L’ARTE CONTEMPORANEA DI LUCIANO LUPOLETTI
Redazione-L‟arte contemporanea, oggi assume un significato più ampio che vede nel processo di globalizzazione arte come rete, arte come sociale, arte come riflessione e trasmissione di messaggi. L‟arte porta forme di creatività dentro tutti quei linguaggi visivi che richiamano la propria soggettività che si traduce in emozioni e viene oggettivata al mondo verso quell‟azione artistica incisiva carica di significati e espressione estetica. L‟artista Luciano Lupoletti, vuole mettere in risalto come diceva M. Proust: “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre ma nell‟avere nuovi occhi” In questo senso l‟arte Lupolettiana traduce gli occhi del passato con quelli dell‟arte presente e, coglie quell‟empatia creativa che lo vede attore principe in un processo circolare e di partecipazione attiva nell‟ambito espressivo e comunicativo. Le opere Lupolettiane “accolgono” e inducono ad un‟attenta riflessione che rimanda a verità celate e rispecchiano sia l‟ambito sociale che etico-morale. Accanto alla favola rivisitata e alle opere metafisiche, trasmette l‟arte di rendere contemporaneo il mito in una chiave di lettura che vuole mettere in risalto l‟invisibile. La bellezza e la profondità culturale delle opere Lupolettiane fanno trasparire una grossa socialità e un meccanismo di sinergie che vedono nelle reti artistico-sociali un pensiero integrato, come sosteneva Edgar Morin: “Si tratta di sostituire un pensiero che separa e che riduce, con un pensiero che distingue e che collega” Si osserva come lo stesso Umberto Eco nel Trattato di semiotica generale metta in risalto l‟importanza della leggibilità a cui induce un‟opera d‟arte che paragona a un testo sia estetico che riflessivo. In questo senso, appare evidente l‟importanza del messaggio artistico, il cui codice è rappresentato da variegati segni che vengono poi decodificati dall‟osservatore. Inoltre, si vuole prendere in considerazione la teoria funzionalista, che vede una “versione positiva delle tendenze centripete” come si riscontra nel pensiero di Denis McQuail “nei mezzi di comunicazione un fattore unificante e di integrazione”19 ovvero la comprensione e l‟interiorizzazione dell‟opera deve possedere alcune caratteristiche che risponda ai feed back della comunicazione artistica. Un‟opera contemporanea, può non essere interpretata nel modo in cui l‟artista l‟ha creata. Per questa ragione è necessario fornire all‟osservatore una lettura oggettiva affinchè l‟opera non sia interpretata con un richiamo diversamente da come dovrebbe essere. A questo proposito, il pensiero di Angela Vettese, in Op.”Ma questo è un quadro?”mette in risalto come sia difficile spesso comprendere l‟arte contemporanea. Ella sostiene: «un‟opera d‟arte (…) è gradevole, senza che questa gradevolezza abbia bisogno di ulteriori spiegazioni» Le ricerche per quanto riguarda l‟informazione, come scrive Donatella Pacelli, “evidenziano come i fattori che aiutano la scelta ruotino intorno a tre elementi chiave: 1) il fattore “gente‟,
2) il fattore “spazio‟ o „luogo‟,
3) il fattore “tempo‟ “.
Spesso l‟osservatore casuale, considera l‟opera contemporanea come qualcosa che non si attribuisce all‟arte, probabilmente perché si ritiene solo che la pittura lo sia. Spesso la gente comune si stupisce nell‟osservare l‟arte contemporanea e si ascoltano commenti come: ”ma che arte è questa?”. In questo senso, appare rilevante l‟informazione e la trasmissione del messaggio artistico. Solo in questo modo è possibile pianificare un messaggio che contenga una critica costruttiva e non una polemica sterile. La critica costruttiva impone informazione ed è accettabile. Viceversa la polemica sterile esprime un giudizio senza informazione a volte, è più comodo „giudicare‟ piuttosto che „comprendere una verità‟. Si tratta di una verità contrapposta al sentire dell‟artista che „crea‟ dentro una cultura contemporanea che va compresa, spiegata per certi versi. Sappiamo che l‟arte contemporanea ribalta completamente il concetto di “arte” vista solo come immagine pittorica. L‟arte stessa si fa arte attraverso l‟arte considerata come un tutto, come linguaggio pluridimensionale. Essa va dal disegno, alla scultura e alla creatività che vede l‟improvvisazione e il messaggio come concettuali. Ne consegue che ciò che determina l’arte come comunicazione è appunto il suo linguaggio. Quest‟ultimo appartiene alla propria soggettività posta nel sociale che vuole comunicare qualcosa. Infatti, anche uno “scarabocchio” diventa espressivo poiché soggettivo al proprio sentire e oggettivo nel suo linguaggio espressivo. Ogni nuova realtà corrisponde ad una nuova arte, dotata di un proprio linguaggio ed in sinergia con la propria contemporaneità. Ciò che è considerato un cambiamento nel corso del tempo, ben s‟identifica con il cambiamento sociale in cui parallelamente il linguaggio artistico si esprime attraverso tutta una serie di messaggi comunicativi. Questi ultimi denotano il modo in cui l‟arte esplicita se stessa in linea con tutta una serie di capacità espressive che fanno di una relazione umana una relazione artistica con il proprio osservatore. Ogni volta che ci si trova di fronte ad un‟opera d‟arte, questa ci trasmette qualcosa e allo stesso tempo ci comunica qualcosa. Infatti, come sostengono Maria Carla Prette e Alfonso De Giorgis (2000): ”La comunicazione visiva è la trasmissione di un messaggio tramite un‟immagine, che rappresenta in maniera metaforica la realtà”. La metafora artistica, ben si esemplifica nei processi artistici della rivoluzione dell‟arte contemporanea, poiché mette anche in risalto due aspetti imprescindibili tra immagine e linguaggio. Infatti, spesso l‟immagine si traduce come codice comunicativo che vuole sottolineare qualcosa. Come dice W. J. T. Mitchell si tratta di: “una rivoluzione epocale che ha ribaltato la millenaria tradizione culturale secondo cui le immagini sono ingannevoli e portatrici di una conoscenza degradata ma è anche un‟occasione per riflettere sugli usi e gli abusi della visualità nelle società contemporanee”. Appare evidente come le immagini siano considerate rappresentazioni del mondo. Infatti, sia la semiotica figurativache quella plastica si interessano della produzione di immagini. Nella cultura contemporanea, le immagini rimandano ad fortissimo richiamo legato “all‟inganno” ed invitano l‟osservatore a fermarsi e riflettere. Le opere contemporanee, contengono una buona dose di iconografie che vanno dalla competenza alla performance, ma anche a tutta una serie di débrayage.
Un‟opera d‟arte contiene tutta una serie di segni iconici, iconografici ,iconologici e semiotici . Ne consegue che un‟opera non è sempre immediatamente percepita, come sostiene lo stesso R.Guardini: “Un‟autentica opera d‟arte non è, come qualsiasi fenomeno immediatamente percepito, una semplice porzione di ciò che esiste, ma è una totalità” E‟ proprio in questi due concetti simili e contrapposti che s‟inserisce l‟arte Lupolettiana. Egli esprime, infatti, in quasi tutte le sue opere il senso contemporaneo e allo stesso tempo ripreso dall‟antico ma con una nuova vision che passa dall‟inganno all‟esistenza di una nuova autenticità. Un‟autenticità celata ma vera allo stesso tempo. Nessuna arte può trovare futuro se non nelle radici del passato. E‟ in questo senso che Luciano Lupoletti vuole trovare nel linguaggio contemporaneo una rivisitazione dei vari linguaggi d‟arte pregressa, con una mente nuova, in un pensiero eclettico e allo stesso tempo ri-esplorare verità celate. Una bugia antica, rivista con un pensiero contemporaneo del poter dire, del dover dire, rispetto a „ieri‟ del non poter dire. La sua lettura artistica denota empatia. Uno sforzo fortissimo, nell‟entrare in un tempo regresso e allo stesso tempo oggettivato al mondo contemporaneo. E‟ qui che la sua opera si fa linguaggio artistico, espresso nella propria contemporaneità senza dimenticare il passato. Un passato che segna e allo stesso tempo nasconde verità intrigate. Luciano Lupoletti, nel coniare il linguaggio storico con il linguaggio contemporaneo, evidente in quasi tutte le sue opere, compie uno sforzo artistico notevole, poiché si trova costantemente in un contesto interpretativo come sostiene Umberto Eco nella semiotica interpretativa. Si ritiene che l‟artista Luciano Lupoletti, sia soggetto “plurale”, con una fresca capacità di rinuncia alla propria autorialità, disponibile a farsi iniziatore di: «un processo che può assumere svariate forme, diverse dalla sua origine (…) capace di offrire il suo talento espressivo attraverso tutta una serie di linguaggi per sollecitare quello degli altri».
L‟opera d‟arte rende visibile, attraverso l‟esempio, il senso che caratterizza l‟esperienza. Ed è su questi principi portanti che Luciano Lupoletti si offre con le sue doti artistiche con un sentire simile a quello di M. Heidegger, per il quale l‟essere nel mondo non può essere separato dalla funzione emotiva. Heidegger, nell‟origine dell‟opera d‟arte, situa la verità nel non nascondimento, perciò si può sostenere che: “la verità non è nel senso che non sta dinanzi noi, ma si istituisce nel senso che avviene, può avvenire solo nell‟esperienza” In questo senso, „la verità‟ non è il prodotto delle parole, ma diventa anche il prodotto del cuore poiché passa attraverso i sentimenti che consentono di mettere in risalto proprio le verità e gli inganni di cui solo le immagini sono capaci di esternare e vincere sul non detto. Appare evidente che il mondo della creatività è un mondo che appartiene al nostro sentire, un sentire che prende forma nel proprio pensiero, nella propria soggettività e che si oggettivizza al mondo e prende forma, diventa arte. In questo senso, l‟arte Lupolettiana prende l‟ispirazione dal contesto del Mito, della favola rivisitata e resa contemporanea dentro un pensiero che cerca la verità. Una verità celata in un mondo ed in un contesto storico che vede la bugia come sana, disgiunta dal proprio essere, dal proprio sentire e che chiede la verità. Lupoletti esprime questa verità dentro tutta una serie di opere contemporanee che vanno da Pinocchio, Cappuccetto Rosso, i Miti e altro ancora con una visione planetaria contemporanea dentro un „senso‟ che si fa „senso‟ si estetizza in una verità celata. La creatività è inseparabile dall‟uomo e dall‟artista. L‟arte Lupolettiana rappresenta una sfida alla bugia con l‟idea contrapposta alla verità, una verità che arriva con l‟arte, l‟arte del creare. Creatività come poesia, pittura, opere. Lupoletti stesso afferma che: “L‟estetica non è statica” In questo senso, il pensiero di Guido Mannucci si sofferma su questo sentire, mettendo in risalto “L‟Opera d‟Arte come tensione estatica”. Egli scrive, in occasione della terza mostra di „Vagiti Ultimi‟ ideata da Luciano Lupoletti, che: “(…) ogni fatto artistico presuppone e implica necessariamente una tecnica, una somma di operazioni che agiscono sulla materia modificandola o trasformandola, organizzandola, dunque, secondo la precisa, demiurgica intenzionalità che si dice artistica. Poichè deve ineluttabilmente esserci una distinzione sostanziale tra il fare artistico e gli altri modi del fare, l‟intenzionalità alla base della spinta fattuale deve intingersi nella nozione di valore. Il valore che sta alla base dell‟intenzionalità e nella finalità artistica è un accrescimento della cosa, un‟esplorazione che trascende il fatto e che supera il confine spaziale in cui l‟opera è obbligatoriamente conclusa.(…)
A rendere riuscita una creazione artistica, cio‟ che le conferisce uno statuto antologico, non è la conformità a contenuti che le sono completamente esterni, bensì l‟adattamento a un processo costitutivo che vive e nasce nella e dalla cosa stessa: un‟opera d‟arte è un magnete che intuisce il campo di forze in sé concluso ed inglobato, è una monade, un punto di forza che scardina e rompe la contrapposizione tra soggetto e oggetto che vige generalmente nella conoscenza. L‟opera d‟arte è. L‟opera d‟arte inizia da sé. E‟ conchiusa in sé. In essa perdura un‟immediatezza che dev‟essere di necessità mediata: quel che si mostra è l‟esito della trasfigurazione che ha subito per mostrarsi. Il singolo esistente non incarna mai totalmente il suo concetto superiore che lo contiene, l‟esistenza, bensì è internamente il suo Altro collegato ad Altro.” Il pensiero Mannucciano su Luciano Lupoletti rimanda ad un concetto di non-finito visto nella campo artistico come affiancato al suo sinonimo d‟uso quotidiano, l‟in-completo: “Il rapporto col fatto artistico è di per sè paradossale. può, infatti, accadere che un processo apparentemente inconcluso sia, dal punto di vista squisitamente artistico, perfettamente concluso poichè fissa, nell‟hic et nunc della sua genesi un valore, un quid, una qualità, che innalza il mero tecnico o fatto artistico e che ogni altra azione potrebbe diminuire o distruggere. il finito, quindi, nel campo dell‟arte, non è da intendersi focalizzando l‟attenzione sui processi tecnici che generano l‟opera, bensì in quel preciso istante nel quale l‟opera trascende se stessa e supera il suo contenente finito dilagando nell‟in-finito.E‟ proprio qui che si compie il paradosso che porta l‟individuale (in-dividuum) dell‟opera d‟arte a dialogare pacificamente con l‟in-finito (in-finitus).Questa tensione abissale sensibilmente percettibile tra un nucleo atomico in-divisibile poiché enormemente individuato e l‟universale un sé contenuto rende il qui e l‟ora, l‟esistenza, quindi, dell‟opera irripetibile e la singolarità del suo apparire ne costituisce l‟aura. Il concetto di aura Lupolettiana, rimanda mirabilmente a quanto teorizzato da Walter Benjamin e in esso è racchiusa la chiave di volta che consente l‟unico approccio possibile all‟unicità del prodotto artistico.” Si osserva come l‟aura dell‟opera Lupolettiana assicuri un sapere che induce l‟osservatore alla comprensione che si protrae nel tempo, di per sé in-finita facendo in modo che l‟opera conservi in sé sempre qualcosa che ecceda ogni possibile spiegazione, che la sua essenza non sia mai totalmente decifrabile, che si debba aver sempre tempo, tempo e ancora tempo per ad-tentervi. Un tempo che ritorna, come nel primo quadro sul tempo considerato. “Proprio perché dischiude nuovi sensi e nuovi orizzonti, l‟opera spezza il nostro modo abituale di vivere e di pensare, ha in sé una struttura veritativa, ciò che si svela non è più l‟originale ma l‟originario, non c‟è meraviglia bensì pensiero e riflessione. Si pensa il non pensato. C‟è qualcosa di primario, c‟è qualcosa di estremamente contemporaneo che sfugge all‟attenzione e subissa il mondo, scomparendo appena appare.” Porsi di fronte ad un‟opera d‟arte vuol dire scoprire la potenza dell‟istante in cui è stata creata e contrapporla all‟istante del tempo in cui viene vissuta. Le opere Lupolettiane rispondono ad un‟arte contemporanea tra riflessione e trasmissione di significati temporali ad innesto con una tensione verso il non-finito in quanto in-finito. Luciano Lupoletti, in questo senso, rimanda dentro un concetto di forte riflessione che porta l‟interlocutore a ritenere che un‟opera definita sia un‟opera già finita, ma che un‟opera è in-finita perché comunque ogni volta che si osserva si vede come nuova. Nuovi significati, nuove comunicazioni nel mutismo dell‟opera, inducono a riflettere e si traducono in linguaggi come espressione di verità in cui risiede il carattere enigmatico del suo essere. L‟estetica Lupolettiana conserva in sé, il suo primogenito significato di „sensazione‟.La sensazione come chiave di svolta del rapporto del fruitore con l‟opera d‟arte stessa. L‟arte Lupolettiana tra riflessione e trasmissione induce al sentire, a quella emozione, sensazione, che rimanda verso un‟onda travolgente dell‟osservatore proprio nel punto esatto in cui avviene il dialogo. Lasciarsi travolgere vuol dire tendere all‟universale. Essere investiti dalla sensazione riverbante, quell‟ad-tendervi del particolare all‟universale è in-finita presenza, è libertà, è, come dice Guido Mannucci: “venire-ad-essere, è ante-mortem.la vita postuma delle opere, la loro ricezione in quanto aspetto della loro propria storia, si svolge tra il non farsi comprendere e il voler essere comprese; questa tensione è il clima dell‟arte lupolettiana”. Luciano Lupoletti trasmette arte e colori, emozioni e riflessioni.
La vita artistica “Pinocchiale” rispecchia quella maschera costante entro cui le persone sono immerse, in una verità taciuta o latente che l‟opera stessa vuole ricavare in uno sguardo, in un corpo di legno, in un corpo di vetro, in occhio virtuale, in un particolare mai visto prima che coglie con incisività e verità taciute. Tutte il suo dire attraverso una miriade di messaggi tradotti in opere variegate, sembrano rimandare ad una costante variabile tra bugie e verità. In particolare, “Medusa” rimanda un forte messaggio al femminile. Il primo disegno di Luciano Lupoletti è un gallina. Nel 2011, scriverà una poesia dal titolo „La gallina‟: “La gallina, fucsia de luxe, origliava da intellettuale alla klatk Kent e da sofisticata, delicata, lasciava con nonchalance un enigmatico, uovo, tricolor” Quando realizza la prima opera sulla „gallina‟ ha l‟età di undici anni. Ma forse la gallina ricorda proprio un ragionamento circolare, una sorta di rompicapo logico sul versante della domanda retorica se sia nata prima l‟uovo o la gallina. Oppure è già presente in lui una sorta di sillogismo filosofico che rimanda a Platone come tipo di ragionamento del genere. Come sostiene Antonio Zoppetti, la teoria del sillogismo di Aristotele presenta anche le regole per dedurre in modo corretto una conclusione vera, date naturalmente certe premesse.(…) Il principio di non contraddizione viene evidenziato in diversi modi da Aristotele. Una delle formulazioni è la seguente: “E’ impossibile che la stessa cosa convenga e insieme non convenga ad una stessa cosa e per il medesimo rispetto”. Ovvero: “E’ impossibile che la stessa cosa sia e insieme non sia”. Con un esempio: “E’ impossibile che un uomo sia insieme animale bipede e non animale bipede”. Antonio Zoppetti, ritiene che “Questo principio è importantissimo per Aristotele perché, se lo si nega, ne segue che ogni affermazione può essere insieme vera e falsa, il che escluderebbe la possibilità di distinguere il vero dal falso, conducendo verso il relativismo e lo scetticismo. Contro un rischio così grave, Aristotele si impegna a fondo nell’affermare la validità del principio di non contraddizione. All’avversario del principio di non contraddizione, per confutarlo, Aristotele chiede di pronunciare una parola qualsiasi, basta che abbia un significato. Se rinuncia a parlare, rivela l’assurdità della sua posizione; ma se parla e dice qualcosa, ad esempio “sì”, oppure “uomo” ecc., la negazione del principio di non contraddizione ne risulta confutata. Infatti, ammettendo che una parola significhi qualcosa, si esclude nello stesso tempo che una tale parola possa significare qualcos’altro: ad esempio dire “sì” equivale ad escludere il “no”, come pure dire “uomo” vuol dire intendere “animale razionale” e non “animale irrazionale”. In sintesi, se ogni parola ha un significato, è impossibile che A sia insieme B e nonB, cioè che ‘uomo’ sia insieme ‘animale bipede’ e ‘non animale bipede’.” E‟ possibile che Lupoletti già all‟età di undici anni avesse una riflessione inconscia dell‟uomo e della sua natura proprio dentro la stessa natura dei concetti filosofici trattati moltissimo tempo prima. Oppure con la gallina, Lupoletti intendeva iniziare tutta una serie di riflessioni attorno a quel tramandato rompicapo storico se fosse nato prima l‟uovo o la gallina. Dal dialogo avutosi con Lupoletti sul suo sentire del momento, non sa spiegare esattamente cosa lo abbia spinto a disegnare proprio la gallina. O forse le galline per il Lupoletti adolescente, chiacchierano verità che gli uomini negano. Sembra una massima straordinaria, poiché ciò che gli uomini negano e inquieta è tracciato subito dopo nel suo secondo disegno su Pinocchio.
E‟ il suo primo pinocchio di tutta una serie che arriverà più tardi in età adulta. Allora queste creazioni fanno supporre l‟idea che sta tra le bugie degli uomini e le verità degli animali. Questi ultimi dicono senza dire tra quella evidente ingenuità e genuinità costanti che il linguaggio animale rimanda e il detto degli uomini del non detto. E‟ sulla base di queste riflessioni che Luciano Lupoletti si orienterà nel tempo in una struttura surrealista, di pop Art e di allegoria nel linguaggio metafisico tra le variabili artistiche che rimandano spesso ad un sentire filosofico tra ipotesi, bugie, verità e ricerca/azione verso la trasparenza. Si tratta di una trasparenza ricercata che spesso entra in contrasto con il „nero‟ delle sue tele. Un „nero‟ che obbliga a riflettere, a vedere quello non visto, ad interrogarsi per cercare una risposta alle tante domande che pongono l‟osservatore nella ricerca della verità stessa. Sappiamo che l’origine del nome „Pinocchio‟ non è chiara: se è vero che pinocchio significa «pinolo» è altrettanto vero che „Pinocchina‟ stava ad indicare, nel fiorentino vernacolo di qualche tempo fa, una gallina o donna piccola e un po’ grassoccia ma ben proporzionata. Quasi senza saperlo, o nelle interconnessioni inconsce, i primi due disegni di Lupoletti rimandano proprio ad una gallina e ad un pinocchio. Un pinocchio visto al femminile, ma ancora prematura a prendere le forme che invece prenderà in seguito con le opere successive sulle donne, su pinocchio e sulla metafisica che condividerà con opportune performance ed happening e ancora con un‟arte situazionista ed in sinergia con altri artisti per „mettersi in gioco‟ con l‟osservatore anche attraverso video improvvisati. Luciano Lupoletti, procede con la sua vita artistica, come da lui affermato: “in una costante ricerca del profondo, nei materiali, nelle tecniche e nella critica sociale, ma anche dal riuso dei rifiuti della società”46. Nel corso della sua vita artistica Lupoletti sarà sempre in continuo movimento o mentalmente o con la sua creatività sempre innovativa che si traduce dentro il continuo riflettere, il pensare, il pensato di verità celate. Si ritiene, dunque, che per Lupoletti un‟opera definita sia un‟opera già finita. Le sue opere sono in-finite e lasciano il senso della continuità; una sorta di spazio sempre aperto alla continuità artistica e