EDUCARE ALLA LIBERTA ‘ DI VALTER MARCONE
Redazione- E’ a tutti nota la felice o infelice frase pronunciata si dice all’indomani dell’unità d’Italia da Masssimo D’Azeglio “ Abbiamo fatto l’Italia ora dobbiamo fare gli italiani” . La frase , più caratteristica e celebre del Risorgimento italiano , contiene speranze, sogni e delusioni che caratterizzano il periodo post-unitario. Un tecnico come Mario Monti , dopo oltre un secolo , da presidente del Consiglio dei ministri dichiarò a Time nel 2012 di “ voler cambiare le abitudini degli italiani “ affermando di conseguenza:” la politica ha diseducato per anni gli italiani. Senza un cambiamento le riforme strutturali sarebbero effimere”. Il tutto riferito alle riforme di quel tempo. Chissà che cosa ne pensa Mario Draghi, l’attuale presidente del Consiglio dei ministri che si trova di fronte veramente una mole di riforme da affrontare .
La politica ha diseducato gli italiani che manco a dirlo sono spesso migliori dei loro rappresentanti politici. Perché il popolo è meglio del populismo e via di questo passo nella possibile enumerazione di logiche e fenomeni che spesso sono “contradictio in terminis”. Dal governo Monti sono passati in fondo pochi anni e si parla ancora di riforme, questa volta in modo ancora più stringenti anche se quella volta era per risparmiare e comunque contenere la spesa, questa volta per offrire opportunità di spesa . Si parla ancora di riforme strutturali come se nulla fosse accaduto in questo campo in questi ultimi anni. E probabilmente poco o quasi nulla è avvenuto nel cambiamento strutturale di questo paese almeno in modo programmato,condiviso ma soprattutto deliberatamente condotto. Purtroppo gli avvenimenti hanno spesso sopravanzato la volontà per cui ci si è trovati a dover rincorrere cambiamenti con difficoltà nel gestirli perché determinati da urgenze ed emergenze impreviste. Prova ne è per esempio la pandemia da Covid 19. Ma anche le crisi internazionali, il coinvolgimento nelle problematiche cui bisogna già da ora fare fronte come le mutazioni climatiche . Insomma un paese fragile in cui i comportamenti e le abitudini degli italiani contano, malgrado quello che ne possiamo dire.
Contano tanto che occorre pensare ad un progetto educativo in cui i temi relativi alla libertà, all’esercizio delle libertà, alla difesa della libertà, alla percezione della libertà, alla ricerca e qualità della libertà, abbiano grande spazio. Tra questi certamente quella della libertà dei singoli e la tutela della collettività assume un particolare rilievo e merita una più viva attenzione perché pone una domanda fondamentale : “ dove si colloca il confine tra la libertà dei singoli e l’autotutela della collettività?
La libertà. Il primato dell’io o il primato del noi? “In un celebre discorso tenuto nel 1819, il filosofo liberale francese Benjamin Constant tracciava un paragone critico fra la libertà degli antichi e quella dei moderni, che si concludeva a tutto vantaggio della seconda. Il vero obiettivo polemico di Constant erano i teorici comunitaristici che secondo lui avevano ispirato molti degli eccessi rivoluzionari, da Rousseau all’abate Mably.(…) In che cosa consisteva, invece, la libertà del cittadino antico? In primo luogo, scriveva correttamente Constant, «nell’esercitare collettivamente ma direttamente molte funzioni dell’intera sovranità», nel decidere in assemblea sulla pace e la guerra, sulle leggi, sui processi. Insomma, la libertà degli antichi, al contrario di quella dei moderni, «si fondava sulla partecipazione attiva e costante al potere collettivo». In compenso, l’individuo, sovrano negli affari pubblici, era schiavo della comunità in tutti i suoi rapporti privati; come privato, era «limitato, osservato, represso» dalla volontà discrezionale dell’insieme di cui faceva parte. Insomma, concludeva il filosofo, la libertà degli antichi, vagheggiata dai moderni rivoluzionari, «vuole che i cittadini siano completamente assoggettati perché la nazione sia sovrana, e che l’individuo sia schiavo, perché il popolo sia libero». Fin qui dunque la sintesi di Constant, efficace, anche se non scevra da esagerazioni, nel delineare inmodo oppositivo i caratteri della libertà propria del cittadino antico. (1)
Il quesito dibattuto per secoli è fondamentale per l’esercizio appunto delle libertà nella convivenza civile. Marco Tullio Cicerone sintetizza questo problema in una frase lapidaria : “ Legum servi sumus ut liberi esse possimus .” Siamo servi delle leggi per poter essere liberi. Tanto che ancora più efficace è l’antica quanto sintetica massima giuridica dei latini che noi chiamiamo “ brocardi o broccardi” che afferma :2 Sub lege Libertas, Dura lex sed lex” .Nella legge c’è libertà anche se la legge è quella che è . Spesso “dura” e oltre le nostre aspettative.
Non voglio fare una trattazione giuridica sulla “legge” ma l’esempio mi serve per arrivare nel caso di specie della rivendicazione delle libertà in tema sanitario per quello che attiene alle disposizioni per combattere la pandemia da Sars Co2 che all’art. 32 della Costituzione stabilisce che la salute è un “ diritto dell’individuo” ma anche un “ interesse della collettività”. Che è come dire : ecco come si “baratta” la libertà personale per tener conto del bene della collettività a cui tra l’altro uno appartiene. Purtroppo la purezza del discorso dell’appartenenza è stato sporcato da distorsioni che appunto fondano le loro ragioni solo sull’etimologia della parola: appartenenza = di parte senza tener conto che appartenenza significa molte altre cose messe assieme tra cui principalmente quello di “ riconoscersi” in un gruppo. In un contesto.
Ma torno al discorso iniziale che è quello di “ educare alla libertà”.
Certo scrive Bertrand Russel : ““Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi.
Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Siate il peso che inclina il piano. Siate sempre in disaccordo perché il dissenso è un’arma.
Siate sempre informati e non chiudetevi alla conoscenza perché anche il sapere è un’arma.
Forse non cambierete il mondo, ma avrete contribuito a inclinare il piano nella vostra direzione e avrete reso la vostra vita degna di essere raccontata. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai”.Un modo di intendere la libertà alla pari con altre idee avanzate nel tempo. Penso che uno dei lavori più importanti che in questo senso ci sono stati lasciati è il “ Saggio sulla libertà” ( On Liberty) di John Stuart Mill ( 1806-1873) che è un vero e proprio proclama didattico della convivenza in una società civile di matrice liberale. Stuart Mill alla pari con la chiarezza e la concisione latina dice in sostanza: “ L’unica libertà che merita questo uomo è quella di ricercare il proprio bene a proprio modo nella misura in cui nin si cerchi di privare altri o di ostacolare altri per ottenerla”.
Appunto “nella misura “. E allora il problema è quello della misura. Dice Martin Luther King. ““La tua libertà finisce dove inizia quella degli altri” Qualcuno, erroneamente, pensa che essere liberi significa poter fare quello che si vuole in ogni occasione, incondizionatamente. Non è così. In realtà la frase di Martin Luther King non ha un significato ben definito poichè nessuno può dire dove finisce la mia libertà e dove inizia quella dell’altro: tutte le volte che c’è conflitto le libertà si scontrano ed inevitabilmente una prevale sull’altra.
Ecco perché occorre educare alla libertà. Che è in realtà un modo di misurare le distanze e di mettere in fila confini .Parlo di confine e non di frontiera. Perché la libertà individuale ha un confine, è sacra fino a quando non danneggia la libertà altrui. Per cui educare alla libertà significa anche educare alla responsabilità. Responsabilità vuol dire che l’indifferenza sulle conseguenze è il male peggiore e il punto più basso di un comportamento. Indifferenza che non è da scambiare con tolleranza.
E proprio sulla tolleranza dobbiamo ricordare il pensiero di Voltaire e di Locke. Voltaire: «Odio quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di dirlo».Locke: «Nessuno può dirsi Cristiano se impone ad altri la sua religione con la forza e la violenza». Due monumenti appunto ad una virtù, la tolleranza, chiamiamola così che “La tolleranza è definita come scrive Ciro De Angelis in “ Voltaire, Locke, tolleranza, Settecento, Illuminismo2 sul sito Storico.org la «capacità fisica o spirituale di sopportare, il permettere o l’accettare idee e atteggiamenti diversi dai propri, il dimostrare comprensione o indulgenza per gli errori o difetti altrui… anche quando li si disapprovi». Nei secoli passati l’intolleranza religiosa ha portato a guerre, inquisizioni e Crociate; purtroppo anche il XX secolo ha visto innumerevoli orrori dovuti all’intolleranza. Ma, che cos’è la tolleranza, e come nasce? Il concetto di tolleranza nasce in Europa, ma gli Europei non ne sono stati affatto «buoni esportatori» nei confronti delle culture degli altri continenti con cui sono venuti a contatto nel corso dei secoli. I principi di tolleranza, già presenti nell’età classica greco-romana, vengono sviluppati, approfonditi e diffusi da due tra i più grandi filosofi dell’era moderna,appunto : Locke e Voltaire.”
La Lettera sulla tolleranza di Locke è ,prosegue Ciro De Angelis ,un documento di aperta condanna della politica del Re e della Chiesa d’Inghilterra, dove, lasciando trapelare un’amara ironia, Locke afferma di trovare strano che gli uomini debbano essere costretti col ferro e col fuoco a professare certe credenze. Egli afferma: «La vera religione non è stata fondata per fare sfoggio di pompa esteriore, né per istituire un potere ecclesiastico e nemmeno per esercitare una forza coercitiva, bensì per disciplinare la vita umana secondo i precetti della virtù e della pietà… Ora, io mi appello alla coscienza di coloro che col pretesto della religione perseguitano, straziano e uccidono altri uomini e mi chiedo se veramente agiscono verso di essi per spirito di amicizia e con benevolenza».
Mentre il Trattato sulla tolleranza di Voltaire pubblicato nel 1763, in seguito ad un fatto di cronaca: l’ingiusta condanna a morte di un protestante, decisa dai giudici di Tolosa sotto lo stimolo di un cieco fanatismo religioso. Esposto il caso, Voltaire mostra con serrate argomentazioni le contraddizioni fra il Cristianesimo insegnato da Gesù e l’atteggiamento di intolleranza, di molti Cristiani; mette anche in evidenza il carattere razionale della scelta a favore della tolleranza.
Dunque secondo Voltaire : “«…Questo piccolo globo, che non è che un punto, ruota nello spazio, come tanti altri globi; noi siamo sperduti in tanta immensità. L’uomo, alto circa cinque piedi, è certamente poca cosa nella creazione. Uno di questi impercettibili dice a qualcuno dei suoi vicini, nell’Arabia o sulla terra dei Cafri: “Ascoltatemi, perché il Dio di tutti questi mondi mi ha illuminato! Ci sono novecento milioni di piccole formiche come noi sulla Terra, ma non c’è che il mio formicaio ad essere caro a Dio; tutti gli altri Egli li ha in orrore fin dall’Eternità; solo il mio formicaio sarà beato, tutti gli altri saranno dannati in eterno!”. I miei interlocutori allora mi catturerebbero e mi domanderebbero chi è il folle che ha affermato questa stupidaggine. Sarei costretto a rispondere: voi stessi. Cercherei in seguito di placarli, ma sarebbe troppo difficile…»
E dunque allora educare alla libertà significa educare a capire la dimensione, la misura del proprio piccolo formicaio che per quanto importante possa essere per ciascuna formica che lo abita è uno dei tanti formicai del globo terrestre.
Educare alla libertà fa venire in mente un altro pensatore John Dewey e la necessità di rileggere la sua opera “Democracy and Education” nell’ottica di una relazione che va oltre il rapporto educazione-democrazia.
Come pure sempre in tema di educazione alla libertà si potrebbe rileggere un libro che contiene un colloquio dialogo tra Gherardo Colombo e Elena Passerini. Da anni Gherardo Colombo, ex magistrato di Mani pulite, ha scelto di incontrare i giovani italiani per educarli alla “società orizzontale”, basata sulla pari dignità di tutti i cittadini, che trova nella Costituzione italiana un’autorevole e moderna espressione.
Con altre persone interessate all’educazione dei giovani ha fondato una Associazione culturale SulleRegole. Una di queste è Elena Passerini, ex insegnate di storia e filosofia al liceo, esperta di educazione socio-affettiva, che ha collaborato con Daniele Novara, pedagogo ed esperto di nonviolenza.
Il libro è un dialogo tra i due autori sulla funzione delle regole nella convivenza civile e su come educare a una società in cui la dignità personale di ciascuno sia effettivamente promossa e realizzata.
Una forma originale di affrontare temi serissimi, soprattutto in Italia, dove l’educazione alle regole è spesso fraintesa come limitazione della libertà, mentre gli autori sono convinti che senza regole non viviamo e che solo se abbiamo un concetto sano di regole queste possono aiutarci a costruire effettivamente una società orizzontale. (2)
La prima parte del libro è una riflessione di Elena Passerini su “Il potere dei genitori” e sviluppa una proposta positiva di come pensare le regole, non come divieti – come siamo educati a concepirle –, ma come regolatrici e costruttrici del convivere sociale.
La seconda parte è un dialogo serrato tra i due autori su “Educare cittadini responsabili e attivi” che approfondisce l’educazione alla libertà, aiuta a comprendere le differenze tra comandi e regole, tra sanzioni e punizioni, la questione del che fare con chi trasgredisce alle regole, la questione non banale del perdono civile.
Sulla prassi educativa convenzionale, non la cultura come mezzo della democrazia, bensì come mezzo per il raggiungimento della libertà e della democrazia bisognerebbe rileggere anche Il pensiero pedagogico di Paulo Freire, spesso definito un Rousseau del XX secolo, si rifà nei suoi contenuti alla teologia della liberazione. Alcuni dei pilastri di questa nuova teoria teologica, nata proprio in Sudamerica, sono alla base dell’operato teorico e pratico del pedagogista brasiliano, nato accademicamente con delle concezioni di stampo marxista gramsciano associate al cristianesimo.La sua opera sul campo si destina proprio alla classe operaia brasiliana, povera e analfabeta che, grazieal metodo educativo applicato dal Freire, riesce a riconquistare i propri diritti. (3)
Cos’è, quindi, la libertà e che rapporto ha con l’azione educativa? La libertà è un bene innato che l’educazione tenta di ridurre nella sua funzione di promozione dell’adattamento , oppure è un bene che cresce con l’educazione.?
E’ un bene che cresce con l’educazione dalla quale viene irrobustita perché,come scrive Franca Zuccoli anche se : “Il movimento costante tra i due poli educazione e libertà è stato un moto che ha caratterizzato nei secoli il dibattito pedagogico e didattico di tantissimi autori” questo non è proprio un dilemma. Perché “ . Alcuni pedagogisti si sono mostrati decisamente schierati a favore di un indottrinamento che garantisse la corretta crescita delle nuove generazioni, entro precisi binari, altri invece, si sono rivelati propensi a permettere che la natura personale e sociale di ogni essere umano potesse emergere e che la stessa educazione, intesa con caratteri completamente differenti dai primi pedagogisti menzionati, favorisse questo sbocciare e manifestarsi. Interrogarsi oggi su queste due polarità è un passo ancora imprescindibile, a volte tralasciato da altre necessità che sembrano più attuali e irrinunciabili. Invece è proprio questo pensiero che garantisce di domandarsi quale idea di bambino abbiamo oltre a quale idea di società odierna e futura riteniamo che le varie proposte possano permettere di realizzare. “ (4)
E dal mondo dell’infanzia che occorre dunque partire per avviare quel progetto educativo alla libertà a cui concorrono anche e soprattutto aspetti fondamentali dell’educazione come l’autoritarismo, la permissività, la maleducazione, il ruolo della madre e degli educatori, la famiglia e la scuola, accanto ad argomenti come la violenza, la censura e molti altri temi e problemi della vita quotidiana. Per giungere alla realizzazione di un individuo che della libertà riesca a fare un bene non solo individuale ma dell’intera comunità.
(1 ) https://www.casadellacultura.it/pdf/10_12_14-liberta-mariovegetti.pdf
( 2) https://www.benecomune.net/rivista/rubriche/opere/colombo-e-passerini-educare-alla-liberta/
( 3) Circa la potenziale forza attualizzante del ‘metodo educativo Freire’, del resto presentata fin da subito da F. Weffort nell’introduzione di L’educazione come pratica della libertà (Freire 1967/1975), e via via riconosciuta dai vari pedagogisti degli ultimi anni1, così ha dichiarato la vedova Freire, Ana Maria Araújo, pochi anni dopo la morte dell’autore: “l’opera e il pensiero critico, etico, politico ed educativo di Freire, si stanno diffondendo e radicando in tutte le parti del mondo: dall’America latina all’Oriente,dall’Europa dell’est a quella occidentale, si stanno pubblicando e diffondendo velocemente, in contrasto con le logiche dell’economia capitalista globalizzata, malgrado i tentativi di negazione di alcuni autori neoliberisti.
I suoi scritti, radicati in un umanesimo profondo e autentico, si contrappongono alla nuova versione dell’imperialismo capitalista, sempre più perverso ed escludente, impoverendo popoli, città e nazioni e negando l’umanizzazione dell’esistenza. Sono incontestabili, in questi primi anni del XXI secolo, l’attualità e la rilevanza del pensiero di Paulo Freire, anche se molti pensatori post-moderni hanno cercato di negarlo. Il problema della liberazione degli oppressi è tuttora valido, considerando la prepotenza degli intellettuali a servizio dei padroni del mondo, che cercano di massificare e dominare popoli e nazioni appartenenti ai vari continenti, annullando culture millenarie e sfruttando attraverso guerre preventive le ricchezze altrui
[…]. Per far fronte a queste ideologie e pratiche autoritarie servono altri approcci e politiche sociali, locali e planetarie, basati sulla teoria umanizzante e liberatrice ideata da Freire. In questo senso il suo pensiero è attuale, rilevante.Necessario” (Freire, 2008, pp. 7-8).
(4 ) https://www.roots-routes.org/educazione-e-liberta-che-senso-ha-oggi-porsi-questa-domanda-di-chiara-zuccoli/