FRANCESCO ,BENEDETTO XVI ,CELESTINO V TRE PONTEFICI : UNA IDENTICA RINUNCIA ? (SECONDA PARTE)
Redazione- Nella prima parte di questo contributo ho esaminato e riferito sulla rinuncia di Giuseppe Ratzinger ,papa Benedetto XVI , al pontificato richiamando l’attenzione proprio sulle sue parole e sulle possibili ragioni che hanno determinato la sua decisione.
Un racconto quello della rinuncia di Ratzinger che non esula dal contesto della vita della Chiesa e dai suoi attuali problemi .Tanto che sulla scorta di alcune decisioni prese nel governo della Chiesa medesima dal suo successore Jorge Mario Bergoglio , papa Francesco , alcuni si sono affrettati ad ipotizzare una possibile rinuncia anche dello stesso Francesco, non fosse altro a causa dell’età o di una possibile malattia che è stata bene diagnosticata e curata nell’ultimo ricovero ospedaliero dal quale è uscito risanato .
Probabilmente non avremo un “nuovo” Papa in carica e due Papa “emerit”i ma l’aver riproposto il tema della rinuncia ci offre l’occasione, proprio nei giorni in cui si chiudono le manifestazioni della Perdonanza celestiniana di ritornare a rileggere la vicenda dell’eremita del Morrone. Dal suo Sant’Onofrio scrisse al Conclave di Perugia per sollecitare la nomina di un Papa e mettere dunque al riparo da ogni procella la fragile navicella della Chiesa. Una lettera intesa dai cardinali del Conclave come un segno dello Spirito Santo tanto che si affrettarono ad eleggere proprio l’autore di quella lettera . Andarono all’eremo sul Morrone di Sulmona ,a cavallo di un’asina, Carlo D’Angiò e suo figlio per annunciare a fra Pietro la sua elezione . Il re e suo figlio lo accompagnarono poi a L’Aquila per l’ incoronazione in Santa Maria di Collemaggio, quella chiesa che Pietro aveva voluto edificare tornando dal suo viaggio in Francia dove aveva richiesto al Papa dell’epoca la conferma dell’ordine religioso, i celestini , da lui fondato con casa madre in Santo Spirito di Badia di Sulmona.
Fra Pietro dal Morrone ,Celestino V, nato Pietro Angelerio (o secondo alcuni Angeleri), detto Pietro da Morrone e venerato come Pietro Celestino (Isernia o Sant’Angelo Limosano, fra il 1209 e il 1215 – Fumone, 19 maggio 1296), è stato il 192º Papa della Chiesa cattolica dal 29 agosto al 13 dicembre 1294. Eletto a Perugia il 5 luglio 1294, fu incoronato ad Aquila (oggi L’Aquila) il 29 agosto, nella basilica di Santa Maria di Collemaggio da lui fatta costruire; è sepolto nella stessa basilica aquilana, all’interno del mausoleo realizzato ad opera di Girolamo da Vicenza.
Celestino V fu il primo papa che volle esercitare il proprio ministero al di fuori dei confini dello Stato Pontificio. Il sesto, dopo Clemente I, Ponziano, Silverio, Benedetto IX e Gregorio VI] a rinunciare al ministero petrino; dopo di lui rinunceranno Gregorio XII e l’11 febbraio 2013 anche Benedetto XVI a causa dell’età avanzata. (5)
Le dimissioni di Papa Celestino V furono e sono rimaste come denuncia ad un potere che aveva ben poco di evangelico. Ad un regime ed un sistema che non avevano nulla di simile alla vita eremitica che Pietro del Morrone aveva condotto in molti eremi a cominciare da quelli del Morrone per trasferirsi in quelli della Maiella. Poiché grandi moltitudini , attratte dalla sua fama di taumaturgo cercavano di raggiungerlo, era costretto a trasferirsi sovente in eremi situati in località di montagna aspre e poco accessibili. Dopo la rinuncia alla guida dell’ordine da lui fondato si era fatto costruire un eremo a metà costa sul Monte Morrone dove si era ritirato .L’eremo era composto da una cella scavata nella roccia e chiusa da una siepe . In quell’eremo si dedicava alla confezione degli abiti , alla preghiera , alla scrittura . Osservava quattro quaresime in un anno e durante quelle quaresime si faceva chiudere in un pozzo con quattro pani e due cipolle e quando terminava la quaresima avanzavano anche i pani e le cipolle. In quell’eremo, secondo quando riferiscono i testimoni del processo di canonizzazione ,si recavano molte persone e qui operava delle guarigioni .In quell’eremo di Sant’Onofrio era tornato dopo la rinuncia al pontificato ma lo aveva dovuto abbandonare tentando di trasferirsi al di là del mare , (risospinto a terra da una burrasca) fino a quando fu preso in consegna dal nuovo papa Bomifacio VIII che lo fece rinchiudere nel castello di Fumone dove morì. ( 6)
Le dimissioni sono il frutto d’una consapevolezza interiore che nega il potere come tale, rinunciandovi e ritenendolo ostacolo alla salvezza. Lo afferma espressamente: «Io Papa Celestino V, spinto da legittime ragioni, per bisogno di umiltà, di perfezionamento morale e per obbligo di coscienza, per debolezza del corpo, difetto di dottrina e la cattiveria del mondo, al fine di recuperare la pace e le consolazioni della vita di prima, abbandono liberamente e spontaneamente il Pontificato e rinuncio espressamente al trono, alla dignità, all’onere e all’onore che esso comporta». (7)
Sono stato sempre convinto che più che festeggiare il Perdono che pure è una grandissima eredità che Pietro dal Morrone, Papa Celestino V ci ha lasciato ,occorrerebbe “festeggiare” la “rinuncia”.
Francesco Petrarca, nato otto anni dopo la morte di Celestino V, nel “De vita solitaria” esclama “Oh fossi vissuto con lui!” e dichiara: “Persone che lo videro mi raccontarono che fuggì, con tanto giubilo, mostrando tali segni di letizia negli occhi e nella fronte quando si allontanò dal concistoro, libero di sé, come se avesse liberato il collo non da un peso lieve, ma da crudeli mannaie, tanto che gli sfolgorava in viso qualche cosa d’angelico”.
Perché la rinuncia di Celestino V è proprio la sublimazione della “ conversione”, quella conversione che egli esalta .
Scrivono Mario Setta e Goffredo Palmerini : “La vita di Celestino V è stata una continua “conversione” (metànoia). Ne è testimonianza la stessa proclamazione della Perdonanza, all’atto della sua incoronazione a L’Aquila il 29 agosto 1294 nella Basilica di Collemaggio.. E l’istituzione della Perdonanza celestiniana – il primo giubileo della cristianità – con la Bolla “Inter sanctorum solemnia” del seguente 29 settembre, non è un normale anno giubilare, come quello proposto nel 1300 dal successore Bonifacio VIII. È una frattura. Un diaframma che infrange il ritmo del tempo, la routine della vita. Con il rito della Perdonanza Celestino intendeva proporre alla Cristianità Universale lo stile di vita evangelica: la conversione interiore.(8)
Continuano Mario Setta e Goffredo Palmerini : “La figura di Pier da Morrone/Celestino V è indubbiamente, a tutt’oggi, un enigma. “Una figura lontana, diversa, per certi aspetti incomprensibile” la definisce Paolo Golinelli. Un “povero cristiano”, per dirla con lo scrittore abruzzese Ignazio Silone, autore del dramma “L’avventura d’un povero cristiano”, in cui focalizza il conflitto tra istituzione e profezia, lettera e spirito. Silone, umilmente e quasi sotto voce, cerca di rintracciare la via maestra, segnata da Celestino, per costruire un mondo di pace e di fratellanza, concludendo: «A ben riflettere e proprio per tutto dire, rimane il “Pater noster”». L’esempio di Celestino è stato seguito, dopo oltre sette secoli, da Benedetto XVI, che annuncia le dimissioni l’11 febbraio 2013, stabilendo che la sede pontificia diventi vacante dalle ore 20.00 del 28 febbraio 2013. Anche le sue dimissioni evidenziano la debolezza d’una persona di 86 anni ed una inconfessata denuncia della burocrazia vaticana, causa di uno spiacevole isolamento nello svolgimento dell’attività pastorale di pontefice. Dimissioni che aprono nuove vie.” (…)Proprio parlando di Celestino V, nella visita pastorale del 4 luglio 2010 a Sulmona, nell’800° anniversario della nascita di Pietro Angelerio del Morrone, Papa Benedetto XVI tra l’altro affermava: «[…] San Pietro Celestino, pur conducendo vita eremitica, non era “chiuso in se stesso”, ma era preso dalla passione di portare la buona notizia del Vangelo ai fratelli. E il segreto della sua fecondità pastorale stava proprio nel “rimanere” con il Signore, nella preghiera, come ci è stato ricordato anche nel brano evangelico odierno: il primo imperativo è sempre quello di pregare il Signore della messe. Ed è solo dopo questo invito che Gesù definisce alcuni impegni essenziali dei discepoli: l’annuncio sereno, chiaro e coraggioso del messaggio evangelico – anche nei momenti di persecuzione – senza cedere né al fascino della moda, né a quello della violenza o dell’imposizione; il distacco dalle preoccupazioni per le cose – il denaro e il vestito – confidando nella Provvidenza del Padre; l’attenzione e cura in particolare verso i malati nel corpo e nello spirito. Queste furono anche le caratteristiche del breve e sofferto pontificato di Celestino V e queste sono le caratteristiche dell’attività missionaria della Chiesa in ogni epoca. […]».
E ancora Papa Benedetto a Sulmona: «[…] Tutto questo non distoglie dalla vita, ma aiuta invece ad essere veramente se stessi in ogni ambiente, fedeli alla voce di Dio che parla alla coscienza, liberi dai condizionamenti del momento! Così fu per san Celestino V: egli seppe agire secondo coscienza in obbedienza a Dio, e perciò senza paura e con grande coraggio, anche nei momenti difficili, come quelli legati al suo breve Pontificato, non temendo di perdere la propria dignità, ma sapendo che questa consiste nell’essere nella verità. E il garante della verità è Dio. […]». Un anno prima, il 28 aprile 2009 a L’Aquila, visitando la Basilica di Collemaggio devastata dal sisma, Papa Benedetto XVI si era raccolto davanti all’urna con le spoglie di san Celestino V, rimasta intatta nel mausoleo quasi per miracolo salvo dalle copiose macerie d’intorno, e vi aveva deposto con un gesto di umiltà e d’intenso raccoglimento il suo Pallio di pontefice. Un gesto fortemente simbolico davanti al suo predecessore, quasi profetico per quel che egli stesso avrebbe compiuto tre anni dopo, con le sue dimissioni.
Joseph Ratzingher Benedetto XVI, Pietro Angelerio del Morrone Celestino V, due personalità che seducono e incuriosiscono. Non si può essere indifferenti di fronte a loro qualunque sia il nostro individuale rapporto con la Chiesa. C’è un’autentica ansia che turba e commuove nel loro gesto, nella loro scelta. Una scelta che avverte le aspirazione del mondo medievale per Celestino V e del mondo moderno per Benedetto XVI. Oltre ad una sofferenza interiore per entrambi che si sono trovati ad accettare l’elezione al soglio di Pietro in un momento particolare della vita della Chiesa. Per Fra Pietro la decisione del Conclave di Perugia che da lui stesso sollecitato, dopo mesi di contrasti che non permettevano di eleggere un Papa ,lo riconosce come segno dello Spirito Santo. Per Joseph Ratzinger la decisione di un Conclave disorientato e ammutolito di fronte alla morte di Giovanni Paolo II e alla voglia di dare una continuità al “lavoro della vigna” che è molto contro la scarsezza degli operai.
Celestino e Benedetto sembrano ricollegare il loro gesto ad una fase storica della Chiesa , quella medioevale, in cui grandi Papi si espressero come manager e grandi condottieri. Con il gesto di rinuncia dichiarano apertamente la loro incapacità a tanto. Loro dunque incapaci di tanto , incapaci di condurre la Chiesa come condottieri ma piuttosto uomini di penitenza e di preghiera se ne allontanano dalla somma carica. Celestino se ne torna al suo eremo di Sant’Onofrio sul Monte Morrone che domina la Valle Peligna. Benedetto si rinchiude in una specie di eremo , il convento di S. Monaca dentro le mura vaticane per dedicarsi allo studio e alla riflessione.
Scrive Francesco Mantovani: “San Celestino V e il Papa teologo Benedetto XVI hanno in comune davvero tante cose. A partire dalla loro elezione al soglio pontificio. Entrambi rimasero profondamente sorpresi dell’inaspettata notizia, ma soprattutto intimoriti dalla potenza della carica. Celestino V inizialmente si oppose decidendo di accettare soltanto per dovere d’obbedienza. Anche Benedetto XVI accettò per obbedienza dimostrandosi perplesso, ma anche rasserenato dal fatto che il Signore avesse deciso di avvalersi di “mezzi insufficienti” per portare avanti la sua missione in terra. Entrambi umili. Umili servi “nella vigna del Signore”, come disse il neo eletto Papa Ratzinger poco dopo la fumata bianca. Per tutti e due il peso di una missione ardua si è fatto sentire in tutta la sua immaginifica potenza. Il primo rinunciò dopo soli quattro mesi. Il secondo, dopo circa 8 anni. Papa Celestino V, al secolo Pietro Angelerio del Morrone, fu eletto Papa il 29 agosto del 1294. Fu un personaggio famosissimo per la santa vita, nutrita di rinunzie, rigore, ascesi, costellata da miracoli, per l’inaspettata ascesa al Soglio che accese la speranza dell’avvento dell’Ecclesia spiritualis ed ancor di più per l’altrettanto inattesa rinuncia, alla quale seguirono l’avventurosa fuga sui monti d’Abruzzo e poi verso la Grecia, quindi la cattura, gli insulti, la prigionia a Fumone e infine la morte contornata dall’alone del martirio. Ieri, a distanza di qualche secolo, anche Benedetto XVI ha annunciato, in latino, al mondo intero di lasciare il pontificato. Probabilmente, alla base della grande rinuncia, il fatto di sentirsi entrambi nauseati dalla corruzione e dagli intrighi di palazzo. Ciò non vuol dire arrendersi. Assolutamente. Perché per vincere sfide così complicate a volte è necessario uno scossone. Un atto inaspettato che assume un valore semantico travolgente che apre le porte all’ineluttabilità di un rinnovamento imprescindibile per la credibilità stessa della Chiesa. Un evento destinato a scoperchiare il profondo vaso dentro cui troppo a lungo si è cercato a tutti i costi di tener custodite verità scomode e intrighi. Protetti dal tappo di un silenzio cosmico. Celestino V venne eletto Papa dopo due anni di sede vacante. Un periodo lunghissimo. Inaccettabile. E lo stesso Celestino V non si fece scrupoli per denunciare tutto ciò. Lo fece a suo modo. Da spirito libero. Denunciando davanti al mondo il dilagare della corruzione all’interno della Chiesa. Anche per Benedetto XVI, che dal 1981 al 2005 aveva rivestito la carica di prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, c’erano – e ci sono – tante cose da cambiare in Vaticano. E in questi anni tantissimi sono stati i problemi spinosi che si è trovato a maneggiare: l’affaire Vatileaks, lo scandalo dei preti pedofili (per i quali ha chiesto scusa), la questione dello Ior (la banca Vaticana al centro di irregolarità). Insomma, roba da sfibrarlo pian piano. Fino alla decisione di abdicare. (9)
Tutto in una certa solitudine , dentro il fascino di un’ansietà per il mondo che li circondava: Celestino che in quel mondo scrive al Conclave di Perugia, Benedetto fino a guardare ai destini del pianeta. Uno sguardo che troverà nella Laudato sì di Papa Francesco ,il suo successore, una esplicitazione più ampia maestà come lo svolgersi di temi musicali dopo un accenno, una introduzione che fa intravvedere quello che sarà l’intera composizione .
La sofferenza e il dubbio hanno illuminato la loro riflessione nel momento in cui hanno guardato al trono e all’altare con uno sguardo diverso. La solitudine della fede plasma un gesto che sembra tenere dentro un conflitto che poi è perenne nella storia del popolo della Chiesa. C’è chi vorrebbe i Papi un giorno politici e un giorno pastori d’anime. Per molti Papi questo è stata la modalità del loro pontificato ,pensando in modo particolare a Woytila in cui i due ruoli hanno perfettamente convissuto seppure tra luci ed ombre.
Giuseppe Di Leo su Il Foglio del 3 aprile 2014 scrive : “Che all’entourage di Wojtyla, per esempio, la rinuncia di Ratzinger non sia piaciuta lo dimostra la dichiarazione rilasciata a un settimanale diocesano dal principale collaboratore di Giovanni Paolo II, il cardinale di Cracovia Stanislaw Dziswisz: “Papa Wojtyla decise di restare sul soglio pontificio fino alla fine della sua vita perché riteneva che dalla croce non si scende”. La Santa Sede suggerì subito al porporato di rettificare quanto detto da lui stesso, consapevole essa stessa (eppoi dicono che portare sul groppone duemila anni di storia non serva granché) di quanto pericoloso sia maneggiare la materia. Proprio come la dinamite.” Perché aveva spiegato qualche periodo prima dell’articolo lo stesso Di Leo : “Giovanni Paolo II incaricò il canonista cardinale Vincenzo Fagiolo per trovare la ratio giuridicoteologica al convincimento di Wojtyla:“Non c’è posto nella Chiesa per un papa emerito”. Fagiolo assolse il compito, ed è importante leggerne l’impianto argomentativo per scorgervi un curioso uso (diciamo politico?) del messaggio evangelico. Per avvalorare quindi il convincimento wojtyliano Fagiolo sostenne quanto segue nella sua relazione presentata al Papa per iscritto, da leggere con attenzione parola per parola: “Le dimissioni nel 294 di Celestino V non possono da sole costituire un argomento che spiega con il fatto l’intero problema, che prima ancora d’essere d’ordine morale, è teologico e di diritto costituzionale. La societas fidelium, da Cristo fondata per un fine specifico, che coinvolge per il tempo e l’eternità l’intero popolo di Dio con la sua vocazione soprannaturale, ha una qualificazione giuridica che affonda le sue radici nella teologia e che pertanto considera l’uomo divenuto cristiano con il battesimo non nella sola sfera dei diritti puramente umani ma anche nell’ambito della vita e della missione della stessa Chiesa, al vertice della quale c’è il papa, quale vicario di Cristo con poteri che Cristo stesso gli ha conferito e che sono di natura soprannaturale. Il papa quindi non riceve la potestas dal basso ed i suoi poteri sono strettamente legati alla missione che proviene da Cristo. Il rapporto quindi, prima di essere tra lui Superiore e i sudditi membri della Chiesa, è tra lui e Cristo, dal quale discende e viene conferito sia il potere di confermare i fratelli nella fede (potestas docendi) sia quello di pascere il gregge affidato allo stesso Pietro (potestas regendi). Il discorso pertanto sulla rinuncia del papa si fa complesso, assume aspetti costituzionali e coinvolge problematiche che non possono essere risolte solamente guardando alla liceità dell’atto, come se il Vicarius Christi abbia un qualunque ufficio ecclesiastico e come se il suo munus non abbia un’origine e una marcata impronta apostolica che qualifica costituzionalmente la stessa struttura dell’ordinamento canonico”. Chiaro fin qui? Bene. Questa la conclusione apodittica del cardinale Fagiolo: “Di certo in maniera tassativa ed assoluta il papa non potrà mai dimettersi a motivo della sola età”.
La conversione attraverso il “perdono” nel caso di Celestino e la catechesi per la purezza della dottrina della fede per Benedetto sono l’impegno di due mandati lontani nel tempo ma vicini perché confermano l’intelligenza di sopraelevare l’uomo verso la meta primaziale del cielo. A Celestino e a Benedetto interessa conquistare il mondo a Dio e i cristiani a Cristo .
Due diverse rinunce al Papato della Chiesa romana : Fra Pietro dal Morrone Celestino V e Joseph Ratzinger Benedetto XVI che incrociano la storia del mondo. Ce ne sarà ancora un’altra : quella di Francesco ?
(5 ) Il secondo caso che la storia ricorda è quello di Gregorio XII, papa dal Papa dal 19 dicembre 1406 al 4 luglio 1415. Veneziano, una volta eletto si impegnò a porre fine al «grande scisma» fra i pontefici di Roma e quelli di Avignone. Ma ogni tentativo risultò vano. Solo il concilio di Costanza (1414-1417) vi riuscì. Gregorio XII rinunciò al pontificato e si ritirò a Recanati. Nel 1417, due anni dopo la sua morte, il suo successore lo nominò Pontefice Emerito di Roma.PIO XII – Da documenti d’archivio di fonte ecclesiastica, relativi alla Seconda Guerra Mondiale, sembra inoltre che Papa Pio XII (1876-1958) avesse scritto un documento segreto dove affermava che doveva essere considerato dimissionario nel caso in cui fosse stato rapito dai nazisti su ordine di Hitler. Eugenio Pacelli era stato informato di un piano del dittatore tedesco per arrestarlo e portarlo in una piccola località in Germania.I PRECEDENTI – Papa Clemente I (in carica dal 88 al 97 Dc), quanto pontefice romano, rinunciò alla carica a favore di Evaristo, poiché arrestato ed esiliato non voleva che i fedeli rimanessero senza una guida spirituale. Nella prima metà del III secolo, Ponziano lo imitò poco prima di essere esiliato in Sardegna; al suo posto venne eletto Antero. Silverio, 58esimo vescovo di Roma, fu deposto da Belisario e in punto di morte (11 marzo 537) rinunciò in favore di Vigilio, fino ad allora considerato un usurpatore. Vi sono poi molti altri casi, più problematici, in cui si discute se vi sia stata rinuncia o addirittura rinuncia tacita, come nel caso di Martino (VII secolo). Altro caso più difficilmente inquadrabile è quello di Benedetto IX, che prima venne deposto in favore di Silvestro III, salvo poi riassumere la carica per poi rivenderla a Gregorio VI, il quale, accusato di simonia, fece atto di rinuncia dopo aver ammesso le sue colpe. Siamo nella prima metà dell’anno Mille.
https://www.corriere.it/cronache/13_febbraio_11/rinucia-storia_bae9c72e-743f-11e2-b945-c75ed2830f7b.shtml
(6) Dopo l’incoronazione, Papa Celestino V e il Re Carlo II d’Angiò partono per Napoli e vi arrivano il 5 novembre, accolti da una massa di napoletani entusiasti. I 107 giorni, dal 29 agosto al 13 dicembre 1294, rappresentano il tempo di riflessione, di sofferenza, di espiazione per aver accettato la nomina a pontefice. Un tempo trascorso nel ricordare i luoghi del suo eremitaggio. Desiderio che cercherà di realizzare in tutti i modi, chiedendo direttamente al nuovo papa di tornare all’eremo di S. Onofrio. Richiesta che Bonifacio nega, dicendogli: “Non voglio che tu torni all’eremo, ma voglio che mi segua in Campania”, come riferisce Tommaso da Sulmona. Ma, al seguito di Bonifacio, giunti al convento di Piedimonte San Germano, la piccola Montecassino, confida la sua idea di fuggire ad un sacerdote amico, che gli mette a disposizione una bestia da soma e può così raggiungere il Morrone. Mario Setta, Goffredo Palmerini/com.unica 16 ottobre 2019
https://www.agenziacomunica.net/2019/10/16/le-dimissioni-da-pontefice-celestino-v-e-benedetto-xvi/
(7) https://www.agenziacomunica.net/2019/10/16/le-dimissioni-da-pontefice-celestino-v-e-benedetto-xvi/
( 8) Mario Setta, Goffredo Palmerini/com.unica 16 ottobre 2019 https://www.agenziacomunica.net/2019/10/16/le-dimissioni-da-pontefice-celestino-v-e-benedetto-xvi/
(9)https://benedettoxviblog.wordpress.com/2017/05/19/benedetto-xvi-e-celestino-v-due-rinunce-per-mettere-fine-ad-un-sistema/