” LA IDENTITA’ CINESE ” – DOTT.RE MARCO CALZOLI
Redazione- La Cina è un grande paese dell’Asia Orientale, la cui civiltà si è sviluppata a nord lungo il bacino del Fiume Giallo (Huang Ho), a sud lungo il bacino del Fiume Azzurro (Yang Tze Kiang). In mezzo il territorio è solcato dalle montagne.
L’Asia Orientale comprende Cina, Corea, Giappone, Mongolia. La storia della Cina influenzerà gli altri paesi, i quali faranno ampio uso del sistema di scrittura cinese e adotteranno ideologie cinesi quali del confucianesimo e quel particolare tipo di buddhismo evolutosi in Cina.
La scrittura cinese cementa popoli diversi in un’unica comunità culturale. La sua forza sta anche nel fatto che nella scrittura cinese vige indipendenza dalla lingua parlata, quindi può adattarsi molto bene a lingue diverse. In Cina vi è continuità della tradizione scritta e relativa stratificazione semantica e testuale. Per questo la scrittura cinese è rimasta quasi invariata nel corso dei secoli e permette di comprendere ancora il cinese antico.
La Cina è divisa in due regioni ben distinte:
- Cina vera e propria, in cui si svolge la storia cinese, marcata da confini naturali molto definiti che lasciavano solo due vie naturali di comunicazione con l’esterno a nord: una a est verso la Manciuria e da lì alla Corea e al Giappone; l’altra a ovest verso le vie carovaniere dell’Asia Centrale e da lì fino al Mediterraneo (commercio della seta). Questo territorio è diviso in due grandi regioni:
- il bacino del Fiume Giallo a nord, si tratta di una pianura alluvionale, presenta rilievo montuoso nudo e poco accentuato coperto da loess (limo). È presente coltura di cereali, allevamento di bue e cavallo, e trasporti a traino. Il Fiume Giallo è spesso soggetto a inondazioni e poco navigabile, clima freddo e secco. Poi abbiamo il bacino del Fiume Azzurro nel centro sud: poche e relativamente piccole pianure, rilievo accidentato e boscoso con vette rocciose. Vi è coltura di riso, allevamento di bufalo. Il Fiume Azzurro è estremamente navigabile.
- Regioni marginali non fisicamente, storicamente, culturalmente cinesi, annesse all’ultima dinastia nei sec. XVII e XVIII: Manciuria, Mongolia interna, Xinjiang (Turkestan) e Tibet.
L’attuale Cina ha una origine geograficamente eccentrica: da un piccolo principato nella Cina del Nord che si è esteso attraverso un processo secolare di conquista, migrazione e assorbimento; l’estremo sud fu raggiunto a partire dal II secolo a.C. e fu conquistato militarmente solo 200 anni fa (le popolazioni aborigene non sono cinesi).
Il Nord della Cina è stato il centro politico della storia cinese (le capitali erano sempre a nord quando possibile). Il Sud era inizialmente barbaro, poi coloniale, poi provinciale, solo dall’alto medioevo pienamente cinese e attualmente cuore commerciale della Cina.
In cinese la Cina è detta Zhongguo, parola espressa da due caratteri. Il primo è un rettangolo orizzontale posto in alto e tagliato in verticale da una lunga linea. Esprime l’idea della centralità culturale che ha sempre accompagnato i cinesi: la loro supremazia ideologica che li rende il centro del mondo. Il secondo carattere è costituito di tre brevi linee orizzontali poste l’una sopra l’altra e tagliate in mezzo da una lunga linea verticale. Si tratta della idea dell’armonia, che, anch’essa, ha sempre accompagnato la storia della civiltà cinese.
Oggi si dice che l’idea dell’armonia per i cinesi è stato sempre un grande ideale, ma quasi mai realizzato nei fatti. La Cina è stata scossa sin dai tempi più antichi da grandi rivolte popolari e i detentori del potere sono stati spessissimo dei grandi sanguinari. Il pensiero cinese, inoltre, è frastagliato da molti modi di pensare, i quali poi si evolvono nel tempo.
Le scuole di pensiero più influenti lungo la storia della Cina, secondo la tradizione sorte entrambe nel VI secolo a.C., sono il confucianesimo e il taoismo. Si tratta dei due poli opposti dello spirito cinese. Il confucianesimo si basa sul controllo della mente e sul relativo indirizzamento della coscienza all’obbedienza a idee sociali: la famiglia, lo stato, il buon governo. La massima realizzazione della persona per i confuciani è il buon funzionario statale. Agli antipodi si pone il taoismo, il quale ricerca la sintonia con la natura (è il Tao, il Principio, l’Origine del mondo, dal quale tutti derivano e al quale tutti devono ritornare), mediante pratiche energetiche. Per i taoisti la persona ideale è lo sciamano che vive in solitudine tra i boschi compiendo riti magici.
Il buddhismo nasce in India nel VI secolo a.C. e viene introdotto in Cina nel I secolo d.C. Si dice che nel 75 d.C. l’Imperatore avrebbe sognato il Buddha e avrebbe mandato una spedizione ad Occidente per sapere di più sul buddhismo: si tratta della prima testimonianza del buddhismo in Cina). Il buddhismo costituisce l’altra grande anima della spiritualità cinese. In riferimento a confucianesimo, taoismo e buddhismo vi è l’espressione cinese Sanjiao. La sua traduzione come Le Tre Religioni è stata quanto mai infelice. In Cina, infatti, non esiste una religione come il cristianesimo. Il confucianesimo non ha dei veri e propri dogmi, il taoismo è accomunato non da riti come li intendono i cristiani ma da pratiche per la buona salute e la longevità. Il buddhismo è quello che somiglia di più a una religione, ma l’esperienza buddhista non è dogmatica. Sarebbe meglio parlare, anziché di religioni, di Vie, nelle quali, entro un quadro concettuale coerente, l’allievo può svilupparsi liberamente.
In Cina l’insegnamento non è qualcosa che fornisce delle idee. Noi oggi leggiamo un dialogo di Platone e da esso impariamo concetti molto importanti. Per i cinesi non è così: solo quando gli antichi insegnamenti vennero messi per iscritto, gli occidentali fraintesero e, potendoli leggere, credettero che quelle parole fossero espressione di concetti da imparare. In realtà per i cinesi il discepolo è sempre libero di fronte al maestro, il quale non è una guida da seguire ciecamente ma uno stimolo a progredire lungo la realizzazione personale, che si fa in prima persona.
È stato notato da più parti, però, che confucianesimo e taoismo sono per certi aspetti complementari. Questa complementarietà è data proprio dalla natura non dogmatica delle due scuole di pensiero. Confucianesimo e taoismo colgono costanti dell’animo umano presenti in ciascuno di noi.
Prova ne sia il fatto che, nella cosmogonia taoista, il simbolo del Wu-Chi è tipicamente taoista (compare nel Tao Te King di Laozi, 28), mentre quello del Tai-Chi è di discendenza confuciana (viene menzionato per la prima volta nell’I-King).
I testi fondamentali del confucianesimo sono:
- i Quattro Libri (si-shu), canone della tradizione confuciana e raccolta in uso nei sistemi degli esami imperiali, unica via per l’accesso alle cariche pubbliche sino all’inizio del XX secolo. È formato da: La costante pratica del giusto mezzo, La grande scienza, I Dialoghi di Confucio (Lunyu), Il libro di Mencio;
- i Cinque Classici (wu-king): Il libro dei documenti, Il libro delle odi, Il libro dei mutamenti (il famoso I-King), Il libro dei riti, Primavere e autunni.
I Dialoghi di Confucio costituiscono la più importante collezione di idee e aneddoti associati a un eminente maestro. Ad un certo punto, intorno alla sua figura si creò un insieme di migliaia di discepoli, ma emerge un gruppo più ristretto di allievi più vicini a lui (ma non per questo preferiti) che vengono anche citati nei Dialoghi. Il testo contiene stratificazioni testuali di diverso periodo dal V secolo a.C. ai primi anni dell’Impero. Prima del periodo delle Primavere e Autunni e degli Stati Combattenti non si faceva mai menzione ai Dialoghi. Abbiamo l’edizione tramandata a cura di He Yan, letterato e filosofo dello Xuan xue (studio del mistero) del III secolo a.C. In epoca Song (960-1279) diviene uno dei 4 libri canonici del Confucianesimo. Si compone di 20 capitoli, ciascuno dei quali prende il titolo dal titolo del primo aneddoto raccontato. Lo stile è terso e talvolta criptico (anche perché manca un commentario), privo di riferimenti spazio-temporali precisi. I 10 discepoli più famosi e citati hanno tutti una personalità ben definita. Temi principali: rituale e ordine sociale Li, umanità/benevolenza Ren, giustizia Yi, costante apprendimento e studio su sé stessi Xue, promozione dell’aderenza allo spirito degli antichi espresso nelle Odi e nei Documenti, junzi è colui che pratica la memoria culturale (sguardo rivolto al passato, all’età dell’oro), modello di umiltà e autorità morale. Il letterato Ru, dunque, non ama trovare soluzioni nuove, bensì preferisce guardare al passato e riapplicare le soluzioni antiche. Altro punto molto importante è l’uso delle Odi per sostenere le proprie argomentazioni. Ricordiamo che il libro delle odi è il più antico testo cinese di poesia.
Il libro di Mencio è datato al tardo IV secolo a.C. Il testo spesso cita Confucio e ne condivide molti punti chiave. Meng Ke, dello Stato di Zou, ricevette gli insegnamenti di uno dei discepoli di Mencio. Mencio non ha scritto questo libro fisicamente, ma vi compare come narratore (proprio come Confucio con i Dialoghi. La struttura è più sistematica e matura di quella dei Dialoghi. Alterna brevi enunciati a dialoghi più lunghi che elaborano specifici argomenti filosofici. Si compone di 7 capitoli. Contiene anche aneddoti in cui il Maestro Meng conversa con uno o più personaggi storici. Impiega citazioni delle Odi per supportare un dato argomento, formula poesie (shi yue). In epoca Song diventa uno dei 4 libri confuciani, è poi canonizzato nei 13 Classici.
Un altro testo molto importante del confucianesimo è il Xunzi. Risale al tardo III secolo a.C. Si tratta di un’opera di diversa natura, scritta probabilmente da un solo autore, Xun Kuang, insegnante di Han Fei e del cancelliere Li Si dei Qin. È una discussione sistematica su temi ru quali: rituale, musica, ordine sociale e leggi. Si compone di 32 capitoli sistematizzati da un corpus che era dieci volte superiore. Posizione: la natura umana è malvagia, quindi necessita disciplina e moralità (per Mencio invece la natura umana è buona per natura). Il testo è stato poi escluso dal canone ru (non canonizzato).
Il classico dei documenti (Shujing) viene canonizzato in epoca imperiale (Han) e diviene un Classico, ma in precedenza era un insieme di testi stratificati, riguardanti eventi, battaglie e fatti storici, sia di epoca tardo Zhou, che successivi (fino all’epoca Qin e Han). Questo libro contiene anche leggende e racconti dei tre Grandi Imperatori della preistoria (Yao, Shun, Yu il grande). Shun in realtà proveniva da una famiglia poverissima, e il trono gli fu ceduto da Yao, il mitico Imperatore discendente di Huangdi. Yu sarebbe il “regolatore delle acque”, che grazie ai suoi poteri avrebbe salvato il popolo dalle esondazioni dei Fiumi, consentendo così alla civiltà di fiorire. Lo Shujing, anche chiamato Shangshu ha queste caratteristiche:
- Antologia di discorsi, narrative storiche, e trattati cosmologici;
- Discorsi attribuiti ai sovrani delle tre dinastie pre-imperiali, Xia, Shang e Zhou (ovviamente redatti in epoca di molto successiva all’effettivo periodo di cui narrano);
- Materiale testuale risalente ad epoche diverse: dal tardo periodo Zhou alla dinastia Qin e Han (i primi periodi però redatti in epoca molto successiva agli eventi);
- Eclettica collezione di testi, datazione incerta.
Esistono due versioni del classico dei documenti:
- In grafia “moderna” Jinwen (29 capitoli, tramandata da Fu Sheng), cioè si tratta della grafia in corso durante la dinastia Han;
- In grafia “antica” Guwen (58 capitoli, tramandata da Kong Anguo). È una edizione “apparsa” durante una ristrutturazione della casa di Confucio durante la dinastia Han, per alcuni studiosi sarebbe la versione più veritiera perché scritta in una grafia più vicina all’epoca di cui racconta. Kong Anguo, nella sua prefazione, afferma che –dopo il famoso rogo dei libri – i cinesi si erano affrettati a ricostruire la tradizione letteraria, riscrivendo i testi. Il compito sarebbe stato affidato a un funzionario inviato presso la casa di un vecchio saggio, Fu Sheng (esponente del Jinwen); quest’ultimo, però, biascicava a causa dell’età avanzata e quindi il funzionario avrebbe avuto bisogno di un’interprete per comprendere l’anziano e tale ruolo sarebbe stato assunto dalla nipote dell’uomo, che però parlava un dialetto strano e incomprensibile (metafora per il Jinwen).
Il classico dei mutamenti (o Zhouyi, i mutamenti dei Zhou) è chiamato in cinese I King. Si tratta di un testo fondamentale per la tradizione filosofica, ma solo parzialmente interessante ai fini letterari. Esso ha una tradizione di sotto testi stratificati. A Fu Xi risalgono gli 8 trigrammi (ba gua) che sono alla base della filosofia dell’opera. Originariamente era un manuale di divinazione, poi nell’epoca degli Stati Combattenti e nel primo periodo Imperiale, un testo cosmologico completo di commentari (“dieci ali”). In epoca Han il testo fu attribuito al Duca di Zhou, mentre i commentari furono attribuiti a Confucio. Il testo iniziò ad essere considerato il più importante dei 5 Classici. La parte più antica del classico dei mutamenti ha una terminologia molto simile alla parte più antica del libro delle odi.
Primavere e autunni (Chunqiu) durante il periodo degli Stati Combattenti è un termine generico che indica gli Annali (come genere di narrativa storica). Il classico confuciano che ha questo nome è la narrazione degli eventi dal 722 al 481 a.C. Il punto di vista è quello dello Stato di Lu (dove ha origine la tradizione confuciana). Ha come caratteristica testi brevi (gli eventi sono descritti praticamente in due parole, susseguendosi come in un elenco) e stile formulare. In un passo del libro di Mencio (III.B 9) viene spiegato come Confucio abbia compilato gli Annali come risposta ad un mondo in disordine e declino. La sua decisione di scrivere questo libro arriva dopo che ad ovest i cacciatori catturano un unicorno, animale che secondo la leggenda si mostrerebbe solo quando si è sotto il governo di un vero Sovrano (Confucio). Confucio afferma: “La mia vita si è esaurita”, e per questo si impegna a creare una guida per i posteri. Confucio infatti concepisce quest’opera come il suo lascito ai posteri, desiderando così che essa contenga tutti i suoi più importanti insegnamenti. (pertanto già in epoca pre-imperiale si attribuiva il Chunqiu a Confucio). Il fine dell’opera è rettificare il passato e offrire una guida morale. Durante gli Han occidentali era letto come un testo che nascondeva dei significati da decodificare; a questo scopo nascono i commentari al Chunqiu.
A corte troviamo gruppi di letterati che si “scontrano” per la supremazia, cioè per essere coloro che propongono la miglior interpretazione del Chunqiu. I principali sono:
- Tradizione Gongyang, Gongyang Zhuan. Eleva Confucio allo status di “sovrano senza corona”, egli è il personaggio morale che insegna come comportarsi, che fa da guida morale. Questa tradizione inizia con Zixia (uno dei discepoli di Confucio) che trasmise le spiegazioni oralmente, poi trascritte da un certo Gongyang Shou, sotto il regno dell’Imperatore Jing (157-141 a.C.). Nell’epoca degli Han occidentali il Chunqiu è già un testo chiave della narrativa storica e la tradizione Gongyang è il suo commentario. Il Gongyang Zhuan è un commentario che si sviluppa tramite uno schema comprendente una serie di domande e risposte, che hanno il compito di svelare i veri significati (degli insegnamenti di Confucio). Le domande e le risposte sono poste in modo da creare un’atmosfera in cui sembra che i discepoli chiedano e il Maestro risponda ai loro dubbi.
- Tradizione Guliang, con il commentario detto Guliang Zhuan. È la tradizione di Lu, che diventa importante sotto il regno dell’Imperatore Xuan. Anche questo commentario si articola in una serie di domande e risposte.
Sotto gli Han occidentali l’interpretazione del classico delle Primavere e autunni viene svolta mediante tre concetti fondamentali:
- Bao bian (lodare e criticare);
- Weiyan (parole elusive, sottili, cioè non immediatamente comprensibili);
- Zhengming (rettificazione dei nomi).
Abbiamo poi la Tradizione Zuo, con il commentario detto Zuo Zhuan. Tradizionalmente attribuito a Zuo Qiuming (V secolo a.C., contemporaneo di Confucio), tuttavia gli storici si chiedono ancora oggi se questo testo sia stato all’epoca effettivamente inteso come un commentario. Ci sono dubbi anche sull’autore a cui attribuirlo, poiché a volte il testo appare stratificato, anche alla fine si nota una visione totale e omogenea. È un lavoro risalente al tardo IV secolo a.C. Segue la progressione storica degli Annali, ma include documenti e dialoghi in una coerente narrazione, molto lunga e articolata. Addirittura, dopo che il Chunqiu termina, lo Zuo Zhuan va avanti per altri 13 anni. Ha una struttura molto diversa da quella degli altri due commentari, più discorsiva e priva di vere e proprie citazioni dal Chunqiu, ma le narrazioni che presenta sono comunque contemporanee e collegate a ciò che è narrato nel Chunqiu. Queste caratteristiche narrative lo rendono più interessante ma meno esplicativo degli altri due commentari (che sono molto più didattici, e a volte addirittura glossano le parole). Si tratta della più importante narrazione storica per il periodo che va dal 722 al 481 a.C. Le sue caratteristiche letterarie sono:
- Brillante retorica, fine didattico.
- Strategia narrativa: assenza della voce dell’autore (nessuno dice “io”), presenza di discorsi prolettici, ossia discorsi che fanno un’anticipazione di come andrà a finire una storia o un discorso (quindi si narravano tutti eventi già accaduti). Spesso emerge la visione dell’autore su un determinato evento raccontato.
- Aneddoti occasionalmente chiusi da verdetti morali espressi da Confucio o da un anonimo junzi: narrativa collegata al programma etico e politico dei classicisti Ru degli Stati Combattenti. Esso è quindi un testo importante per capire come fosse la vita quotidiana a corte (ad esempio le Odi usate per sostenere le proprie argomentazioni a corte).
Approfondiamo qualche aspetto. Per il confucianesimo l’uomo è nato per apprendere. L’uomo di valore (junzi) non è più il nobile per nascita bensì colui che apprende le virtù che lo guidano lungo la retta via della moralità (Tao). Invece l’uomo meschino (xiaoren) è colui che non apprende le virtù. Un termine chiave del confucianesimo è anche ren, scritto con la stilizzazione dell’uomo a gambe aperte e del numero due. Allora ren vuol dire senso dell’umanità o qualità umana che si basa sulla relazione tra due, cioè con gli altri. Pertanto per il confucianesimo l’uomo apprende la virtù imparando a relazionarsi moralmente con gli altri uomini. Quindi il senso dell’umanità, da apprendere, consiste nel senso della moralità. Tutti gli uomini sono fratelli, quindi bisogna comportarsi con tutti in maniera reciproca mediante la “mansuetudine”: quest’ultima è la parola shu, espressa da un cuore e da un elemento che indica reciprocità, pertanto la vera mansuetudine sta nel non fare agli altri ciò che non si vuole che sia fatto a sé stessi. Questo agire morale nei confronti di tutti gli uomini (donne comprese) è una azione considerata rituale: “vincere il proprio io per dedicarsi ai riti” è una espressione celebre confuciana che vuol dire controllare il proprio egoismo per comportarsi fraternamente verso tutti gli uomini.
Il compito dell’uomo è apprendere per sviluppare la qualità umana e quindi comportarsi ritualmente, cioè con fraternità verso tutti. È questo il junzi, l’uomo di valore.
Il doppio di ogni uomo di valore è il sovrano, il quale esercita la mansuetudine guidando gli altri uomini a vivere da uomini. Il sovrano confuciano non esercita il potere con la forza, ma semplicemente con la benevolenza. Il sovrano è il supremo garante tra ordine naturale e ordine sociale, che devono tendenzialmente incontrarsi. Quando tale funzione viene meno, allora si affermano il caos e il disordine e la stessa figura dell’imperatore ne è delegittimata. Nel XII secolo d.C. Chu Hsi attuerà una ripresa dei temi confuciani determinando però la separazione tra ordine naturale e ordine sociale, non contemplata da Confucio.
Invece i padri del taoismo sono: Laozi (Tao Te King), Zhuangzi, Liezi. Il canone taoista comprende più di millecinquecento opere (anche di molti altri autori). Ma in questi tre sapienti la tradizione taoista continua a vedere sintetizzati la propria dottrina e le relative applicazioni.
Il Tao Te King viene attribuito in epoca Han ad un personaggio chiamato Lao Dan o Li Er, che visse intorno al VI secolo a.C. Si compone di 81 capitoli in tutto: 1-37 Dao jing, 38-81 De jing (così sistematizzato da Wang Bi). Dalla tomba Mawangdui n.3, 1973, sono emerse due copie del testo, che presentano l’ordine dei capitoli inverso. 1993 Guodian: appare il testo più antico ritrovato (300 a.C.). Lo stile è ritmico, l’opera presenta paragrafi rimati.
Il Zhuangzi è l’unico testo del periodo degli Stati Combattenti che si avvicina al concetto successivo di “letteratura” come una forma d’arte. Testo in prosa, preparato nella versione odierna (suddivisione in capitoli interni, esterni, misti) da Guo Xiang, il cui commentario è un trattato filosofico. Si compone di 33 capitoli, divisi in interni, esterni e miscellanei. I capitoli interni sono il cuore delle idee del taoismo: vita come spontaneità, unità del sé umano col Tao, allontanamento dalle obbligazioni sociali e dall’impegno politico. Accettazione della morte, elogio dell’inutile. Temi che poi sono rielaborati nei capitoli esterni. Lo stile è ironico, divertente, coinvolgente.
Il testo di Liezi, filosofo del IV secolo a.C., è La scrittura reale del vuoto abissale e della potenza suprema. Viene menzionato per la prima volta nel 14 a.C. (nell’opera del famoso bibliografo Liu Xiang) e il primo commentario pervenutoci, quello di Zhang Zhan, risale al IV secolo d.C. L’opera sarà innalzata al rango di classico taoista nel VIII secolo d.C. per editto imperiale. È composto di 8 capitoli, che incorporano materiale proveniente da scritture molto diverse tra di loro. Fatalismo e edonismo sono le due colonne portanti di questo tempo del pensiero cinese, un grande classico pur nella sua brevità.
Il taoismo pone una metafisica naturale, in quanto il principio di spiegazione del mondo non è nell’uomo ma nella natura (Tao). Il compito della filosofia è indirizzare l’uomo al Tao, che deve vivere conformemente ad esso. Il taoismo vuole liberare l’uomo dagli affanni e dalle restrizioni che gli impediscono di vivere secondo natura. Più l’uomo si allontana dal Tao, tanto più si allontana dalla verità e dalla virtù. Quindi il noto principio taoista del wei wu wei (azione della non azione) non esprime la inattività ma l’agire secondo natura. Per abbandonare sé stessi e il mondo degli affanni bisogna operare la dimenticanza: solo dimenticando le distinzioni tra giusto e sbagliato, tra vita e morte ci si può unire di nuovo al Tao. Quindi per il taoismo la conoscenza è sempre visione del tutto e dell’intero e mai del singolo particolare.
Il taoismo ha alcune pratiche rivolte a tutti, mentre altre sono rivolte a dei prescelti, iniziati da un maestro. Per esempio l’alchimia interna taoista è un tipico insegnamento iniziatico, il cui testo fondamentale è il Classico della Purezza e della Quiete (Tai Shang Ch’ing-ching King), che fa parte del canone taoista e è attribuito a Laozi, il fondatore del taoismo con il celebre Tao Te King. Il Classico della Purezza e della Quiete è il primo libro che viene consegnato all’iniziato.
L’alchimia è presente pressoché in tutte le civiltà e, ad un certo stadio di sviluppo, consisteva nel tentativo di estrarre l’oro dai metalli vili. L’alchimia interna taoista, invece, usa le immagini alchemiche per indicare il processo spirituale teso al raggiungimento della immortalità, il vero oro alchemico da ottenere.
Per la cosmogonia taoista il mondo si sviluppa mediante queste tre prime fasi:
- Wu-Chi: è lo stato del Vuoto, in cui tutto è indifferenziato, è simboleggiato dal cerchio vuoto;
- Wang-Chi: compare la polarità Yin-Yang, che permea di sé tutto il mondo, è simboleggiato da un cerchio metà nero e metà bianco;
- Tai-Chi: indica lo stato in cui una goccia di Yin si infiltra nello Yang e una goccia di Yang si infiltra nello Yin, generando il simbolismo del cerchio metà nero con un puntino bianco e metà bianco con un puntino nero.
Queste immagini vogliono significare che, dal Vuoto, dal Tao, nel quale vi è la perfezione, il mondo inizia a nascere e quindi a degradarsi. Zhuangzi (XXIII): “L’essere non può trarre il suo essere dall’essere; nasce necessariamente dal non-essere. Il non-essere è di per sé stesso, lì risiede il tesoro del Santo”. Liezi (1.1): “Ciò che non nasce è capace di far nascere ciò che nasce; ciò che non si trasforma è capace di far trasformare ciò che si trasforma”.
Progressivamente il mondo cade nella imperfezione via via crescente, fino ad altri processi che portano alla sua impurità. Lo scopo dell’alchimia interna taoista è quello di far percorrere a ritroso all’iniziato il percorso fino al Tao incontaminato, fonte di immortalità. Si tratta di una serie di pratiche esoteriche di crescente purificazione delle energie.
La persona è formata da tre energie principali: ching (energia sessuale), chi (energia vitale), shen (energia spirituale). L’alchimia interna taoista vuole purificare queste tre energie, che, quando l’uomo stava nel grembo materno, erano incontaminate, poi nascendo cominciano a diventare progressivamente impure.
Le energie circolano nel corpo mediante dei canali detti meridiani: i principali meridiani sono il Tu e lo Jen. Il primo comincia alla fine della colonna vertebrale, passa lungo di essa, raggiunge la cima della testa, va tra le due sopracciglia e termina nel palato. Il secondo comincia dai genitali e dall’ombelico, sale lungo la parte frontale del corpo e termina nel palato, dove entra in contatto con il meridiano Tu.
Nella persona questi canali sono ostruiti, cioè sono impuri. Uscendo dal grembo, quindi respirando l’aria, entrando in contatto con il mondo materiale, avendo una attività sessuale, avendo pensieri e attaccamento alle cose, la persona si trova i canali intasati da impurità. L’alchimia interna taoista ha lo scopo di sbloccarli (purificarli) mediante le sue pratiche.
Esse fanno in modo che ching salga verso l’alto, mentre chi scenda in basso: quindi le due energie si uniscono a metà strada e ne nasce chi purificato. Esso a sua volta sale verso l’alto e apre il punto tra le sopracciglia (Tan Tien superiore): in questo modo compare lo shen purificato. Lo shen va coltivato per tornare al Vuoto e lì unirsi al Tao: l’immortalità è raggiunta!
Il flusso di queste energie si determina mediante certe pratiche. Tutto comincia dal Tan Tien inferiore (tre dita sotto l’ombelico): il praticante smette di fare attività sessuale, quindi la sua energia sessuale (ching), non potendo esprimersi nei genitali, sale verso l’alto. Con la respirazione profonda, addominale, l’energia chi (corrispondente al respiro) viene spinta verso il basso. Le due energie, una che sale e una che scende, si incontrano nel Tan Tien centrale, cioè nel plesso solare, e si forma il Vapore o chi purificato. Il chi purificato inizia a salire, dal plesso solare, verso l’alto quando il cuore dell’iniziato è libero dagli affetti e dai desideri: esso finisce la salita giungendo al Tan Tien superiore, tra le due sopracciglia, e ne nasce lo shen purificato.
In questa maniera le tre energie ritornano a circolare liberamente lungo i meridiani. Gli ostacoli sono rimossi, le impurità sono purificate. Quando le energie circolano lungo i meridiani del corpo, bisogna sopprimere ogni pensiero. Segue la fusione delle tre energie in un tutto indifferenziato detto Elisir Aureo. Si tratta del ritorno al Tao indifferenziato, con l’assicurazione della immortalità.
Questo tutto indifferenziato formato dalle tre energie deve essere poi sigillato: cioè bisogna eliminare del tutto le emozioni e i desideri, altrimenti le energie purificate si dissipano.
Il taoismo ha per i cinesi la sua importanza, ma la ideologia dominante, alla quale ancora oggi ogni cinese difficilmente potrebbe rinunciare, è il confucianesimo.
Confucio inizia a raccogliere gli insegnamenti durante gli Zhou, anche se egli non dice nulla di nuovo (“trasmetto non creo”, Lunyu VII.1). È il periodo nel quale si forma il cinese classico, normalizzato nel periodo tra 500-200 a.C. Esso era il cinese parlato alle corti degli Zhou. Ha alcune peculiarità, come per esempio la frase nominale costituita da due sintagmi nominali giustapposti e seguiti dalla particella modale finale ye. Divenne via via una lingua sempre più ufficiale, quindi lontana dal parlato, fino alla comparsa nel I millennio d.C. del cinese letterario, lingua non parlata usata dalla mastodontica burocrazia cinese per conservare la propria superiorità rispetto al popolino analfabeta.
Tra il 480 e il 221 a. C. è il periodo degli Stati Combattenti, che termina con il sopravvento della dinastia Qin. Tra il 221-207 a.C. avviene la prima unificazione della Cina sulla base di un potere fortemente centralizzato da parte dell’Imperatore Giallo, Huang-Ti.
Segue la dinastia Han, che dà definitiva unità etnica, morale, politica economica e culturale alla Cina. Gli Han formalizzano il confucianesimo che così – dopo il periodo dell’Imperatore Giallo, che era taoista – diviene la ideologia dominante della Cina fino ad oggi.
Cronologia degli Han:
- Han occidentali/anteriori (202 a.C.-9 d.C.);
- Wang Mang, dinastia Xin (9-23 d.C): Regno di mezzo tra i due periodi Han;
- Han orientali/posteriori (25-220 d.C.).
Tappe importanti di questa storia furono:
- 141-87 a.C.: Regno dell’imperatore Wu, con governo centrale forte, confucianesimo come ideologia;
- 109-106 a.C.: l’esercito di Wu conquistò la Manciuria settentrionale e lo stato semi-sinizzato di Choson, in Corea;
- 119 a.C.: istituzione dei monopoli di Stato (grazie alle campagne militari contro gli Xiongnu nomadi e all’espansione territoriale verso il nordovest). Ci fu: la coniatura della moneta, la produzione e la vendita di attrezzi di ferro e leggi l sale, nonché intervento nelle transazioni commerciali in generale;
- 110 a.C.: introduzione del sistema di “compensazione”, che prevedeva l’acquisto da parte del governo delle eccedenze prodotte in zone ricche e la loro redistribuzione in zone povere o in periodi di carestia (l’espansione e le campagne militari di Wu erano state assai dispendiose);
- 112-108 a.C.: espansione verso sud (regno di Nanyue) e sud ovest (regno di Yue e di Dian) e annessione della penisola coreana. Le rotte commerciali si spinsero così fino a comunicare con l’India e il Mar Rosso via mare (importazione di perle, corna di rinoceronte e spezie);
- 81 a.C.: “discussione sul sale e sul ferro”;
- 73-49 a.C.: regno di Xuandi, che cercò di mitigare le politiche economiche assunte precedentemente da Wu e riuscì ad entrare in accordo con gli Xiongnu. Nonostante i suoi tentativi e quelli dei suoi successori la crisi economica si rivelò sempre più stringente e dal 22 a.C. scoppiarono molte rivolte;
- 9 a.C.-23 d.C. Regno di Wang Mang come imperatore (usurpatore, aiutato anche dal cattivo clima in cui ormai versavano gli Han) della dinastia Xin.
La società Han era costituita dalla famiglia Imperiale, dalle famiglie degli alti dignitari, dai contadini proprietari terrieri, dai contadini “dipendenti”, dai mercanti, dagli artigiani e dagli schiavi. In linea di massima venne mantenuta la stessa struttura governativa dell’epoca Qin, con solamente alcune variazioni. A capo del governo stava l’imperatore, affiancato dai Tre Duchi dai quali dipendevano il Grande Maresciallo (controllava l’esercito), la Segreteria Imperiale (composta da eunuchi andò a sostituire il Gran Consigliere dei Qin) e le sezioni amministrative, di cui faceva parte anche il Grande Censore (si occupava di ispezioni e censimenti).
I funzionari, secondo la filosofia confuciana, avrebbero dovuto essere scelti in base al merito, e non per nascita, come già avveniva durante i Qin, ma nel periodo Han alle cariche burocratiche divenne anche possibile accedere per censo o versando una somma minima di monete. Un ulteriore strumento di selezione era quello della segnalazione di validi candidati da parte dei funzionari superiori (quindi per merito).
Nel 124 a.C. Wu istituì l’università imperiale, in cui si tenevano lezioni sui Cinque Classici. Altre scuole di preparazione agli esami imperiali sorsero in tutta la Cina.
I funzionari erano pagati sia in natura che in denaro (dai 300 dan dei funzionari di distretto ai 10.000 dan dei Tre Duchi). I burocrati, divisi in diciotto gradi, formavano una classe ricca di privilegi, dalla riduzione della condanna penale fino all’esenzione dalle tasse.
Con l’ascesa di Wu, si instaurò un governo retto personalmente da lui, con il solo ausilio di un segretario di palazzo. Iniziò, inoltre, una serie di riforme.
L’esercito era composto principalmente da coscritti che prestavano servizio per un anno (tale servizio poteva essere prolungato in caso di guerre o calamità). Successivamente era obbligatorio prestare un altro anno di servizio presso una guarnigione di frontiera o in una delle armate della capitale. Funzionari e membri dell’aristocrazia era esonerati dalla leva.
Con l’ascesa al trono di Wu, iniziarono una serie di campagne espansionistiche che si spinsero fino al Vietnam, alla Corea e alla Cina del Sud, al fine di raggiungere sempre più vie commerciali strategiche.
Delle leggi Han rimangono solo pochi frammenti. Con la salita al potere di Liu Bang le pene vennero mitigate, ma rimanevano comunque la pena di morte e quella di castrazione.
Meno severa era la pena di riduzione in schiavitù, che coinvolgeva tutta la famiglia del condannato. Per reati meno gravi si veniva condannati ai lavori forzati per 5 anni. Per gli aristocratici, i funzionari e alcuni sudditi esisteva la possibilità di commutare la pena con il versamento di una somma monetaria e in alcuni casi gli aristocratici venivano privati del rango e della rendita.
Il sistema fiscale si basava su due imposte:
• L’imposta fondiaria fissata ad un quindicesimo del raccolto e poi ridotta ad un trentesimo, il cui ricavato veniva in parte usato per le amministrazioni locali, e in parte inviato al governo centrale;
• Il testatico, che ricadeva su tutta la popolazione e serviva al mantenimento della corte. Consisteva nel versamento di 120 monete se si era di età compresa tra 15 e 56 anni e di 20 monete se si aveva un’età fra i 7 e i 14 anni. I nobili, i funzionari alti ed i soldati erano esentati dal pagamento di tale tassa, che era invece raddoppiata per gli schiavi e i mercanti.
Ogni maschio adulto era poi tenuto a servire lo Stato per un mese all’anno per la costruzione di opere pubbliche (pagando una somma ci si poteva però far sostituire). Wu, infatti, aveva promosso la costruzione di un gran numero di opere pubbliche (tra cui quella della Grande Muraglia).
Esistevano poi altre tasse che finirono, tuttavia per gravare sempre più sulle spalle delle classi più povere. Per risolvere questo problema lo Stato propose di confiscare le terre ai latifondisti e di limitare il numero di schiavi, ma tali idee non furono mai messe in atto, poiché chi doveva applicarle erano appunto i burocrati latifondisti (e ciò sarebbe andato contro i loro interessi).
Han Wudi (Imperatore Wu degli Han dal 141 al 87 a.C.) riesce a controllare la popolazione, quindi le casse dell’impero sono floride. Egli cerca di espandersi cercando appoggio nelle popolazioni confinanti, tra cui gli Yuezhi, per sconfiggere la popolazione degli Xiongnu. A tale scopo egli invia Zhang Qian in viaggio verso Dayuezhi (re degli Yuezhi) per stabilire un’alleanza. Zhang Qian viene però imprigionato dagli Xiongnu e quando esce di prigione (dopo 10 anni) non riesce comunque a ottenere il supporto militare degli Yuezhi. La sua missione si rivela dunque inconcludente, ma egli riesce comunque a portare a Corte importanti informazioni sulla via della seta e sui cavalli del Fergana (cavalli che si dice sudassero sangue).
Han Wudi si dedica poi alla conquista dei principati dell’Asia Centrale e lungo le oasi; questi principati mantengono tuttavia l’autonomia, pur costretti a riconoscere la suprema autorità dell’Imperatore e a inviargli doni e tributi. Egli instaura, inoltre, un forte controllo sulle vie commerciali, per cui solo i commerci imperiali sono legali e autorizzati.
In seguito, Han Wudi, si spinge alla conquista del Vietnam del sud e della Corea del nord, raggiungendo il numero di 84 commanderie e 18 regni. Lo Stato introduce anche dei monopoli statali sul sale, sul ferro, sull’alcool e sulla coniatura della moneta. In questo modo l’Imperatore mira a ridurre il potere e l’autonomia dei mercanti, che in precedenza hanno comprato dai contadini grandi quantità di terreni agricoli, praticando l’usura e la schiavizzazione dei legittimi proprietari.
Han Wudi introduce il confucianesimo come ortodossia di Stato, integrandola con altre correnti religiose (i precedenti Imperatori seguivano il taoismo), tramite:
- Riforme di culto: culto dell’Imperatore che si fa chiamare “il nuovo Tianzi”, ricerca dell’immortalità;
- Pene molto severe;
- Legismo, ossia un forte controllo statale, dissimulato dal fatto che Han Wudi fa un passo indietro per dare di sé l’immagine di individuo confuciano retto ed acculturato. Egli quindi fa un passo indietro sì, ma si prende anche le colpe di catastrofi naturali e agricole;
- Riforme culturali: nel 124 a.C. viene istituita un’Accademia Imperiale per l’insegnamento e l’interpretazione dei Classici Canonici e dei loro commentari esegetici, al fine di selezionare i burocrati statali.
Dong Zhong Shu elabora un’interpretazione degli scritti attribuiti a Confucio e alla tradizione confuciana pre-imperiale in chiave di speculazioni cosmologiche, integrate con elementi di altre dottrine, allo scopo di creare una sintesi sincretica che legittima l’ordine gerarchico e l’autorità dell’Imperatore come garante dell’unione tra Cielo e uomo.
Nell’87 a.C. muore Han Wudi e gli Han si ritrovano in un completo disastro finanziario, causato anche dai soldi spesi per le azioni militari. Intanto crescono anche i latifondisti, che sempre più si identificano con la classe dei mercanti che investono in grandi terreni per evitare la tassazione sempre più alta imposta dallo Stato. Questa tendenza causa, tuttavia, il decentramento del potere verso queste famiglie mercantili sempre più ricche.
Nell’81 a.C. si svolge una conferenza tra eruditi e funzionari per discutere di temi politici ed economici, detta “discussione sul sale e sul ferro”. Il documento redatto su questa conferenza testimonia lo scontro tra due fazioni al governo (questi due modelli si scontreranno a lungo):
- Modernisti o legisti, sostenitori di uno Stato forte, dei monopoli economici, di un commercio attivo e dell’espansione;
- Riformatori confuciani, sostenitori di una politica economica fisiocratica, con un’agricoltura autarchica e un dominio legittimato dalla virtù, rifiuto del mercantilismo e delle leggi.
Dopo la morte di Wang Mang Liu Xuan, il nuovo imperatore Han e membro dell’Esercito del bosco verde, pone la capitale del nuovo regime a Luoyang. Il suo obiettivo primario era quello di ricostituire l’unità imperiale e per fare ciò cerca dei compromessi con le forze ribelli (i Sopraccigli Rossi), senza ottenere però grandi risultati. Dal 23 al 25 d.C. Liu Xuan regna nel cosiddetto periodo Genshi “rinascita”, considerato illegittimo dalla storiografia tradizionale, solo per rendere legittimo il regno di Liu Xiu/Guangwu che si autoproclama Imperatore nel 25 d.C., usurpando il trono di Liu Xuan (morto quell’anno in uno scontro con le forze rivali). Liu Xiu (anche lui membro dell’EBV) riesce a convincere i Sopraccigli Rossi (forze ribelli) a sottomettersi e riporta l’ordine ovunque, tranne nel Sichuan, riconquistato solo nel 36 d.C.
Liu Xiu (25-57 d.C.) stabilisce la capitale a Luoyang dando inizio alla fase degli Han orientali e è il primo imperatore della “restaurazione” (zhongxing) della Dinastia, discendente dalla nona generazione dei Liu, famiglia di ricchi proprietari terrieri molto influente a corte e che si dichiara confuciana (per loro l’erudizione è tutto). Gli esponenti di questo tipo di famiglie riuscivano spesso ad ottenere cariche amministrative. Egli cerca di risolvere il problema delle frontiere avviando un’operazione di sinizzazione delle popolazioni barbare, prima fra tutte gli Xiongnu, che si stanziano nei territori a Nord e diventano sempre più dipendenti dalla Cina (per cibo e altri prodotti).
Liu Xiu, inoltre, abolisce i monopoli ed il controllo sui commerci, oltre a quello sui coltivatori e consente che questi ultimi entrino alle dipendenze dei grandi proprietari terrieri.
Nel 40 d.C. gli eserciti imperiali devono intervenire nel Vietnam del Nord per sedare una rivolta architettata dalle sorelle Trung, vedove di aristocratici locali contro i governanti stranieri. La maggiore delle sorelle si autoproclama a capo di uno stato indipendente, che solo quattro anni dopo verrà riconquistato dalle armate cinesi.
Il suo successore, vale a dire il secondo Imperatore Mingdi (58-75 d.C.) è l’ultimo a tentare un’espansione e un accordo con gli Xiongnu anche per riattivare le rotte commerciali e riaffermare il potere imperiale sull’Asia Centrale, che era ricaduta sotto il dominio delle popolazioni nomadi; questo obiettivo verrà successivamente raggiungo da Ban Zhao, un generale appositamente inviato nella regione del Tarim, da cui egli riuscirà a riaffermare il controllo degli Han sulla Via della Seta. Il controllo sulle vie commerciali dell’Asia centrale rimane nelle mani degli Han solo fino al 150, quando verrà interrotto dall’ennesimo attacco degli Xiongnu. Dopodiché ci sarà una complessiva chiusura. Saranno pochi i tentativi di espansione verso l’Asia centrale.
Con l’ascesa al trono del quarto imperatore degli Han orientali si assiste ad una serie di lotte per il potere tra due fazioni: le famiglie delle imperatrici e gli eunuchi.
Bisogna sapere che le consorti dell’imperatore e le loro famiglie acquisiscono molto potere. È la madre dell’imperatore a scegliere il tutor/reggente nel caso lo ritenesse troppo giovane per regnare. A questo punto, dunque, le più alte cariche burocratiche sono nelle amni dei burocrati confuciani, mentre il potere reale non è più nelle mani degli imperatori, ma in quelle degli eunuchi e dei parenti delle imperatrici.
Gli otto imperatori (tra cui Hedi) che si susseguono sul trono a partire dall’89 non arrivavano ai 15 anni di età al momento del loro insediamento al trono.
Seguono altri eventi. Quindi:
- 189 d.C.: dopo che tutti gli eunuchi sono stati eliminati dalla corte, Dong Zhou (uno dei più importanti signori della guerra) occupa militarmente la capitale Luoyang. Egli rapisce l’Imperatore, sostituendolo con un altro, e distrugge la città in modo barbaro e crudele (forse romanzato). Egli viene poi ucciso nel 192 d.C. Prima di morire egli, tuttavia, sposta la capitale da Luoyang a Chang’An.
- 190-220 d.C.: Guerra civile e caduta degli Han orientali;
- 196 d.C.: Cao Cao (il figlio del figlio adottivo di un eunuco che si era arricchito con l’eredità del padre, divenendo anche uno dei più potenti capi militari) costringe l’imperatore a trasferirsi nello Henan e assume tutti i poteri a corte;
- 216 d.C.: Cao Cao, conosciuto anche come Re Wu di Wei (sale al trono proprio nel 216), rapisce l’imperatore bambino tenendolo al sicuro per 20 anni nei suoi territori nel bacino del Fiume Giallo. Cao Cao cerca di espandere il suo potere a tutto il territorio orientale ma non ci riesce, poiché il Sichuan è in mano a Liu Bei;
- 220 d.C.: alla morte di Cao Cao, suo figlio Cao Bei destituisce l’Imperatore fondando la dinastia Wei e ponendo così fine alla dinastia Han;
- 220-280 d.C. periodo dei Tre Regni.
Per sintetizzare riferiamo (ancora) i tratti dominanti degli Han:
- La dinastia Han favorì il fiorire del confucianesimo come filosofia di Stato. La creazione dell’Accademia Imperiale sancì il trionfo della dottrina confuciana. Per accedere alle cariche statali era, infatti, necessario dimostrare di conoscere i classici confuciani e ciò rese inutile/marginale lo studio dei testi relativi alle altre dottrine filosofiche.
- Anticamente king significava “via dritta”, poi assumerà il significato di Classico. I Classici erano visti come la strada migliore da intraprendere per comprendere gli insegnamenti degli antichi saggi. La parola originariamente vuol dire “ordito” e poiché l’ordito fissa la lunghezza e l’estensione in un tessuto, “classico” è quindi una metafora per qualsiasi cosa impartisca ordine, definizione e utilità nel corso della storia. Un classico è dunque non solo universale tra i suoi contemporanei, ma anche universale nella storia. Da “tessuto” a “passare attraverso la storia”. Invece un testo apocrifo (wei) significa di per sé “trama”: i wei sono testi apocrifi che colmano l’ordito dei Classici. Sono prodotti in grande quantità sotto gli Han Occidentali. Nel 124 a.C. viene istituita l’Accademia Imperiale, dove per ogni Classico viene istituita una cattedra apposita. Lo status dei Classici è riaffermato saldamente. Come abbiamo visto i Cinque Classici erano: Il libro dei documenti, Il libro delle odi, Il libro dei mutamenti (il famoso I-King), Il libro dei riti, Primavere e autunni. Ne esisteva anche un sesto, il libro della musica, ma è andato perduto).
- Il taoismo, invece, andò man mano trasformandosi in una sorta di religione che tendeva alla ricerca dell’immortalità da parte dei propri iniziati, attraverso una serie di pratiche sia fisiche (respirazione, ginnastica, sesso, dieta, alchimie) che spirituali (meditazione e vita virtuosa).
- Risale a quest’epoca anche l’invenzione del primo sismografo e del primo planetario, ad opera di Zhang Heng.
- Da recenti rivisitazioni del materiale letterario e artistico antico si è capito che in Cina l’immortalità si acquisisce nella tomba. Prima si diventa immortali poi, a cavallo di un drago, si arriva in Cielo. Alla sua porta alcuni sorveglianti fanno entrare solamente coloro che hanno già acquisito l’immortalità. Il concetto era che chi più sta nella tomba, che svolge una funzione magica, più ha a disposizione il tempo per diventare immortale. Per questo alcuni personaggi indossano una veste di giada: la nefrite ha anche una funzione magica, essa ha il potere di preservare il corpo. Sempre per questo scopo alcune tombe venivano scavate non nella terra (con strutture in legno, facile a deteriorarsi), come era di consuetudine, ma nella roccia: essa è un materiale più resistente e permetteva al defunto di stare più tempo e di trasformarsi. La famiglia imperiale spesso si faceva costruire tombe nella roccia, ma non tutti potevano permettersi un lavoro così costoso dopo morti, quindi in epoca Han si passò a un tipo di tomba più duratura ma meno costosa: quella a pianta assiale, cioè a camera (nella quale avviene la trasformazione del defunto in immortale). Si tratta di strutture vere e proprie che hanno un andamento consecutivo; la struttura è o tutta di pietra (soprattutto con Han orientali) o interamente di terracotta o miste. È dalla fine del periodo Han occidentali che si passa dalle tombe a pozzo alle tombe a pianta assiale/a camera.
- La grande novità di queste tombe a pianta assiale è che hanno delle parti su cui si può scolpire o dipingere. Sono ancora presenti anche i mingqi (oggetti che accompagnano il defunto), ma i corredi non sono più così giganti e non vengono più creati quei tableau vivant che c’erano invece nella tomba di Jingdi o in quella del primo Imperatore o del periodo degli Stati Combattenti: vale a dire quell’insieme di uomini di terracotta in forma reale che accompagnano il defunto nell’oltretomba.
- Deve essere sottolineato che nella tomba assiale sono sempre rappresentati 3 ambienti: terreno, intermedio, Cielo: questo fa capire la concezione tripartita del Cosmo, che viene ripetuta nella tomba. Non solo, ma in questo modo la tomba stessa diventa una metafora del Cosmo. La caratteristica importante della concezione della tomba a pianta assiale è che tale struttura, architettonicamente definita (è un edifico vero e proprio che ovviamente ha dei limiti dei limiti di spazio con le pareti, il tetto, e così via), in realtà è come se diventasse illimitata grazie ai dipinti e alle sculture sulle pareti e sul tetto.
Gli Han assemblarono il materiale pre-imperiale (sia confuciano sia delle altre arti) sistematizzandolo, selezionandolo e censurandolo. Si pensa che quanto selezionato dagli Han e quindi giunto a noi (che ha gettato le basi della identità cinese), sia in gran parte un artefatto, vale a dire una costruzione non storica, fatta cioè a tavolino dagli Han.
A Sima Tan (padre di Sima Qian: quest’ultimo è il primo storico cinese, autore delle Memorie di uno storico, comparabile a Erodoto) è attribuita la prima raccolta del pensiero degli Stati Combattenti, che lui organizzò in sei “scuole di pensiero”: pensatori dello Yin e dello Yang, classicisti Ru (tra cui i confuciani), Moisti, termino-logisti, legalisti e taoisti. Egli non individuò, però, all’interno di queste scuole di pensiero, testi specifici né autori precisi.
Nel 26 a.C. l’imperatore Cheng commissionò a Liu Xiang di assemblare gli scritti di tutto l’impero e di compilare così il catalogo imperiale (una sintesi degli scritti ritenuti più importanti) detto “lista categorizzata” (bielu). Il figlio di Liu Xiang, Liu Xin, accorciò questo catalogo dando vita ai Sette Riassunti (Qilue). Ban Gu, nel primo secolo d.C. accorciò ulteriormente l’opera nella Monografia delle Arti e degli Scritti, contenuta nel suo Storia degli Han. Fu qui la prima volta in cui specifici testi furono attribuiti a precise scuole di pensiero.
La grande varietà di testi tecnici (religione, arti occulte, e così via), ritrovati dai nuovi scavi, era sicuramente conosciuta anche al tempo, ma Ban Gu vi diede poco spazio: questi testi tecnici compaiono pochissimo. Il catalogo imperiale, infatti, è una selezione attenta solo di alcuni testi. Liu Xiang, Liu Xin e Ban Gu erano classicisti Ru, quindi per essi i Cinque Classici erano sia la fonte che il culmine dei pensieri e degli scritti. I Cinque Classici rappresentano le sei Arti (yi) vere e proprie, tutti gli altri scritti (wen) vi erano sia subordinati che ispirati.
La Monografia delle Arti e degli Scritti inizia con una breve introduzione storica dal punto di vista tardo Han Occidentale/inizio Han Orientale della prima cultura letteraria cinese. Secondo Ban Gu, i “grandi principi” e il “parlare in codice” dell’antichità erano andati persi subito dopo il periodo di vita e di attività di Confucio. Quindi quel confucianesimo che poi diventerà così importante per i cinesi non era l’ideologia unica né dominante dell’antichità.
Dopo questo breve riassunto di storia, Ban Gu presenta i testi successivi in 6 categorie. Le prime tre sono di tipo filosofico e letterario:
- Testi e tradizioni esegetiche (commentari) delle Sei Arti (compresa la Musica) + i Dialoghi e il Classico della Pietà Filiale (xiaojing), nonché i glossari elementari che facilitavano l’accesso ai Classici;
- Gli scritti degli Stati Combattenti e dei primi lavori filosofici Han, i testi taoisti, dei cosmologi Yinyang, dei legalisti, dei termino-logisti o sofisti, dei Moisti, degli strateghi e dei folkloristici;
- Esposizioni di canti e poesie (shifu) in gran parte di epoca Han.
Le successive tre categorie contengono un vasto range di testi tecnici:
- Scritti militari;
- Cosmologia, testi sul calendario e scritti pronostici;
- Scritti medici e farmaceutici.
Liu Xiang incorporò personalmente i testi delle prime tre categorie, e fece da supervisore per le ultime tre. Liu e i suoi collaboratori dovettero selezionare, decifrare, accorpare, e sistemare i testi; loro li trascrissero nella grafia corrente all’epoca su nuove listarelle di bambù, creando così un nuovo corpus di testi standardizzati. Per ogni testo Liu consegnava all’imperatore il lavoro in sé, una tavola dei contenuti, una descrizione delle varie fonti, informazioni sull’autore e una discussione generale.
Tutti i manoscritti finora ritrovati dai recenti scavi archeologici differiscono nella loro disposizione interna dalla versione a noi giunta. Di conseguenza, i testi ricevuti sembrano poco credibili per una deteriorazione del significato e per l’erosione della struttura mnemonica.
Le scelte editoriali di Liu Xiang avevano un preciso significato ed erano appropriate all’ambiente imperiale del tempo e all’insegnamento ufficiale che vi si svolgeva, ma non sono necessariamente le migliori ricostruzioni dei testi antichi, che funzionavano originariamente in un contesto culturale molto diverso.
Pertanto i filologi cinesi moderni concludono che il catalogo imperiale Han, e dunque la nostra stessa percezione della tradizione pre-imperiale, è un artefatto intellettuale dell’Impero antico. In breve, la situazione dei manoscritti ci fa mettere in dubbio le distinzioni e categorizzazioni operate da Liu Xiang e dai suoi collaboratori, in risposta alla sfida di organizzare un enorme corpo di “libri” completi di autori e titoli.
Per capire la società tradizionale cinese, bisogna pensare a una cultura dominante che convive assieme a culture subalterne, le quali erano tra di loro parallele e accettavano tutte in qualche modo la cultura dominante. Culture di singoli villaggi, di singole fazioni, di singole professioni.
Con gli Han il confucianesimo divenne la Cultura Centrale, cioè quella universale. Esistevano anche altre culture dette Culture Periferiche, valide su tutto il territorio nazionale, le quali rappresentavano singole professioni. Quella medica, quella militare, quella taoista, quella buddhista. Ma erano sempre subalterne rispetto alla Cultura Centrale.
La Cultura Centrale si proclamava valida universalmente e illimitatamente e dava orientamenti circa l’uomo, la società e il cosmo. Questa Cultura Centrale si sentiva autorizzata a giudicare le Culture Periferiche in quanto l’importanza di queste ultime era limitata a uno specifico, settoriale campo di attività. La superiorità e l’autorità della Cultura Centrale era accettata senza remore dalla cultura medica e da quella militare, ma le altre, come quella buddhista, cedettero solo dopo una lunga e significativa resistenza.
Ma il confucianesimo si è evoluto nel tempo in maniera assai variegata. Non è affatto un monolite. Definire confuciana la Cultura Centrale della Cina è una espressione di comodo, è come definire “cristiana” l’Europa. In Europa il cristianesimo andò incontro a significative rivisitazioni e stravolgimenti, nonché fusioni con altre ideologie, così come il confucianesimo in Cina, pur restando sempre la ideologia dominante che, dopo la parentesi di Mao nel Novecento, dura tuttora.
In origine il confucianesimo, per quanto antico e influente, non era altro che una ideologia tra le varie che componevano la Cultura Centrale, assieme a moismo, legalismo, taoismo. Solo con gli Han occidentali il confucianesimo divenne la ideologia ufficiale dello stato, ma non era puro, costituiva infatti una ampia sintesi di altre varie scuole. In questo confucianesimo gli elementi più antichi convivevano con altri grandi classici. Pur con successive riformulazioni, questo confucianesimo “sintetico” restò l’ideologia dominante fino ad oggi, anche nei periodi storici nei quali il taoismo e il buddhismo furono più diffusi, più vitali e prolifici.
Concludiamo con una curiosità. Abbiamo già detto che Confucio non inventò nulla ma mise per iscritto l’ideologia e gli altri insegnamenti, cioè quelli tipici della dinastia Zhou. Questa dinastia era considerata a tal punto che, secondo la tradizione, la madre di Hou Ji, il padre del casato dei Zhou, concepì miracolosamente. La donna calpestò l’orma di un gigante (un essere divino), sentì un brivido come quando si concepisce e in seguito, trascorso il periodo della gravidanza, partorì “senza rotture né lacerazioni, senza dolore e senza lesioni, a prova dell’evento prodigioso. Non fu opera del dio del Cielo?” (Libro delle Odi, ode n. 245).
Bibliografia
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- Classico della purezza e della quiete, tradotto e prefato a cura di E. Wong, Roma 2006;
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- M. Sabbatini, P. Santangelo, Storia della Cina, Bari-Roma 2005;
- M. Scarpari, Avviamento allo studio del cinese classico, Venezia 1995;
- K. Sun Chang, S. Owen, The Cambridge History of Chinese Literature, 2 voll., Cambridge 2010.
Marco Calzoli è nato a Todi (Pg) il 26.06.1983. Ha conseguito la laurea in Lettere, indirizzo classico, all’Università degli Studi di Perugia nel 2006. Conosce molte lingue antiche e moderne, tra le quali lingue classiche, sanscrito, ittita, lingue semitiche, egiziano antico, cinese. Cultore della psicologia e delle neuroscienze, è esperto in criminologia. Ideatore di un interessante approccio psicologico denominato Dimensione Depressiva (sperimentato per opera di un Istituto di psicologia applicata dell’Umbria nel 2011). Ha conseguito il Master in Scienze Integrative Applicate (Edizione 2020) presso Real Way of Life – Association for Integrative Sciences. Ha conseguito il Diploma Superiore biennale di Filosofia Orientale e Interculturale presso la Scuola Superiore di Filosofia Orientale e Comparativa – Istituto di Scienze dell’Uomo nel 2022. Ha dato alle stampe 43 libri di poesie, di filosofia, di psicologia, di scienze umane, di antropologia. Ha pubblicato anche molti articoli.