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” ALCUNE MASSIME DI PTAHHOTEP ” _ DOTT.RE MARCO CALZOLI

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Redazione-  Alla metà dell’Ottocento Émile Prisse d’Avennes, un egittologo francese, riportava in Europa dai suoi scavi e dalle sue ricerche egiziane un documento eccezionale. Si trattava di un papiro lungo sette metri, risalente al 1800 a.C. circa e proveniente – a quanto pare – dalla tomba di un alto funzionario dell’antica Tebe. Oggi il papiro è custodito presso la Biblioteca Nazionale Francese.

Cosa contiene questo papiro? Nella prima parte si può leggere la fine degli “Insegnamenti per Gemnikaï”, futuro visir del faraone Snefru (IV dinastia, XXVII sec. a.C. ); poi seguono due metri di testo vuoto, cancellato già nell’antichità; quindi comincia un’opera dal titolo “Gli insegnamenti di Ptahhotep”. Anche quest’ultimo fu un visir, vissuto ai tempi del faraone Djedkara Izezi (V dinastia, XXV-XXIV sec. a.C.), e il testo riporta le sue massime indirizzate al figlio, che l’avrebbe dovuto sostituire nel ruolo di visir presso il re.

Il papiro Prisse, redatto in una elegante scrittura ieratica (la scrittura usata dagli scribi egizi per lettere, documenti amministrativi, testi letterari e altri contenuti che interessavano la corte e che non erano destinati ai monumenti, sui quali si preferiva il geroglifico), era dunque una raccolta di Insegnamenti, un genere letterario che ebbe grande fortuna nel Medio Regno. In questi scritti si immaginava che dei sapienti trasmettessero le loro conoscenze ai più giovani sotto forma di massime. È scritto in medio egiziano, considerato la fase classica della lingua.

Adesso leggiamo alcuni brani tratti dal papiro Prisse. Trattandosi di un’istruzione indirizzata a un futuro scriba e dirigente, il momento dello scontro, del dibattimento, è il primo momento contemplato nella vita quotidiana del futuro successore di Ptahhotep. Sapere come comportarsi nel momento dello scontro dialettico è fondamentale per un funzionario, e la centralità nell’argomento non è tanto, come forse ci aspetteremmo, nella giustezza o nella scorrettezza della posizione da difendere (cioè, non è nel merito), ma nella posizione relativa, rispetto alla nostra, occupata dalla nostra controparte.

Quando ci si scontra con un superiore (V.10-13). L’atteggiamento col superiore dev’essere rispettoso: anche se si ha ragione, la propria superiore competenza, in uno scontro col superiore, porterà meno frutti del proprio autocontrollo: un concetto per noi molto moderno quest’ultimo, l’autocontrollo, appunto, ma in questo passaggio abbiamo il termine egiziano che lo esprime.

jr gm=k ḏ3jsw m 3.t=f

ḫrp-jb m jqr r=k

ḫ3m c.wy=k ẖms s3=k mṯ3 jb=k r=f

nn (r)mn-n=f n=k

scnd=k ḏd bjn m tm ḫsf sw m 3.t=f

njs=t(w)=f m ‘ḫm-ḫ.t pw’

rmn-n d3jr-jb=k cḥc.w=f

“Se troverai un avversario in azione (nel suo momento), un dirigente, superiore a te, abbassa le tue braccia, piega la tua schiena, non sia il tuo cuore spavaldo verso di lui: (ciò) non ti può portare (frutti). Neutralizza (rendi piccolo) chi parla male non facendolo desistere (non scacciandolo) dal suo attacco (dal suo momento). Si dirà di lui: È un incompetente, e il tuo autocontrollo avrà portato i suoi frutti”.

“Avversario”, ḏ3jsw, è un nome di azione, cioè colui che disputa. Gm=k è un prospettivo, cioè una delle forme suffissate; in origine le forme suffissate sono una forma di sostantivo verbale, e come tutti i sostantivi possono prendere un pronome suffissato. Quindi gm=k significa in origine “trovarsi da parte tua”, quindi assumerà il significato “tu trovi”, “tu troverai”. A questa regola fa eccezione lo stativo (detto anche pseudoparticipio o antico perfettivo), che è l’unica forma verbale in senso normale, vale a dire coniugata. Jr introduce la proposizione ipotetica (protasi).

Il termine 3.t significa “tempo, momento”. Rk indica il tempo fisico, inteso come misurabile, come una retta formata da tanti istante. Quindi “istante” è zp, che significa anche “colpa”. Hat è il tempo degli antenati, quello iniziale della terra quando ancora non vi erano i re, ma solo gli dei. Dt indica l’eternità terrestre, invece nHH l’eternità degli dei.

Letteralmente ḫrp significa “comandare, dirigere”, quindi ḫrp-jb significa “comandante del cuore” (dove ḫrp è il participio del verbo “comandare”). In egiziano il cuore, jb, è anche la mente, quindi l’espressione ḫrp-jb significa colui che comanda la mente e pertanto l’azione dei sottoposti.

L’espressione m jqr r=k è una comparazione, letteralmente “nella eccellenza rispetto a te”, vale a dire “superiore a te”. Il verbo mṯ3 significa letteralmente “scontrarsi”, “opporsi”, quindi letteralmente “opponiti (a che) il tuo cuore (sia) contro di lui”. Un’altra interpretazione è considerare il verbo mṯ3 come circostanziale: piega la tua schiena “mentre il tuo cuore si scontra con lui”. Oppure potrebbe trattarsi di una aplografia (omissione): m (particella negativa = mm) + il verbo ṯ3, “essere pretenzioso, scriteriato, fuori misura” (hapax legomenon), quindi “non far sì (m) che il tuo cuore sia scriteriato (ṯ3) con lui”. Una quarta traduzione potrebbe essere: m ṯ3, espressione letta come imperativo negativo (m = im) di ṯ3, quindi “non essere pretenzioso verso di lui”.

“Ciò non ti può portare frutti” è letteralmente “(ciò) non sarà pari a te”: negazione (nn) del futuro (rmn): la forma rmn-n=f non è un compiuto (sDm.n=f) bensì una dittografia del prospettivo (rmn=f), dove prima del pronome suffissato (=f) si ripete la consonante n (perché essa sta dopo il determinativo). Questi tipi di dittografie compaiono spesso nei Testi delle Piramidi.

Il verbo scnd=k è un causativo (la marca è il prefisso s-), “rendi piccolo”. La preposizione m esprime il complemento di mezzo: letteralmente “rendi piccolo chi parla male attraverso (m) il non scacciare lui dal suo momento”. Il verbo tm esprime la negazione, il verbo ḫsf significa “scacciare, allontanare”. L’espressione njs=t(w)=f è un prospettivo passivo dal verbo “invocare, chiamare”, quindi “si dirà di lui”. Il termine ‘ḫm-ḫ.t indica letteralmente l’ignorante. La m di stato introduce in questo caso il discorso diretto: quindi letteralmente abbiamo “si dirà di lui: esso (pw) (è) un ignorante”. “Il tuo autocontrollo” (d3jr-jb=k: letteralmente “il controllo del tuo cuore”) ha portato (rmn-n) il suo frutto”. In questo caso rmn-n rappresenta il verbo di una coordinata (più che una vera subordinata). Consideriamo che l’ipotassi (uso delle subordinate) è decisamente più raro in egiziano e nelle lingue afroasiatiche in generale, rispetto alle lingue indoeuropee. L’egiziano tende a non essere una lingua ipotattica, non abbiamo subordinate in senso stretto ma al più coordinate.

Con un pari (V.13-14). Con chi è al proprio livello, si deve rifuggire dallo scontro. Si lasci che siano i superiori a giudicare, e l’incompetenza altrui verrà fuori da sola.

jr gm=k ḏ3jsw m 3.t=f

mjtw=k nty m rmn.wt=k

djdj=k ḫpr jqr=k r=f m gr

jw=f ḥr md.t bjn.t

wr wf3 jn sḏmy.w

rn=k nfr(=w) m rḫ n(y) wr.w

“Se trovi un avversario in azione, simile a te, al tuo livello, farai venir fuori la tua superiore competenza tacendo, mentre lui sarà nel torto (parlerà male). Grande sarà il supporto da parte degli ascoltatori, e avrai buon nome (e il tuo nome sarà buono) presso (nella conoscenza de) i superiori”.

Mjtw=k è “come te”. Nty m rmn.wt=k è una frase relativa: “che (nty) nel (m) tuo livello”, letteralmente il sostantivo significa “spalla”, cioè “nella tua spalla”. “Come te” e “che è al tuo livello” forma una figura retorica, cioè una dittologia sinonimica. Djdj=k è letteralmente “possa tu far sì che”, si tratta di un prospettivo enfatico di rdj, “dare”, verbo che è nella rara forma dj: nello specifico djdj è la forma enfatica che si esprime con raddoppiamento (le forme enfatiche indicano una azione continua: fai sempre questa azione; invece il modo imperativo egiziano è come quello italiano, non specifica se l’azione è continuativa o puntuale). R=f è “rispetto a lui” (r comparativo). M + gr, “tacere” (infinito) forma il gerundio, “tacendo”. Jw=f è letteralmente “ora lui” (indicatore di enunciazione); ḥr md.t bjn.t è letteralmente “sul parlare il male”. Quindi “ora lui è sul parlare male” si può intendere o come una coordinata oppure come una proposizione subordinata temporale.

Wr è “grande”. In egiziano ogni aggettivo è un verbo (participio dello stativo) e ogni verbo può essere anche un aggettivo. Wf3 è letteralmente “supporto”, quindi anche “stima”. Jn è “da parte”, mentre sḏmy.w è un participio con evoluzione della w in y (la w grafica è il plurale): “gli udenti” (participio compiuto attivo). Rn=k nfr(=w) letteralmente “il tuo nome sarà buono”.

Con un inferiore (VI.1-3). Anche nei confronti di chi è al di sotto del proprio livello si raccomanda moderazione, e a maggior ragione in questo caso si deve lasciare che l’incompetenza altrui emerga da sola. I superiori sapranno giudicare, e si seguiranno i consigli del più saggio nonostante le eventuali rimostranze di qualche suo sottoposto.

jr gm=k ḏ3jsw m 3.t=f

m ḥwrw n js mjtw=k

m 3d jb=k r=f ḫft ẖzz=f

jm sw r t3 ḫsf=f n=f ḏs=f

m wšd sw r jsy jb=k

m jai jb n nty ḫft=k

qsn pw ḥḏḏw ḥwrw-jb

tw r jr.t nt(y).t m jb=k

ḥ(w)=k sw m ḫsf n(y) wr.w

“Se troverai un avversario in azione, inferiore, non simile a te, non sia furioso il tuo cuore con lui a causa della sua debolezza: lascialo stare (mettilo a terra), si punirà da solo. Non rispondergli fino a che il tuo cuore non si sarà calmato (alleggerito). Non gioire ai danni di chi è contro di te. Sgradevole è chi vessa un sottoposto. Si farà ciò che è nelle tue intenzioni (nel tuo cuore) [= si seguiranno le tue direttive] (e così) lo batterai attraverso la punizione (che arriverà da parte) dei superiori”.

M ḥwrw è sintagma formato da m di stato + “inferiore”. La particella js forma la negazione assieme alla particella negativa n. M 3d jb=k è imperativo negativo: “non essere rabbioso, furioso nel (del) tuo cuore” oppure “non sia furioso il tuo cuore”. La particella ḫft significa “contro”.

Jm è imperativo irregolare di rdj, “dà”, “poni”, “metti”. Jm sw r t3 significa “metti lui a terra”. L’espressione ḫsf=f n=f ḏs=f significa “punirà (ḫsf=f) a lui (n=f) nel suo corpo (ḏs=f)”, cioè “da solo”.

L’imperativo negativo “non rispondere” (m wšd) regge l’accusativo, “lui” (sw), cioè “non rispondergli”. La particella r significa “fino a che”, isy significa “diventare leggero” con soggetto costituito dal cuore (jb=k).

Letteralmente “non lavare il cuore” (m jai jb) di (n) colui che (nty) è contro di te”, cioè non fare una lavata di capo al nemico. Ma il verbo significa anche “gioire”, quindi “non gioire (m jai jb) per (n) colui che è contro di te”: il senso base sarebbe “non essere lavato di cuore”, che vuol dire “non essere gioioso”.

Qsn è letteralmente “difficile”, quindi “sgradevole”. Letteralmente: “è sgradevole colui che rompe, che vessa (ḥḏḏw: participio, “il vessante”) un povero di cuore”.

L’espressione tw r jr.t non è molto frequente. Quando abbiamo la preposizione r che regge un infinito e preceduta da un soggetto, è un allativo (sto per fare qualcosa). In questo caso tw può essere interpretato in due modi: il pronome impersonale “si” oppure (in medio egiziano) la forma depalatilizzata di cw, “tu” (maschile). Quindi si può tradurre in due modi: “si farà” oppure “tu stai per fare”. Si farà “ciò che” (nt(y).t: pronome relativo irrelato) è nel tuo cuore.

“Lo batterai” (ḥ(w)=k sw) è letteralmente “lo picchierai”.

Marco Calzoli è nato a Todi (Pg) il 26.06.1983. Ha conseguito la laurea in Lettere, indirizzo classico, all’Università degli Studi di Perugia nel 2006. Conosce molte lingue antiche e moderne, tra le quali lingue classiche, sanscrito, ittita, lingue semitiche, egiziano antico, cinese. Cultore della psicologia e delle neuroscienze, è esperto in criminologia con formazione accreditata. Ideatore di un interessante approccio psicologico denominato Dimensione Depressiva (sperimentato per opera di un Istituto di psicologia applicata dell’Umbria nel 2011). Ha conseguito il Master in Scienze Integrative Applicate (Edizione 2020) presso Real Way of Life – Association for Integrative Sciences. Ha conseguito il Diploma Superiore biennale di Filosofia Orientale e Interculturale presso la Scuola Superiore di Filosofia Orientale e Comparativa – Istituto di Scienze dell’Uomo nel 2022. Ha dato alle stampe con varie Case Editrici 47 libri di poesie, di filosofia, di psicologia, di scienze umane, di antropologia. Ha pubblicato anche molti articoli. Da anni è collaboratore culturale di riviste cartacee, riviste digitali, importanti siti web.

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