Ultime Notizie

“I MITI” DI BERNARDINO DELL’AGUZZO

0

                                                 Alienazione delle nostre individualità

Redazione-Che l’era moderna, quella tanto frenetica che stiamo vivendo, portasse, ineludibilmente, una rivoluzione socio-culturale, una conversione nell’attività lavorativa, un allineamento comportamentale e nei costumi nella vita dell’uomo, era prevedibile, ma che questi arrivasse a delegare ad altri, in buona parte o del tutto, ogni sua più recondita proiezione, finanche le sue ideologie, questo mi sembra davvero troppo e, pericolosamente, irreversibile.A chi, vi starete chiedendo, abbiamo delegato la parte migliore di noi?

Come a chi!? Ma … ai “miti”, cari signori miei!

Siete meravigliati di ciò, ma vedrete che questa mia asserzione non è affatto una trovata umoristica; è solo, e soltanto, un semplice dato di fatto.Chi, infatti, si sente di giurare, sul proprio onore, che non sta delegando sempre più ad altri, ai “miti”, l’emozione di un goal, di una cantata, di una ballata, ecc.?Ma, se la cosa fosse limitata ai soli campi dello sport e del divertimento, potrebbe anche passare; il guaio è che stiamo vivendo attraverso i “miti” anche le nostre più importanti dimensioni esistenziali, quella religiosa, quella istituzionale, quella sociale, quella politica (la sincerità, l’adesione, l’impegno, verso queste nostre fedi, non dovrebbero essere, come purtroppo sempre più spesso sono, in relazione alla simpatia e/o al carisma personale dei massimi rappresentanti delle stesse, ma soltanto  ai valori che questi rappresentano).Questa pigrizia, questa inerzia, umiliano la nostra individualità, troncano il rapporto diretto con questi fattori esistenziali e/o sociali che, quindi, continuiamo a vivere solo grazie ai comodi intermediari che abbiamo preso come riferimento e, se questi vacillano o cadono, vacilla o cade anche la nostra fede (a seconda del caso, religiosa, istituzionale, sociale, politica) anzi, non vacilla e non cade proprio nulla, perché si trattava di una rapporto sostanzialmente inesistente, che era tenuto in vita solo in virtù della mediazione del “mito”.I “miti” rappresentano la nostra sconfitta individuale, perché sono la manifestazione vivente di quello che … dovremmo essere, ma che non perseguiamo; diventiamo spettatori della vita, decretando la fine del nostro protagonismo.

 Ai nostri “miti”, però, non permettiamo alcun errore, neanche la più innocente “defaiance” , pretendiamo che facciano tutto loro e in modo perfetto; o sulle stelle o nelle stalle, perché la posta in gioco è troppo alta, le “nostre” fedi.Noi li osanniamo ma, e qui sta la nostra grande contraddizione, oltre che la nostra ingratitudine, godiamo quando finiscono nella polvere, tanto ci finiscono loro, non noi. Noi non rischiamo nulla, perché non abbiamo dato nulla e, addirittura, siamo ben felici di mettere in vetrina “miti” freschi, che prenderanno il posto di quelli non più nelle grazie di nessuno, ai quali affideremo l’impossibile compito di riempire il nostro vuoto esistenziale.La nostra superficialità, poi, nella scelta dei “miti”, è talmente evidente, direi ostentata senza alcun ritegno.Infatti, chi si sognerebbe mai di far assurgere a “mito” del lavoro un anziano contadino che, per tutta la sua vita, si è spezzato la schiena sui campi affinché la sua famiglia, e molte altre, avessero il nutrimento necessario al loro sostentamento?E’ certamente più opportuno, più deflagrante, delegare ciò a un famoso imprenditore, il cui successo, molto spesso, è stato decretato dal nascere in una famiglia facoltosa, più che per dedizione al lavoro.Chi si sognerebbe mai di far assurgere a “mito” della carità l’ignoto fedele della domenica, che versa nel cestello della questua una somma, sì esigua, ma considerevole, se rapportata a quanto dispone?

E’ certamente più opportuno delegare ciò a famosi VIP (calciatori, cantanti, attori, ecc.).

Sì, certamente, costoro offrono spesso, gratuitamente, la loro immagine per iniziative caritatevoli, ma tutto sotto la luce dei riflettori, davanti alle telecamere, con una notevole aumentata visibilità, che andrà a sancire sempre più la presa con il pubblico e, quindi, con un notevole ritorno in termini economici, sia dai futuri contratti professionali che dalle pubblicità ai prodotti commerciali.Ora, io mi chiedo, ma possibile che l’adesione alla giusta causa evidenziata dallo spot dipenda, soprattutto, dal volto di uno di questi “miti”? Ossia, se lo stesso spot l’avesse fatto un emerito sconosciuto, la motivazione alla carità ne avrebbe risentito? Ossia, la somma raccolta sarebbe stata più esigua e, forse, molto più esigua?Se la risposta è sì, allora, cari signori miei, siamo veramente messi male, perché, e qui credo sia la chiave di lettura della nostra attuale povertà interiore, non aneliamo a cogliere la sostanza, la profondità dei valori della vita, abbagliati e appagati, come siamo, dagli sterili bagliori della superficie.In conclusione, è inimmaginabile l’offesa che arrechiamo alla nostra individualità quando viviamo attraverso gli altri, attraverso i “miti”, dimensioni che ci appartengono, e dalle quali non possiamo prescindere, se vogliamo crescere interiormente, per affrontare, con la dovuta dignità,

il faticoso percorso esistenziale.

Commenti

commenti