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IL DOVERE DELLA MEMORIA : L’ABRUZZO TRA CAMPI DI INTERNAMENTO E LUOGHI DI CONFINE (TERZA E ULTIMA PARTE)

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Redazione- Dopo  essermi occupato dei campi di concentramento in Abruzzo durante la seconda guerra mondiale  e  dei luoghi di confino durante il regime fascista nella provincia aquilana, mi occupo in questa terza puntata delle leggi razziali  varate da quel regime .

Il punto centrale della legislazione antiebraica italiana è il R. D. L. 17 novembre 1938, n. 1728
pubblicato in G. U. n. 264 del 19 novembre 1938 e convertito in legge il 5 gennaio 1939, che
all’art. 23 del capo III recita: « le concessioni di cittadinanza italiana comunque fatte ad ebrei
stranieri posteriormente allo gennaio 1919 si intendono ad ogni effetto revocate ». L’art. 17 del
capo II decretava il divieto « agli ebrei stranieri di fissare stabile dimora nel Regno, in Libia e
nei Possedimenti dell’Egeo ».

Ma soprattutto, all’art. 24 del capo III veniva stabilito che, ad eccezione degli ultrasessantacinquenni e dei coniugati con cittadini italiani, « gli ebrei stranierie quelli nei cui confronti si applichi l’art. 23 possedimenti dell’Egeo entro il 12 marzo 1939 – XVII Colqro i quali abbiano iniziato il loro soggiorno nel Regno in Libia e nei Possedimenti dell’Egeo posteriormente  che non avranno ottemperato a tale obbligo entro il termine suddetto saranno puniticon l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a lire, i al 1 gennaio 1919, debbono lasciare il territorio del Regno, della Libia e dei 5.000 e saranno espulsi a normadell’art.150 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con R. decreto 18giugno 1931- IX, n. 773 ».

Il suddetto R. D. L. riprendeva il precedente del 7 settembre 1938, n.
1381 “Provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri ”, pubblicato in G. U. n. 208 del 12
novembre 1938, ampliandolo. La definizione di “ebreo ” fu definita nello stesso R. D. L. 1728 /
1938. Nei mesi precedenti aveva visto la luce il Consiglio superiore della demografia e la razza
– istituito con R. D. L. 5 settembre 1938 n. 1539 “Istituzione, presso il Ministero dell’interno, del
Consiglio superiore per la demografia e la razza ” – che sostituiva l’Ufficio centrale demografico.

La creazione di un sistema di istruzione per gli ebrei separato da quello per cittadini italiani
vide la luce con i R. D. L. 5 settembre 1938, n. 1390 “Provvedimenti per la difesa della razza nella
scuola fascista ” e del 23 settembre 1938, n. 1630,”Istituzione di scuole elementari per fanciulli
di razza ebraica ”, entrambi riuniti nel R. D. L. 15 novembre 1938, n. 1779 “Integrazione e
coordinamento in un testo unico delle norme già emanate per la difesa della razza nella Scuola
italiana ”.

le leggi razziali che nel 1938 Vittorio Emanuele III avallava con la sua firma, cosa che ne marchia
per sempre la memoria, colpiscono duramente il mondo della scuola e dell’Università:
– gli ebrei sono espulsi da scuole e università affinché ci sia «difesadella razza nella scuola        fascista»;

  • all’ufficio di insegnante non potranno essere ammesse persone dirazza ebraica, né potranno essere ammesse all’assistentato universitario,né al conseguimento dell’abilitazione alla libera docenza
  • – nelle scuole non potranno essere iscritti alunni di razza ebraica.

Emanato il 5 settembre 1938, è il primo dei provvedimenti relativi alla politica razziale del regime fascista: stabilisce la “necessità di difendere la razza” all’interno della scuola, e quindi l’espulsione della classe docente e di quella discente – insegnanti e allievi, di ogni ordine e grado, nessuno escluso – di “razza” ebraica dalla scuola pubblica italiana. Significativamente, quello sulla scuola è il primo provvedimento tra quelli  presi dallo stato italiano nei confronti degli ebrei, a dimostrazione del peso che la politica educativa ha per il regime fascista. Da rilevare, inoltre, che l’espulsione degli ebrei dalla scuola rappresenta un’innovazione significativa nel contesto delle leggi razziali europee: la Germania hitleriana, ad esempio, introdurrà tale norma dopo l’Italia, nel novembre 1938.

Le professioni vennero regolate con il già citato R. D. L. 17 novembre 1938, n. 1728,
spec. agli art. 10 e 13 del II capo; le libere professioni con L. 29 giugno 1939, n. 1054 “Disciplina
del’esercizio delle professioni da parte dei cittadini di razza ebraica ”, pubblicata in G. U. n. 179
del 2 agosto 1939; con il D. M. 30 luglio 1940 “Determinazione dei contributi a carico dei
professionisti di razza ebraica ”, pubblicato in G. U. n. 12 del 16 gennaio 1941; le attivit{ dello
spettacolo con L. 19 aprile 1942, n. 517 “Esclusione degli elementi ebrei dal campo dello
spettacolo ”, pubblicata in G. U. n. 126 del 28 maggio 1942; con una serie di circolari, come
quella del 23 dicembre 1939, n. 168 “Esercizio professionale dei medici ebrei ”. La legislazione
razziale si rivolse anche nei riguardi dei possedimenti degli ebrei italiani: R. D. L. 9 febbraio
1939, n. 126 “Norme di attuazione ed integrazione delle disposizioni di cui all’art. 10 del R.
decreto-legge 17 novembre 1938 XVII, n. 1728, relative ai limiti di proprietà immobiliare e di
attività industriale e commerciale per i cittadini italiani di razza ebraica ”, pubblicato in G. U. n.
35 dell’11 febbraio 1939; R. D. 27 marzo 1939, n. 665 “Approvazione dello statuto dell’Ente di
gestione e liquidazione immobiliare ”, pubblicato in G. U. n. 110 del 10 maggio 1939; D. L. D. 4
gennaio 1944, n. 2 “Nuove disposizioni concernenti i beni posseduti dai cittadini di razza ebraica
”, pubblicato in G. U. n. 6 del 10 gennaio 1944.

Sotto un profilo ideologico, i documenti di riferimento per la fase di preparazione della nuova politica razziale del fascismo sono: iI Manifesto degli scienziati razzisti, pubblicato sul Giornale d’Italia il 14 luglio 1938; la Dichiarazione sulla razza del Gran Consiglio del Fascismo, approvata dal Gran Consiglio il 6ottobre 1938 – in cui, nonostante venisse asserito come « l’ebraismo mondiale  […] è statol’animatore dell’antifascismo in tutti i campi » si concludeva che « le altre condizioni fatte agliebrei, potranno essere annullate o aggravate a seconda dell’atteggiamento che l’ebraismo assumerà nei riguardi dell’Italia fascista ». Entrambi i testi sono riportati in SARFATTI, Michele, Mussolini contro gli ebrei. Cronaca dell’elaborazione delle leggi del 1938, Torino, Zamorani, 1994. Per un’analisi della legislazione antiebraica del fascismo cfr. ID., «La legislazione
antiebraica fascista», in DI SANTE, Costantino,

 Approvata dal Gran Consiglio del Fascismo il 6 ottobre 1938, la “Dichiarazione sulla razza” è considerata il documento che dà il via alla persecuzione anti-ebraica, e in generale razzista, in Italia. Il successivo 17 novembre 1938 la dichiarazione è trasformata in regio decreto legge (n. 1728 – Provvedimenti per la difesa della razza italiana).

Il Gran Consiglio del Fascismo, in seguito alla conquista dell’Impero, dichiara l’attualità urgente dei problemi razziali e la necessità di una coscienza razziale. Ricorda che il Fascismo ha svolto da sedici anni e svolge un’attività positiva, diretta al miglioramento quantitativo e qualitativo della razza italiana, miglioramento che potrebbe essere gravemente compromesso, con conseguenze politiche incalcolabili, da incroci e imbastardimenti.

La documentazione riguardante la politica di internamento a livello locale; l‟applicazione della politica razziale fatta legge di Stato da parte degli organismi rappresentativi dello Stato sul piano provinciale – i prefetti – e degli esponenti di partito; la recezione da parte della società civile di queste norme; ilrapporto tra questa e gli internati: queste tematiche, nel caso abruzzese, scontano quel deficit e rimangono inevitabilmente ferme ad uno stadio di ricerca incompleto,o comunque superficiale rispetto alle analisi che vengono rivolte ad altre realtà geografiche nazionali dove gli studi sono supportati da una mole documentaria differente.

Le fonti disponibili negli archivi comunali, negli archivi di Stato delle singole
province del territorio regionale non consento ad oggi uno studio approfondito delle
dinamiche e degli aspetti dell‟internamento civile che il fascismo mise in funzione nella
regione. Una regione che, come già accennato, rispondeva molto bene ai requisiti
previsti dal ministero della Guerra nella nota dell‟8 maggio 1936 relativa ai « campi di
concentramento per elementi pericolosi e sospetti sotto il punto di vista militare e
politico », che seguiva quella emanata pochi mesi prima dal ministero dell‟Interno.
Gli studi finora condotti sul sistema concentrazionista civile abruzzese hanno
riferito la loro validità scientifica sostanzialmente alle fonti presenti nell‟ACS, nello
specifico nella sezione Direzione generale della pubblica sicurezza – Dgps – del fondo
del ministero dell‟Interno – il dicastero preposto all‟organizzazione e alla gestione
dell‟internamento civile secondo l‟art. 284 del R. D. dell‟8 luglio 1938 n. 14157 (1)

Pubblicato, con il titolo Il fascismo e i problemi della razza, su “Il Giornale d’Italia” del 14 luglio 1938, il Manifesto degli scienziati razzisti o Manifesto della razza, anticipa di poche settimane la promulgazione della legislazione razziale fascista (settembre-ottobre 1938). Firmato da alcuni dei principali scienziati italiani, Il Manifesto diviene la base ideologica e pseudo-scientifica della politica razzista dell’Italia fascista.

Il Manifesto della razza – 1938

Da “La difesa della razza”, direttore Telesio Interlandi, anno I, numero 1, 5 agosto 1938, p. 2.

Il ministro segretario del partito ha ricevuto, il 26 luglio XVI, un gruppo di studiosi fascisti, docenti nelle università italiane, che hanno, sotto l’egida del Ministero della Cultura Popolare, redatto o aderito, alle proposizioni che fissano le basi del razzismo fascista.

  1. Le razze umane esistono. La esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da masse, quasi sempre imponenti di milioni di uomini simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi.

Dire che esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze umane superiori o inferiori, ma soltanto che esistono razze umane differenti.

  1. Esistono grandi razze e piccole razze. Non bisogna soltanto ammettere che esistano i gruppi sistematici maggiori, che comunemente sono chiamati razze e che sono individualizzati solo da alcuni caratteri, ma bisogna anche ammettere che esistano gruppi sistematici minori (come per es. i nordici, i mediterranei, i dinarici, ecc.) individualizzati da un maggior numero di caratteri comuni. Questi gruppi costituiscono dal punto di vista biologico le vere razze, la esistenza delle quali è una verità evidente.
  2. Il concetto di razza è concetto puramente biologico. Esso quindi è basato su altre considerazioni che non i concetti di popolo e di nazione, fondati essenzialmente su considerazioni storiche, linguistiche, religiose. Però alla base delle differenze di popolo e di nazione stanno delle differenze di razza. Se gli Italiani sono differenti dai Francesi, dai Tedeschi, dai Turchi, dai Greci, ecc., non è solo perché essi hanno una lingua diversa e una storia diversa, ma perché la costituzione razziale di questi popoli è diversa. Sono state proporzioni diverse di razze differenti, che da tempo molto antico costituiscono i diversi popoli, sia che una razza abbia il dominio assoluto sulle altre, sia che tutte risultino fuse armonicamente, sia, infine, che persistano ancora inassimilate una alle altre le diverse razze.
  3. La popolazione dell’Italia attuale è nella maggioranza di origine ariana e la sua civiltà ariana. Questa popolazione a civiltà ariana abita da diversi millenni la nostra penisola; ben poco è rimasto della civiltà delle genti preariane. L’origine degli Italiani attuali parte essenzialmente da elementi di quelle stesse razze che costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo dell’Europa.
  4. È una leggenda l’apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici. Dopo l’invasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di influenzare la fisionomia razziale della nazione. Da ciò deriva che, mentre per altre nazioni europee la composizione razziale è variata notevolmente in tempi anche moderni, per l’Italia, nelle sue grandi linee, la composizione razziale di oggi è la stessa di quella che era mille anni fa: i quarantaquattro milioni d’Italiani di oggi rimontano quindi nella assoluta maggioranza a famiglie che abitano l’Italia da almeno un millennio.
  5. Esiste ormai una pura “razza italiana”. Questo enunciato non è basato sulla confusione del concetto biologico di razza con il concetto storico-linguistico di popolo e di nazione ma sulla purissima parentela di sangue che unisce gli Italiani di oggi alle generazioni che da millenni popolano l’Italia. Questa antica purezza di sangue è il più grande titolo di nobiltà della Nazione italiana.
  6. È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta l’opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l’indirizzo ariano-nordico. Questo non vuole dire però introdurre in Italia le teorie del razzismo tedesco come sono o affermare che gli Italiani e gli Scandinavi sono la stessa cosa. Ma vuole soltanto additare agli Italiani un modello fisico e soprattutto psicologico di razza umana che per i suoi caratteri puramente europei si stacca completamente da tutte le razze extra-europee, questo vuol dire elevare l’Italiano ad un ideale di superiore coscienza di se stesso e di maggiore responsabilità.
  7. È necessario fare una netta distinzione fra i Mediterranei d’Europa (Occidentali) da una parte gli Orientali e gli Africani dall’altra. Sono perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l’origine africana di alcuni popoli europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo relazioni e simpatie ideologiche assolutamente inammissibili.
  8. Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche l’occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all’infuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo in Italia. Gli ebrei rappresentano l’unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani.
  9. I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli Italiani non devono essere alterati in nessun modo. L’unione è ammissibile solo nell’ambito delle razze europee, nel quale caso non si deve parlare di vero e proprio ibridismo, dato che queste razze appartengono ad un ceppo comune e differiscono solo per alcuni caratteri, mentre sono uguali per moltissimi altri. Il carattere puramente europeo degli Italiani viene alterato dall’incrocio con qualsiasi razza extra-europea e portatrice di una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani.

I firmatari:

Lino Businco, docente di patologia generale, ‘Università di Roma

Lidio Cipriani, docente di antropologia, Università di Firenze

Arturo Donaggio, docente di neuropsichiatria, Università di Bologna, nonché presidente della Società Italiana di Psichiatria

Leone Franzi, docente di pediatria, Università di Milano

Guido Landra, docente di antropologia, Università di Roma

Nicola Pende, docente di endocrinologia, Università di Roma, nonchè direttore dell’Istituto di Patologia Speciale Medica

Marcello Ricci, docente di zoologia, Università di Roma

Franco Savorgnan, docente di demografia, Università di Roma, nonché presidente dell’Istituto Centrale di Statistica

Sabato Visco, docente di fisiologia, Università di Roma, nonché direttore dell’Istituto Nazionale di Biologia presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche

Edoardo Zavattari, direttore dell’Istituto di Zoologia dell’Università di Roma.( 2  )

Le leggi razziali introdotte dallo stato italiano nel 1938 non si inseriscono in un contesto avulso, fino ad allora, da mentalità e pratiche di tipo antisemita. Va rilevato, anzi, che “il tessuto sociale e culturale italiano, e ancor più gli organismi e gli apparati del regime, si mostra[no] […] tutt’altro che impreparati ad accogliere e mettere in pratica la legge della segregazione”, sebbene non manchino, “nella società civile e religiosa, sentimenti di opposizione alla legislazione stessa” (G. Luzzatto Voghera, Antisemitismo, in Dizionario del fascismo, a cura di V. de Grazia-S. Luzzatto, Torino, Einaudi, 2003, v. 1, pp. 80).Nei primi anni del fascismo al potere, la polemica antigiudaica è esercitata in particolare dalle frange più estreme del partito, che insistono “sui temi più vieti della vulgata antisemita: la connessione fra ebraismo, bolscevismo e massoneria; la rappresentazione dell’ebreo come ultima trincea dell’antifascismo” (Ivi, p. 82). La vera svolta antisemita, in Italia, si ha però con la guerra d’Etiopia; all’interno della propaganda di regime, si afferma infatti, velocemente, il concetto della superiorità razziale dei “puri italiani” rispetto alle popolazioni africane. Il passo verso la legislazione razzista è breve: fin dal 1935 una feroce campagna di stampa si concentra su temi antisionisti e antisemiti, e nel triennio successivo gli stessi ebrei italiani diventano un ricorrente obiettivo polemico. Le leggi razziali del 1938 sono introdotte in un paese pronto ad accoglierle con indifferenza e condiscendenza, quando non con benevolenza. (3)

Così, la conclusione sconsolante che bisogna trarre dall’esame della vicenda è che mancò una coscienza comune, un’opinione pubblica capace di indignarsi e di reagire alla mostruosità costituita dalla legislazione antiebraica. Ricordarlo può essere utile per farsi un’idea di come un intero
popolo possa diventare complice passivo di una politica criminale .

(1)file:///C:/Users/valte/Downloads/Dialnet-LAltroInternato-3653442.pdf

( 2  )https://www.anpi.it/storia/114/il-manifesto-della-razza-1938

(3)http://www.fedoa.unina.it/12425/1/161-Book%20Manuscript-956-1-10-20200422.pdf

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