NOTE PSICOANALITICHE SUL ROMANZO “IL CIMITERO DEGLI DEI” DI CLOE MEZZALUNA(PRIMA PARTE)
Redazione-Il racconto esprime una bella metafora del processo intrapsichico del ritrovamento e quindi dell’integrazione del Sé.Pandora, infatti, raffigura in maniera onirica l’Io che, nel vivere esperienze separative e traumatiche nella sua evoluzione, può subire una discontinuità nel suo esistere, e quindi cerca inconsapevolmente se stesso, la parte di sé a sé slegata dal dolore di esistere (“…me di me privo..” Aspasia, G. Leopardi).
Le divinità descritte potrebbero, nella intuizione profonda dell’autrice, raffigurare le difese precoci e dunque arcaiche della psiche, e per questo sacre, poiché difendono l’esistere nella sua fragilità e nelle sue radici, rinunciando l’Io dolorosamente al sentire e quindi al percepirsi in esistenza.
Gli dei, dunque, possono rappresentare tali difese antiche dell’Io, quelle legate all’agire più che al pensiero, ed infatti sono raffigurati in una loro “ fatticità” operativa e mai in una consistenza.
Il loro dramma, anzi, consiste proprio nello svanire: …”sparire nel nulla, sparire come non fosse mai esistito.” Pag. 35
E’ solo l’integrazione interiore, infatti, che dà compattezza all’Io, ovvero consistenza e stabilità, ma le difese arcaiche, al contrario, inducono una scissione interna, particolarmente rivolta alle emozioni. Esse sono, infatti, la difesa estrema dal dolore di esistere: separano il pensare dal sentire, rendendo vuoto il primo e inconoscibile il secondo.
Il pensare, dunque, di tali dei, non è un vero pensare, anch’esso appartiene al registro dell’agire.
Il loro pensiero, infatti, è un’operazione concreta, sia pure mentale, perché, è sempre all’agire che tale pensiero giunge, mai al comprendere, ovvero al senso.Il loro agire è dunque un morire, ma una morte necessaria per dar luogo a una nuova forma di vita, come un rovesciamento della morte in ri-nascita.
L’Io, infatti, secondo la scrittrice, in piena concordanza con ciò che la psicoanalisi suggerisce, può ritrovarsi solo facendo a meno delle difese più arcaiche, felicemente individuate dall’Autrice nelle varie divinità, ovvero con la morte di esse.
Morendo esse, ovvero rinunciando ad esse e quindi superandole, l’Io
supera ogni scissione interna, presente nel dramma di ogni divinità descritta, torna ad integrarsi internamente e quindi ad esser-ci.
Nella divinità dell’Indifferenza, ad esempio, troviamo un doppio suicidio, il primo è quello in cui il dio non accoglie il piccolo Sé, le parti più intime ed emozionali, e poiché dunque non si soccorre, non può più vivere. La seconda è, dunque, una morte necessaria, per tornare a vivere.In Pandora correre inconsapevolmente verso il cimitero indica il rifugio in un luogo che precede la nascita e non un luogo di morte, indica, a mio avviso, il desiderio di un legame antico che precede la nascita e la permette…un luogo del ritrovamento come sottolinea l’autrice, e della rinascita.
La corsa di Pandora guida l’Io del lettore verso la ricerca di un’origine autentica di Sé, da cui poter tornare ad esistere, rinunciando ad un desiderio di vita senza esilio ( con J. Lacan) e quindi senza approdi, quando si era dei e si puntava all’eternità, ad un “…tempo che non passa”, in altro senso, con
J.B. Pontalis.
Dott.ssa Maria Rita Ferri
Psicoterapeuta Psicoanalitico,
Formazione Psicoanalitica Post Lauream,
Spec. Psicoterapia Familiare.