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” IL DESERTO SOCIALE ” NEL NUOVO LIBRO DI DARIO LEONE

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Redazione- “La scomparsa delle persone”, è questo il titolo della nuova opera saggistica del Sociologo abruzzese, che porta la prefazione dal suo editore e collega Salvatore Giordano. Possiamo definirlo come un piccolo capolavoro che con sapiente e struggente umanità descrive la disumanizzazione dei nostri tempi. Dopo due anni dal successo di “Storie di ordinaria amministrazione”, Dario Leone alla sua quinta pubblicazione, torna sulla morte della dimensione collettiva avvenuta con l’affermazione della Globalizzazione. Una rivoluzione sovrastrutturale che volge al termine, scrive l’autore, facendo spazio all’inevitabile nascita di un Capitalismo multipolare dal quale si scorge un piccolo barlume di luce lì dove lo Stato – per una parte consistente del mondo – svolge un ruolo di comando sul mercato. Ma come ci ha abituati con i suoi scritti, il Sociologo abruzzese va ben oltre il piano delle mutazioni geopolitiche in corso, affrontando sempre le conseguenze sul piano psico-sociale che tali ridefinizioni sistemiche comportano. L’anomia (dal greco senza norme), era stata concepita da Durkheim come una fase di passaggio nella quale il vecchio sistema non è ancora del tutto morto e il nuovo stenta a nascere. È questo il “non luogo” nel quale le norme fino a quel momento conosciute e rispettate impallidiscono e non riescono ancora ad essere sostituite. Per Dario Leone l’anomia oggi non è più transitoria, ma diventa “norma”, in altre parole l’assenza di regole e di valori finiscono per diventare l’unica bussola orientativa foriera di una libertà così vuota e disorientante da porre l’attore sociale in una condizione di totalitarismo interiore, piegato da un arbitrio estremamente totalizzante – sul piano morale e valoriale – da negare l’identità dell’individuo. Complice di tale condizione è l’azzeramento della dimensione collettiva prodotta dalla separazione del potere dalla politica, che si è trasferito direttamente nei potentati finanzcapitalistici, lasciando le persone orfane dell’agorà, ovvero di quello strumento di congiunzione tra “particolare” e “generale”, utile a trasformare il problema individuale in una grande questione collettiva tale da essere affrontata e risolta dalla comunità politica, che invece muore. Se il contesto sociale, diventa al contrario un orticello individuale, le persone diventano fluide e altrettanto inconsistenti. Monadi rispetto allo sé, afone verso il prossimo. L’indifferenza e l’analfabetismo emotivo hanno la meglio. A rafforzare questa teoria è il capitolo che si occupa della “scomparsa della proprietà privata in senso capitalistico”. Dario Leone prendendo dal filosofo Claudio Tuozzolo la ridefinizione dell’equazione marxiana (D/M/D) denaro/merce=denaro in (D/D/D) Denaro/denaro=denaro, rileva come il potere dominante, concentrando buona parte dei suoi sforzi nei mercati finanziari e non più nella produzione materiale, veda nel denaro la merce stessa della sua produzione. Tale condizione favorisce l’emergere dei colossi finanziari così grandi e monolitici da sfuggire e sottrarsi al controllo dei suoi stessi creatori. Da qui la “mortificazione” per la dimensione vernacolare, per il “piccolo” e dunque per gli attori sociali in carne ed ossa. Se è vero che “non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza”, l’autore allora si chiede cosa accade nel momento in cui gli uomini sono privati del loro essere sociale, come in questa fase storica.

Un libro da leggere assolutamente.

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