” LUCREZIA TORNABUONI ” – PROF.SSA GABRIELLA TORITTO
Redazione- Trattando di Caterina Benincasa abbiamo raccontato del tumulto dei Ciompi verificatosi a Firenze nel 1378. Fu quella una vera e propria insurrezione caratterizzata da una determinazione politica che, seppur priva di consapevolezza di coscienza di classe, si rivelò superiore alle manifestazioni di altri operai italiani e di molte zone dell’Occidente europeo.
Del resto il Trecento in Italia fu contraddistinto da crisi e da rivolte sia nelle città sia nelle campagne. Si ricordino il movimento dei Turchini in Piemonte e altre insurrezioni in altre parti della penisola, persino nel profondo sud della Calabria. Il tumulto dei Ciompi consistette nella richiesta di un aumento di salario, di riforme mirate ed intese anche modificare in maniera definitiva le condizioni di vita e di lavoro della corporazione all’interno di Firenze.
Così dopo il tumulto la città si avviò verso forme di governo oligarchico e autoritario e le insurrezioni verificatesi anche in altre zone della Toscana e dell’Umbria determinarono una più aspra divisione fra ricchi e poveri.
I governi cittadini divennero sospettosi e intensificarono i controlli polizieschi mentre le famiglie nobiliari misero in campo stratagemmi volti a rinforzare le proprie posizioni contro le masse dei lavoratori. A Firenze cercarono di imparentarsi tra loro e/o di dividersi a seconda dei casi, mirando sempre ad acquisire maggiore potere.
La famiglia fiorentina dei Tornabuoni, costituitasi nel 1393, come emanazione del potente e ben strutturato casato dei Tornaquinci, si staccò dal ceppo originario allo scopo di poter accedere alle cariche politiche fiorentine, dato che gli ultracentenari ordinamenti di Giustizia di Giano Della Bella, risalenti al 1293 ma ancora in vigore, escludevano i Magnati dalla vita pubblica, riservata invece alle famiglie del popolo.
Simone di Tieri Tornaquinci, grazie ad una delle leggi che consentivano il passaggio da un gruppo all’altro, diede vita ad una nuova compagine familiare che, pur mantenendo nel nome il ricordo della famiglia d’origine, ebbe l’opportunità di inserirsi agevolmente nel sistema politico fiorentino con il nuovo nome “Tornabuoni”. In particolare Francesco, figlio di Simone, fu colui che concretizzò i progetti paterni agendo su vari fronti. Innanzitutto progettò un’accorta politica matrimoniale che consentì la costituzione di una fitta rete di rapporti parentali di notevole prestigio. Si sposò in prime nozze con Selvaggia degli Alessandri e, dopo la di lei morte, con Marianna Guicciardini. Dalla seconda moglie Francesco Tornabuoni ebbe otto figli, fra loro la penultima, Lucrezia, assunse grande importanza sia per la famiglia sia per la storia della città di Firenze. Poi favorì il più possibile gli interessi della famiglia anche in considerazione della solida e lunga amicizia con Cosimo il Vecchio de’ Medici che in quel momento storico ascendeva agli onori della storia politica, economica ed artistica della città di Firenze e d’Europa.
Dalla storica vicinanza e dal sostegno alla famiglia dei Medici scaturì il matrimonio fra Lucrezia Tornabuoni e Piero di Cosimo de’ Medici, successore del padre.
Dunque dall’antico legame personale e politico alla famiglia de’ Medici nacque quell’alleanza matrimoniale che rese i Tornabuoni molto potenti in Firenze, alla luce delle nozze fra Lucrezia e Piero. Nel 1443 l’unione fu ufficializzata con una sontuosa cerimonia: la sposa aveva diciassette anni, il marito ventisette.
L’unione con il ramo principale della famiglia egemone in Firenze rappresentò il punto di arrivo della scalata sociale dei Tornabuoni. Negli anni precedenti anche altri esponenti, seppur cadetti, della famiglia Tornabuoni si erano uniti in matrimonio con altri Medici.
Lucrezia fu educata in modo raffinato, come tutte le fanciulle delle nobili famiglie fiorentine dell’epoca. Fu autrice persino di componimenti poetici di ispirazione religiosa e fu attratta dai vivissimi fermenti intellettuali che fecero di Firenze la culla della cultura umanistica e rinascimentale. Si inserì molto bene nella famiglia del marito che del mecenatismo artistico fu promotrice.
Quantunque fosse donna di grande intelligenza e sensibilità, Lucrezia Tornabuoni ebbe una personalità più complessa di quanto a prima vista si potesse ritenere. Non si occupò mai degli affari pubblici di famiglia; probabilmente il marito Piero de’ Medici non glielo avrebbe neppure consentito. Al momento opportuno però fu un’ascoltata consigliera del consorte. Questi non mancava mai di aggiornarla sull’andamento degli affari di Stato e sui problemi politici che più lo occupavano.
Lucrezia fu tenuta in grande considerazione anche da molti signori italiani, i quali erano soliti farle pervenire missive allo scopo di sollecitare il suo intervento presso il consorte Piero anche su questioni di una certa delicatezza politica e diplomatica. La Tornabuoni dunque ebbe riconosciute doti di carattere politico, se fu consultata al fine di fare da interlocutrice in questioni politiche di non secondaria importanza e ciò testimonia quanto il suo parere fosse considerato prezioso dal marito.
La centralità della figura femminile all’interno della famiglia de’ Medici si ebbe solo con Lucrezia, in quanto si può ritenere che nessuna delle consorti dei dominatori di Firenze ebbe un rilievo pari a quello della Tornabuoni.
Dal matrimonio nacquero quattro figli: Maria, forse figlia naturale di Piero, quindi Bianca, Lucrezia, Lorenzo e Giuliano. Le due femmine andarono spose a Guglielmo de Pazzi e a Bernardo Rucellai; Lorenzo fu educato e destinato a raccogliere l’eredità paterna; Giuliano morì tragicamente anzitempo nella Congiura dei Pazzi.
Fin dagli anni dell’infanzia notevole fu la somiglianza di Lorenzo con la madre. Il giovane si distinse presto per il brillantissimo intelletto, il fascino e il prestigio e tutto ciò facilitò il suo precoce ingresso negli affari pubblici fiorentini.
La madre Lucrezia fu un punto di riferimento importante per Lorenzo, salito al potere appena ventenne. Lui fu per la madre “unico rifugio di molti … fastidi et sublevamento di molte fatiche.” Fra loro vi fu un profondo legame affettivo che traspare dalla corrispondenza epistolare, dove però non si ravvedono riferimenti a questioni politiche, forse perché, morto il marito Piero, Lucrezia recuperò il suo ruolo domestico e si disinteressò delle vicende cittadine, oppure, data la forte personalità, fu il figlio stesso ad allontanarla.
L’ultimo intervento pubblico della donna fu relativo alle trattative intercorse con il cardinale Latino Orsini per il matrimonio di Lorenzo con Clarice Orsini, nipote del cardinale, trattative favorite dalla presenza in Roma di Giovanni Tornabuoni, fratello di Lucrezia e zio di Lorenzo, direttore di una filiale locale del banco mediceo, all’epoca anche banco papale.
Fu quello il tentativo di stabilire rapporti con Roma anche al fine di creare un vincolo parentale con una delle famiglie più blasonate, di combinare un titolo nobiliare di antico retaggio, quello degli Orsini, con una ricchezza creata di recente, quella dei Medici, e di porre un giorno sul soglio pontificio un membro della propria famiglia. I Medici erano influenti e godevano di crescente prestigio ma fino ad allora avevano avuto difficoltà a creare legami con la Città Eterna.
Durante le trattative nuziali il compito di Lucrezia fu delicato e difficile, dovendo soppesare i pro e i contro di quella futura unione. Studiò attentamente Clarice, che andò in sposa a Lorenzo nel 1469. Sei mesi dopo la celebrazione dell’unione morì Piero ed ebbe inizio l’età del Magnifico.
Ritiratasi dalla vita pubblica, Lucrezia continuò ad occuparsi di mecenatismo. Protesse ed ispirò l’opera di molti artisti, ad esempio il Poliziano e il Pulci, quest’ultimo fu sollecitato a completare il “Morgante Maggiore”.
Morì il 25 marzo 1482, lasciando un incolmabile vuoto nella vita di Lorenzo e il rimpianto nella città che le aveva dato i natali e sempre dimostrato rispetto ed ammirazione.
Di lei restano immagini effigiate assieme agli altri membri della famiglia de’ Medici nei numerosi affreschi a noi pervenuti, come quelli del Ghirlandaio nella cappella maggiore della chiesa di Santa Maria Novella.
Nell’Età di Mezzo Lucrezia rappresentò l’ennesimo esempio di donna sensibile ed intelligente, che si distinse per le qualità possedute e che riuscì a crearsi uno spazio ricco di dignità e decoro.
F.to Gabriella Toritto