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” ISOTTA NOGAROLA” – PROF.SSA GABRIELLA TORITTO

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Redazione- Sembrerà impossibile ma la verità storica è che con l’avvicinarsi dell’Età Moderna iniziarono ad avvertirsi trasformazioni che non sempre furono positive, né migliorarono la vita dell’umanità.

E’ quanto avvenuto per la “questione ebraica”, sviluppatasi nel secondo millennio, a ridosso della prima crociata, volta ad isolare, ad emarginare e a perseguitare le comunità giudaiche ma possiamo dire che è accaduto lo stesso per la “questione femminile”.

Durante il Medioevo, propriamente detto, vi furono correnti di pensiero e letterarie che favorirono la nascita del Dolce Stil Novo, di Dante con la sua Beatrice “venuta dal ciel in terra a miracol mostrare”“tanto gentile e tanto onesta pare … , di Petrarca con Laura “uno spirito celeste, un vivo sol fu quel ch’i’ vidi”, di Boccaccio e non vi furono situazioni di completa esclusione della donna dalla società civile forse perché anche la grande maggioranza degli uomini fu privata di qualche possibilità di emergere e tutta la societas christiana di ogni grado e condizione economica fu costretta a vivere in modo modesto se non addirittura misero. Si pensi che la maggior parte delle famiglie del tempo visse nella più completa indigenza, del tutto priva di quei sussidi che oggi vengono comunemente chiamati ‘ammortizzatori sociali’.

Nel dodicesimo secolo, ad esempio, la situazione sociale e storica consentì alla donna di emergere pur continuando a manifestare la sua umiltà e debolezza, peraltro non rimproveratale dagli uomini, e di raggiungere posizioni di preminenza e di potere.

Con l’avvicinarsi dell’Età Moderna, con l’arrivo del 1400 la situazione cambiò, addirittura peggiorò. Potremmo dire che in qualche modo da quel momento si venne a creare una contrapposizione uomo-donna, in cui l’uomo cominciò a vietare alla sua compagna in maniera sempre più convinta la possibilità di inserirsi nel pieno della vita attiva e nella soluzione dei più significativi problemi del tempo. Il 1400 è dunque il tempo dell’aperto contrasto fra l’uomo e la donna che studia, che scrive e che diffonde i risultati della sua ricerca. Nei secoli successivi spettò agli uomini il compito di diffondere le conclusioni del sapere, vietato alla donna la quale, in quanto intellettuale, fu condannata e respinta in una sorta di ghetto esclusivo ed umiliante.

Fu proprio allora che nacque una questione femminile in precedenza non avvertita in modo così aperto. Le scrittrici e le studiose cominciarono ad uscire allo scoperto per porre in salvo le loro prerogative ma molto spesso furono costrette a cedere e se vollero continuare a studiare furono costrette ad abbandonare la propria condizione laicale per rinchiudersi in convento. La nuova infelice situazione, venutasi a delineare dal quindicesimo secolo, comportò la posizione tradizionale consentita e riservata alla donna nella famiglia, con l’esclusione di esiti esterni o proiezioni nel campo della ricerca e del sapere. Le donne che, nonostante tutto, vollero invece continuare a studiare furono costrette a isolarsi dal mondo e, se intesero proseguire nell’esercizio del compito intellettuale e mantenersi libere di entrare in contatto con altri ambienti e uomini, divennero molto spesso oggetto di attacchi violenti sul piano morale che le associarono a creature perdute e vitandae (ossia da evitare).

Sempre in questo periodo la donna che studiava e scriveva in completo isolamento era pur sempre elogiata ed incoraggiata ma se ella tentava di entrare in comunicazione con i consueti ambienti intellettuali allora veniva respinta, isolata e diventava anche oggetto di astiose polemiche, in netta contrapposizione con l’atteggiamento aperto e liberale mostrato da uomini del secolo precedente come ad esempio i già citati Dante, Petrarca e Boccaccio. Nel 1400 il mutato rapporto culturale fra i due generi fece sì che le donne più coraggiose, quelle che perseverarono nella loro volontà di rimanere negli ambienti intellettuali dovettero soccombere e scegliere lo stato monacale, pronunciare il voto di castità e trascorrere la propria esistenza in condizione di isolamento fra le mura di un chiostro, o nella propria casa, o nel proprio studio pieno di codici, di carte, chiuse ermeticamente al mondo esterno e a quelle che venivano considerate “pericolose” seduzioni.

Esempio clamoroso di tale condizione femminile fu Isotta Nogarola, nata nel 1418 e morta nel 1466. Isotta aveva una sorella più grande di qualche anno, Ginevra, anch’ella dedita alla cultura, che si ritirò dall’agone letterario quando si sposò. Da quel momento in poi Isotta, indebolita dall’assenza della sorella, fu osteggiata nel modo più vile ed infame da uomini meschini che vollero macchiare la sua onorabilità.

Isotta e Ginevra ebbero una madre molto colta, Bianca Borromeo, dedita a curare personalmente l’educazione delle due figlie affidate al maestro Martino Rizzoni, cresciuto alla scuola di Guarino Guarini, veronese. Fin dalla più giovane età le due fanciulle Nogarola poterono godere di una condizione invidiabile che fruttò ad entrambe elogi da parte di un’ampia cerchia di intellettuali e di uomini di potere, i quali tutti si riferirono alle due in modo lusinghiero, sebbene fosse soprattutto Isotta a portare avanti il più ampio patrimonio di ricerche e a prendere contatto con gli ambienti di cultura. Le due sorelle ebbero relazioni con Ermolao Barbaro senior, poi con Jacopo Foscari, figlio del Doge Francesco, e con Guarino noto per la sua gloriosa carriera didattica. Quest’ultimo riempì di elogi la giovane Isotta presso Francesco Foscari, definendola “vero frutto della terra d’Este per l’ingegno e per l’applicazione”. In breve tempo la fama delle due giovani sorelle Nogarola raggiunse tutto il Veneto e la Lombardia e il veronese Tobia del Borgo, con un con un pizzico di retorica, non esitò a dire che la loro notorietà si era diffusa in tutto il mondo.

La situazione cambiò quando nel 1438 Ginevra, compiuti i 23 anni, sposò il nobile condottiero bresciano Bruno Gambara, invertendo da quel momento la sua esistenza. Cadde malata, ebbe gravidanze difficili seguite da aborti che la costrinsero ad abbandonare la vita culturale fino ad allora condotta. Così lasciò sola la sorella Isotta, la quale invece rimase ben ferma nella sua volontà di proseguire e di distinguersi nel campo degli studi. Ma le scelte personali di Ginevra si ripercossero anche sull’esistenza di Isotta, la quale non fu aiutata neppure da Guarino Veronese, suo compatriota, già genio tutelare degli Studi umanistici di tutto il Settentrione d’Italia, nonché ammiratore di Isotta e di Ginevra, ancor prima del matrimonio di quest’ultima. Il mancato aiuto di Guarino Veronese, presso cui Isotta si era rivolta, fu per la giovane un chiaro segnale delle nuove irreversibili difficoltà dinanzi a cui si sarebbe trovata da quel momento in poi. Si ritrovò isolata a tal punto da implorare la protezione del cardinale Giuliano Cesarini contro la violenza e la prepotenza intellettuale degli uomini del tempo che la colpirono con accuse infamanti ed incredibili, destinate a causare alla malcapitata un vero scandalo che coinvolse ingiustamente anche altri membri della famiglia, attorno a cui si mobilitarono persone consapevoli del valore e della moralità di Isotta.

Da quel momento la giovane donna comprese che la società era a tal punto degenerata da preferire la volontaria reclusione.

Condusse pertanto una vita altamente austera, fece voto di castità, si avvalse poco delle sostanze familiari, assai modestamente intaccate, fatta eccezione dell’acquisto di qualche codice indispensabile al proprio lavoro, affinché non le si potesse imputare anche la colpa di condurre una vita dispendiosa e non consona alla sua dichiarata, volontaria, irrevocabile cattività.

Isotta continuò così a studiare senza cedere alla volontà di chi volle escluderla dal mondo dei sapienti ma sostanzialmente dovette soccombere a coloro che resero impossibile i contatti culturali fra i due generi e pretesero di escludere ogni donna dal mondo della cultura.

L’opera più significativa della studiosa fu “Dialogo”, trattato sulle responsabilità di Adamo ed Eva nella caduta del genere umano dall’iniziale stato di grazia.

F.to G. Toritto

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