“FEMMINICIDIO : DAL DELITTO D’ONORE AL DELITTO CONTRO LA PERSONA ” -DI VALTER MARCONE
Redazione- E’ sorprendente come in un romanzo di fantascienza utopistico-sessuale dal titolo “Venere più X” che parla di un viaggio nel futuro del protagonista in un pianeta Terra completamente trasformato a causa sicuramente di una catastrofe climatica,scritto nel 1960 , Theodore Sturgeon parli diffusamente di un problema probabilmente antico come l’uomo ma che in questi nostri giorni assume sempre più importanza per le sue implicazioni sociali, politiche, economiche e culturali. Ma soprattutto perché costringe ad assistere alla morte di donne uccise da chi diceva di amarle. Ma di Sturgeon ne parlo più avanti .
Theodore Sturgeon (New York 27 febbraio 1918 . Eugene 8 maggio 1985 ) appartiene all’epoca d’oro, generalmente individuata nel periodo tra la fine della guerra e il 1960, in cui oscuri scrittori ignorati dalla società letteraria ma amati da intere tribù di lettori si rivelarono i cantori epici di nuovi mondi, pieni di orrori e meraviglie, che si andavano delineando nell’immaginazione – per fissarsi poi in un nuovo genere: la fantascienza. I romanzi ed i numerosi racconti fanno includere Sturgeon nella lista dei migliori scrittori dell’ età d’oro della fantascienza insieme a Robert A.Heinlein, Ray Bradbury, Isaac Asimov, Fredric Brown, Clifford D. Simak, Arthur C. Clarke, Philp K. Dick ed A.E. Van Vogt.
Dice Gunn di Sturgeon nel suo Alternate worlds (la famosa storia illustrata della sf) parlando degli autori degli anni ’40 scoperti da John W. Campbell jr. e divenuti poi ‘classici’ e ‘Grandi’ :”Sturgeon era forse il più dotato del gruppo. Egli inseguì il cammino della propria sensibilità attraverso una varietà di temi e di trame, cercando una voce, una filosofia sua ed un mercato per cui voler scrivere. In termini di carriera e impatto sul pubblico fu handicappato dalla sua riluttanza a scrivere storie lunghe; era uno scrittore di racconti, mentre i romanzieri, con i loro serials sulle riviste e le pubblicazioni in libro, si facevano reputazione e fortuna più rapidamente e più facilmente”.
Ho ricordato Sturgeon , una mia lettura ormai di anni, perchè mi interessa richiamare qui l’attenzione sulla dimensione del fenomeno “ femminicidio” e più in generale del rapporto squilibrato tra uomo e donna in questa nostra società.
Nel femminicidio non esistono tempi di pace. Esso designa l’assassinio misogino di donne commesso da uomini che ha per motivo l’odio, il disprezzo, il piacere o il senso di possesso. Su questo tema Albert Ares Mateos S.I. e Lorena Rojas Ávalos hanno pubblicato un interessante contributo su Civiltà Cattolica dal titolo “Onore e femminicidio “.
Un approccio interessante perché “l’onore ha avuto un ruolo molto importante nelle culture mediterranee, in quanto elemento sociale tradizionale, basato su patti stabiliti verbalmente, che garantisce il rispetto e l’adempimento degli obblighi contratti.” In un contesto dunque in cui “per esempio, non hanno la stessa quota di onore il maschio primogenito e gli altri uomini o donne. Allo stesso modo, gli atti di un anziano o di un patriarca della famiglia non sono paragonabili, per rilevanza, a quelli di un giovane.” Tanto che “mentre a contrarre patti e accordi è sempre stato tradizionalmente l’uomo adulto, l’onore, invece, appartiene alla famiglia nel suo insieme, e tutti devono averne cura e trasmetterlo alle generazioni successive come un tesoro. Quindi ogni membro della famiglia ha la sua quota di responsabilità nel far sì che l’onore della stirpe venga preservato piuttosto che macchiato.”
“In tema di onore – continua la riflessione degli autori sopra ricordati – ( ed è per questo che la richiamo qui estesamente )la distinzione sessuale svolge un ruolo fondamentale nell’attribuzione dei ruoli familiari. All’interno delle culture mediterranee, uomini e donne hanno ruoli differenziati. A grandi linee, la donna ha la responsabilità di salvaguardare la purezza del lignaggio attraverso la propria verginità. Quanto all’uomo, a lui tocca la responsabilità di proteggere la reputazione della famiglia. “
Ho richiamato l’attenzione su questo aspetto della nostra cultura poiché fino a qualche tempo fa il femminicidio era classificato spesso come un “ delitto d’onore “
Sul “ delitto d’onore” con addirittura tutte le sue attenuanti e giustificazioni dal punto di vita giudiziario e concretamente in pratica ai fini della comminazione della pena , si è arrivati al delitto contro la persona. Ci sono voluti anni parlando appunto di “ femminicidio “.
Ma torniamo a Sturgeon. “Venere più X” è stata scritta negli anni Sessanta dello scorso secolo. Un’opera di fantascienza che sicuramente esula da quel principio che lo stesso Sturgeon indicò e che appunto per le qualità della scrittura e per l’intera opera del suo autore ha travalicato il tempo e giunta fino a noi per continuare a parlarci . Sturgeon non ha bisogno di inventarsi altri mondi e altri pianeti , ma le sue storie come nel suo capolavoro , guardano al mondi reale di questo pianeta Terra e ne raccontano l’umanità profonda. Sturgeon umanista e sociologo tra tutti gli autori di fantascienza che nel periodo d’oro di questo genere , proprio negli anni Sessanta, rinnovano e rivitalizzano questo genere letterario praticato già da una trentina di anni. Nel 1951 Sturgeon coniò la frase oggi nota come “Legge di Sturgeon”: “Il novanta per cento della fantascienza è spazzatura, ma in effetti il novanta per cento di tutto è spazzatura”. La frase era in origine conosciuta come la “Rivelazione di Sturgeon”: Sturgeon stesso disse che la prima versione della legge di Sturgeon era “Niente è sempre assolutamente così” (Nothing is always absolutely so), tuttavia oggi generalmente ci si riferisce alla frase “Il novanta per cento di tutto è spazzatura” (Ninety percent of everything is crud (o crap): il termine inglese è più forte).
‘Venere più X’ ha luogo in una storia di Utopia del futuro, creata ed abitata da gente che non è né uomo né donna, ma qualcosa di indefinitamente neutro e diverso, esseri che si riproducono per mezzo di uteri innestati chirurgicamente. La razza dei Ledom, così si chiamano questi esseri, ha raggiunto, mancando di ogni forma di dicotomia sessuale, una nuova forma di ‘umanità’ ed ha creato una società perfetta e ideale. L’idea base, come si può vedere, è abbastanza simile a quella su cui poggia il capolavoro della Le Guin, ‘La mano sinistra delle tenebre’, ma gli sviluppi sono ben differenti. Il protagonista, un uomo normale dei nostri giorni, è di vedute abbastanza larghe da saper accettare questa società benevolmente, con tutto ciò che essa comporta, come il fatto che gli uomini corteggino e sposino altri uomini. Tuttavia, quando egli viene a scoprire che questo popolo ha cambiato di propria volontà il suo organismo, e che non si tratta di una mutazione causata dalla natura come gli avevano fatto credere in un primo momento, la sua opinione su di loro cambia radicalmente: non importano le conquiste sociali da essi raggiunte, l’unica cosa che conta è che hanno scelto volontariamente l’omosessualità all’eterosessualità, e per questo motivo, essi diventano ai suoi occhi «il più schifoso branco di pervertiti che sia mai esistito sulla Terra». Ecco le parole di Charlie Johns, il protagonista umano, ai Ledom: «Perché ciò che fate è male. Uomini che sposano uomini; incesto, perversione, non c’è nulla di corrotto che voi non facciate. Ecco perché.» E, più tardi, quando gli viene chiesto se tutta l’umanità la penserebbe come lui, egli risponde: «Sarebbe unanime al cento e due per cento», e poi ancora; «Se potessimo, vi stermineremmo fino all’ultimo figlio anormale, e quell’ultimo lo metteremmo in un baraccone». Ecco, con queste frasi, Sturgeon vuole dirci che, in fondo, anche l’uomo dalle vedute più aperte oggigiorno non riesce, per fede o per abitudine, a concepire l’idea di una civiltà totalmente omosessuale, non sa abituarsi all’idea e ne rifugge visibilmente inorridito. Tutto ciò può naturalmente applicarsi nei confronti di una qualsiasi società aliena, extraterrestre che potremmo incontrare nel futuro: se questi esseri che si comportano in maniera diversa sono completamente differenti dall’uomo, tutto bene (be’, almeno qualche speranza di coesistenza ci sarebbe); ma se qualche essere vagamente somigliante all’uomo ha delle abitudini che possono sembrarci rivoltanti, allora addio indulgenza e larghezza di vedute.
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Una storia scritta negli anni Sessanta , che sono anni cruciali anche per le lotte e battaglie del movimento della liberazione delle donne. Ma anche anni in cui per esempio anche la fantascienza si occupa di diritto al voto, posizione economica e sociale , ruolo nella famiglia e nella società della donna.
Elena di Fazio scrive nella recensione a “Quando la fantascienza è donna “ su Andromeda : “ Partendo dal capostipite “Frankenstein”, punto di raccordo fra la tradizione gotica e il genere letterario di cui la stessa Mary Shelley pose le basi, Eleonora Federici in “ Quando la fantascienza è donna “ Dalle utopie femminili del secolo XIX all’età contemporanea, Carocci 2015 passa ad analizzare la fantascienza utopica ottocentesca come campo di sperimentazione letterario dell’emancipazione femminile: diritto di voto, posizione economica e sociale delle donne, ruolo nella famiglia e nella collettività sono i nodi d’indagine della sci-fi femminile e femminista d’antan. (…)Il boom della presenza femminile nella fantascienza scoppia tra gli anni Sessanta e Settanta, accompagnato da un “vero e proprio processo di revisione dell’immaginario culturale”, nel quale gli archetipi, le limitazioni e in generale lo storytelling sulla donna della società patriarcale vengono demoliti, riscritti, riformulati attraverso le infinite possibilità dell’immaginario fantascientifico. È in questi anni che emergono nomi sacri come Ursula K. Le Guin, Anne McCaffrey, Joanna Russ, James Tiptree Jr/Alice Sheldon, mescolando tematiche femministe ad altre istanze dell’epoca (come ambientalismo, sperimentazione sul linguaggio o pacifismo). (…)Nella sua analisi, Federici identifica tutti quegli elementi che hanno reso la fantascienza delle donne riconoscibile come tale: poiché la fantascienza è un genere dall’innata valenza politica, la sua scelta si presta a un esame minuzioso della realtà femminile e delle criticità della società patriarcale, riscrivendo – in un campo di sperimentazione virtualmente infinito – i concetti di maschile e femminile, di maternità, di identità di genere e di tutto ciò che passa nel mezzo. (2 )
Il Novecento è stato definito il secolo delle donne poiché ha introdotto, anche di seguito alle conquiste ottenute cambiamenti radicali. Il diritto al voto, l’ingresso in politica, l’abolizione del matrimonio riparatore sono state tra le conquiste più importanti per le donne del Novecento. Un movimento partito dagli Stati Uniti d’America e diffusosi a macchia d’olio nel mondo . Anche in Italia il movimento delle donne ottenne riconoscimenti importanti quando per esempio furono elette ventuno donne all’Assemblea costituente che scrisse materialmente la costituzione ancora in vigore che stabilisce l’uguaglianza tra iu sessi nella famiglia e nella società. Affermazione che ha prodotto anche il cambiamento del Codice civile in merito ai diritti e doveri del capo famiglia , spedestato dal suo ruolo di padre e padrone. Una lotta quella degli anni Settanta e Ottanta del Novecento contro ogni forma di sfruttamento del corpo femminile anche se alle soglie del duemila non è stata esclusa a priori l’idea che si possa vendere il sesso per libera scelta. Fino alle prime femministe islamiche, e il movimento deve fare i conti con le critiche delle donne di colore, deluse da una battaglia che pur professandosi universale spesso sembrava guardare solo alle esigenze delle donne bianche.
In questo critico contesto,in particolare nella società italiana , il femminicidio è ormai diventato un fenomeno sociale numericamente rilevante e non solo , spesso preceduto da tutte le forme di violenza contro la donna in quanto donna, praticate attraverso diverse condotte misogine; maltrattamenti, abusi sessuali, violenza fisica o psicologica. Ma anche attraverso la negazione di diritti al lavoro, uguaglianza .
Anche se in questo particolare momento le tematiche relative alla lotta di liberazione della donna hanno ripreso forza e si sono messe all’attenzione per la morte di Giulia Cecchettin . Probabilmente le affermazioni della sorella di questa giovane donna uccisa dal fidanzato hanno contribuito a riaprire,più di ogni altra azione, una riflessione complessa su un problema di difficile soluzione rispetto ai risultati che si vogliono ottenere nell’immediato : la cessazione delle uccisioni delle donne perchè è un problema che ha bisogno di anni e secoli per vedere cambiamenti radicali ,essi stessi frutto di anni e secoli di storia e cultura “malata”.
La morte di Giulia Cecchettin. Una morte che è stata preceduta da un silenzio assordante in merito proprio al fenomeno del femminicidio. Malgrado le cronache raccontino ogni giorno la morte di una donna per mano di un uomo marito, compagno, amante, il silenzio sui problemi di una educazione al maschile e l’assenza di ogni iniziativa politica su questo tema è stato appunto assordante .
Lo dice la stessa sorella di Giulia in una lettera al Corriere della sera : “Turetta viene spesso definito come mostro, invece mostro non è. Un mostro è un’eccezione, una persona esterna alla società, una persona della quale la società non deve prendersi la responsabilità. E invece la responsabilità c’è. I «mostri» non sono malati, sono figli sani del patriarcato, della cultura dello stupro. La cultura dello stupro è ciò che legittima ogni comportamento che va a ledere la figura della donna , a partire dalle cose a cui talvolta non viene nemmeno data importanza ma che di importanza ne hanno eccome, come il controllo, la possessività, il catcalling. Ogni uomo viene privilegiato da questa cultura “ (3)
Il silenzio : uno degli elementi che per la morte di Giulia Cecchettin ha risvegliato l’allerta e ha fatto scattare un movimento di opinioni sopito. L’altro elemento che ha contributo a rianimare il dibattito sul tema parità uomo- donna, lotta di emancipazione della donna, società patriarcale è stato quello di aver assistito nei mesi scorsi a stupri volutamente minimizzati .«Spegnete i riflettori sugli stupratori», «Lo stupratore non è malato, è figlio sano del patriarcato», «Siamo il grido altissimo e feroce di tutti quei corpi che più non hanno voce»; questi alcuni degli slogan delle femministe tornati all’attenzione .
Una problematica quella dell’uso del corpo molto importante nei temi femministi a partire proprio da una esigenza di sopravvivenza come nel caso dell’aborto legale e sicuro . Ebbene negli ultimi mesi sono ben quattro – Umbria, Marche, Abruzzo e Piemonte – le regioni italiane che hanno varato norme e provvedimenti volti a limitare l’accesso all’aborto. Se le donne del terzo millennio devono ancora lottare per poter interrompere una gravidanza in maniera sicura e legale, è perché anche nelle società più avanzate il controllo dei corpi in grado di generare è considerato una priorità,
Lotte femministe dunque, lotte per la sopravvivenza minacciata appunto dalla violenza di provvedimenti e decisioni di comunità e stati, condizioni sociali , contro le donne . Come per esempio il recente ritiro della Turchia dalla Convenzione di Istanbul sulla violenza contro le donne oppure la questione del diritto allIVG attualissima in Irlanda del Nord, Argentina e Polonia .
Lea Melandri, giornalista, saggista, insegnante, presidente dal 2011 della Libera Università delle Donne di Milano, in una lunga intervista a proposito delle lotte femministe e la prevalenza della cultura patriarcale racconta così la sua esperienza e afferma : “Riconduco la logica dei diritti all’interno delle battaglie di emancipazione, per una piena cittadinanza delle donne” (…) “La storia del mio impegno femminista ha inizio con alle spalle mezzo secolo di lotte delle associazioni femminili e femministe nate alla fine dell’Ottocento, che avevano aperto il terreno alla nostra presenza nella sfera pubblica. Noi appartenevamo a una generazione che godeva di queste battaglie, io nel ’68 entravo di ruolo nella scuola pubblica, ma eravamo una generazione in rivolta rispetto alla tradizione”. È forte la tentazione di vedere la conquista del potere da parte delle donne nell’ottica di un processo di emancipazione, e sotto molti aspetti lo è. L’immagine del potere come prerogativa maschile è senz’altro stata scalfita. Ma la rincorsa porta inevitabilmente all’assimilazione, in molti casi è già il frutto dell’assimilazione. Molte delle donne che vediamo al potere hanno fatto un percorso all’interno di modalità e logiche maschili cui hanno dovuto adattarsi. Queste figure risultano lontanissime dal processo di liberazione avviato dal femminismo. Carla Lonzi diceva che l’emancipazione può essere un ostacolo ai processi più profondi di liberazione. Non aiuta avere al potere donne che odiano le donne e ostacolano la liberazione della donna.
E alla domanda “Lei ha sempre parlato molto con i giovani, dall’insegnamento alle rubriche sui giornali . Quanto è importante il dialogo intergenerazionale? Sente che oggi sta ancora avvenendo o si è bloccato qualcosa? Quali sono gli interrogativi del femminismo di ieri e di oggi?” risponde :Negli anni ho seguito tutte le ondate e le generazioni di femminismo, percorrendo accanto a loro la strada come una compagna di viaggio con più anni. Né madre né maestra, sono una persona che ha conservato passioni molto forti e un percorso individuale, attraverso una pratica collettiva. Ho incontrato le giovani, non le ho cercate. Essere compagni di viaggio vuol dire compiere uno scambio: le ragazze oggi sono molto interessate ai movimenti del femminismo anni Settanta, rivoluzionario, radicale, simile a quello delle ragazze di Non una di meno. C’è una continuità.
Da tempo ci chiediamo se la vicinanza e l’alleanza ad altri movimenti sia una svolta o un arricchimento del femminismo stesso. La mia opinione è che sia un allargamento necessario, con una sua ragione di fondo. La contrapposizione dei destini uomo-donna, posti in una gerarchia di potere, è alla base di tutte le forme di violenza che abbiamo conosciuto, dall’ovvia violenza di genere contro le donne, al razzismo, alla devastazione della natura. Si tratta sempre di uno sfruttamento e di una visione gerarchica. Lo studio del sessismo in relazione a tutte le forme di dominio crea delle reti orizzontali che possono essere un punto di forza per tutto il movimento.
E infine alla domanda :”E qual è invece il punto debole del movimento oggi?” dice : “La forza collettiva si indebolisce se manca un’analisi soggettiva. Dobbiamo saper guardare come si muovono dentro di noi, come agiscono, queste diverse appartenenze: può succedere di essere femminista e razzista, anticapitalista e razzista. È importante saper osservare come le diverse appartenenze nel nostro vissuto personale mostrano ambiguità e contraddizioni, che vanno districate e rese consapevoli. Questo si fa meno nella pratica oggi, manca l’autocoscienza sulla complessità delle nostre appartenenze.