L’AQUILA, “ARIA” DI TEATRO FESTIVAL CON ROBERTO LATINI DALL’11 AL 20 FEBBRAIO
Redazione- Una settimana e più ricca di appuntamenti teatrali quella che sta per iniziare e che vede protagonista,tralalrto, Roberto Latini rinomato attore teatrale sulla scena,ormai, da diversi anni.Latini nasce il 7 giugno del 1970 a Roma, dove svolge la sua formazione d’attore frequentando lo Studio di Recitazione e di Ricerca Teatrale “Il Mulino di Fiora” – diretto da Perla Peragallo – in cui si diploma nel 1992.La modalità di trasmissione dell’agire e del pensiero teatrale della Peragallo, il clima creativo interno alla scuola e le possibilità di relazione offerte si rivelano fondamentali per l’inizio del suo percorso artistico. Qui avviene anche la conoscenza con Leo de Berardinis e con alcuni fra gli artisti che Latini ha poi avuto modo di rincontrare nel corso della propria ricerca.Successivi al diploma sono i lavori d’esordio prodotti dall’Associazione Teatro Es. Fra questi Clessidra con il quale, nel 1994, comincia la collaborazione con il musicista e compositore Gianluca Misiti, di lì a poco suggellata dal nome d’arte “Clessidra Treatro”, nome da cui affiorano i primi confronti con l’immaginario di un autore caro come Alfred Jarry.In questi anni Latini inizia a porre le basi per lo sviluppo di una personale pratica drammaturgica. Una pratica di scrittura mai disgiunta dal corpo-voce dell’attore, elaborata soprattutto attraverso un approfondito dialogo con i testi shakespeariani – la loro riscrittura scenica – e una costante relazione con la musica: «La scrittura è corpo in movimento. È corpi. Capaci della leggerezza d’un respiro e allo stesso tempo macchine perfette».
Interessante sarà assistere alla rappresentazione dei “Gicanti della Montagna di Luigi Pirandello. Si tratta di un’opera incompiuta del grande autore siciliano, scritta a partire dal 1931 circa e mai terminata, si svolge nei dintorni di una Villa nella quale sette figure, dette “gli Scalognati” dal nome dell’abitazione, vivono ai margini del Paese, della realtà ordinaria. All’inizio del dramma giunge dal basso del Paese la Compagnia della Contessa, un gruppo di Comici sull’orlo del crollo economico a causa del fallimento dell’ultima rappresentazione, dal titolo La favola del figlio cambiato, altra opera di Luigi Pirandello del 1930-32. L’incontro tra i due gruppi avviene di fronte alla Villa, dopo il tentativo – non riuscito – degli Scalognati di allontanare la comitiva con luci e suoni, «apparizioni, per spaventare la gente e tenerla lontana!» come spiega il Nano Quaquèo a Cromo e agli altri comici.
Nell’opera di Pirandello l’inizio è già un affollamento, di personaggi (sette sono gli Scalognati e otto i comici), di suoni («Dall’interno della villa si ode […] un canto balzante, che ora scoppia in strilli imprevisti»; «scrosci di catene») e di luci («intonaco rossastro scolorito»; «lampi d’estate»; «strani lumi colorati»; «un riflettore verde»; «larghi fiati di luce»). Quando lo spettacolo di Roberto Latini/Fortebraccio Teatro ha inizio, però, sulla scena compare l’attore solo. Partendo dalla battuta finale «Io ho paura» del terzo Momento, come nota Alessandro Toppi nella sua recensione, Roberto Latini assume su di sé, una in fila all’altra, tutte le battute dei tanti personaggi del testo teatrale. I dialoghi assumono così la fluidità e la compattezza di un monologo, dando forma a un discorso unitario che fila sulle note della colonna sonora di Gianluca Misiti. Latini è dunque seduto di fronte a un microfono, la musica sale di ritmo e le voci dei personaggi si fondono in quella di un unico coro; le gambe dell’attore tremano, continuamente, mentre le parole incalzano fino alla prima pausa: «Eccoli», annuncia Quaquèo,