” DONNE DEL MEDIOEVO: INTELLETTUALI, RELIGIOSE, SANTE, MEDICHESSE, PRINCIPESSE, REGINE ” – PROF.SSA GABRIELLA TORITTO
Redazione- Molte furono le donne che nel passato esercitarono direttamente il loro potere da grandi legittime regnanti. Si pensi a Elisabetta Tudor in Inghilterra, Caterina II in Russia, Maria Teresa in Austria, Vittoria di Hannover e al lungo regno sull’Inghilterra e sul suo impero coloniale, Elisabetta II Windsor, la quale ha impresso il suo prestigio e la sua personalità durante un regno di ben 70 anni, attraversando due secoli di storia anche nel mondo globalizzato. Vi furono tuttavia donne che esercitarono il loro potere e la loro regalità non di diritto ma di fatto, sebbene in modo apparentemente subalterno ai loro coniugi o ad altri familiari.
La donna è sempre stata avversata nel tempo; in particolare nel Medioevo la misoginia fu alla base dell’orientamento di molti pensatori. La donna fece paura a molti uomini anche della Chiesa poiché considerata creatura misteriosa e sconosciuta di cui diffidare. Fu disprezzata e osteggiata da diversi esponenti dell’organizzazione ecclesiastica, sebbene vi fossero Santi, prelati, insigni uomini della Chiesa che della donna promossero la dignità e l’intelligenza. Se tante pagine dell’Antico Testamento elogiarono la donna per gli atti di eroismo in cui ella si distinse, alcuni Testi, anche Sacri, descrissero le donne come oziose, lunatiche, litigiose, vendicative, frivole, vanitose, pettegole e malevoli.
Vi furono tempi in cui le donne furono addirittura accusate di stregoneria. Nell’antichità giudaica il fatto stesso che in Genesi la donna fosse stata descritta come creata dalla costola dell’uomo, autorizzò ad ipotizzare in merito al ruolo secondario assegnatole dal Creatore. Ne conseguì che i suoi compiti furono subordinati a quelli maschili.
Fu Gesù di Nazareth a restituire un ruolo di primo piano alla donna nella Storia, attraverso sua madre Maria. Anche altre donne come Maria di Magdala, Marta, furono importanti nella vita del Nazareno. Furono esse a vegliare sulla tomba fino all’alba del giorno dopo ed ad accorgersi che il corpo di Cristo non era più nel sepolcro in cui era stato deposto alcune ore prima.
Nel passato alla donna fu riconosciuto il compito di procreare e accudire la famiglia: cose non di poco conto. Secondo Filone d’Alessandria, filosofo greco, molto noto nel Medioevo, l’uomo rappresentava la “mente”, la donna la “sensibilità”. L’intelligenza e la sensibilità, Adamo ed Eva, però erano e restano vincolati da una rapporto di complementarità: ovvero l’uno non può esistere senza l’altro.
Nel XI secolo si levarono autorevoli voci in difesa della donna: San Bernardo da Chiaravalle e Ildegarda di Bingen. Essi riconobbero a Maria, dunque alla donna, piena dignità, per nulla inferiore all’uomo, tanto da stimare la madre di Gesù “vas spirituale”, simbolo della Chiesa.
Nel Medioevo vi furono molte religiose, che raggiunsero elevati livelli di preparazione spirituale e culturale. La Chiesa di Roma fece largo affidamento su di loro sia per i compiti di assistenza, sia per la diffusione della dottrina, sia per l’educazione, sia per l’incremento delle vocazioni.
Esse non furono relegate all’interno dei loro monasteri ma mantennero contatti con il consorzio umano.
Nelle primitive comunità cristiane le donne svolsero ruoli importanti e furono circondate da grande considerazione. Vi erano le diacone, così come nell’antichità esistevano le sacerdotesse oltre che i sacerdoti. Certe espressioni e tendenze di antifemminismo, riscontrate nel corso dei secoli negli ambienti cristiani, forse furono il risultato del retaggio del giudaismo tardivo che dall’ambiente ellenistico si diffuse in tutto il Mediterraneo fino ai secoli successivi.
Nel Medioevo, oltre alle religiose, esistettero le intellettuali, donne che nutrirono passione per gli studi, per la scrittura, per le arti, e che furono molto più numerose di quanto si possa pensare. Recenti studi hanno evidenziato come laiche ed ecclesiastiche spesso frequentassero le stesse scuole aperte agli uomini. È fuori dubbio che nel Medioevo fosse molto più facile per una religiosa, piuttosto che per una laica, acquisire l’istruzione. Comunque nelle scuole monastiche ogni ragazza imparò a leggere e a scrivere. Studiò passi scelti dalle Sacre Scritture, i Padri della Chiesa, le vite dei Santi e la regola del proprio Ordine monastico.
Agli alunni vennero impartite anche lezioni di calligrafia e di miniatura per impiegare poi le competenze acquisite negli scriptoria ecclesiastici oppure nelle botteghe degli artisti, come pittori e cesellatori. Vi fu anche un discreto numero di scuole cittadine dove presero lezioni maschi e femmine insieme. Come ricorda Giovanni Villani, intorno alla metà del 1300, a Firenze, furono istituite classi miste.
Per le nobili donne fu molto più facile acquisire una certa cultura in quanto per loro le lezioni erano impartite a casa. Impararono la scrittura e anche vari elementi dell’abaco. Si accostarono al Trivium (tre arti liberali: grammatica, retorica, dialettica) in latino, alla musica, all’aritmetica, e ai primi elementi di assistenza medica, allora molto importanti. Le alunne furono numerose così come le insegnanti. Ad esempio Parigi ne ospitò un buon numero; alcune operarono nei conventi e nei monasteri; divennero bibliotecarie o scribe e svolsero la loro attività negli scriptoria dove copiarono scritti di altri autori o prodotti dalla loro penna. Sappiamo anche che alcune intrapresero la professione notarile, altre quella medica. In particolare furono levatrici e ginecologhe. Vi furono persino donne che si occuparono di pittura, di scultura e di miniatura. Collaborarono o con il proprio padre, o con il marito, o con un fratello. Non fu neppure raro che lavorassero in proprio, specie per quanto riguardò la copiatura dei libri e dei codici.
Il Medioevo fu costellato dalla presenza di artiste, di letterate e pensatrici. Ricordiamo in particolare Christine de Pizan, unico caso di donna che ottenne un certo rendimento, praticando la professione di scrittrice, tanto che la sua produzione letteraria divenne fonte di remunerazione e fu elogiata da più di un componente della Corte reale parigina per le sue capacità. Dunque non furono rare le donne che scrissero e che svolsero con continuità la professione di intellettuali. Oltre a Christine de Pizan, si affermarono fra le altre Rosvita di Gandersheim e Ildegarda di Brigen. Vi furono donne che si occuparono di oreficeria, che esercitarono il mestiere di profumiere e quello non meno redditizio di calzolaie. Altre svolsero professioni che richiedevano impegno e conoscenze tecniche e scientifiche. Vi furono le panettiere e le pasticcere. Ognuna di loro mise in luce le proprie abilità e competenze.
Verso la fine del Medioevo le donne acquisirono margini più o meno ampi di azione, conseguirono affermazione, divennero voci autorevoli. Ciò fece crescere negli uomini il desiderio di bloccare la loro espansione, soprattutto quando a divenire note furono le laiche. Fu allora che gli uomini iniziarono ad ostacolare in ogni modo il cammino delle donne, insidiando la loro affermazione e le loro espressioni culturali. Sicché le donne furono costrette molto spesso a rifugiarsi nell’ambito della vita claustrale per avere la possibilità di continuare ad esercitare la propria attività. Nel dodicesimo secolo la situazione sociale e storica consentì alla donna di emergere pur continuando a manifestare la sua umiltà e debolezza. Le donne raggiunsero posizioni di preminenza e di potere.
La nascita del Dolce Stil Novo, Dante con la sua Beatrice “venuta dal ciel in terra a miracol mostrare” … “tanto gentile e tanto onesta pare …” , Petrarca con Laura “uno spirito celeste, un vivo sol fu quel ch’i’ vidi”, Boccaccio videro situazioni di inserimento della donna nella società civile. Del resto alla maggioranza degli uomini fu negata qualche possibilità di emergere e tutta la societas christiana di ogni grado e condizione economica fu costretta a vivere in modo modesto se non addirittura misero.
La maggior parte delle famiglie del tempo visse nella più completa indigenza, del tutto priva di quei sussidi che oggi vengono comunemente chiamati ‘ammortizzatori sociali’. Con l’avvicinarsi dell’Età Moderna si intravidero trasformazioni che non sempre furono positive, né migliorarono la vita dell’umanità. E’ quanto avvenuto ad esempio per la “questione ebraica”, sviluppatasi nel secondo millennio, a ridosso della prima crociata, volta ad isolare, ad emarginare e a perseguitare le comunità giudaiche ma possiamo dire che è accaduto lo stesso per la “questione femminile”.
Dal 1400 in poi la situazione cambiò, addirittura peggiorò. Si venne a creare una contrapposizione uomo-donna, in cui l’uomo cominciò a vietare alla sua compagna in maniera sempre più convinta la possibilità di inserirsi nel pieno della vita attiva e nella soluzione dei più significativi problemi del tempo. Il 1400 è il tempo di aperto contrasto fra l’uomo e la donna che studiava, che scriveva e che diffondeva i risultati della sua ricerca. Nei secoli successivi spettò agli uomini il compito di diffondere le conclusioni del sapere, vietato alla donna la quale, in quanto intellettuale, fu condannata e respinta in una sorta di ghetto esclusivo ed umiliante (v. Isotta di Nogarola).
Possiamo pertanto affermare che la questione femminile nacque nell’ultimo periodo del Medioevo per arrivare fino all’Età Moderna, dando luogo alla nascita di tensioni più o meno latenti. Nel Medioevo le donne non sempre ebbero una posizione subalterna rispetto all’uomo. Vi furono donne che si distinsero per alto intelletto e per grande cultura. Fra loro ne ricordiamo alcune.
Trotula, importante e stimatissimo medico nell’Età di Mezzo. Nacque a Salerno dalla nobile famiglia dei De Ruggiero. Sposò Giovanni Plateario il Vecchio (anch’egli medico e magister nella prestigiosa scuola medica salernitana) da cui ebbe due figli: Giovanni, detto il giovane, e Marco, a loro volta entrambi maestri nell’importantissima scuola medica di Salerno nell’anno Mille. In Historia ecclesiastica, dell’autore anglo-normanno Orderico Vitale si legge che il nobile normanno Rodolfo Malacorona, studioso di storia della medicina, giunto a Salerno nella seconda metà del XI secolo, non trovò in quell’università nessuno capace di competere con lui in medicinali arte se non che una sapientem matronam: Trotula, appunto. Trotula fu la prima ginecologa della storia. Diede impulso alla nascita della medicina di genere. Nei suoi scritti dimostrò sensibilità e rivoluzione. Desiderò risolvere “imbarazzanti” problemi femminili e maschili. Alcuni storici hanno dubitato dell’esistenza di tale donna, nonostante si sapesse fin dal XII secolo che in quella celebre Repubblica Marinara vissero dotte e valenti mulieres salernitanae, esperte nella medicina e nella cosmesi. Le due arti erano allora esercitate insieme. Fra le dotte e valenti donne vi fu Trotula, personaggio non fantastico ma realmente vissuto e di grande preparazione. Lo storico De Renzo, che nella seconda metà del XIX secolo ha valorizzato la scuola medica salernitana, attribuì a Trotula una serie di particolari. Sarebbe stata una donna eccezionalmente dotta ma fu pure di non comune avvenenza. Si narra che nel 1097, durante il suo funerale, fu accompagnata da un corteo snodatosi per oltre tre chilometri nella città natale. Due furono le sue opere: De ornatu mulierum, che verteva su trucco e belletti e conosciuto come Trotula minor, e De passionibus mulierum ante, in, et post partum, noto anche come Trotula maior.
Si ricorda Mathilde di Toscana, Gran Contessa, meglio conosciuta come Matilde di Canossa, fu la donna che più di tutte, ancor più degli uomini, difese il Papato nella lotta contro l’Impero. Fu l’ultima esponente della vecchia casata degli Attonidi che dal 1000 in poi incorporò in un unico soggetto politico le marche lombardo-emiliane e la Toscana, o meglio la Tuscia. Matilde nacque presumibilmente nel marzo del 1046 da Bonifacio III degli Attonidi, potente membro della dinastia degli Attonidi, e da Beatrice, duchessa di Lorena.
Eleonora di Aquitania fu un’importante regina dell’Età di Mezzo. Visse fra il 1122 e il 1204, contrastata da San Bernardo di Chiaravalle, il quale non ne approvava la condotta, spesso spregiudicata. Ebbe una vita sensazionale. Nell’aprile del 1137 era appena quattordicenne e viveva nel grande castello di Bordeaux, quando una mattina, mentre era intenta a filare la lana, le si presentò l’arcivescovo di Bordeaux per informarla dell’improvvisa perdita del padre, il potente duca di Aquitania, nonché Conte di Poitiers, Guglielmo X, morto nel corso di un pellegrinaggio a San Giacomo di Campostela.
Ildelgarda di Bingen, nacque a Bermersheim, in Renania, nel 1098 da una nobile famiglia. Come accadeva nelle casate altolocate e numerose di quel tempo, le fu imposto di divenire monaca. Fu affidata alla contessa Jutta di Sponheim, badessa di un centro di clausura femminile, dove Ildegarda fu avviata alla vita monastica. Fu messaggera di visioni profetiche, tanto da essere chiamata “la Sibilla del Reno”. Usando un’espressione dantesca, fu “di spirito profetico dotata”, al pari di Gioacchino da Fiore. Nei suoi scritti raccontò che fin dalla prima infanzia vide “cose straordinarie che la lingua non riesce ad esprimere”.
Chiara di Favarone degli Offreducci: altra personalità femminile che in Età Medievale conquistò un’autorità e una notorietà prodigiose. Chiara visse la propria esistenza fra le mura di San Damiano. Seppe conquistarsi una gloria, oltre che terrena, eterna, destinata a vincere il silenzio di mille secoli. Di lei, fondatrice dell’Ordine delle Clarisse assieme a Francesco Bernardone, si hanno poche notizie. Quelle più certe riguardano la famiglia e derivano dal processo di canonizzazione successivo alla sua morte.
Altre notizie sono state reperite in una biografia attribuita a Tommaso da Celano.
Nel XIII secolo si distinsero per la loro vita monastica le religiose di Casa Colonna: Margherita, figlia di Ottone di Giordano Colonna e altre donne del casato. Pur essendo ferventi religiose e vivendo nell’ortodossia la vita monastica, mantennero rapporti con il mondo esterno, interessandosi a situazioni e problemi lontani dal loro mondo. Dimostrarono di essere capaci di costituirsi un proprio spazio nelle vicende delle loro famiglie e della città in cui vissero ed operarono.
Christine de Pizan, come Isotta Nogarola, fu una delle più importanti scrittrici di tutta l‘Età Medievale. In Europa è in assoluto riconosciuta come la prima scrittrice professionista e storica laica, precedendo di ben quattro secoli Madame de Staél. Nacque intorno agli anni settanta del XIV sec. ma raccolse i frutti del suo notevole lavoro soprattutto nel secolo successivo. Si spense nel 1430, alcuni decenni prima dell’illustre collega veronese Isotta Nogarola.
Isotta Nogarola, nata nel 1418 e morta nel 1466, aveva una sorella più grande di qualche anno, Ginevra, anch’ella dedita alla cultura, che si ritirò dall’agone letterario quando si sposò. Da quel momento Isotta, indebolita dall’assenza della sorella, fu osteggiata nel modo più vile ed infame da uomini meschini che vollero macchiare la sua onorabilità. Isotta e Ginevra ebbero una madre molto colta, Bianca Borromeo, dedita a curare personalmente l’educazione delle due figlie. Fin dalla più giovane età le due fanciulle Nogarola poterono godere di una condizione invidiabile che fruttò ad entrambe elogi da parte di un’ampia cerchia di intellettuali e di uomini di potere.
Caterina Benincasa da Siena, grande domenicana, è vissuta nel XIV secolo. Ancora oggi le sue opere, dal “Dialogo”, alle oltre 350 “Lettere”, alle “Preghiere” sono oggetto di studi approfonditi. L’Epistolario è opera da cui non si può prescindere, poiché costituisce una testimonianza diretta della vita della Santa, scritto e/o dettato direttamente da lei, dunque autentico nella descrizione di un mondo al femminile, non filtrato dall’interpretazione del genere maschile.
Eleonora d’Arborea fu nell’Età Medioevale fra le donne che si distinsero per spirito di iniziativa, ardimento, capacità politiche e diplomatiche. A lei si deve l’aggiornamento dell’importante Carta de Logu. Si impegnò con tutte le sue forze in difesa della propria terra e della propria famiglia. Eleonora rappresenta ancora oggi un esempio per la Sardegna che non l’ha dimenticata e l’ha resa emblema della fierezza e dell’ardimento di un popolo, quello sardo, che non ha mai rinunciato a difendere i propri diritti e la propria autonomia. Nacque intorno al 1340 e fin dall’infanzia visse ad Oristano, centro di potere della sua famiglia. Il padre, Mariano De Serra Bas, nel 1347 fu nominato giudice di Arborea fino al 1376.
Margherita Lotti da Cascia, collegata agli Agostiniani, fu una mistica del quindicesimo secolo, originaria di Roccaporena, nell’Umbria settentrionale.
Nacque fra il 1380-1381. Morì sempre a Cascia nel 1457, il 22 maggio, giorno in cui ancora oggi si festeggia il suo nome. I suoi genitori, Antonio Lotti e Amata Ferri, le trasmisero il profondo senso religioso da cui fu animata e che la condussero alla santità. Fin da ragazza Rita avvertì il desiderio di consacrarsi a Dio e di entrare nell’Ordine agostiniano ma obbedì ai genitori, che secondo le consuetudini del tempo la vollero sposa e madre, dandola in moglie a Ferdinando, uomo dal carattere collerico ed inquieto.
Giovanna d’Arco visse nel XV secolo quando la Francia attraversò uno dei momenti più difficili della sua storia. Giovane donna, ingenua ed inerme di fronte alle crudeltà e all’indifferenza di una società, in cui purtroppo il genere femminile non riusciva praticamente a trovare aiuti e sostegni di sorta, rifulse per il coraggio. Chiamata anche la “pucelle”, Giovanna nacque il 6 gennaio 1412 a Domremy, nel Barrois francese, ai confini con la Lorena.
Lucrezia Tornabuoni, figlia di Francesco dei Tornaquinci, assunse grande importanza sia per la famiglia sia per la storia della città di Firenze. Sposò Piero di Cosimo de’ Medici. Fu madre di Lorenzo il Magnifico e di Giuliano, ucciso a 25 anni nella Congiura dei Pazzi. Fu ascoltata e stimata consigliera non solo dal coniuge Piero quanto anche dai notabili del tempo, che si rivolgevano a lei per “sollecitare” richieste al marito.
Clarice Orsini fu nipote del potente cardinale Latino Orsini. Fu moglie di Lorenzo il Magnifico, prescelta dalla di lui madre, Lucrezia Tornabuoni. Appartenne a una delle più prestigiose casate dell’Urbe, dal plurisecolare ed intaccabile retaggio. Da Roma, dove era cresciuta e vissuta, Clarice andò in moglie a Lorenzo in Firenze, importante città culturale, economica e politica, culla dell’Umanesimo e del Rinascimento, grazie alla famiglia de’ Medici di cui entrò a fare parte. Il matrimonio fra Clarice e Lorenzo sancì per i Medici la “conquista” della Città Eterna e della Chiesa e per gli Orsini il conseguimento di una liquidità finanziaria che potenziò i loro interessi all’interno della Curia romana.
Simonetta Cattaneo nacque a Genova nel 1443, ossia nello stesso anno in cui nacque Giuliano de’ Medici. Appartenne ad una delle più prestigiose famiglie della città. Era imparentata anche con Iacopo III di Appiano, signore di Piombino. Suo padre, Gaspare Cattaneo, la diede in sposa, ancora quindicenne, al nobile coetaneo fiorentino Marco Vespucci, marchese, cugino del ben più noto Amerigo. L’”apparizione” della bellissima Simonetta Cattaneo in Firenze destò stupore, tanto da essere soprannominata “a san par”: bella “senza pari”. Si disse fosse la “più bella” e fu notata da entrambi i fratelli de’ Medici: sia da Lorenzo, il quale le dedicò il sonetto “O chiara stella”, sia da Giuliano, che se ne innamorò. Botticelli, di cui Simonetta divenne “Musa” ispiratrice, ne rimase infatuato. Il pittore la ritrasse più volte e la immortalò in “La Nascita di Venere”, grande tela commissionata da Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, cugino del Magnifico, ritrovata dal Vasari nella villa medicea a Castello.
Lucrezia Borgia fu figlia di papa Alessandro VI, nonché sorella del terribile Cesare, detto il Valentino per le origini valenciane, vera personificazione del Male e figlio illegittimo del pontefice. Fu anche una delle donne più discusse dell‘Età Medioevale. Molti studiosi l’hanno ritratta nei modi più controversi. Vi fu chi la accusò di dissolutezza assoluta e chi, come Ferdinando Gregorovius, storico e medievista tedesco del diciannovesimo secolo, che la descrisse vittima di avvenimenti storici e personaggi inarrestabili e spietati. Il suocero Ercole d’Este la stimò come “Pallade per la morigeratezza dei costumi”. Impietosi furono con lei Francesco Guicciardini, Giovanni Pontano, Jacopo Sannazzaro, che la infangarono e le attribuirono responsabilità che non ebbe. Lucrezia non fu mai in grado di compiere scelte autonome poiché era giovanissima, anzi ancora bambina, quando fu “data in pasto” dal padre ad improbabili mariti.
La papessa Giovanna (Liv Ullmann) nel film di Michael Anderson – 1972. Nel 2009 su di lei è stato girato un altro film, diretto da Sönke Wortmann e tratto dall’omonimo romanzo di Donna Woolfolk Cross. Trattare della papessa Giovanna è un po’ difficile. Innanzi tutto non può essere ascritta né fra le intellettuali, né fra le religiose, tanto meno fra le sante. Vi sono dubbi sulla sua effettiva esistenza, dato che mancano molti elementi documentali per attestarla, fatta eccezione di alcuni Chronicon, che la menzionano. Il primo a testimoniare lo scandaloso evento fu Mariano Scoto, morto nel 1086, il quale nel suo Chronicon citò la papessa Giovanna, eletta dopo la morte di papa Leone IV, creduta pontefice per due anni, cinque mesi e quattro giorni. La testimonianza di Scoto probabilmente dipese dalla sua volontà di riportare tutto ciò fin ad allora tramandato ma avere riferito quella notizia finì con l’avvalorarla. Il domenicano Giovanni di Mailly, in Chronica universalis scritta nel 1225, riportò la stessa notizia senza riferimenti cronologici esatti, precisando di tramandare dati relativi ad un certo papa, anzi papessa, di grande preparazione e l’apprezzabile ingegno, che, una volta divenuto pontefice, partorì un fanciullo. Chronicon del cardinale Martino di Troppau, detto Polono, ne parla. “De casibus virorum illustrium” e “De claris mulieribus” di Giovanni Boccaccio riprendono il racconto in lingua latina. “Chronica della vita dei Pontefici” di Francesco Petrarca descrive con poche parole il viaggio di Giovanni d’Anglia a Roma. Colui che “in tanta fame salse” da conseguire “il supremo honore” del soglio pontificio di cui non era assolutamente degno, “la qual cosa poi si scoperse”. Le “Vitae”, come i Chronicon, ‘ispirarono’ la raccolta detta dei “Centuriatori di Magdeburgo”, dove furono peraltro illustrati momenti della torbida vicenda della “papissa Giovanna” e con cui gli autori scismatici, luterani e riformati, intesero colpire la Chiesa di Roma e la sua pornocrazia.
F.to Gabriella Toritto
FONTI:
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R. DELLA TORRE, I Medici. Vita e vicende familiari, Firenze, Lucio Pugliese, 1980
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C. D’ONOGRIO, La papessa Giovanna, Roma e papato tra Storia e Leggenda, Romana Società Editrice, Roma, 1979
R. GRYSON, Il ministero della donna nella Chiesa antica, Città Nuova
G.M. MONTI, Il Mezzogiorno d’Italia nel Medioevo, Bari, 1930
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M. OLDONI, La scuola medica di Salerno nella cultura europea tra IX e XIII secolo, in “Quaderni medievali”, 23, 1987
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