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“L’ABRUZZO SALUTA GILBERTO MALVESTUTO L’ULTIMO PARTIGIANO DELLA BRIGATA MAIELLA ” – DI VALTER MARCONE

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Redazione- “Eravamo animati soltanto dallo spirito di libertà, non mi è mai piaciuto portare un fucile e non ho mai giustiziato nessuno. Il 25 aprile 1945 ero a Bologna (la Brigata Maiella fu tra le prime formazioni ad entrare a Bologna, liberandola il 21 aprile 1945 NdR), una folla in delirio ci accolse come eroi. Ricordo in particolare una ragazza, mi venne incontro correndo, mi abbracciò e mi disse grazie “.

È morto a Sulmona mercoledì 1 marzo 2023 a 101 anni il partigiano Gilberto Malvestuto, ultimo ufficiale della Brigata  Maiella. Malvestuto è deceduto nella casa di riposo che lo ospitava da qualche anno. “Esempio luminoso di passione, coraggio, impegno civile” come lo ha definito il senatore Michele Fina, segretario del Pd Abruzzo.

Nato a Sulmona il 17 aprile 1921 è stato combattente del Gruppo Patrioti della Maiella. Ha presieduto l’Istituto Storico della Resistenza in Abruzzo. Molti i suoi contributi sull’esperienza partigiana vissuta in prima linea:
Le memorie, apparse col titolo Sulle ali della memoria: per non dimenticare, sono state pubblicate dall’Amministrazione provinciale dell’Aquila nel 2010. Altri interventi sono apparsi sulla Rivista abruzzese di studi storici dal fascismo alla Resistenza  con i seguenti riferimenti: Gilberto Malvestuto – Ufficiale della Brigata Maiella a. 4. (1983), 2-3, pp. 285-288 e Profilo di Ettore Troilo: con una nota di Gilberto Malvestuto a. 2. (1981), 1, pp. 157-174.
Più recenti gli interventi in Antologie dedicati alla voce corale di partigiani italiani quali: Io sono l’ultimo. Lettere di partigiani italiani, pubblicato da Einaudi e curato da Stefano Faure, Andrea Liparoto e Giacomo Papi, o ancora, a cura di Gad Lerner e Laura Gnocchi, Noi, partigiani. Memoriale della Resistenza italiana edito da Feltrinelli

Appena diciottenne vinse un pubblico concorso per titoli ed esami da alunno d’ordine di stazione, che successivamente ne fece a lungo il più giovane capostazione d’Italia. Alle Ferrovie dello stato lavorò dopo la parentesi della guerra fino all’età del pensionamento.

Assegnato a Vercelli come soldato di leva al I°Reggimento Carristi ,dopo aver conseguito la licenza magistrale fu trasferito a Bologna per frequentare il corso allievi ufficiali di complemento al III° Reggimento Carristi. Era il 16 agosto 1942. Il 1 settembre prese servizio a Montepulciano Scalo per prescritto servizio di prima nomina. L’8 settembre dopo l’armistizio fu autroieizzato insieme ad altri ufficiali a lasciare la caserma. A piedi, evitando pattuglie tedesche che ormai presidiavano il territorio italiano, dismessa la divisa ,tornò a Sulmona

Dopo il 5 dicembre 1943 quando la Brigata Maiella fondata dall’avvocato socialista Ettore Troilo già segretario di Giacomo Matteotti, raggiunse e liberà Sulmona entrò a far parte di quella formazione partigiana dando la propria adesione durante una riunione promossa nell’allora sede del Commissariato di Sulmona dai fratelli Claudio e Alfieri Di Girolamo .Partì dunque per l’arruolamento a Recanati dove la Brigata Maiella fu riorganizzata e dove egli fu assegnato al comando della Sezione Mitraglieri della Compagnia Pesante Mista.

Il 2 novembre 1944 lasciava Recanati con la Brigata raggiungendo Laterina, in provincia di Arezzo , nel settore immediatamente a oriente di quello occupato dalle ali della 5ª armata americana. Partecipò ai combattimenti e a tutte le azioni sul territorio dell’Emilia Romagna contribuendoi a liberare centri importanti come Monte Castelluccio, Brisighella dove morì l’altro sulmonese Oscar Fuà e poi ancora verso Monte Mauro, Monte della Volpe, Monte della Siepe, sul Senio, sul Lamone, sul fiume Idice per la liberazione di Castel San Pietro e, all’alba del 21 aprile 1945, alla testa della sua sezione Mitraglieri integrata da un plotone della I Compagnia Fucilieri, entrò con le primissime truppe liberatrici a Bologna. Riconsegnò il fucile mitragliatore il 20 luglio 1945.

Nel profilo biografico che segue il ricordo da parte dell’Associazione Nazionale Partigiani sezione di L’Aquila si legge : “ “La prima ribellione di Malvestuto, una reazione contro l’ammaestramento delle parole e del pensiero imposto dal fascismo, nasce tra banchi dell’istituto magistrale, che frequenta accanto all’amatissima Leda Comitis, sua futura compagna, proveniente da una nota famiglia antifascista di Sulmona. La comunanza affettiva e di ideali socialisti con Leda lasciano un segno indelebile nella formazione di Malvestuto e lo muoveranno anche in seguito vero i valori dalla Resistenza.” Come pure l’Associazione sottolinea : “ Tra le pagine più dolorose del suo Diario di guerra, la perdita di Oscar Fuà, studente diciassettenne di Sulmona, caduto a Brisighella e quella del Capitano Mario Tradardi, la mattina del 17 dicembre 1944 a monte Mauro, di cui Malvestuto vorrà portare il feretro a spalla.
Tra le pagine più luminose, la solidarietà della popolazione di Modigliana, che lo ospita con i Maiellini la notte di Natale del 1944 e quella dei Bolognesi, di cui ha sempre ricordato il festoso abbraccio al termine della lunga avanzata lungo la Via Emilia.”

La storia racconta come i partigiani della Brigata Maiella furono i primi ad entrare a Bologna liberata. E tra questi partigiani c’era Gilberto Malvestuto. Molte volte lo ha raccontato nelle sue testimonianze e nei suoi ragionamenti specialmente di fronte ad un pubblico di giovani . Gli ultimi combattimenti avevano visto impegnata la Brigata “Maiella” da Faenza a Bologna: lungo la via Emilia . I partigiani abruzzesi,in sintesi, giunsero ad Imola, occuparono Castel San Pietro, Ozzano Emilia e superarono il fiume Indice, alle porte di Bologna. All’alba del 21 aprile 1945 la I e la IV Compagnia erano a San lazzaro. La “Maiella” dunque fu tra le primissime formazioni ad entrare da Porta Mazzini, accolta dalla popolazione tra manifestazioni di giubilo e simpatia.

Il nome completo della Brigata era Gruppo Patrioti della Maiella, ed è stata l’unica formazione partigiana ad essere insignita della medaglia d’oro al valor militare e una delle poche ad essere poi aggregata all’esercito alleato una volta liberata anche la regione Abruzzo .

Con le formazioni dell’esercito inglese la Brigata aveva risalito la penisola combattendo come abbiamo detto per la liberazione di Bologna ed arrivando fino ad Asiago .

Gilberto Malvestuto era arruolato nell’esercito italiano ed entrò nella Maiella dopo alcune settimane di macchia e renitenza alla leva. Lo cercavano i fascisti: “L’8 settembre ero al bar, sentii l’annuncio dell’armistizio. Fummo messi in licenza, e tornai a casa, dove iniziai la latitanza. Entrai nella brigata Maiella dopo che Sulmona era stata liberata, mi arruolai dopo aver visto i soprusi e i rastrellamenti dei nazifascisti”.

Una scelta decisiva quella di arruolarsi rinunciando alla tranquillità di una vita ormai libera essendo stata Sulmona liberata dai nazifascisti. Ma quello che premeva a Malvestuto era combattere ancora per liberare l’intero territorio italiano .

Insieme a Malvestuto combatterono e morirono nella Brigata molti altri tra cui solo per ricordare alcuni altri partigiani sulmontini Oscar Fuà e Amleto Contucci . Quelle vicende come abbiamo detto furono ricostruite e studiate, qualche anno fa , da un gruppo di insegnanti e di studenti del Liceo Scientifico di Sulmona , Da loro nacque anche una iniziativa : Il Sentiero della Libertà/Freedom Trail”

Ecco un calendario delle principali operazioni che rappresentano anche tappe vitali verso la libertà di quel particolare periodo in cui, dopo l’armistizio , l’Italia venne a trovarsi con l’occupazione nazifascista e il territorio diviso in due dalla linea di un fronte che vedeva a nord resistere i tedescchi a sud avanzare le avanguardie degli eserciti alleati dopo lo sbarco in Sicilia.

“È il 19 giugno del 1944 quando il tenente colonnello Wilhelm Lewicki, del Secondo corpo polacco, entra a Sulmona con tre autocarri e un carico di viveri e scarpe. Ha accettato di mettersi a capo della brigata Maiella e di rendere ufficiale il gruppo sbandato di combattenti che, fino a quel momento, ha contribuito con il Secondo corpo britannico dell’Ottava armata alla liberazione dell’Abruzzo. Già conquistare la fiducia del comando britannico, l’anno prima, non era stato facile per la Brigata Maiella, oggi conosciuta come l’unica formazione partigiana decorata con la medaglia d’oro al valor militare alla bandiera.

Dicembre 1943. Abruzzo, valle del fiume Sangro, ai piedi dei monti abruzzesi. Dopo la liberazione di Casoli da parte degli Alleati e la stabilizzazione del fronte lungo il fiume, l’avvocato socialista Ettore Troilo, alla guida di una banda di combattenti denominata “Maiella”, parte da Torricella Peligna per convincere il comando inglese a riconoscerli come “volontari per la Liberazione”. Inutilmente. Il comando britannico si rifiuta di collaborare con reduci dell’esercito italiano che considera inadatti alla lotta e che potrebbero vanificare le azioni belliche.

Gennaio 1944. Gli alleati liberano Ortona ed Ettore Troilo convince il maggiore inglese Lionel Wigram a prendere con sé la brigata: la “Maiella” è riconosciuta come sezione speciale e inizia a combattere sotto il comando alleato, reclutando nuovi combattenti tra cui quelli guidati da Domenico Troilo. Il 15 gennaio 1944 c’è la prima ufficiale operazione congiunta. Gli inglesi conquistano Colle dei Lami e Colle Ripabianca. Liberano Quadri, Torricella Peligna, Lama dei Peligni e Fallo. La meta da raggiungere è Pizzoferrato, una paese in posizione strategica con un’altitudine di 1300 metri lungo il fiume Sangro. “ (1)

L’identikit della Brigata Maiella : 1500 uomini con tesserino militare italiano, vestiti con l’uniforme inglese e sotto il comando polacco, risalgono l’Italia dall’Abruzzo ad Asiago con azioni militari tese a scacciare i tedeschi. Una storia raccontata ,tra gli altri, anche nel volume “ Brigata Maiella – L’epopea dei patrioti italiani nell’8a Armata britannica” (Rusconi, 462 pagine con inserto fotografico, )

Alla notizia della morte di Gilberto Malvestuto numerosi sono stati i saluti e le parole di ricorda da tutta la regione Abruzzo.“Il cordoglio e la commozione che esprimo sono quelli di tutto il Partito Democratico abruzzese. Ci ha lasciati il partigiano Gilberto Malvestuto, componente della Brigata Maiella, esempio luminoso di passione, coraggio, impegno civile», dice il senatore Michele Fina, segretario del Pd Abruzzo. Fina ricorda che «quando due anni fa inviai a Malvestuto una lettera di auguri in occasione del suo centesimo compleanno, scrissi un messaggio che vale la pena riproporre oggi, per ricordarlo: la Brigata Maiella è un vanto dell’Abruzzo nella Resistenza, una componente essenziale delle battaglie per la nascita della democrazia repubblicana. Con la Brigata Maiella l’Abruzzo trasmette i suoi valori e i suoi tratti essenziali, di rigore, di semplicità, di franchezza alla nuova Italia che nasce con la Resistenza. Grazie, Gilberto, con te e con i partigiani come te l’Italia e l’Abruzzo hanno un inesauribile debito di riconoscenza».

In un post del 25 aprile dello scorso anno, Malvestuto raccontava: «La mia condizione di vecchio combattente, che ha appena compiuto 101 anni, non mi consente, come avrei ardentemente voluto, di essere presente alla cerimonia per onorare i 55 caduti della Brigata Maiella e celebrare come si conviene anche questo 25 aprile. Idealmente sono con voi davanti al Sacrario, fortemente voluto dall’indimenticabile Comandante Ettore Troilo, che ho amato come un padre. Il mio pensiero reverente e commosso va a tutti i caduti della Brigata e a tutti i miei compagni di lotta, compresi gli amici del Il Corpo d’Armata polacco, con cui ho combattuto per la conquista della libertà quale comandante della sezione mitraglieri. Il mio affettuoso saluto raggiunga pertanto tutti i presenti, in particolare la diletta figlia del valoroso generale Anders, a cui va il mio ricordo sentito e doveroso di vecchio resistente.W il 25 aprile! W l’Italia libera e democratica!»

Il Sindaco di Sulmona Gianfranco Di Piero ha così espresso il cordoglio della città : “Con Gilberto Malvestuto, officiato del Sigillo d’Oro della Città di Sulmona, scompare l’ultimo Ufficiale della gloriosa Brigata Maiella.
Il suo fulgido esempio e la sua esemplare testimonianza di combattente per la libertà devono costituire un monito per noi tutti e, soprattutto, per le nuove generazioni, affinchè, in contrasto ad ogni forma di totalitarismo e di compromissione dei diritti fondamentali della persona, siano sempre difesi e sostenuti gli irrinunciabili valori di libertà e democrazia.”

Anche il PD dell’Aquila ricorda Malvestuto scrivendo: “Piangiamo commossi Gilberto Malvestuto, che ci ha lasciato stamane. Il partigiano, nato a Sulmona il 17 aprile del 1921, è stato combattente del Gruppo Patrioti della Maiella; ultimo dei comandanti della Resistenza, fu tra i primi ad entrare con la Brigata Maiella nella Bologna liberata, il 21 aprile del 1945. Esempio luminoso di passione, coraggio e impegno civile, è stato protagonista di una delle pagine più gloriose della storia d’Italia, difendendo i valori universali e sacri di libertà, rendendo la nostra Regione orgogliosa di un figlio illustre e speciale. “Non sono un eroe, ho fatto solo il mio dovere, quel che andava fatto“, ripeteva Gilberto, cercando di spiegare come il suo arruolamento nella Brigata Maiella, di cui comandò il reparto artiglieri, era un atto dovuto, necessario, irrinunciabile. Una scelta di vita. La scelta giusta. E per questa scelta noi oggi lo ricordiamo e lo piangiamo. Addio Gilberto, addio Partigiano!”

Scrive l’Associazione Nazionale Partigiani della provincia di L’Aquila : “”Questa mattina alla veneranda età di 102 anni ci ha lasciato il partigiano Gilberto Malvestuto, Ufficiale al Merito della Repubblica italiana e combattente per la libertà, Malvestuto è stato insignito di Croce di guerra al Valore Militare per la sua condotta nella Guerra di Liberazione, suggellata dall’ingresso trionfale nella città di Bologna all’alba del 21 aprile 1945, primo italiano tra i soldati degli eserciti Alleati.
Con Gilberto Malvestuto se ne va una storia di eroismo militanza e caparbietà. Un uomo libero, in grado di ribellarsi e di combattere per la libertà fra rinunce e abnegazione. Una storia che è durata per 102 anni senza mai fermarsi, infatti il suo impegno non si è mai fermato, è proseguito negli anni cambiando forma. Nell’ultima fase della sua vita il suo impegno è stato profuso in particolare nella testimonianza civile, soprattutto in veste di Presidente e membro del Direttivo dell’Istituto Abruzzese per la storia della Resistenza e dell’Italia contemporanea.

Dunque Gilberto Malvestuto un partigiano, un uomo della resistenza al nazifascismo, un combattente per tutta la vita attraverso poi la testimonianza e l’impegno civile .

Le memorie, apparse col titolo Sulle ali della memoria: per non dimenticare, sono state pubblicate dall’Amministrazione provinciale dell’Aquila nel 2010. Altri interventi sono apparsi sulla Rivista abruzzese di studi storici dal fascismo alla Resistenza  con i seguenti riferimenti: Gilberto Malvestuto – Ufficiale della Brigata Maiella a. 4. (1983), 2-3, pp. 285-288 e Profilo di Ettore Troilo: con una nota di Gilberto Malvestuto a. 2. (1981), 1, pp. 157-174.
Più recenti gli interventi in Antologie dedicati alla voce corale di partigiani italiani quali: Io sono l’ultimo. Lettere di partigiani italiani, pubblicato da Einaudi e curato da Stefano Faure, Andrea Liparoto e Giacomo Papi, o ancora, a cura di Gad Lerner e Laura Gnocchi, Noi, partigiani. Memoriale della Resistenza italiana edito da Feltrinelli.

Sulla Resistenza e la guerra partrigiana a lungo si è discusso e molti sono gli approfondimento attraverso studi e relazioni . Tra questi voglio ricordare : “ Roberto Battaglia, Storia della Resistenza italiana. 8 settembre 1943-25 aprile 1945, G. Einaudi Editore, Torino 1964; Pietro Secchia, Enciclopedia dell’Antifascismo e della Resistenza, La Pietra, Milano 1971; Enzo Collotti, Renato Sandri, Frediano Sessi (a cura di), Dizionario della Resistenza, 2 voll., G. Einaudi Editore, Torino 2001; Marco Patricelli, I banditi della libertà. La straordinaria storia della Brigata Maiella, partigiani senza partito e soldati senza stellette, UTET Libreria, Torino 2005; per ulteriori informazioni è possibile visitare il sito ufficiale dell’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia).

Su questa pagina di storia italiana riporto alcuni stralci di una conversazione in cui lo storico Alessandro Barbero valuta molti aspetti delle vicende del periodo che sono importanti anche per il nostro presente . Il testo è ricostruito a cura di Andrea Raffaele Aquino e Filippo Vaccaro, risulta dalla rielaborazione, riveduta dagli organizzatori e dell’autore, dei contenuti espressi in quell’occasione. Il video completo dell’incontro disponibile online sulla pagina Facebook del Collettivo Caciara .

“La Resistenza è un fenomeno che fu espressione (2 )di una sezione trasversale della società italiana, proprio perché si trattò di una sfida che investì l’intero Paese. L’intero Paese ha subito il fascismo e noi oggi non abbiamo alcuna remora nel dire che esso ha attecchito in tutte le classi sociali. Ovviamente occorre fare le dovute differenze: tra gli operai della Fiat a Torino o della Marelli a Sesto San Giovanni risultava più difficile trovare iscritti al partito fascista, ma c’erano anche lì, anche nel popolo, anche fra i contadini, fra gli operai e i disoccupati; c’erano i fascisti e c’erano i simpatizzanti. Quando un avvenimento delle dimensioni del fascismo investe un Paese – questo vale anche per la Resistenza, ed è una cosa di fronte a cui tutti devono fare una scelta –, non si può immaginare di prevedere la risposta dei cittadini. La Resistenza è un problema che riguardò tutto il Paese, con le dovute differenze. I militari si trovavano internati e resistettero in altra maniera, dai campi o dai lager, rifiutando ad esempio di aderire ai bandi della Repubblica di Salò. Quelli che riuscirono a non farsi portar via dai tedeschi dovettero decidere: migliaia di giovani militari furono costretti a scegliere tra tornare ad una casa magari lontanissima o unirsi alle bande che si stavano formando in montagna. Questo è il motivo per cui quando si passano in rassegna coloro che hanno fatto parte della Resistenza ci si trova di fronte ad una gradazione sociale variegata. È una caratteristica che si ritrova vistosissima in Piemonte, in cui ci sono valli come quelle del Biellese, abitate da operai – o meglio da contadini operai, che stavano in paese e avevano un pezzetto di terra, lavorando anche nel settore tessile –, zone da sempre sindacalizzate, che il regime fascista considerava con diffidenza, perché abitate da sovversivi. Delle bande del luogo naturalmente fecero parte gli operai e, difatti, esse si configurarono come garibaldine, egemonizzate in gran parte dal partito comunista. All’estremo opposto, a Torino, è emblematica la vicenda di palazzo Campana. Casa del Fascio fino al ‘45, il 25 aprile fu presa dai partigiani e ribattezzata – appunto – Campana, dal nome di battaglia di un comandante partigiano impiccato dai tedeschi nel 1944. Il comandante Campana era il marchese Cordero di Pamparato, ufficiale di carriera, nobile, cattolico e tuttavia comandante partigiano. In tutta Italia la Resistenza ha avuto questa caratteristica trasversale e, se ha coinvolto a tutti i livelli, è proprio perché un’infinità di gente si è trovata a dover decidere personalmente sulla propria pelle come agire.” (…)A livello storico è oggi importante ribadire la valenza militare della Resistenza. (…)Appare chiaro che la Resistenza italiana non ha liberato da sola il Paese, come invece è successo in pochi altri casi – il più eclatante è quello della Jugoslavia, dove un vero esercito partigiano ha progressivamente sconfitto il regime –. Altrove la Resistenza non ha in nessun modo avuto la forza di liberare da sola il proprio Paese. E tuttavia la Resistenza italiana si è configurata come una spina nel fianco continua per gli occupanti tedeschi e per la Repubblica di Salò. “(…)L’Italia del 25 aprile del ‘45 usciva da una guerra civile in cui una grossa minoranza del Paese era chiaramente antifascista, aveva fatto la Resistenza e la sosteneva; un’altra minoranza del Paese era fascista e lo era rimasta fino all’ultimo. C’era poi una grossa parte del Paese che non era convinta né in un senso né nell’altro, che aveva imparato alla fine a odiare i fascisti – mentre invece all’inizio credeva nel Duce –, che odiava i tedeschi e che, però, aveva paura anche dei comunisti, che non amava i partigiani, che comportavano rischi. Ed ecco, allora, che la memoria del nostro Paese – quella che è stata trasmessa già alla mia generazione – si riassume talvolta in frasi del calibro di “ma non credere alla propaganda del governo, il fascismo non era poi così male” oppure “Mussolini ha fatto anche delle cose buone” e “i partigiani erano dei poco di buono”. Ora non si tratta di pensare, beninteso, che questa gente sia “fascista”. Qualcuno lo è: ci sono alcuni uomini che, ultimamente, hanno costruito una carriera politica sul proprio essere fascisti, da quando è diventato possibile rivendicarlo. Ma io credo che la maggior parte di queste persone non siano fascisti sul serio, nel senso che non vorrebbero che si ricominciasse con la camicia nera, il manganello, le adunate oceaniche, il sabato fascista e l’invasione dell’Etiopia; semplicemente una parte del Paese non ha vissuto la Resistenza dalla parte giusta e non ha trasmesso quella memoria ai suoi figli e ai suoi nipoti. (…)La Resistenza è stata determinante per quelle generazioni di giovani che erano cresciute dentro al fascismo, che non avevano conosciuto nient’altro oltre il fascismo e per le quali effettivamente la presenza del fascismo poteva apparire come qualcosa di immutabile. È risultato evidente in tempi più recenti che, per esempio, molti intellettuali e scrittori italiani, che erano giovani alla fine degli anni Trenta, partecipavano alle gare sportive e culturali che il fascismo organizzava. Vi partecipavano perché questo era ciò che il Paese offriva, e sembrava normale farlo. Quindi è lecito dire che la Resistenza ha cambiato la visione del mondo presso una generazione che il fascismo aveva cercato di mobilitare, o per lo meno di addormentare, e che invece in gran parte si è svegliata. Però naturalmente in quella generazione sono compresi anche i “ragazzi di Salò”-(….L’Italia è uscita dalla Seconda guerra mondiale come Paese sconfitto e occupato, ma in modo un po’ diverso rispetto alla Germania e al Giappone, e non ha conosciuto una sua Norimberga proprio perché era riuscita a ottenere una posizione preferenziale tra i paesi sconfitti. Dobbiamo anche dire che non avere avuto una Norimberga, in quel momento, deve esser sembrato un successo, deve essere sembrata una grande cosa. Non abbiamo avuto una Norimberga perché c’è stata una Resistenza, un movimento pienamente legale, riconosciuto dal governo italiano. Esisteva un governo italiano: esisteva la monarchia al Sud con il suo legittimo governo. Anche se di fatto il Paese era occupato dagli americani e dagli inglesi e questo governo aveva poco potere, è sempre rimasta una parvenza di amministrazione italiana sotto controllo alleato sul territorio che gradualmente veniva liberato, e il governo del Sud, che non riuscì a farsi riconoscere come alleato, ha comunque ottenuto un qualche merito: siamo stati definiti co-belligeranti e fu riconosciuto lo sforzo italiano di collaborare alla causa delle nascenti Nazioni Unite.”

Il contesto dunque in cui si colloca la Resistenza: “la Seconda guerra mondiale ha rappresentato il momento in cui si è capito che il sistema secondo cui l’uomo forte comanda e il popolo ubbidisce porta alla catastrofe, all’orrore, alla distruzione totale e che la democrazia, con tutti i suoi difetti, è invece l’unico sistema che crea un “riparo” per tutti.” Alla costruzione di questo sistema di riparo ha partecipato Gilberto Malvestuto dapprima con la sua partecipazione alla lotta di liberazione e dopo per molti decenni come testimone di una catastrofe evitata seppure nell’orrore della guerra. Una catastrofe che va sempre additata come possibile scenario da evitare assolutamente con azioni alle quali tutti siamo chiamati a contribuire ,seppure in molti modi e in modi diversi da allora, come fece in definitiva Gilberto Malvestuto . .

( 1)https://ifg.uniurb.it/static/contenuti-biennio-2012-2014/1944-guerra-marche/index7255.html?p=493

(2)https://www.pandorarivista.it/articoli/alessandro-barbero-su-resistenza-e-25-aprile/

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