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NON SOLO DISPUTE-VALTER MARCONE

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Redazione- Sicuramente molti avranno letto il romanzo di  ambiente  medievale “ Il nome della rosa “di Umberto Eco e  soprattutto visto il film  che è stato tratto da quel romanzo  .Un film del 1986 diretto da Jean-Jacques Annaud. Scritto da Andrew Birkin, Gérard Brach, Howard Franklin e Alain Godard, è tratto dall’omonimo romanzo di Umberto Eco del 1980. Il titolo, “Il nome della rosa”, riprende il motto del romanzo comparso anche nel film: “ stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus”, che tradotto significa” l’antica rosa rimane (solo) nel nome, noi possediamo soltanto nudi nomi”.  Un romanzo e un film che a distanza ormai di quarant’anni conservano il loro fascino.  Il racconto  di una investigazione all’interno di un monastero a causa di morti sospette da  parte  di Guglielmo da Baskerville, frate francescano, già inquisitore, che  si reca al monastero in cui si svolgono i fatti che vengono narrati dal suo discepolo Adso da Melk  da anziano molti anni dopo . Il frate francescano raggiunge il convento  dietro richiesta dell’imperatore, in qualità di mediatore fra il papato, l’Impero e l’ordine francescano nell’ambito di un incontro che si terrà nell’abbazia. Il romanzo è ambientato nel 1327 in un monastero benedettino dell’Italia settentrionale

Ho ricordato” Il nome della rosa”  non tanto per riferirmi alle dispute  tra impero e papato , in particolare quella chiamata “disputa tra sacerdozio e impero”, un conflitto tra potere temporale, rappresentato dall’  Imperatore del Sacro Romano  Impero i e la chiesa cristiana occidentale, quanto per  parlare delle dispute tra  domenicani e francescani.   (1)

In quel romanzo c’è un accenno di disputa  tra papato e ordine francescano. Il tema era quello della povertà  perché com’è  noto la Regola francescana  imponeva la povertà mentre la Chiesa sosteneva  che comunque  si volesse intendere la questione ( la principale era  per esempio  se la tunica di Gesù fosse davvero la sua ) rimaneva  sempre un residuo minimo di proprietà . I francescani avevano dalla loro parte  in questa disputa menti  eccezionali  e raffinate  come fra’ Giovanni Duns Scoto, passato alla storia come il “dottor sottile”, e fra’ Guglielmo da Occam, noto per il suo “rasoio”, il papato gli schierò contro i migliori teologi e inquisitori domenicani.

In realtà dunque quella disputa era tutta   tra francescani e domenicani .Ma prima di  esaminare seppure brevemente qualche disputa e disaccordo tra i due ordini   voglio  cercare di  definirne  le affinità  e le differenze tra questi due ordini  . E lo faccio con una mirabile pagina del Dialogo della Divina Provvidenza  di Santa Caterina da Siena, lei stessa domenicana a cui l’Eterno Padre  spiega appunto  affinità e differenze tra i due ordini   (2)   :

“Pensa a Francesco: con quale perfezione e profumo di povertà, con le perle delle virtù, egli ordinò la navicella del suo Ordine, drizzandone la prua verso l’alta perfezione – ed egli per primo la praticò – dando ai suoi fratelli per sposa la vera e santa povertà, che per primo egli aveva eletta per sé, abbracciando la mortificazione.
Spiacendo a se stesso, non desiderava di piacere ad alcuna creatura, ma solo alla mia volontà; anzi desiderava di essere calpestato dal mondo, macerando il corpo e uccidendo la volontà, vestito di obbrobri, pene e vituperi per amore dell’umile Agnello, con il quale si era confitto e inchiodato sulla croce per slancio d’amore. Tanto che per grazia singolare apparvero nel suo corpo le piaghe della mia Verità, così che appariva esteriormente, nel vaso del suo corpo, quel che albergava nell’affetto del suo animo. In questo modo egli aprì la via ai suoi fratelli.
Ma tu dirai: Forse che le altre navicelle, cioè gli altri Ordini religiosi, non sono fondate sullo stesso fondamento della povertà? Sì, ma anche se così fosse, in ognuna può non essere la virtù principale, perché avviene quel che avviene delle virtù: che tutte hanno vita dalla carità, e tuttavia, come ti ho detto altrove, a chi è propria l’una e a chi l’altra, anche se tutte stanno nella carità. Così è di questi. Al poverello Francesco fu propria la vera povertà, di cui egli fece il principio della sua navicella, per slancio d’amore, con strettissima osservanza che è di gente perfetta e non comune, di pochi e buoni. ‘‘Pochi’, dico, perché non son certo molti quelli che scelgono questa perfezione. Ma per il moltiplicarsi dei difetti si sono moltiplicati in numero e diminuiti in virtù, e ciò non già per difetto della navicella, ma per la disobbedienza dei sudditi e dei cattivi governatori.

Se tu poi pensi alla navicella del padre tuo, Domenico, mio figlio diletto, egli l’ha ordinata perfettamente, perché volle che i suoi attendessero solo all’onore mio e alla salvezza delle anime col lume della scienza. Su questo lume volle porre il suo principio, non togliendo però la povertà vera e volontaria. Anzi, l’ebbe, e in segno di povertà e di odio per il suo contrario, lasciò per testamento in eredità ai suoi figlioli la sua maledizione, qualora essi possedessero o tenessero qualcosa per sé, in comune o in privato: segno che egli aveva eletta come sua sposa questa regina che è la povertà.
Ma quale obiettivo più specifico egli scelse il lume della scienza, per estirpare gli errori che in quel tempo si erano diffusi. Egli assunse dunque l’ufficio del Verbo unigenito mio Figlio. Addirittura un apostolo egli sembrava nel mondo, tanta era la verità e il lume con cui seminava la mia parola, togliendo via le tenebre e donando luce. Egli fu un lume che Io offrii al mondo per mezzo di Maria, posto nel corpo mistico della santa Chiesa come estirpatore di eresie. Perché ho detto ‘‘Per mezzo di Maria’? Perché a lei fu commesso dalla mia bontà l’ufficio di dargli l’abito.
Su quale mensa egli fa nutrire i suoi figlioli col lume della scienza? Alla mensa della croce; sulla croce è posta la mensa del santo desiderio, dove ci si ciba di anime in mio onore. Egli non vuole che i suoi figli ad altro attendano che a stare su questa mensa col lume della scienza, cercando soltanto la gloria e la lode del mio nome e la salvezza delle anime. E affinché niente li distragga, toglie loro la cura delle cose temporali, e vuole che siano poveri. Forse che mancava di fede, temendo che non fossero poi provveduti del necessario? No, ché anzi tanto ne era rivestito, che sperava fermamente nella mia provvidenza” (Dialogo della Divina Provvidenza, versione in italiano corrente a cura di M.A. Raschini, pp. 432-435).

In realtà dal punto di vista storico  i francescani  per dirla sbrigativamente  con  le informazioni da wilkipedia  che cita  L. Di Fonzo, Voce Frati Minori, in: Dizionario degli Istituti di Perfezione, vol. 4, Roma, Edizioni Paoline, 1977, col. 465. : “Con il nome Ordine francescano (Ordo Franciscanus o Ordo Minorum) viene indicato, per antonomasia, quello dei Frati Minori nel suo complesso, il cosiddetto “Primo ordine”, fondato da San Francesco d’Assisi nel 1209, rimasto giuridicamente unitario fino al 1517, e i cui membri – dal nome del fondatore chiamati appunto “francescani” – oggi «sono oggi raggruppati nelle tre famiglie, pari e indipendenti, dei Frati Minori (O.F.M., già detti Osservanti, Riformati, etc.), dei Frati Minori Conventuali (O.F.M.Conv.) e dei Frati Minori Cappuccini (O.F.M.Cap.), professanti tutti l’identica Regola del fondatore (1223), ma con costituzioni, tradizioni e caratteristiche proprie»[1].Questi tre ordini maschili, a cui appartiene a pieno titolo l’originaria denominazione di “Ordine dei Frati Minori” formano l’Ordine francescano.

Mentre i domenicani  secondo il Dizionario Treccani  è composto da : “Religiosi appartenenti all’ordine dei predicatori fondato da S. Domenico di Guzmán nel 1206 e approvato da Onorio III il 22 dicembre 1216. La salvezza delle anime mediante la predicazione e l’insegnamento è la finalità dell’ordine. Contemplata aliis tradere è il suo motto, che include due vite: la contemplativa e l’attiva. Con la prima l’ordine prese dal monachismo tutte le osservanze regolari, l’ascetismo, il silenzio e le pratiche penitenziali e liturgiche, innestandovi, con lo studio e la predicazione, l’attività più ampia, creando così un tipo nuovo rispondente ai tempi. Dall’equilibrio tra la vita attiva e la contemplativa è dipesa la fioritura o la decadenza dei domenicani. Tutte le cariche dell’ordine sono elettive e il superiore conferma l’inferiore. Il superiore generale fino al 1804 era a vita, ora è eletto per dodici anni. I capitoli generali, ora triennali, hanno il potere legislativo, e le ordinazioni per avere forza di legge debbono essere approvate in tre capitoli consecutivi. I domenicani hanno la regola di S. Agostino, ma si governano con costituzioni proprie, sotto l’alta direzione della S. Sede. Il loro abito è tonaca e scapolare bianco, con cappa e cappuccio nero; i conversi hanno scapolare nero. Lo stemma è la croce gigliata.”

Con la fioritura della scolastica si affacciano due nuovi movimenti culturali facenti capo rispettivamente a due neonati ordini religiosi: domenicani e francescani. Questi due ordini mendicanti sorsero come risposta da un lato al crescente sorgere delle eresie e dall’altro come sottesa critica al progressivo allontanamento della Chiesa dall’originario ideale di povertà.

Sul piano più prettamente filosofico mentre dominicani aderirono sempre più alle tesi elaborate da Alberto Magno è da Tommaso d’Aquino che avevano costruito una teologia a partire da un aristotelismo contaminato (3) con alcuni elementi del neoplatonismo agostiniano, i Francescani rimasero legati alla filosofia agostiniana (4)  ispirandosi a Giovanni Fidanza ovvero Bonaventura da Bagnoregio (1221-1274). Pertanto mentre i primi difendevano la filosofia aristotelica come strumento per consolidare la teologia, i secondi la criticavano. Parte della disputa tra francescani e domenicani si dispiegherà proprio sulla diversa reazione di fronte al pensiero di Aristotele.

Scrive il prof. Bernardo Croci ,curatore del sito Storia delle idee della filosofia e della scienza occidentale ,a proposito delle condanne all’aristotelismo  promosse dai francescani e all’idea domenicana di non contrastarlo ma  conciliarlo con la fede cristiana : “in un primo momento sembrò prevalere la linea francescana che condannava ogni forma di aristotelismo, su quella domenicana. L’inconciliabilità dell’aristotelismo con il cristianesimo era portato avanti dai francescani non solo per l’opposizione all’ordine domenicano, ma anche perché la filosofia dello stagirita si presentava come una verità assoluta e quindi sembrava non ammettere compromessi con un altro sistema di verità altrettanto assoluto come il cristianesimo. In particolare l’inconciliabilità era dovuta all’ispirazione esclusivamente razionale della dottrina aristotelica, dove non vi sono temi di carattere spirituale e religioso, come invece in quella platonica. In Aristotele non vi era nessun accenno alla dottrina della salvezza, il primo motore immobile sembrava una causa esclusivamente meccanica dei fenomeni naturali, l’analisi dell’uomo era condotta prevalentemente in vista della sua vita in questo mondo. Nel 1270 i francescani ottennero la condanna di diverse tesi aristoteliche   (5)   e nel 1277 convinsero il vescovo di Parigi a condannarne altre 216 tra cui alcune elaborate proprio da Tommaso d’Aquino. Ancora nel 1288 si aggiungeranno altre condanne da parte dell’arcivescovo di Canterbury.”

Nel frattempo però l’opera dei domenicani stava iniziando ad avere i suoi effetti, e l’aristotelismo iniziava a fare breccia nelle istituzioni ecclesiastiche. Va anche sottolineato che proprio per la specificità dell’ordine i domenicani progressivamente avevano assunto ruoli chiave nell’inquisizione e potevano pertanto far valere le loro idee da una posizione di forza. I domenicani compresero che solo l’aristotelismo poteva offrire una dottrina scientifica del mondo naturale così come richiesto dal nascente sviluppo della nuova civiltà comunale,  (6 )   permettendo così alla Chiesa di non rimanere ai margini del realtà civile e di poter diversamente continuare il suo ruolo di guida anche nei nuovi processi di cambiamento della società europea.   (7 )

 La storia delle dispute tra domenicani e francescani in merito alla Vergine è lunga e parte dalla Immacolata concezione (Santa Maria dei Voti nasce proprio grazie ai fondi raccolti in un confronto in piazza San Pietro – l’attuale piazza Sordello – tra il domenicano Vincenzo Bandello e il francescano Bernardino da Feltre), dalla dormitio virginis (rappresentata nella piccola tavoletta di Andrea Mantegna, oggi al Prado a Madrid, con lo splendido panorama di Mantova visto dal Castello di San Giorgio) e dall’Assunzione (disputa risolta da Pio XII con il dogma del 1950).

Per ricostruire questa disputa  la  Galleria dell’Accademia di Firenze ha  organizzato  lunedì 13 maggio 2019 una giornata di studio dedicata al tema della Disputa sul dogma dell’Immacolata Concezione.

“L’Immacolata Concezione di Maria, ovvero la dottrina della Chiesa secondo la quale la Vergine è stata preservata immune dal peccato originale, iniziò ad apparire in opere artistiche fin dal Medioevo, quando si accese un aspro dibattito teologico che vedeva schierati da una parte i Francescani e l’Ordine Benedettino e, dall’altra, i Domenicani, fedeli al pronunciamento contrario di san Tommaso d’Aquino. A partire dalla seconda metà del Quattrocento, il pontificato di Sisto IV (1471-1484) diede grande impulso al culto della Vergine. Contemporaneamente, i sovrani spagnoli si impegnarono in un’intensa campagna volta alla promulgazione del dogma per ragioni politiche legate alla Riforma protestante. Agli inizi del Cinquecento, all’apice del contrasto dottrinale con l’Ordine Domenicano, venne elaborato in Toscana, in ambito francescano, un tema iconografico originale, quello della Disputa dei Dottori della Chiesa sull’Immacolata Concezione, in cui gli artisti ritraevano il loro parere contrastante. I Francescani, in particolare, utilizzavano queste immagini sacre come ‘palinsesto’ per la loro predicazione.”  (8)

Non solo dispute però .Anche  perché l’opera dei Francescani insieme a quella dei Domenicani, risulterà decisiva per attuare una moderata riforma della Chiesa, per migliorare i suoi rapporti con la società comunale e per rafforzarla contro le eresie. Il compito della lotta anti – eretica spetta in particolare al movimento domenicano, fondato dallo spagnolo  Domenico di Guzman: i domenicani sembrano un solido esercito feudale all’attacco delle cittadelle eretiche. Per convincere gli eretici, i francescani si avvalgono dell’esempio della loro radicale povertà e di una vita dedita all’amore e alla rinuncia di ogni piacere.  Il domenicano utilizza altre armi: predica e convince adeguando volta in volta la scelta dei temi e del linguaggio al suo uditorio. Ai domenicani Innocenzo affida i tribunali dell’inquisizione.

Nella sua  Catechesi all’Udienza generale di mercoledì 13 gennaio 2010 , Papa Benedetto XVI parla  come gli ordini Mendicanti del XIII secolo, francescani e domenicani, suscitati nella Chiesa in periodi di crisi, hanno saputo rispondere alle esigenze del tempo, con la santità della vita dei loro membri, ma anche con la parola e l’insegnamento retto della fede.

In sostanza Benedetto XVI afferma : “  I Francescani e i Domenicani, sulla scia dei loro Fondatori, mostrarono, invece, che era possibile vivere la povertà evangelica, la verità del Vangelo come tale, senza separarsi dalla Chiesa; mostrarono che la Chiesa rimane il vero, autentico luogo del Vangelo e della Scrittura . Anzi, Domenico e Francesco trassero proprio dall’intima comunione con la Chiesa e con il Papato la forza della loro testimonianza. Con una scelta del tutto originale nella storia della vita consacrata, i Membri di questi Ordini non solo rinunciavano al possesso di beni personali, come facevano i monaci sin dall’antichità, ma neppure volevano che fossero intestati alla comunità terreni e beni immobili. Intendevano così testimoniare una vita estremamente sobria, per essere solidali con i poveri e confidare solo nella Provvidenza, vivere ogni giorno della Provvidenza, della fiducia di mettersi nelle mani di Dio. Questo stile personale e comunitario degli Ordini Mendicanti, unito alla totale adesione all’insegnamento della Chiesa e alla sua autorità, fu molto apprezzato dai Pontefici dell’epoca,come Innocenzo III e Onorio III, i quali offrirono il loro pieno sostegno a queste nuove esperienze ecclesiali, riconoscendo in esse la voce dello Spirito. E i frutti non mancarono: i gruppi pauperistici che si erano separati dalla Chiesa rientrarono nella comunione ecclesiale o, lentamente, si ridimensionarono fino a scomparire. Anche oggi, pur vivendo in una società in cui spesso prevale l’”avere” sull’”essere”, si è molto sensibili agli esempi di povertà e di solidarietà, che i credenti offrono con scelte coraggiose. Anche oggi non mancano simili iniziative: i movimenti, che partono realmente dalla novità del Vangelo e lo vivono con radicalità nell’oggi, mettendosi nelle mani di Dio, per servire il prossimo. Il mondo, come ricordava Paolo VI nell’Evangelii nuntiandi, ascolta volentieri i maestri, quando sono anche testimoni. È questa una lezione da non dimenticare mai nell’opera di diffusione del Vangelo: vivere per primi ciò che si annuncia, essere specchio della carità divina. Francescani e Domenicani furono testimoni, ma anche maestri. Non pochi fedeli laici, che abitavano nelle città in via di grande espansione, desideravano praticare una vita cristiana spiritualmente intensa. Cercavano dunque di approfondire la conoscenza della fede e di essere guidati nell’arduo, ma entusiasmante cammino della santità. Gli Ordini Mendicanti seppero felicemente venire incontro anche a questa necessità: l’annuncio del Vangelo nella semplicità e nella sua profondità e grandezza era uno scopo, forse lo scopo principale di questo movimento. Con grande zelo, infatti, si dedicarono alla predicazione.

Non solo dispute quindi  ma anche risposte concrete  alle esigenze di ogni tempo , con la santità della vita dei loro membri, ma anche con la parola e l’insegnamento retto della fede.

( 1) La storia del Medioevo è incentrata proprio dalla lotta tra due poteri, entrambi convinti della loro legittimazione divina: il potere spirituale, rappresentato dalla Chiesa, ed il potere temporale, rappresentato dall’Imperatore. I contrasti nacquero da Carlo Magno in poi, ossia da quando gli Imperatori si appropriarono del diritto di disegnare i vescovi, affidando loro poteri civili e religiosi di gran rilievo. Ottone I, successivamente, pretesa il giuramento di fedeltà all’Imperatore dal pontefice, motivo per cui l’elezione del pontefice venne riservata al Collegio dei cardinali.  Lo scontro tra i due poteri si accese maggiormente quando il papa Gregorio VII emanò il Dictatus Papae, con il quale affermava la superiorità del pontefice non solo sull’Impero ma anche nella Chiesa stessa. L’imperatore Enrico IV reagì convocando a Worms un’assemblea, deponendo e scomunicando Gregorio VII. Il papa, quindi, intervenne immediatamente anch’egli, scomunicò l’Imperatore, il quale fu costretto a prostrarsi ai piedi del papa, il quale lo liberò dalla scomunica. Il concordato di Worms diede vita al diritto d’intervento all’investitura dei vescovi, non solo al pontefice ma anche all’imperatore.   Il concordato di Worms risolse i problemi inerenti le investiture, ma lasciò aperta la questione del primato tra i due poteri. Innocenzo III, infatti, era un forte sostenitore dell’ideale teocratico. La società, inoltre, si spaccò in due fazioni: i guelfi a favore della Chiesa romana, e i ghibellini pro-imperatore.

(2 )  Dialogo della Divina Provvidenza è un’opera scritta dalla visionaria e mistica ,la monaca domenicana Santa Caterina da Siena. L’opera  è appunto il frutto di queste estasi, opera dettata a dei discepoli che scrivevano alla sua presenza. Il Pontefice Paolo VI la fece diventare “Dottore della Chiesa”Il libro è diviso in 10 parti: «Proemio», «La dottrina della perfezione», «Inno della misericordia di Dio», «La dottrina del ponte», «La dottrina delle lacrime», «La dottrina della luce», «Il corpo mistico della santa Chiesa», «La Provvidenza divina», «L’obbedienza», «Conclusione».  Nella seconda parte del libro, il precetto «Ama il prossimo come te stesso» viene interpretato come il «donare la vita per la salvezza dei fratelli» (p. 39). È una visione della sofferenza molto concreta, e si traduce in un servizio offerto ai fratelli bisognosi. Nel rapporto con gli altri, continua Caterina, si migliorano le virtù e si riconoscono i vizi. «Tutti gli scandali, gli odi, le crudeltà e tutti i comportamenti cattivi hanno alla radice l’amor proprio» (p. 42). Questa affermazione di Caterina anticipa la visione del rapporto «io-tu» che verrà evidenziato da Martin Buber: rapporto nel quale l’altro funziona come uno specchio fedele dell’anima. Inoltre, esige un progresso continuo al livello umano e spirituale: è una chiamata universale alla santità e al compimento della missione personale nel concreto quotidiano.

(3 ) https://it.zenit.org/wp-content/uploads/2016/01/WIKI-Aristotle_Altemps_Inv8575.jpg,

(4 ) https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/9/97/Platonici.PNG/290px-Platonici.PNG

( 5 ) https://0.academia-photos.com/attachment_thumbnails/45871724/mini_magick20180818-24174-ipxl9a.png?1534632393

( 6 )  https://www.akg-images.fr/Docs/AKG/Media/TR3_WATERMARKED/e/4/2/1/AKG302202.jpg

( 7) http://www.storiadelleidee.it/index.php/il-medioevo/la-disputa-tra-domenicani-e-francescani

(8) https://www.gonews.it/2019/05/06/disputa-sul-dogma-dellimmacolata-concezione-giornata-studio-galleria/

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