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DONNA E SCUOLA- PROF.SSA FRANCA BERARDI

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Redazione- La prima cosa che mi viene in mente pensando al binomio Donna-Scuola è il paradosso circa il fatto che la donna per tantissimi anni è stata esclusa o tenuta lontana dalla cultura, mentre oggi, negli ultimi 60 anni, in particolare negli ultimi 20, rappresenta quasi esclusivamente il riferimento fondamentale per gli ordini di Scuola dell’Infanzia, Primaria e Secondaria di Primo grado. Già dalla Scuola Secondaria di Secondo grado e, soprattutto, nell’Università, subentra la figura dell’insegnante uomo, rispettivamente in forma più equilibrata e poi, addirittura, preponderante. Sicuramente la Natura gioca un ruolo fondamentale in tal senso: stare con i bambini piccoli è certamente legato allo spirito materno che caratterizza quasi tutte le donne (dico “quasi” perché non tutte le donne sono materne!) Nel mondo della scuola, dunque, circa l’83% degli insegnanti è donna! Negli ultimi anni anche in tutto il comparto scuola si è registrato un aumento significativo della presenza femminile. Si pensi ad esempio ai Ministri, anche se non sempre questa cosa ci ha fatto e ci fa onore pensando in particolare alle ultime Ministre dell’Istruzione…
Si è registrata anche un’impennata nell’ immatricolazione delle donne nelle varie facoltà universitarie ed oggi il numero delle laureate supera di un terzo quello dei laureati.
Senza andare a scavare in una storia troppo lontana, bisogna pensare che all’inizio del ‘900 la donna era esclusa dall’Istruzione. Questo è stato un grande fattore di discriminazione. Non si discrimina soltanto l’uomo di colore o il transgender, ma anche la donna spesso è stata ed è discriminata. E questo ce lo ricordano anche la storia e le leggi scolastiche!
A tal proposito è interessante ricordare alcune leggi sulla scuola. Mi viene in mente la LEGGE CASATI (1859): Lo Stato era responsabile solo della formazione liceale-universitaria per la classe dirigente (maschile e colta). Penso poi alla LEGGE GENTILE (1924), che aprì le porte dei licei femminili, anche se lo stesso Giovanni Gentile, anni prima, in una lettera aperta al Ministro dell’ educazione pubblicata sul Resto del Carlino nel maggio del 1918, scriveva: “le donne non avevano quella originalità del pensiero né quella ferrea vigoria spirituale”.
Poi arrivò la CARTA DELLA SCUOLA DI GIUSEPPE BOTTAI (1939), che considerava quella della donna un’immagine subalterna all’ uomo e relegata al solo ruolo di sposa e madre. E’ chiaro dunque che, nonostante gli apprezzabili progressi, siamo davanti ad una società e ad un’istruzione prettamente maschile e maschilista.
Tutto questo ha origini lontanissime. Mi viene in mente il mondo romano, penso in particolare alle laudationes funebres, quindi alle iscrizioni mortuarie che, quando venivano dedicate a donne virtuose, facevano riferimento sempre alla cura del focolare domestico, all’accudimento dei figli e al “fare la maglia” (in alcune iscrizioni si accosta al nome della defunta l’aggettivo “lanifica”, “colei che lavora la lana”) . La donna romana, sempre sottoposta alla “patria potestas” del “pater familias”, che esercitava su di lei il “ius vitae ac necis”, è stata completamente esclusa dalla vita politica e amministrativa a causa di una presunta inferiorità. In realtà, con il tempo, la storia e le tante conquiste nei millenni, le donne hanno reso manifesta con i fatti una certa superiorità rispetto all’uomo nelle competenze organizzative ed amministrative, e non solo. Ma anche grazie ai conflitti mondiali, a dimostrazione che non tutti i mali vengono per nuocere, la donna è riuscita a capire e a far capire che era in grado di andare a lavorare in fabbrica al posto dei mariti e, nello stesso tempo, era capace di continuare ad accudire il focolare domestico e a crescere bene i propri figli.
Tutto questo ha contribuito a renderla talmente tanto consapevole da riuscire ad ottenere il diritto al voto nel 1946, primo anno in cui si è potuto parlare del suffragio veramente universale.
Purtroppo, ancora oggi, la donna viene continuamente discriminata. Con i miei alunni faccio spesso un esperimento: scrivere su google “la donna può” e “la donna non può” e attendere di vedere cosa esce sulla barra di navigazione. E’ chiaro che i risultati non sono solo il frutto di culture e religioni diverse (“la donna non può studiare…lavorare…mettere la minigonna…”).
Dunque, nonostante gli apprezzabili progressi, la donna non ha ancora raggiunto ruoli di potere oppure professioni molto importanti e retribuzioni al pari di quelle di un uomo. Tengo, però a fare una puntualizzazione personale: da insegnante ritengo che quello della maestra o della professoressa siano dei lavori privilegiati perché, pur non essendo granchè retribuiti e stimati, permettono di stare quotidianamente a contatto con i giovani! Permettono anche, più di altri lavori, di dedicare del tempo alla cura dei figli. La cura della casa si può delegare, ma non l’educazione di un figlio! Ecco perché penso che, se la donna non ancora riesce a ricoprire ruoli ed incarichi prestigiosi al pari di un uomo, non bisogna considerarla una menomazione, ma un punto di forza, pensando che la Natura ha dato

il RUOLO ESCLUSIVO DI MADRE proprio a Lei!

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