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LA PESTE AL TEMPO DI WILLIAM SHAKESPEARE (SECONDA PARTE)

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Redazione- William Shakespeare usa un   lessico penetrante, eppure straordinariamente accessibile: incanta, affascina, commuove e muove sentimenti con parole di un nitore limpido, talvolta cesellate come lame dentro la più subdola delle crudeltà. Il lettore è conquistato dalla sinestesia di immagine-suono, dalla eleganza e forza delle parole, ferme dentro un silenzio eloquente(6).

Ben diversa la desolazione, profondamente intrisa di amarezza, trasmessa dal contemporaneo Thomas Nashe, che denuncia la sua mestizia nel lento procedere dei versi di A litany in Time of Plague(7).

Uomini che possedete ricchezze/a quelle sole non affidatevi/ giacché non può l’oro comprarvi la salute/.Sappiate che il vostro corpo perderà forza e vigore/ma anche che la peste sparirà./Siate consapevoli nella malattia  della morte che seguirà./Abbia Dio pietà di tutti noi/.La bellezza è fiore condannato dal proprio stesso  avvizzire/,la luce  ha nell’etere il destino di farsi buio./Regine giovani e belle sono morte/chi è malato si prepari al fine di sua vita./Abbia Dio pietà di tutti noi(8).

In Shakespeare, invece, sono i personaggi ad offrirsi come metafore, a loro volta simbolo dell’usuale e del bizzarro, dell’inquietante e del domestico, temibili nella collera che evocano, ma anche struggenti nella tenerezza dell’amore e nella dignità del coraggio. La forza del linguaggio dell’artista, ritenuto forse il più grande drammaturgo dell’Occidente, doveva toccare i cuori e permettere identificazioni, superando così la complessità delle vicende e coniugando il gusto popolare dell’epoca con una caratterizzazione nobilitata, intinta in un movimento poetico e sobrio, capace a sua volta di implicita profondità filosofica.

Una sorta di tavolozza lessicale, sotto la spinta di alterni moti   d’ animo, lambito di volta in volta dalla potenza della morte nella vita, come in Romeo e Giulietta, dove forse per la prima volta la peste si fa espediente in grado di dare la svolta finale alla complessità dell’intreccio. Frate Lorenzo, costretto alla quarantena in una città dove dilagava la peste, lui autore del piano orchestrato per fingere la morte di Giulietta, non riesce ad avvisare di questo escamotage Romeo, fuggito a Mantova. La quarantena, ostacolando ogni movimento del religioso e di altro confratello, rende Romeo ignaro del piano escogitato, ma anche già attuato. Così il giovane Montecchi, rimasto all’oscuro, scoprirà il corpo freddo dell’amata quando ritornerà frettolosamente a Verona e davanti a quel corpo si ucciderà. Altrettanto farà la sua Giulietta quando al risveglio riconoscerà nel corpo che di chi le è accanto quello dell’innamorato. Questo dolore diventa monito severo nelle parole del Principe di Verona, al fine di far cessare l’odio e dare tregua allo sgomento ed all’impotenza del popolo veronese.

Questa mattina è foriera di una pace che rattrista, il sole pel dolore non mostrerà la sua faccia. Andiamo via di qui a ragionare ancora di questi dolorosi avvenimenti; a qualcuno sarà perdonato, e altri sarà punito; poiché non ci fu mai storia più pietosa di questa, di Giulietta e del suo Romeo(9).

C’è un passaggio nella poetica di Shakespeare che in modo vivo e toccante sottolinea un sentire comune,  appartiene a uomini e donne di città e  campagna, pur  imprigionati nella gabbia della peste. Lo si legge nel Macbeth, scritto ed ultimato nella primavera del 1606: pochi mesi più tardi, durante l’estate, la peste scoppierà ancora, costringendo all’ulteriore chiusura dei teatri. Rimaneva ancora memoria della orribile esperienza degli anni 1603-1604 e le parole del bardo di Avon ci consegnano un paese traumatizzato, un paese che fatica a riconoscersi.

Povero paese, spaventato dentro la sua stessa paura. Non può più dirsi madre, ma piuttosto tomba, dove niente muove il cenno di un sorriso, dove gemiti e gridi di dolore lacerano l’aria  di cui vivono(…) ,là un dolore potente assume le sembianze di un’allucinazione(10).

Per poi aggiungere che sono le stesse esistenze ad avvizzire ancor prima dei fiori dentro i loro vasi(11).

In Tutto è bene ciò che finisce bene le Muse sostengono che gli esseri umani possono fare cose di poco valore quando, esauriti i miracoli, restano solo i filosofi a rendere comprensibili le cose del presente.

La sofferenza ha reso familiare ciò che prima risultava banale: le parole dello scrittore inglese riescono perfettamente a cogliere della vita tutti gli aspetti, ascoltando il minaccioso rintocco delle campane della chiesa. Ma l’aspetto più inquietante, in grado di raddoppiare la potenza di fuoco della pestilenza, traspare soprattutto dalle pagine del Macbeth: viene descritto un paese nelle grinfie di un monarca la cui spietatezza risulta forse peggiore della pestilenza stessa. Come può la Scozia soggiacere ad un simile imperio, illegittimo peraltro? Molti non si chiedono cosa in realtà sia accaduto, prevale solo una sottaciuta paura, sono eventi che danno vita ai peggiori sospetti.

Macbeth ha spietatamente perseguitato i nemici, tradito gli amici, incitato dalla crudeltà della propria moglie. Dunque farà di tutto per sentirsi al sicuro e per quanto incontri gente, in grado di assecondare i suoi intenti criminali, diventerà ogni giorno più ansioso, in un crescendo di tensione all’interno della quale il calcolo razionalizza l’impulso ed a sua volta lo subisce.

E’ questa una pestilenza ben peggiore e ben più temibile: essere governati da   uomini menzogneri, moralmente corrotti, incompetenti, con le mani macchiate di sangue, capaci solo di un’ autodistruttività generata dal bisogno di prevaricare.

Bibliografia

1     Particolarmente devastanti furono le epidemie del 1582, del 1592-93, del 1603-1604, ,del 1606 e quella del 1608_1609 ,tanto che  lo storico J.Leeds Barrol III, che esaminò con cura le fonti documentali dell’epoca, rilevò che nel lasso di tempo fra il 1606 ed il 1610, periodo nel quale Shakespeare scrisse forse le sue opere più belle, dal Macbeth ad Antonio e Cleopatra fino a La Tempesta, l’apertura dei teatri londinesi si ridusse a ben miseri e soli 9 mesi.

2 Lamberto Tassinari,John Florio,l’uomo che era Shakespeare in  https://www.youtube.com/watch?v=axmvl0Ksib4

3 S.Greenblatt,What Shakespeare actually wrote about the plague in   https://www.newyorker.com/culture/cultural-comment/what-shakespeare-actually-wrote-about-the-plague

4 Questione shakespeariana in http://www.shakespeareandflorio.net/index.php?option=com_content&view=article&id=14&Itemid=4

5 S.Greenblatt,cit.

6 Diceva un mio docente di filologia romanza il Professor Gianfranco Contini, nell’anno accdemico.1972/73, quando insegnava nell’ateneo fiorentino,  che  occorreva  ascoltare la danza della parola ed annusarne il profumo quando  ferma nel suo silenzio .

7 S.Greenblatt,cit.

8 N.d.R. Liberamente tradotto e rielaborato da Rita Farneti

9 W.Shakespeare,Tutte le opere,a cura di Mario Praz,Sansoni ed.Firenze,1964

10 S.Greenblatt,cit.

11 N.d.R.Liberamente tradotto e rielaborato da Rita Farneti

12 la foto di William Shakespeare è tratta da https://www.focus.it/cultura/arte/william-shakespeare-nfoto

13 la foto di Elisabetta I è tratta da https://it.wikipedia.org/wiki/Elisabetta_I_d%27Inghilterra#/media/File:Elizabeth1England.jpg

14 la foto di Londra è tratta da https://www.google.com/search?q=foto+londra+1600&sxsrf=ALeKk01smr_1EDqnctsSl9__I-6nni2otA:1619081777979&tbm=isch&source=iu&ictx=1&fir=i3FjkPpZGsYJfM%252CcsYehQptSt8t8M%252C_&vet=1&usg=AI4_-kROLk-kay4eatH89ksOH_f0JxotGQ&sa=X&ved=2ahUKEwjl7vPRvZHwAhVu8LsIHSWDA0YQ9QF6BAgHEAE&biw=1920&bih=969#imgrc=i3FjkPpZGsYJfM

15 la quarta foto è tratta da

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/f/f6/Sonnets1609titlepage.jpg

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