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FEDERICO II DI SVEVIA (SECONDA PARTE)

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Redazione- Tornato nel 1220 in Sicilia, che aveva lasciato otto anni prima, Federico poté dedicarsi a consolidare le istituzioni nel Regno, indicendo due grandi assise a Capua e a Messina (1220-1221).In quelle occasioni stabilì, rivendicando quanto accaduto in passato, che ogni diritto regio confiscato precedentemente e a vario titolo dai feudatari venisse reintegrato immediatamente al sovrano.Nel 1224, a Napoli, fondò la prima Università statale, laica, dove si studiava il Diritto Romano e non Canonico,  come a Parigi o a Oxford. Dalla quella università, una delle prime in Italia, sarebbe uscito il ceto di funzionari in grado di servirlo, senza che i sudditi, a lui fedeli, dovessero recarsi fino a Bologna per studiare. Favorì anche l’antica e gloriosa Scuola Medica Salernitana e impose che i medici superassero degli esami prima di esercitare.Il tentativo di Federico di accentrare l’amministrazione del Regno e ridurre il potere dei feudatari locali (soprattutto ordinando la distruzione delle fortificazioni che potessero rappresentare un potenziale pericolo per il potere centrale) incontrò molte resistenze nella parte continentale del regno, tra queste principalmente quella del conte di Bojano, Tommaso da Celano.

Giunto a Melfi, l’imperatore fu accolto con calore dalla locale popolazione. Nella località melfitana Federico II trascorse il suo tempo libero, dedicandosi alla caccia con il falcone, poiché le zone boschive del Vulture erano ideali per il passatempo da lui preferito. Nel castello di Melfi Federico II, con l’ausilio del suo fidato notaio Pier delle Vigne, emanò le Constitutiones Augustales nel 1231. Note anche come Costituzioni di Melfi o Liber Augustalis costituiscono la prima raccolta organica di leggi dell’antica Roma e rappresentano il codice legislativo del Regno di Sicilia, fondato sul diritto romano e su quello normanno delle Assise di Ariano. Il Liber Augustalis è considerato tra le più grandi opere della storia del diritto per l’importante  recupero delle antiche leggi normanne, di cui si sono conservati pochissimi documenti.

Le Constitutiones Augustales  prevedevano:

  • l’accentramento dei poteri nelle mani del sovrano
  • il pagamento di un’imposta da parte di tutti i sudditi
  • la costituzione di un esercito permanente, che dipendeva direttamente dal Re
  • un’unica unità di misura e di peso in tutto il regno, che venne poi abbandonata per essere ripresa, adottata ed imposta dopo molti secoli da Napoleone Bonaparte.

Negli anni seguenti Federico si dedicò a riordinare il Regno di Sicilia, eludendo le continue richieste del papa Onorio III di intraprendere la crociata. Ma nel 1227 il nuovo papa, Gregorio IX, lo colpì con una scomunica a causa della sua inerzia.

Si racconta, e vi sono testimonianze e documenti, sulle  BENDE di CRISTO di Frederick Avril de Burey d’Anjou Hohenstaufen Plantagenet, figlio di Isabella d’Inghilterra e Federico II, scoperte nel 1997 dalla Principessa Kathryn von Hohenstaufen negli Archivi russi di Famiglia, oggi sotto l’alto patrocinio dell’UNESCO. Il volto di Cristo appare intatto dalle Bende rinvenute e custodite allora da Federico II. Esse erano celate dietro un arazzo russo negli archivi cistercensi  di famiglia, assieme a documenti  inediti dei monaci benedettini di Lorche che asserivano  la presenza delle reliquie del Golgota presso il Monastero di Lorche degli Hohenstaufen.

Nella primavera 1228, Federico, prima di partire per la Terrasanta, sapendo che, in sua assenza, il Papa avrebbe riunito i suoi oppositori in Sicilia e in Germania e minacciato la Lombardia e il suo Regno Meridionale, celebrò  (come riferito dal cronista Riccardo di San Germano) la Pasqua a Barletta “in omni gaudio et exultatione“.

Il mese dopo, sempre a Barletta,  convocò un’assemblea  pubblica e comunicò personalmente  le sue decisioni:  in sua assenza  «… Rainaldo di Urslingen, già Duca di Spoleto, sarebbe divenuto suo sostituto in Italia; qualora fosse morto in Crociata, il figlio Enrico, già Re dei Romani, e in seconda istanza il piccolo Corrado sarebbero diventati suoi eredi».

Corrado era nato pochi giorni prima ad Andria, il 25 aprile del 1228, da Jolanda de Brienne, erede al trono di Gerusalemme,  sposata e morta in seguito  al parto. E poiché tutte le mogli dell’imperatore morivano dopo i parti, molti furono i sospetti e le illazioni che si sollevarono nei suoi confronti.

Federico fu costretto a partire, ma la sua fu una Crociata del tutto particolare: invece di combattere i musulmani, intavolò un lungo negoziato con il nemico, il sultano d’Egitto, ottenendo la consegna di Gerusalemme, Betlemme, Nazareth e garanzie di movimento per i pellegrini. Durante le trattative si intrattenne in discussioni filosofiche e scientifiche con dotti musulmani, il che gli procurò critiche e accuse di miscredenza.

Nel 1229 fu incoronato Re di Gerusalemme nella Basilica del Santo Sepolcro, anche per i diritti acquisiti come sposo di Jolanda di Brienne, figlia di Giovanni re di Gerusalemme, sposata in seconde nozze nel novembre del 1225, dopo la morte di Costanza .

La Terrasanta ebbe una speciale importanza nella vita di Federico II fin dal momento della sua incoronazione, avvenuta ad Aquisgrana il 25 luglio 1215, quando levò in alto la Croce, promettendo di impegnarsi personalmente, come crociato, alla riconquista dei luoghi santi e in particolare alla liberazione del Santo Sepolcro di Gerusalemme per il bene degli Stati crociati. Federico II era mosso da un sincero sentimento di riconoscenza per i successi inaspettati ottenuti in Germania, che egli attribuiva all’aiuto diretto di Dio, e si manteneva fedele alla tradizione e agli scopi dei suoi antenati e predecessori Svevi, fra i quali  il nonno Barbarossa e suo padre, Enrico Vl imperatore.

Egli evidenziò solennemente i due aspetti della sua presenza a Gerusalemme e delle sue attività in Oriente, quando si presentò in pubblico con la corona in testa. Volle dimostrare, proprio vicino al Sepolcro di Cristo, la sua gratitudine verso Dio per averlo guidato splendidamente durante la Crociata. Allo stesso tempo volle mostrare in un modo impressionante che egli era l’attuale detentore dell’autorità regia a Gerusalemme.

Lasciò Gerusalemme in fretta dopo due giorni. Aveva dei nemici di cui occuparsi. Restò ben cinque settimane ad Acri, tentando invano di sottomettere il locale patriarca ed i Templari anche con la forza militare.  Di certo fu un atto necessario per la tutela della sua autorità regale, poiché il patriarca aveva ignorato, di proposito, la sovranità regia di Federico, reclutando truppe per proteggere il regno.  Poi, a causa delle cattive notizie che provenivano dall’Italia, dovette ripartire.

E si ritrovò a lottare contro il papa …

Federico contravvenne agli impegni presi col papa. Non solo la sua crociata in Terrasanta era finita con un negoziato, ma egli non aveva nemmeno rinunciato, una volta divenuto imperatore, al Regno di Sicilia, così come richiesto da Innocenzo III. La tensione col papato toccò il limite di guardia in più occasioni.

Nel 1241 Federico catturò al largo dell’isola d’Elba i prelati che intendevano raggiungere Roma per partecipare al Concilio generale indetto dal papa al fine di scomunicarlo. Nel 1245 il pontefice Innocenzo IV volle indire un nuovo Concilio, per sicurezza a Lione, in Francia, dove Federico fu accusato di spergiuro, rottura della pace, bestemmia ed eresia e l’assemblea deliberò la sua deposizione dal trono. La decisione conciliare però non ebbe mai alcun effetto pratico.

Finché l’imperatore non si ritrovò a battersi …  contro i Comuni italiani

L’imperatore si scontrò  anche con i Comuni che volevano preservare la propria autonomia dalle sue pretese di sovranità. A tal fine essi ricostituirono la Lega lombarda che si era già opposta, per gli stessi motivi, al nonno  Federico I Barbarossa.

Nel 1237 a Cortenuova sull’Oglio Federico piegò la 2° Lega Lombarda ma invece di cercare un accordo favorevole per le parti, cercò di imporre una resa incondizionata. La lotta allora riprese e questa volta al fianco dei Comuni si schierò anche il Papa, che scomunicò per la seconda volta lo Svevo (1239).

Federico conobbe l’amarezza della sconfitta. Nel 1248 a Vittoria, presso Parma, subì una grave disfatta; l’anno dopo i Bolognesi catturarono a Fossalta Enzo, figlio prediletto dell’imperatore (morto prigioniero nel 1272).

La corte federiciana a Palermo. La sete di sapere spinse Federico II a ospitare presso la sua corte importanti personalità della cultura. A lui si devono le traduzioni di opere della tradizione filosofica greca e araba fino allora sconosciute, in particolare quelle di Aristotele. Ebbe rapporti col celebre matematico Leonardo Fibonacci di Pisa, il quale introdusse l’uso dei numeri arabi, abbandonando i numeri romani e l’abaco, con dotti ebrei, arabi e greci.

Personalità di rilievo al suo fianco fu quella di Pier delle Vigne, suo stretto collaboratore e portavoce. Giurista, notaio, creatore di un nuovo stile epistolario, inventore del sonetto e della metrica, Pier delle Vigne, forse per una congiura di palazzo,  fu condannato dal suo imperatore per alto tradimento. Dante Alighieri lo collocò nel 7° cerchio, 2° girone dell’Inferno, fra color che furono violenti contro se stessi.  Altri studiosi della cui collaborazione si avvalse furono: il poeta Jacopo da Lentini, l’allora famoso matematico Michele Scoto.

In De arte venandi cum avibus, suo trattato sulla caccia col falco, l’imperatore dimostrò uno spiccato interesse naturalistico. Era affascinato dalla filosofia della Scuola di  Averroè, matematico, giurista e filosofo arabo. Molti gli interrogativi, quaestiones sicilianae, che Federico sottopose a scienziati e filosofi arabi in merito all’immortalità dell’anima e che sono riportati nel Trattato di Ottica.

Favorì la Scuola poetica siciliana e compose poesie amorose. Collezionò sculture e cimeli antichi e si fece riprodurre copie di opere del passato. Inoltre seguì personalmente il progetto della Porta di Capua, un monumento ricco di riferimenti all’antichità romana, che, all’ingresso del Regno, doveva testimoniare i valori cui si ispirava la sua monarchia. Negli augustali, monete d’oro che egli mise in circolazione nel 1231, Federico era raffigurato coronato d’alloro come gli imperatori romani.

Sviluppò nel regno una rete di castelli, per esigenze di controllo territoriale e per favorire i suoi svaghi, come la caccia: il più celebre è Castel del Monte, presso Bari, dalla singolare pianta ottagonale, oggi tutelato dall’UNESCO in quanto patrimonio dell’Umanità.  Resta tuttora misterioso l’uso che Federico II fece di quel castello. Si narra che vi svolgesse alcuni esperimenti scientifici anche crudeli.

Promosse la costruzione di architetture religiose: ex novo, la cattedrale di Altamura, edificio  che si può definire federiciano, e i loca solaciorum nella Capitanata di Foggia. La Puglia, terra amatissima, era “la pupilla dei suoi occhi”. La  stessa città di L’Aquila fu fondata, su progetto  dell’Imperatore Federico II di Svevia, a opera del suo erede  Corrado IV (1254 e 1266).

Nel Medioevo, per volontà di Federico II, Sulmona fu sede del Giustizierato d’Abruzzo e capoluogo amministrativo della regione dal 1233 al 1273. Gli Svevi sostennero sempre Sulmona, costringendo il vescovo a porre la sua sede entro le mura della città, e Federico II promosse la costruzione di eccezionali opere civili, come l’acquedotto medioevale, uno dei monumenti dell’epoca più importanti in Abruzzo.

Chi fu dunque Federico? Anticristo o Messia? Dagli inizi degli anni Quaranta attorno a Federico si creò una leggenda negativa che lo identificò quale nemico di Dio, l’Anticristo da combattere con ogni mezzo. Sul versante opposto vi era invece chi vedeva in lui il Messia, inviato sulla Terra da Dio a riformare la Chiesa corrotta, così come, con altri mezzi, aveva tentato di fare Francesco d’Assisi. In realtà Federico coltivò forme di autentica devozione religiosa e in nessun momento mise in discussione l’istituzione papale. Ne contestò però con forza il primato rispetto all’impero.

L’imperatore morì mentre cercava di reagire alle disfatte subite in Italia settentrionale. La fine, peraltro predetta, avvenne nel suo luogo di soggiorno preferito, Castel Fiorentino (presso Foggia), il 13 dicembre 1250.

La salma fu portata a Palermo e collocata in un sarcofago nella cattedrale. Nel suo testamento designò il figlio Corrado come erede e, nell’attesa dell’arrivo di questi dalla Germania, il figlio naturale Manfredi come reggente.

Morto Federico, i suoi nemici ebbero il sopravvento e gli Svevi persero quel Regno di Sicilia che aveva conosciuto un periodo di così vivido splendore sotto i Normanni Altavilla e sotto lo Svevo.

 

Poi che ti piace, Amor


Poi che ti piace, Amor
che degia trovare,
farò ‘nde mia possanza
ch’io vegna a compimento.
Dat’agio lo mio core
in voi, Madonna, amare,
e tuta mia speranza
in vostro piacimento;
e non mi partiragio
da voi, donna valente,
ch’io v’amo dolzemente
e piace a voi ch’io agia intendimento.
Valimento mi date, donna fina,
ché lo meo core adesso a voi s’inchina
.

Federico II di Svevia

(versione in lingua fiorentina della poesia che Federico II dedicò a Bianca Lancia, madre di Manfredi, donna amatissima dall’imperatore)

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