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GENDER E SOCIETA’ DI ANTONIO LERA (PSICOSESSUOLOGO)

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Redazione-Voglio chiarire per amore del vero alcuni aspetti legati alla sessualità ed alla costruzione identitaria e di conseguenza provare a smantellare le tesi omofobe e trans fobiche che sono legate al concetto di gender, attestando che i diversi fenotipi gender non siano prodotti sociali. A mio avviso è già nei primi mesi di gestazione che si gioca la “partita identitaria”: le condizioni cosiddette cisgender, ovvero di chi si trova a proprio agio nel sesso “attribuito” dalla nascita (eterosessualità, omosessualità, bisessualità) e transgender, ovvero di chi invece ha un’identità e/o un’espressione di genere che si discosta dal sesso “assegnato” alla nascita e si contestualizza in percorsi di transizione che comprendono (transessuali, transdender e crossdresser), in ultima analisi tutte le persone che manifestano nel tempo con diversi tempi di latenza ciò che è presente fin dalla nascita. L’attenzione va posta sul genere in maniera diversa, allontanandosi per chiarezza dai concetti disforia di genere e disordine di genere ormai superati, considerando che l’iter di transizione riguarda solo il piano sociale, in quanto serve a rappresentare al mondo aspetti di sé già molto chiari alla persona transgender. La nascita di una persona transgender sul piano è un evento statisticamente sempre più rilevante per la possibilità più liberale di manifestazione: 1 transgender maschio-femmina su 5.000 vs 1 femmina-maschio su 20.000. A tale manifestazione identititaria sembra corrispondere un correlato anatomico ben preciso a livello cerebrale, con studi di neuroimaging che dimostrano come la regione dell’insula e dello striato abbiano volumi differenti nei soggetti transdender rispetto a quelli cisgender. Le persone transgender mostrano caratteristiche che li assimilano al genere con cui s’identificheranno e possiamo assumere che le differenze cominciano a verificarsi durante la gestazione. L’Insula area localizzata in profondità nel cervello, tra il lobo temporale e il lobo frontale coinvolta in alcuni processi legati all’emotività, alla memorizzazione, all’autoconsapevolezza e percezione di sé, alle funzioni cognitive ed alla conversione dei segnali in sensazioni, sarebbe maggiormente sviluppata nei transgender, mentre lo striato collocato nelle vicinanze, all’interno del cosiddetto prosencefalo coinvolta nei costrutti d’amore, partecipa al processo di condizionamento secondo il quale i soggetti associati alla ricompensa o al piacere hanno valore di per sé (la stessa area associata alla dipendenza da sostanze stupefacenti), sarebbe maggiormente sviluppata nei cisgender. Per Pfaus “L’amore è, di fatto, una dipendenza che nasce dal desiderio sessuale ricompensato”.

Appaiono significative tali differenze strutturali della corteccia insulare transgender/cisgender in quanto l’insula interviene anche nel processo di percezione del proprio corpo e del sè. Accanto a ciò le tecniche di neuroimaging documentano che soggetti transgender maschio-femmina hanno una lateralizzazione del linguaggio con caratteristiche maschili vs i soggetti transgender femmina-maschio che sviluppano caratteristiche femminili, in rapporto all’imprinting ormonale intrauterino. Postulo che il gender, verosimilmente legato ad una componente di sessualizzazione atipica di tipo ormonale, sia una questione fluida e variabile nel tempo, frutto di scelte identitarie modificabili nel tempo in rapporto all’estrinsecazione fenotipica dell’intimo essere nomadi sul piano sessuale in un’ottica di destrutturazione degli stereotipi genderisti e di strutturazione di nuovi modi di essere già presenti in modo distintivo anche se latente nella posizione esistenziale fetale fino all’estrinsecazione, per cui si può dire quasi che si nasce transgender ma si dimostra d’essere tale molto più tardi. A sostegno di ciò sul piano neuropsicologico si assiste nel transgender ad un vero e proprio cambiamento progressivo del modo di pensare sempre più improntato alla circolarità ed al multitasking (caratteristica femminile) con maggiore predisposizione allo svolgimento di più compiti contemporaneamente. Il mio pensiero è che si possa biologicamente appartenere ad un determinato sesso, ma scegliere per sé un diverso genere (sulla base della “percezione di se” e dell’orientamento sessuale), modificabile in qualsiasi momento, in maniera fluida e che ciò debba avvenire nel e con il rispetto del contesto sociale di riferimento. In ultima analisi non esiste alcuna mappa reale per sfuggire l’ottica di sentirsi pellegrini verso una meta sessuale sempre meno precisa, il che riduce quelle che in passato erano le grandi differenze di genere e rispetta la prospettiva d’essere cercatori di sé e di senso che progressivamente sanno dove andare a parare sul piano del rinvenimento della scoperta fondamentale del sé sempre più transazionale che rende capace l’individuo d’ascoltarsi per interagire con le emozioni che lo coinvolgono. Il gender umano è un universo molto complesso, impossibile da ricondurre a una visione rigidamente binaria, per cui sarebbe auspicabile poter addivenire sul piano sociale ad un open-gender in assenza di oppressione riguardo ai comportamenti, alle preferenze, alle identità sessuali e di genere fluide; ai ruoli di genere non predefiniti ed alle nature umane non più rigide ed immodificabili; infine al non necessario cambiamento corporeo per rispondere ad un esigenza di chiarezza esterna sociale ma comunque possibile in rapporto

all’esigenza personale interna di ciascun individuo.

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