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“UNA PERLA…DA UN GRANELLO DI SABBIA”-DI MONIA CIMINARI

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“Quando un granello di sabbia penetra in un’ostrica, aggredendola, l’animale reagisce producendo una sostanza che si deposita intorno al granello e la trasforma. L’aspro granello viene dunque modellato fino ad assumere la forma nuova di una perla preziosa” (Cyrulnik,1999).

Redazione-A fronte di eventi devastanti e spigolosi i bambini, a volte, reagiscono restituendo qualcosa di sorprendente. Grazie al progetto “un racconto per amico” i volontari  di  Nati per Leggere della Provincia di Macerata hanno cercato di ascoltare e rielaborare le storie dei bambini vittime del terremoto del Centro Italia, per trasformare il granello di sabbia in una pietra preziosa. La resilienza è la capacità insita nell’essere umano di affrontare le esperienze difficili della vita per uscirne vincitori. Un processo che consente di reagire ai granelli imprevedibili e dirompenti, riscoprendo e riattivando, a volte, le proprie risorse, così da poter ritornare protagonisti e attori della propria vita. Da qui, la possibilità di tornare a guardare al futuro con la fiducia e la voglia di ricominciare. Non c’è una modalità standard per insegnare la resilienza, ma certamente c’è la necessità di creare un ambiente aperto all’ascolto delle esigenze del bambino per la ricerca di metodi e attività didattiche adeguate.

Fondamentale è l’unione di intenti che ruotano intorno al discente, insieme alla volontà di perseguire i propri obiettivi formandosi e condividendo le

diverse esperienze. È indispensabile organizzare le attività anche in ambienti di tipo cooperativo, cioè in un quadro facilitatore in cui l’apprendimento è il prodotto di una comunità che non intende arrendesi alle difficoltà, ma vuole potenziare la dimensione sociale e affettiva, che più favorevolmente stimola lo sviluppo del livello di autostima e l’immagine che il bambino ha di sé.

Un valido fattore di resilienza è dunque la socializzazione: quanto più numerose saranno le persone sulle quali poter contare, tanto più elevate saranno le possibilità di successo.

La presenza di persone disposte all’ascolto consente di mettere in atto un altro tutore della resilienza: il racconto. In un primo momento si tratterà di una narrazione a se stessi dell’accaduto, del suo significato e della sua collocazione all’interno della propria esistenza. E’ stato utile anche organizzare esercizi di ri-organizzazione di ciò si è espresso. Finita, ad esempio, una narrazione bisogna  guardare, in qualche modo, tutto quello che è stato fatto, perché solo così si può stabilire una rete di connessioni fra ciò che è stato appreso e ciò di cui si è fatto esperienza. Talvolta è opportuno non fornire la risposta, perché le risposte non ci sono, ma bisogna trovarle, solo così i bambini potranno affrontare le proprie paure, chiamandole con il loro vero nome.

I bambini hanno, piano,piano, preso coscienza del loro corpo, della loro mente e del loro cuore. Tramite le loro produzioni individuali e corali essi hanno intessuto un laboratorio sull’elaborazione delle paure da esprimere, comunicare, superare insieme: perché solo rispettando le nostre emozioni, tratti caratteristici e valori contestuali potremo ripartire daccapo da ogni caduta per poi rialzarci e condividerla insieme.

C’è stato un processo di:

  1. Story finding, le storie sono state prima pensate;
  2. Story telling, comunicate ed espresse;
  3. Story recordstruction, sono state registrate, condivise, concettualizzate, ristrutturate….

In ogni momento della vita possiamo avvalerci di strategie di coping che ci possono condurre verso la resilienza. I bambini sembrano essere avvantaggiati in tal senso, perché sono in grado di mettere in atto cambiamenti molto più profondi degli adulti, che, spesso, sono irrigiditi dalle loro esperienze e costrizioni del mondo. In definitiva, però, siamo noi adulti che,purtroppo, dobbiamo far capire ai nostri figli, nipoti, alunni che nessuna sofferenza è irrimediabile, ma che può essere trasformata e vissuta come occasione di cambiamento e di miglioramento di se stessi e degli altri e che forse, saprebbero meglio insegnarcelo loro, perché sono loro quelli più vicini alle nostre emozioni.

Concludo con una frase tratta dal libro “Vicini alla terra”di Silvia Balestra:

“Quando lo sconforto sale e l’angoscia si stringe intorno al futuro, lo sguardo buono di un animale capace di affidarsi completamente ci ricorda che solo rimanendo uniti possiamo rialzarci, solo ripartendo dai più vicini alla terra riporteremo alla vita ciò che

è stato distrutto…”.

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