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” FILIPPA MARERI ” – PROF.SSA GABRIELLA TORITTO

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Redazione- Recentemente Filippa Mareri, nata fra il 1190 e il 1200 non lontano da Rieti, primogenita dei signori di Mareri nel Cicolano, è stata posta accanto alla figura di Chiara d’Assisi.

Filippa è ricordata poiché molto vicina all’ideale di San Francesco e poiché ebbe intense relazioni con le donne francescane che mettono in luce ancora una volta come nella prima metà del 1200 gli intenti autonomistici della società femminile in ambito mistico spirituale furono molto forti. Le Clarisse svolsero sicuramente un’azione determinante all’interno della Chiesa accanto a San Francesco e ai Frati Minori.

E’ tuttavia interessante sottolineare come nel caso di Filippa le reazioni della famiglia furono diverse da quanto invece accadde in casa Bernardone e Favarone, a dimostrazione del fatto che i giovani e le giovanette, votati a scegliere la vita religiosa, hanno suscitato nei loro parenti un insieme di atteggiamenti e reazioni che non possono definirsi a senso unico.

Così come in alcuni casi vi fu opposizione dura e irremovibile, volta a preparare le ragazze al matrimonio, ritenuto più adatto per un avvenire tranquillo; in altri si ebbe una posizione piuttosto remissiva nei confronti della volontà delle figlie, delle sorelle, delle nipoti pervicacemente votate alla spiritualità. Per Filippa Mareri parla la sua biografia, redatta pochi anni dopo la sua scomparsa.

Pur essendo la famiglia Mareri di nobili origini, non poteva definirsi ricca, tuttavia i genitori erano proprietari di alcuni casali posti al confine fra i territori del Regno di Sicilia e quelli del Patrimonium Beati Petri. Tale posizione geografica era così strategica da rendere i Mareri influenti e agiati in quanto riuscivano a controllare importanti vie di comunicazione.

Filippa oltre a tre sorelle aveva due fratelli: Tommaso e Gentile. Ricevette una buona educazione, probabilmente da parte dei monaci della chiesa di San Pietro in Molito, in precedenza alle dipendenze dell’Abbazia benedettina di San Pietro in Ferentillo.

Il caso volle che dopo la nascita di Filippa l’istituzione benedettina fu posta sotto il patronato del padre. Questi, anch’egli di nome Filippo, l’affidò poi al vescovo di Rieti. L’ambiente familiare dei Mareri era profondamente legato alla Chiesa di Roma e la fanciulla scegliendo la vita religiosa non fece che porsi nella tradizione del solco familiare.

La fanciulla apprese molto bene il latino; cominciò a leggere i Testi Sacri e la Bibbia ed ben presto, grazie all’intervento di Francesco Bernardone, entrò in contatto con Chiara e con l’ambiente minoritico, cosa che senza dubbio favorì la sua futura scelta di vita. Non c’è dunque da meravigliarsi se con l’andar del tempo maturò la decisione di votarsi alla vita religiosa, tanto che quando Filippa giunse all’età da marito oppose un categorico rifiuto dinanzi alle pressioni dei genitori e alle varie vantaggiose proposte di nozze. Respinse ogni progetto coniugale poiché suo desiderio era consacrarsi in perpetuo a Dio.

Di fronte alla scelta della figlia il padre inizialmente mostrò stupore e meraviglia che ben presto si trasformarono in opposizione. Quindi anche i Mareri, seppur molto legati alla Chiesa, si comportarono con Filippa come le altre famiglie dell’epoca, ma l’opposizione durò ben poco.

Iniziarono dapprima a valutare il modo più opportuno per far desistere la figlia dall’intento ascetico e per indurla a recedere da un proposito, a loro avviso, cresciuto troppo frettolosamente, in seguito le accordarono il permesso di rinchiudersi in una torre posta in una delle rocche di famiglia, dove avrebbe potuto cominciare a condurre una vita di meditazione e di preghiera.

I Mareri, diversamente da altre famiglie che relegarono i figli e li segregarono in una condizione di semiprigionia come se si fossero macchiati di gravi reati, ormai consapevoli dell’irrevocabile decisione di Filippa, la accontentarono.

Quella dei Mareri fu sicuramente una scelta diplomatica, nata dall’intento di non opporsi troppo alle decisioni della giovane e di permetterle un periodo di ritiro e di meditazione cui, secondo i desideri dei genitori, avrebbe potuto e dovuto far seguito una conclusione ben diversa e dunque favorevole al matrimonio. Invece Filippa fece presente che, continuando a vivere nella rocca, sebbene separata dal nucleo familiare, non le era possibile realizzare in pieno il progetto di ritiro spirituale, cui aspirava. Così il padre, dimostrandosi ancora una volta ben disposto nei suoi confronti, le concesse il permesso di ritirarsi con un gruppo di donne in una grotta situata sul monte Mareri, non troppo distante dalla residenza familiare.

Lì, in quella grotta, ebbe luogo la vestitio di Filippa, seguita dal taglio dei capelli, segno inconfutabile dei legami recisi con il mondo.

Poco dopo morì il padre, così la responsabilità e la direzione della famiglia passarono al fratello Tommaso, che inizialmente aveva in qualche modo osteggiato la scelta religiosa della sorella.

Tommaso ben presto si rese conto che l’esistenza di Filippa in una grotta fredda e umida era troppo dura e piena di disagi e che un luogo così malsano sarebbe stato insostenibile per la giovane, nonostante si trovasse vicino alla famiglia e venisse rifornita quotidianamente di ogni genere di conforto. Egli, consapevole che quella permanenza poteva tradursi in un’accusa disdicevole per il buon nome della casato, permise alla sorella di compiere il passo decisivo verso la vita che lei aveva da sempre desiderato.

Nel 1228 i fratelli donarono a Filippa la chiesa di San Pietro che passò di proprietà assieme ad altri feudi in modo da assicurare alla religiosa un’esistenza tranquilla. In “Biografia” è scritto che Tommaso concesse a Filippa la chiesa di San Pietro di cui aveva lo jus patronatus, disponendo che “tamquam mater et domina cum societate dignaretur “ (“come una madre e una signora degna di compagnia”) le fosse data la possibilità definitiva di accedervi .

Dal 1228 al 1236, anno della sua morte, Filippa visse in quella chiesa accettando piena obbedienza a Dio e vi restò sino che “Christus … aliud de ea misericorditer ordinavit” (“Cristo… misericordiosamente ordinò qualcos’altro su di lei). Lì, divenuta superiora, iniziò un periodo di grande attività attraverso cui mise in luce le sue abilità organizzative, l’attaccamento alle consorelle poste sotto la sua giurisdizione, nonché la capacità di lavorare e di affrontare freddo, caldo e fatiche di ogni genere.

La sua biografia racconta che compiva “humillima monasterii servitia” nel nome del Signore e che macerava il corpo con lunghi digiuni e astinenze.

Nel tempo Filippa ricevette aiuti non solo dal padre e dai fratelli ma anche dalla Chiesa che iniziò a palesare un certo interesse nei suoi confronti. Fu Gregorio IX a prestarle particolare attenzione. E’ bene ricordare che Ugolino da Ostia già prima di salire al soglio pontificio aveva predisposto una serie di norme comportamentali, destinate a regolare la vita delle donne che intendevano condurre un’esistenza ascetica e povera, diversa dal modello imposto dalla regola benedettina, alla base del tradizionale monachesimo occidentale.

L’interesse del pontefice per l’attività di Filippa Mareri si inseriva in una prospettiva allora normale per la Chiesa, in particolare alla luce del rapporto fra le organizzazioni ecclesiastiche e il nuovo Ordine Francescano, il cui controllo era stato assegnato proprio al Porporato di Ugolino. Quel rapporto poi si consolidò e si ampliò allorché egli divenne papa.

Intorno al 1230 Papa Gregorio IX si recò più volte nel Reatino dove cercò di rinsaldare i legami con la nobiltà locale ma specialmente con Filippa cui fece molte concessioni, non sempre accordate ad altre badesse o superiore, fatta eccezione di Chiara d’Assisi.

Nel 1231 il monastero di Casardita, compresi i feudi che lo componevano, fu posto sotto la protezione della Sede Apostolica. In tal modo si manifestò concretamente la propensione del papa verso quell’organizzazione religiosa e verso colei che ne aveva assunto la direzione tanto che quella che inizialmente era una “plebana ecclesia” si trasformò in un “monasterium”.

Nel 1234 la stessa fondazione divenne ancora una volta oggetto delle attenzioni del pontefice. Fu proprio Gregorio IX a volere limitare a dodici il numero delle consorelle che vi avrebbero potuto far parte. Il provvedimento nacque dalla volontà di non gravare troppo, con un’eccessiva presenza di monache, sulle economie del monastero che in caso contrario si sarebbe impoverito. Sempre al fine di proteggere Filippa e la sua comunità religiosa da qualsiasi rovescio o impoverimento nel 1236 fu varato un ulteriore provvedimento attraverso cui vennero concessi venti giorni di indulgenza a chi avesse aiutato solidalmente le consorelle nei loro bisogni quotidiani.

L’anno successivo papa Innocenzo IV assumeva un uguale provvedimento concedendo quaranta giorni di indulgenze a chi avesse visitato quella fondazione durante le festività di San Pietro e Paolo, dei Santi Filippo e Giacomo, nonché di sancta Filippa.

Le concessioni in parola comprovano il giudizio di santità sulla giovane Mareri, sebbene non vi siano stati elementi per la formalizzazione del processo di canonizzazione relativo alla sua persona.

Il culto per Santa Filippa però è stato confermato nel corso dei secoli e nel 1806 da papa Pio VII. Certo è che Filippa e le consorelle furono provate da fervore religioso, grande fatica e consumate dalla perdurante ascesi.

Filippa morì a Borgo San Pietro di Petrella del Salto il 16 febbraio del 1236. Le notizie riportate confermano la grande apertura della Chiesa di quel tempo nei riguardi di Filippa e la scelta francescana della giovane. La stessa cosa accadde a Chiara d’Assisi.

La posizione della Chiesa e le scelte delle famiglie pongono in luce ancora una volta la possibilità per le donne di quel tempo (al di là delle doti taumaturgiche e dei contatti con il soprannaturale) di conseguire uno spazio notevole nella vita della Chiesa e della società del XIII secolo. Dunque la società di quel tempo non sempre fu totalmente chiusa verso il mondo femminile, soprattutto se si trattava di riconoscere i meriti di chi, come Filippa, è stata ricordata come “admirabilis femina”.

F.to Gabriella Toritto

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