in Antartide sulla nave Gondwana di Greenpeace (1989) e la spedizione Free K2, che nel 1990 ha pulito da immondizie e corde fisse la seconda montagna della Terra

( 2) Sandra Petrignani è nata a Piacenza. Vive a Roma e nella campagna umbra. Con Neri Pozza ha pubblicato: La scrittrice abita qui (2011), pellegrinaggio nelle case di grandi scrittrici del Novecento; i racconti di fantasmi Care presenze (2004); il libro di viaggio Ultima India (2006); il romanzo-documento Addio a Roma (2013) e la biografia romanzata di Duras, Marguerite (2014). Da Beat è stato recentemente riproposto il suo secondo libro, del 1988, Il catalogo dei giocattoli.

(3 )https://www.montagna.tv/212893/pizzoli-la-biblioteca-e-il-sentiero-ginzburg/?fbclid=IwAR0qh_YCwau2UEoa9UBCCpeIypH9HrFKYdUK5iseD_fEqQSvoFVg21J21Tk

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