LA DISABILITA’ INVISIBILE-DI SANDRA MARCHEGIANI
Redazione-A partire dall’incisiva frase di Gesell (1956):
“Non e’ normale essere sordo, ma i sordi invece sono individui perfettamente normali se noi li aiutiamo a superare i vari problemi del loro handicap. Il nostro scopo dovrebbe essere quello di fare del bambino sordo un individuo equilibrato, capace di affrontare i limiti e i problemi del proprio handicap, e non una brutta copia di un individuo normoudente”.
Ne consegue che per l’Assistente Educativo è molto importante il rapporto che si instaura con il bambino. Un buon clima relazionale e di accoglienza condiziona, di fatto, non solo il vissuto del singolo soggetto ma influenza anche quello di tutti i familiari.
Attraverso l’udito il bambino riceve informazioni, messaggi emotivi,stabilisce i rapporti sociali, ha uno strumento importante per lo sviluppo intellettivo. L’O.M.S.(Organizzazione Mondiale della Sanità), definisce il bambino ipoacusico,come colui la cui mancanza di udito non gli permette di imparare la sua lingua, di partecipare alle normali attività tra educandi ed educatori.
La disabilità invisibile, vede i non udenti e gli ipoudenti come quei soggetti non sempre riconoscibili e per questo spesso, non sempre ricevono attenzioni da parte degli udenti.
L’handicap causato dalla sordità risulta “nascosto”, invisibile ad uno sguardo superficiale. Esso è riconoscibile solo al momento della comunicazione, in cui ci si mette in relazione con l’altra persona. Nella società, le persone sorde, spesso non ricevono quelle attenzioni e quella disponibilità necessaria a farli sentire autorealizzati, sicuri di sé e accettati.
A scuola e in famiglia spesso vengono giudicati negativi gli atteggiamenti di chiusura e irritabilità, senza tener conto che non è la sordità in sé a rendere questi ragazzi diffidenti, aggressivi e polemici, ma lo scontro quotidiano con le barriere che impediscono la comunicazione. La famiglia è la prima agenzia educativa su cui iniziare il percorso di aiuto e di assistenza psico-socio-educativa e non ultimo di comunicazione. La scuola,seconda agenzia, in cui il processo educativo non è solo trasmissione del sapere e apprendimento, ma quell’ambiente di socializzazione e di trasmissione del far sentire a proprio agio,compresi e aiutati a vivere una situazione di collaborazione e di armonia tra il bambino,i compagni e gli insegnanti.
La disabilità uditiva, dunque, merita una viva riflessione dentro quanto non è visibile ad occhio nudo ma da quanto radicato nella sfera affettivo relazionale. Va evidenziata l’importanza di una comunicazione empatica ed efficace senza prescindere dal vissuto dell’ipoacusico, dalla sua storia familiare,riabilitativa e sociale. E’ con questi presupposti che l’aiuto portato verso la disabilità invisibile in campo educativo fa echeggiare la frase di Helen Keller, quando disse : “sono sorda e cieca: I problemi della sordità sono più profondi e più complessi anche se non più seri di quelli della cecità”. In questo senso, l’Assistente Educativo ha anche come scopo principe
l’assistenza di comunicazione.