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TIPOLOGIE DI COLLOQUI NEL SERVIZIO SOCIALE-DOTT.SSA SILVANA DI FILIPPO

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Occorre trovare una nuova strada,

quella di un pensiero dialogico,

cioè capace di mettere in dialogo principi diversi,

connessi in una unità senza che l’unità si dissolva.

( E. Morin )

Redazione-I vari tipi di colloquio si concretizzano e si scelgono rispetto al problema da trattare e alla persona che lo presenta. A seconda dei contenuti e degli obiettivi possiamo dunque distinguere: i colloqui informativi o di segretariato socio-assistenziale, i colloqui diagnostici, i colloqui di trattamento psico-sociale, i colloqui di indagine e di valutazione psico-sociale, i colloqui terapeutici, i colloqui di consulenza.

Gli scopi del colloquio del Servizio Sociale derivano dalle sue funzioni. I fini generali della maggioranza dei colloqui del servizio sociale possono essere definiti Informativi ( svolgere una indagine sociale), diagnostici ( giungere a una valutazione) e terapeutici ( effettuare un cambiamento). Le differenze negli scopi principali dei colloqui si riflettono nei modi in cui essi vengono strutturati e condotti.

I colloqui più frequenti, in termini di scopi, sono riferibili ai colloqui informativi, diagnostici e d’intervento. Questi possono avere una conseguenza logica, per più scopi, attivando colloqui che vanno da quello informativo a quello diagnostico (da parte dell’operatore), seguendo una certa gradualità. Non è possibile, infatti, giungere ad un colloquio terapeutico senza prima aver effettuato colloqui informativi e valutativi. Viceversa, per i colloqui esclusivamente informativi (per l’utente) o di consulenza, in cui lo scopo è quello di dare informazioni più che riceverne.Come scrivono M. Cesaroni, A.Lussu e B.Rovai[1] (2000):”l’operatore affronta il problema ma il suo compito è quello di offrire e fornire strumenti che aiutino il cliente a mobilitare le proprie risorse ed acquisire maggior autodeterminazione nella scelta e nelle opzioni strategiche da attivare. L’obiettivo della consulenza sociale non è solo quello di erogare informazioni ma di offrire competenze, strumenti e conoscenze al cliente affinché possa analizzare il problema e valutare quali percorsi possono essere individuati per affrontarlo in maniera adeguata ed efficace. Il colloqui informativo/i o di segretariato socio-assistenziale, generalmente è breve e finalizzato a fornire informazioni sulle risorse e sulle prassi assistenziali[2] la consulenza sociale differisce dal segretariato sociale in quanto quest’ultimo implica una formulazione di una diagnosi sugli aspetti psico-sociali del cliente.[3] Nel colloquio di segretariato psico-sociale c’è un rapporto professionale breve finalizzato ad una “diagnosi sociale” che può trovare immediata risposta o che può necessitare di intervento di trattamento o l’avviso ad altri operatori. Il segretariato psico-sociale consiste nell’individuazione, valutazione e modifica di situazioni individuali e familiari che presentano difficoltà di natura psico-sociale, risolvibili nell’ambito delle competenze professionali, attraverso l’utilizzo di mezzi e servizi di base e di risorse fruibili per la risoluzione del problema. Si tratta di un sostegno professionale che permette, attraverso alcuni incontri, di cogliere i vissuti negativi o disturbanti e di riuscire a mediarli dal processo psico-sociale.[4] Tra i colloqui di trattamenti ricordiamo quello psico-sociale che consiste nell’applicazione sistematica e continuativa del processo metodologico diluito nel tempo e di metodi e procedimenti per l’attuazione di interventi programmati e finalizzati alla rimozione del disagio.L’intervento si fonderà su un’attenta valutazione diagnostica iniziale del cliente (storia, realtà socio-ambientale, organizzazione mentale e personalità, motivazioni, vissuti di dipendenza, sensi di colpa, aggressività, risorse, sistema di sostegno) e su una corretta formulazione dinamica della diagnosi sociale, al fine di decidere sugli obiettivi, le strategie e le tecniche da utilizzare.Il trattamento psico-sociale deve contenere un’ipotesi di lavoro ed il processo viene espletato attraverso una serie di incontri periodici con il cliente, del quale l’operatore sociale svolge un’attenta osservazione mirata ad accertare bisogni e risorse personali sue e del contesto familiare e sociale.[5] I colloqui diagnostici sono quei colloqui finalizzati all’elaborazione di una valutazione psico-sociale, mentre quelli di trattamento psicosociale tendono a ripristinare uno stato di benessere nella persona. I colloqui terapeutici hanno una durata maggiore rispetto agli altri tipi di colloqui, poiché tendono a modificare una certa situazione in un certo momento della vita.

Il postulato secondo il quale si può compiere il primo passo per poter comunicare in maniera efficace è sostanzialmente quello di ottenere informazioni sufficienti a conoscere il profilo del nostro assistito, allo scopo di stimolarlo a fornire elementi utili ai successivi interveti.

Il colloquio informativo presuppone la comprensione di tutte quelle informazioni che possono definire meglio il suo stato bio-psichico e il proprio status. Risultano utili, inoltre, per l’intervistatore conoscere tutta una serie di interessi che riguardano l’assistito, sia a livello familiare che personale ( hobby, attività sportiva, cultura formativa ecc.) ma anche sociale (attività lavorativa, rapporto con gli altri ecc.).

In un colloquio informativo, non si tratta tanto di raccogliere informazioni sulle motivazioni personali e sui vissuti della persona so/oggetto di aiuto, quanto della modalità di raccolta di queste, coniugate in una preparazione tecnica-scientifica privilegiandone l’adattamento essenziale di un linguaggio comprensibile e familiare. In ogni colloquio informativo c’è un problema diverso e una persona diversa che non vanno mai dimenticati. In esso diventano utili le adozioni di analogie che semplifichino il messaggio e ne favoriscano comprensione. Le analogie aiutano a derimere l’imbarazzo iniziale. Se, per es., sappiamo che il nostro assistito è un appassionato di ciclismo, possiamo coinvolgerlo in un linguaggio ciclistico.

Il primo compito, nella fase dell’informazione, consiste nel cercare di capire proprio attraverso l’analisi simultanea di richieste esplicative, verbali e non, e modalità tattiche di relazione che l’assistito mette in atto fin dal primo incontro con l’operatore. Dopo aver raccolto le informazioni, l’operatore può essere in grado di costruire iniziali ipotesi di lettura sulle dinamiche prodotte dal problema e formulare ipotesi di intervento attendibili. L’ipotesi può essere paragonata ad una mappa, ad una cartina geografica che ci aiuta nella conoscenza. L’ipotesi ha il valore di una traccia, di una griglia che fa emergere il quadro di riferimento relazionale dell’assistito connesso al problema portato e permette di formulare domande coerenti che confermano o no quanto supposto o di ottenere risposte necessarie ad individuare risorse per la risoluzione dei problemi.

Lo scopo dei colloqui informativi è quello di ottenere un’analisi precisa dell’individuo,del gruppo o della comunità in termini di funzionamento sociale.Il colloquio informativo consiste in una raccolta selettiva di materiale biografico. I parametri selettivi, nella raccolta delle informazioni,includono sia informazioni relative alla comprensione, sia informazioni relative al tipo di aiuto che l’ente può offrire. In questa fase l’Assistente Sociale non deve cercare di sapere tutto sull’Assistito ma soltanto quello di cui si ha bisogno di sapere per capire e per poter quindi aiutare in modo efficace. Le informazioni cercate,devono comprendere sia fatti oggettivi che soggettivi. La conoscenza dell’Assistito e della sua situazione è un requisito indispensabile per la comprensione della situazione, requisito necessario per un intervento efficaceme orientato verso il cambiamento. In seguito, durante tutta una serie di colloqui, vengono alla luce nuove informazioni non forniti in precedenza che aiutano a condividere la risoluzione del problema. Per questo la raccolta di informazione è cumulativa. I primi colloqui informativi vengono dedicati in maniera più esclusiva ed esplicita ad ottenere informazioni, dal momento che il loro principale scopo è l’indagine sociale.

Nei successivi colloqui,l’informazione relativa all’indagine sociale è tipicamente connessa al raggiungimento di qualche altro scopo. L’Assistente Sociale che utilizza il colloquio informativo deve cercare di scoprire qualcosa. I colloqui informativi, inoltre, hanno una durata inferiore rispetto ad altri tipi di colloquio. Essi forniscono chiarimenti circa le risorse disponibili.

I colloqui diagnostici, invece, sono indirizzati verso la valutazione. Questi colloqui sono individualizzati e, sono portati avanti in modo da permettere all’operare del sociale di valutare alcune caratteristiche particolari dell’Assistito. In un colloquio valutativo bisogna provare che la manifestazione di un certo comportamento, continui ad essere reale. Lo scopo del colloquio valutativo, come scrive

Kadushin A. (1980): “consiste nell’ottenere informazioni selettive di cui si ha bisogno per prendere delle decisioni”. (Processo Decisionale).[6] La decisione stessa implica un processo diagnostico nella mente dell’Assistente Sociale che consiste nell’applicare una generalizzazione teorica ai dati ottenuti e nell’organizzare e nell’interpretare i dati per arrivare a deduzioni valide.Il colloquio diagnostico consiste nel prendere una decisione.

Il contesto di valutazione ed aiuto, è ad es. la situazione in cui il Tribunale per i Minorenni demanda al Servizio Sociale il compito di valutare la condizione socio-familiare di un minore segnalato. L’obiettivo esplicito è, in questo caso, effettuare una valutazione del sistema familiare che può far emergere una situazione di disagio.

Lo scopo della valutazione consiste in un accurato esame delle attività procedurali proposte ed attuate, che tendono ad identificare gli strumenti pertinenti agli scopi perseguibili.

Valutare significa analizzare nel dettaglio tutti i dati disponibili. Questi ultimi, vanno gestiti come risorsa nel progetto di aiuto.

Il terzo tipo di colloquio, è quello terapeutico o motivazionale il cui scopo risiede nel cambiamento dell’utente,della sua situazione sociale o di entrambe.Questi colloqui richiedono l’uso di speciali tecniche adeguate ai tempi di elaborazione ed attuazione in risposta alla situazione sociale da affrontare.

I colloqui terapeutici sono individualizzati e non standardizzati. Il colloquio stesso potrebbe essere lo strumento mediante il quale si verifica il cambiamento. L’Assistito è la persona con la quale viene tentato e condiviso il progetto di cambiamento. Il fine del colloquio terapeutico è quello di aiutare a curare e a curarsi. L’Assistente Sociale, nell’ambito scolastico parlerà con un bambino per aiutarlo ad adattarsi all’ambiente della classe.Tra gli scopi del colloquio terapeutico si può attuare un cambiamento nei confronti dell’Assistito senza che quest’ultimo sia presente. Qui,vengono compresi colloqui che hanno un ruolo molto importante nella vita del soggetto. Ad es. L’Assistente Sociale, nell’ambito scolastico può parlare con un’insegnate per convincerla a mostrare un atteggiamento più comprensivo e di accettazione nei confronti di un bambino. Oppure parla con un compagno o con la sua famiglia. L’operatore comportamentista cerca di cambiare il comportamento attraverso l’azione e presuppone che un cambiamento nel comportamento porterà ad un cambiamento nell’atteggiamento.

Il colloquio terapeutico consiste nell’attuare un cambiamento in qualche situazione(intervista di trattamento).[7]Non va dimenticato che nei colloqui terapeutici è indispensabile creare un’intesa tra operatore ed utente, in modo tale che si produca una fattiva collaborazione finalizzata ad un produttivo ed efficace sostegno. Giacchè i colloqui terapeutici risultano quelli più delicati, essendo questi il prodotto di un percorso più o meno lungo, è importante che l’influenza da parte dell’operatore sia sempre e comunque costruttiva ad un cambiamento efficace ed efficiente del paziente. Nel viaggio di cambiamento, i compiti dell’operatore sono variegati ed attraverso colloqui professionali è possibile raggiungere gli scopi prefissati.

La capacità di fare colloqui si acquisisce con l’esperienza, ma occorre una fondamentale preparazione teorica-culturale molto profonda. Il colloquio è uno strumento che ha degli scopi ed esige l’uso di tecniche.[8] Conoscere significa essere preparati. Se c’è preparazione c’è minore ansia e accresce la possibilità di rispondere all’assistito con sensibilità ed in maniera esauriente. L’operatore deve tener conto della definizione dei tempi, della durata e dei supporti del colloquio.

La durata del colloquio deve essere definita in maniera abbastanza precisa e comunicata all’assistito. I tempi dovranno essere valutati in funzione degli scopi che si sono attribuiti al colloquio, tenendo presente quelli fisiologici ed attentivi sia da parte dell’operatore che dell’assistito.

Nell’ambito del colloquio, vi possono essere una varietà di supporti: la cartella o scheda, blocco degli appunti, agenda, per arrivare a strumenti più sofisticati, quali il registratore, lo specchio unidirezionale,la telecamera. E’ chiaro che la scelta va collegata agli obiettivi e alla situazione specifica.

Inoltre, gli strumenti utilizzati vanno condivisi con l’assistito ed autorizzati a fini professionali.

Per il colloquio di Segretariato sarà sufficiente avvalersi di una buona scheda, mentre una consulenza psico-sociale ad una famiglia maltrattante potrebbe richiedere l’uso del videoregistratore (caso specifico – es. incidente probatorio) per la complessità che presenta.

Durante il colloquio la persona parla di se stessa, mentre il ruolo dell’operatore è la comprensione. Attorno a questa capacità vengono innestate varie modalità comunicative.

Il colloquio è strutturato come un saggio: ha un inizio, un corpo centrale e una conclusione.

Nella fase iniziale del colloquio non vanno trascurati i più piccoli particolari finalizzati al concetto di ‘accoglienza ’ dell’altro. E’ lo strumento più importante del servizio sociale, in cui il tentativo di approccio efficace si adopererà in un attività di conoscenza tale da produrre risultati consistenti fondati sul rapporto di aiuto. Nello svolgimento del colloquio devono essere chiari gli obiettivi e disposto il tempo per raggiungerli.

Il corpo centrale del colloquio estende le conoscenze, le sensazioni della persona, riguardando i contenuti da trattare in quell’incontro. Risulta importante utilizzare anche modi nuovi che siano proficui all’assistito; è necessario cercare di mantenere il fulcro centrale del colloquio, con una certa determinazione, cercando di riportare la persona sull’argomento che interessa il suo problema. Nella fase conclusiva del colloquio, va dedicato un certo periodo di tempo per sintetizzare quanto di più significativo è emerso. Se dovesse accadere che proprio verso la fine del colloquio emergano rilevanti tematiche che meritano tempo ed attenzione, l’operatore non fa finta di nulla perché si trova al termine dell’incontro, ma ne sottolinea l’importante argomentazione da trattare in successivo incontro. Durante quest’ultimo, il nuovo colloquio dovrà aprirsi con un riassunto del tema trattato in precedenza, fermandosi sul problema accennato. In questa fase, verrà affrontato con maggiore profondità. Vanno evitati incontri prolungati e con introduzioni di troppi argomenti. I problemi vanno affrontati uno per volta.

La conclusione dell’intervento va prevista all’interno del progetto pianificato con la persona. Dare sempre importanza all’assistito e a qualsiasi problema da lui portato è il termometro senza misura del servizio sociale.

Non esistono piccoli o grandi problemi. Per la persona che chiede aiuto il problema portato ha il suo peso. Per questo l’Assistente Sociale deve sempre considerare quella persona capace di raggiungere soluzioni concrete, con fiducia per consentire di superare la situazione problematica portata. Deve lasciare la sensazione che non avrà bisogno per sempre dell’Assistente Sociale. L’intervento conclusivo, per quell’incontro, dovrà essere il risultato di affinare le nostre capacità rispetto alla comprensione dei fatti, delle situazioni, del problema, inseriti in una serie di stimoli nel tentativo di produrre un innalzamento del livello di autostima nell’altro, che può e che deve sentirsi persona capace di decidere. In corso di svolgimento dialogico l’operatore non deve essere mai equivocare, ma mantenere un’atmosfera tranquilla e garbata che accompagni l’interlocutore verso la definizione e la risoluzione del suo stesso problema.

L’operatore non cammina al posto dell’altro, ma lo aiuta ad autodeterminarsi. Stimola verso viee di consapevolezza e proattività. Lo sostiene verso un positivo orizzonte. Lo accompagna verso una strada che lui stesso sceglie tra quelle esaminate.

Schema pag. 129, S. Di Filippo (2008)

Bibliografia

Cesaroni, A.Lussu, B.Rovai, ”Professione Assistente Sociale” , Ed. Del Cerro,Pisa, 2000

Di Filippo S , La forza del sociale nella comunicazione interattiva. Metodo e tecnica del colloquio psicosociale, Ed. Eco, Isola del G.S. (Te), 2008

Kadushin Alfred, Il Colloquio nel Servizio Sociale,Ed. AstrolabioRoma 1980

  1. Cfr. p.159, M. Cesaroni,A.Lussu,B.Rovai, Professione Assistente Sociale, Ed. Del Cerro,Pisa, 2000
  2. Ibidem, p, 107
  3. Ibidem,p.159
  4. Ibidem, p. 158
  5. Ibidem, p. 160
  6. Cit. P. 23 Kadushin A., 1980
  7. Kaduschin a., 1980,concetti tratti a p. 23-24-25-26
  8. LE TECNICHE sono dei sistemi la cui applicazione mette l’operatore in grado di realizzare i propri scopi e di

    svolgere il proprio compito professionale

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