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MILO DE ANGELIS : UNA POESIA TRA SILENZIO E PAROLA- DI VALTER MARCONE

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Redazione- Il 10 maggio 2022 è uscito nelle librerie italiane un classico del pensiero e della letteratura: il DE RERUM NATURA di LUCREZIO (Mondadori, 2022) interpretato e riscritto da uno dei maggiori poeti del nostro tempo Milo De Angelis.

Ma chi è Milo De Angelis .Un poeta che scrive :”In noi giungerà l’universo,/quel silenzio frontale dove eravamo /già stati.”(Millimetri 1983) ,versi che ci dicono che cos’è la poesia secondo lui e che cos’è la sua poesia. Una verità, una zona di noi nascosta ,la parte più essenziale della nostra vita. Infatti scrive sul suo sito on line :”Cosa è la poesia? Cosa sono queste righe che si interrompono e lasciano uno strano spazio bianco sulla pagina, cosa sono queste parole scritte su un foglio, queste parole scritte a matita, come diceva un poeta crepuscolare, poesie scritte col lapis…Forse nella punta di una matita, nella punta aguzza e fragile di una matita c’è il destino della poesia. A questo foglio – la cosa più vulnerabile del mondo – noi affidiamo la nostra verità, la nostra ombra, il nostro segreto, la zona nascosta e ardente della nostra voce, la parte più essenziale della nostra vita. Dentro questo alfabeto, che tra qualche secolo forse non esisterà più, noi custodiamo ciò che di più caro e insostituibile ci è stato dato. “(1)

Ma leggiamo per intero questa sua poesia dal titolo “Ora c’è la disadorna“ contenuta in Millimetri del 1983 :

In noi giungerà l’universo,

quel silenzio frontale dove eravamo
già stati

Ora c’è la disadorna
e si compiono gli anni, a manciate,
con ingegno di forbici e
una boria che accosta
al gas la bocca
dura fino alla sua spina
dove crede
oppure i morti arrancano verso un campo
che ha la testa cava
e le miriadi
si gettano nel battesimo
per un soffio.

Milo De Angelis vive a Milano, dove è nato nel 1951. Ha pubblicato Somiglianze (Guanda, 1976); Millimetri (Einaudi, 1983, ristampato da Il Saggiatore nel 2013); Terra del viso (Mondadori, 1985); Distante un padre (Mondadori, 1989); Biografia sommaria (Mondadori, 1999); Tema dell’addio (Mondadori, 2005); Quell’andarsene nel buio dei cortili (Mondadori, 2010); Incontri e agguati (Mondadori, 2015); Linea intera, linea spezzata (Mondadori, 2021). Ha scritto un racconto fiabesco (La corsa dei mantelli, Guanda, 1979, ristampato da Marcos y Marcos nel 2011) e un volume di saggi (Poesia e destino, Cappelli, 1982, ristampato da Crocetti nel 2019). Ha tradotto dal francese e dalle lingue classiche Racine, Baudelaire, Maeterlinck, Blanchot, Drieu La Rochelle, Eschilo, Lucrezio, Virgilio, Claudiano, Antologia Palatina. Nel 2008 è uscito Colloqui sulla poesia, dove appaiono le sue prime interviste, a cura di Isabella Vincentini, con un DVD di Viviana Nicodemo e Stefano Massari. Nello stesso anno viene pubblicato un volume che raccoglie tutta la sua opera in versi (Poesie, Oscar Mondadori, a cura di Eraldo Affinati). Nel 2017 pubblica presso Mimesis un secondo libro di interviste (La parola data, a cura di Luigi Tassoni, con DVD di Viviana Nicodemo) e presso Mondadori la raccolta completa dei suoi versi (Tutte le poesie 1969-2015 a cura di Stefano Verdino).

Pochi ma ricorrenti sono i temi , quasi ossessionanti della sua poetica. C’è al fondo una concezione tragica dell’esistenza tutta chiusa e conclusa tra la costante lotta tra due opposti che convivono e si attraggono . A questa situazione non c’è rimedio per cui nei versi De Angelis confluiscono toni e motivi in netto contrasto tra di loro . La coscienza del nulla e la fede nel destino sembrano proprio essere due punti di riferimento che De Angelis non solo affronta nelle sue poesie ma va anche a cercare nel mondo letterario come ha fatto questa volta con la traduzione di De rerum natura di Lucrezio.

Va ricordato che De Angelis ha al suo attivo traduzioni dal francese, dal greco e dal latino e che lavora come insegnante in una scuola carceraria. Probabilmente proprio questa esperienza induce la sua poesia ad esaltare il silenzio, che è il silenzio della cella, del ristretto passeggio per l’ora d’aria, della continua solitudine per lo stare soli con se stessi. Ecco che la sua poesia, come in genere la poesia, usa una lingua che sembra avere un solo scopo: sfiorare, sia pure per un attimo e nella più grande economia di mezzi, la parte essenziale e assoluta, e quindi silenziosa, della vita: “la nostra verità, la nostra ombra, il nostro segreto”.

Un silenzio, come quello per esempio dovuto all’isolamento e allo spopolamento dei luoghi di incontro a causa della pandemia da Covid 19 che è come un : “silenzio carcerario, ( che però)non essendo nutrito dal gioco degli incontri e delle esperienze umane, può diventare soffocante e ha bisogno di incursioni quotidiane nella memoria per ritrovare il suo calore. “

Ecco allora che dal silenzio tornano i fatti dimenticati, ostacolati, rimossi che appunto le parole della poesia aiutano a rendere concreti : “ La parola poetica è la più silenziosa tra le nostre parole. Vive nel bianco della pagina, s’interrompe prima di concludere la riga e respira di nuovo in quella successiva: morte e rinascita l’accompagnano sempre nel suo viaggio. È la più silenziosa perché viene da un luogo remoto, aspro, disabitato e compie un cammino lungo e solitario prima di affacciarsi sul foglio, un cammino a ostacoli, pieno di muri, dighe, posti di blocco e sbarramenti, nelle grotte più buie della nostra vita. “ (2)

Dunque una collisione nella poesia De Angelis tra silenzio e parola : “Tra il silenzio e la parola c’è un baratro. Non sono due luoghi confinanti. Non si arriva alla parola percorrendo una strada asfaltata e presentando i documenti alla dogana. Il sentiero si interrompe di fronte a un precipizio. Siamo lì, sul ciglio, guardiamo in basso e non vediamo il fondo. Guardiamo davanti a noi e non vediamo l’altra sponda. Ci guardiamo alle spalle e non troviamo più la via che abbiamo percorso. Non possiamo più tornare indietro. Dobbiamo saltare, dobbiamo affrontare un pericolo tragico, come dicevi nella tua domanda. Dal silenzio si arriva alla parola compiendo questo salto, rischiando la nostra vita. Un salto mortale, letteralmente. “

E oltre al silenzio anche la concezione del tempo che rende ogni cosa caduca come vedremo nella scelta di tradurre Lucrezio proprio per questa consonanza con il concetto di tempo di Lucrezio stesso. Un concetto che De Angelis esprimeva in questa sua poesia “Tutto era già in cammino “ da Tema dell’addio del 2005

Tutto era già in cammino. Da allora a qui. Tutto
il tempo, luminoso, sfiorava le labbra. Tutti
i respiri si riunivano nella collana. Le ombre
di Lambrate chiusero la porta. Tutta la stanza,
assorta, diventò il primo battito. Il nero
dei tuoi capelli contro il giallo dell’ultimo raggio.
Da allora a qui. Era il primo giorno dell’estate.
Il silenzio ci riempiva la fronte. Tutto era
già in cammino, da allora, tutto era qui, unico
e perduto, nostro e remoto, ardente. Tutto chiedeva
di essere atteso, di tornare nel suo vero nome.

Ma torno alla traduzione di De rerum natura attesissima, che ci permette di rincontrare Lucrezio con una versione che ricrea fedelmente lo spirito e la tensione interna dell’esametro lucreziano come non era mai accaduto prima, con tanta poetica adesione.

Come molti ricorderanno di questo poema hanno parlato poeti dell’antichità classica latina tra cui Ovidio e Virgilio . Per molti secoli si ritenne quest’opera perduta fino a quando l’umanista Poggio Bracciolini non ne rinvenne il manoscritto. Bracciolini fu l’intellettuale più attivo, e anche più fortunato, in questo campo. I suoi ritrovamenti furono importantissimi. Queste le sue parole per esempio nel trovare il manoscritto intatto di Quintiliano nel monastero di San Gallo : “« […]Un caso fortunato […] volle che, mentre ero ozioso a Costanza, mi venisse il desiderio di andar a visitare […] il monastero di S. Gallo, a circa venti miglia. Perciò mi recai là per distrarmi, ed insieme per vedere i libri di cui si diceva vi fosse un gran numero. Ivi, in mezzo a una gran massa di codici che sarebbe lungo enumerare, ho trovato Quintiliano ancor salvo ed incolume, ancorché tutto pieno di muffa e di polvere. Quei libri infatti non stavano nella biblioteca, come richiedeva la loro dignità, ma quasi in un tristissimo e oscuro carcere, nel fondo di una torre in cui non si caccerebbero neppure dei condannati a morte. E io son certo che chi per amore dei padri andasse esplorando con cura gli ergastoli in cui questi grandi son chiusi, troverebbe che una sorte uguale è capitata a molti dei quali ormai si dispera.» Fu in uno di questi viaggi alla ricerca di libri che Bracciolini ebbe la fortuna di scoprire il manoscritto del De Rerum natura. Una scoperta che lo rese famoso tra gli studiosi del suo tempo. Erano anni turbolenti e travagliati ( ma quali anni non lo sono ) tra i scima nella Chiesa, contrapposizione di Papi ad antipapi ,lotte feroci per il potere ma anche luminosissime affermazioni della dignità dell’uomo. A Costanza fu convocato nel 1414 un concilio. Bracciolini andò al seguito della corte papale. Durante questo viaggio, in uno dei monasteri sul lago di Costanza, avvenne il ritrovamento. Come dicevo il nome di Lucrezio era già conosciuto dall’antichità attraverso Ovidio, Cicerone e altri autori , e quindi anche dallo stesso Bracciolini che aveva studiato le fonti dell’antichità classica insieme a quella schiera di dotti che saranno chiamati “umanisti”. Ma «né lui né gli altri avevano letto più di uno o due scampoli della sua scrittura che, a quanto si sapeva, era andata perduta per sempre».Così scrive su questo ritrovamento Stephen Greenblatt autore di un romanzo-saggio, Il manoscritto,

Armando Felin nell’introduzione ad una delle più lette edizioni del De rerum natura ovvero quella della Utet scrive : “Nella seconda coppia di libri (III-IV) Lucrezio passa a trattare i problemi che concernono direttamente l’uomo: la psicologia e la teoria dei sensi. Il terzo libro svolge il tema dell’anima e della sua mortalità. S’apre con un nuovo elogio diEpicuro, che è forse la lirica lucreziana più alta e commossa. Di fronte alla natura rivelata dal genio del filosofo greco, il poeta sente un brivido di piacere sovrumano, l’horror che si prova dinanzi all’epifania di un dio.
La proposizione del tema (mortalità dell’anima) permette di porre l’accento sul motivo etico, che è qui la liberazione dal timore della morte e dell’oltretomba. Immediatamente balza in primo piano l’uomo, ed è ancora una volta l’uomo universale colto attraverso l’uomo romano, nell’esperienza viva ebruciante di quella società e di quel momento storico. Nella rassegna delle passioni e delle debolezze umane generate dal terrore della morte (v. 41 segg.), sono primi i sedicenti filosofi, i falsi spiriti forti che la sventura o il pericolo ributtano nelle pratiche superstiziose. “

Tutto qui, dunque , la ricerca di senso che ho voluto sottolineare richiamando l’attenzione su questa nuova traduzione dell’opera di Lucrezio contenuta proprio nei libri III e IV anche se Lucrezio non guarda solo alla vita dell’uomo ma anche a quella degli animali .

Con il ritrovamento rinascimentale l’umanità potè riappropriarsi di un’opera che conferma quello che di Lucrezio molti hanno sottolineato : “la ricerca di senso nella e della vita.” Che non è cosa da poco in assoluto nel nostro mondo e nella nostra cultura occidentale. Perchè già gli uomini di quel tempo in cui visse Lucrezio guardavano alla vita come un breve segmento tra due nulla. Da un nulla siamo venuti e ad un nulla torneremo . Una triste e angosciata constatazione che la cultura occidentale ha cercato di addolcire riempiendo per esempio il nulla a cui siamo destinati dopo la vita con un’altra vita o con la narrazione di un eroismo in vita ( per esempio la morte in battaglia a cominciare dal poema omerico dell’Iliade ) che istituisce il nostro “essere” per sempre.

Di fronte alla brevità della vita occorre ”saperla e poterla“ vivere ed è questo il senso che invoca Lucrezio. Ma è anche questo il messaggio che ci rimane perchè in questo mondo attuale la vita a volte non ha alcun valore. Guardiamo per esempio alle guerre che insanguinano il mondo ( se ne possono contare almeno 154 in corso sotto tutte le latitudini oltre quella russo-ucraina che sentiamo di più perchè in casa nostra )e che non sono più combattute da due eserciti che si fronteggiano in battaglia ma con azioni e raid e bombardamenti che spesso hanno come obiettivo le popolazioni civili inermi .Una vita che non vale niente in quanto, parlando per esempio di globalizzazione e delle ragioni della globalizzazione , gli individui e la loro vita vengono ritenuti scarti come molte volte ha ricordato anche lo stesso Papa Francesco .

Milo De Angelis studioso del mondo antico presenta il più misterioso degli scrittori latini, Lucrezio, che ha descritto con voce potente i disastri della natura: terremoti, nubifragi, pestilenze, cataclismi di ogni genere che spesso entrano nella mente dell’uomo e lo immergono nella pazzia. De Angelis, nella compagine del Festival del classico 2020 magistrale Studenti e studentesse del Liceo Classico Umberto I di Palermo prima della lettura dei versi da lui tradotti ha per esempio chiarito cosa per lui significhi e comporti il “tradurre”: portare fuori, immaginare , supporre. Il risultato di tale traduzione definita “poetica” e non letterale, perché eseguita “nello stile del nostro tempo”, è la presentazione del poeta-filosofo Lucrezio come un uomo a noi vicino, quasi contemporaneo nella sua visione della natura e dell’uomo nelle sue angosce e nelle sue brame.
Nel sito del festival del classico si possono leggere per intero le argomentazioni esposte da De Angelis e dagli altri commentatori su il De Rerum natura . “Un un poema sicuramente gnoseologico, ma soprattutto cosmico in quanto Lucrezio, nei suoi momenti di apparente lucidità, dipinge tutte le sfaccettature del mondo in cui lui stesso si sente quasi imprigionato. L’universo ci appare un luogo in cui le “generazioni usurpano le generazioni” in un vortice incessante, il mondo una “giostra eterna” che consuma gli atomi dei corpi, la natura una forza creatrice e distruttrice allo stesso tempo, drammatica, matrigna e soffocante in cui l’uomo si perde abbandonato da qualsiasi divinità. Lo sconvolgimento che ne deriva è stravolgente: in un mondo così delineato l’uomo, “che ha alle spalle il nulla e verso il nulla si dirige”, è sopraffatto, penetrato e rapito da una profonda angoscia.”(3)

Scrive ancora Milo de Angelis : “ Lucrezio non è al passo con i tempi. Non parla con i poeti contemporanei, non entra nei luoghi mondani del “dibattito”. È un uomo fuori tempo, fuori modo, fuori luogo. Non si rivolge ai vicini di casa ma agli antichi, ai grandi sapienti greci che si sono interrogati perì physeos: sulla natura delle cose, appunto.

Parla con Eraclito, Anassagora, Empedocle, Epicuro, parla con coloro che sono stati la sorgente del pensiero e hanno lanciato una staffetta poetica lungo i secoli, hanno fatto viaggiare un testimone, un bastoncino di legno che passa da una mano all’altra, da una mente all’altra.”

Come dice Sebastiano Aglieco “Lucrezio è un poeta aspro, solitario, come lo furono Nietzche e Leopardi – ha commentato in altre occasioni Milo de Angelis – ed ha un grande rapporto con l’antico, con autori come Senofane ed Epicuro. La sua opera è tutta pervasa dal buio, dallo sgomento e dal mistero. L’angoscia, la morte, l’amore e la malattia sono i quattro temi musicali e fondamentali della sua poesia”.

Trascrivo un brano del poema nella nuova traduzione di De Angelis.

Il dolore della giovenca (II, 352-366)

Nam saepe ante deum vitulus delubra decora
turicremas propter mactatus concidit aras
sanguinis exspirans calidum de pectore flumen.
At mater viridis saltus orbata peragrans
quaerit humi pedibus vestigia pressa bisulcis,
omnia convisens oculis loca si queat usquam
conspicere amissum fetum, completque querellis
frondiferum nemus adsistens et crebra revisit
ad stabulum desiderio perfixa iuvenci,
nec tenerae salices atque herbae rore vigentes
fluminaque illa queunt summis labentia ripis
oblectare animum subitamque avertere curam,
nec vitulorum aliae species per pabula laeta
derivare queunt animum curaque levare:
usque adeo quiddam proprium notumque requirit.

Il dolore della giovenca (II, 352-366)



Sovente, davanti agli splendidi templi degli dei,
ai piedi degli altari dove brucia l’incenso, si accascia un vitello
sacrificato e un fiume caldo di sangue gli esce dal petto.
La madre a cui è stato strappato percorre i verdi pascoli
cerca di trovare per terra l’impronta dei suoi zoccoli,
posa dappertutto il suo sguardo, spera con tutte le forze
di scorgere da qualche il figlio perduto. Resta immobile
alle soglie del bosco, lo riempie dei suoi lamenti disperati,
in preda all’angoscia torna indietro a cercarlo nella stalla.
Né i teneri salici né l’erba ricca di rugiada né i suoi amati
corsi d’acqua che scorrono a filo delle rive possono consolare
il suo cuore o scacciare la sua sofferenza improvvisa
e neppure la vista degli altri vitelli nei pascoli fecondi
riesce a distrarre il suo animo o alleviare la pena: lei cerca
l’unica creatura che conosce davvero, la sua!

A Pordenoneleggepoesia un posto particolare , tra gli italiani è stato riservato a Milo De Angelis

vincitore della seconda edizione del Premio Umberto Saba Poesia, voluto dalla Regione Friuli Venezia Giulia e dal Comune di Trieste e Lets Letteratura Trieste in collaborazione con Fondazione Pordenonelegge. Milo De Angelis, vincitore del premio con Linea intera, linea spezzata, ha presentato in occasione della premiazione la sua nuova traduzione del “De Rerum Natura” del poeta latino Lucrezio: un corpo a corpo con la potenza e l’enigma dei versi di un grande classico del pensiero, oltre che della letteratura.

La poesia ha ricevuto da sempre, nei programmi e nelle iniziative della rassegna culturale e libraria Pordenonelegge molta attenzione e impegno . Da questa particolare sintonia è nato quest’anno un festival poetico specifico . Un incontro con la poesia che ha visto una partecipazione e una proposizione di temi variamente articolata ed interessante. Tanto che all’interno della rassegna stessa di Pordenonelegge questa iniziativa ha brillato per il suo valore e rimarcato l’importanza appunto che gli organizzatori da sempre hanno dedicato a questo genere letterario .

Pordenonelegge.it – Festa del libro con gli autori, è un festival letterario organizzato dalla Fondazione Pordenonelegge.it che si svolge a Pordenone durante il mese di settembre (XXIII edizione, dal 14 al 18 settembre 2022. I curatori del festival sono Gian Mario Villalta (Direttore Artistico), Alberto Garlini e Valentina Gasparet . La prima edizione del festival si è tenuta nel 2000 con 75 autori e 40 editori ospitati in stand che vennero allestiti nell’ex Convento di S. Francesco. Negli anni successivi ha coinvolto anche i paesi limitrofi con alcuni eventi nel territorio provinciale che si svolgono durante le giornate del festival. Dall’edizione 2021 l’evento inaugurale si tiene anche anche le città di Trieste e Lignano Sabbiadoro, mentre alcuni eventi in calendario si svolgono in altri comuni della provincia di Pordenone.L’organizzazione del festival è stata in capo alla Camera di Commercio di Pordenone, attraverso la sua Azienda Speciale ConCentro, fino al 2013, anno in cui è stata data vita alla Fondazione Pordenonelegge.it .L’organizzazione del festival coinvolge anche molti giovani che offrono il loro aiuto come “angeli”, riconoscibili dalla maglietta gialla con due ali stilizzate sul retro e che vengono reclutati ogni anno attraverso bandi specifici.[]

Oltre agli incontri con gli autori vi sono alcuni contenitori ricorrenti all’interno del programma del festival, come il contest “Caro autore, ti scrivo…”, lo spazio per gli editori a km0, i libri “fuori catalogo”, la Libreria della Poesia.

Un Festival anche con un respiro internazionale tanto che quest’anno il festival si è aperto a Praga , giovedì 8 settembre nell’Istituto Italiano di Cultura .

“Pordenonelegge – ha dichiarato Michelangelo Agrusti, Presidente di Fondazione Pordenonelegge, riacquista quest’anno, dopo il lungo biennio pandemico, la sua caratteristica identitaria di festa del libro e insieme festa di popolo. Non è un caso che parta da Praga, un luogo fortemente evocativo, la capitale europea in cui si è concretamente dimostrato, con la Primavera dell’ ‘89, che la cultura può sconfiggere anche una dittatura. La “Rivoluzione di velluto” fu infatti portata avanti da filosofi, poeti, scrittori e drammaturghi come Vaclav Havel, che non a caso ha sempre sostenuto l’importanza di Praga per l’Europa non in virtù delle passate glorie economiche, ma per il fatto che era la città con il maggior numeri di teatri rispetto alle altre capitali europee. Oggi Pordenonelegge vuole testimoniare che i libri alimentano la libertà e la cultura è un valore fondamentale per la democrazia: con piena solidarietà umana e intellettuale allo scrittore Salman Rushdie, colpito molto tempo fa da una ‘fatwa’ oscurantista, e ai popoli dove i libri e le voci libere vengono messi a tacere e bruciati. La spiga di grano, tatuata sulla nostra immagine 2022, ricorda la tragedia dell’Ucraina: Pordenonelegge si spinge sull’uscio della storia per raccontare il nostro tempo tormentato”.

Gian Mario Villalta, poeta scrittore e direttore artistico di pordenonelegge illustrando le idee, i presupposti e le iniziative di questa rassegna di poesia all’interno della poesia afferma che la poesia ha dalla sua parte la capacità di produrre l’accadimento , ovvero fa scoprire anche se tenuied evanescenti i contatti con il mondo che è poi il risultato di una scoperta della realtà. Tutto questo avviene attraverso la declinazione di una lingua, della lingua che trasforma ogni cosa ma soprattutto instaura e garantisce quell’appartenenza all’umano. Ecco che la poesia diventa “ circostanza tangibile, evento “.

Dal 14 al 18 settembre in occasione della ventitreesima edizione dunque un festival nel festival con un centinaio di voci italiane e internazionali , che proprio per la loro pregnanza hanno avuto diritto ad un luogo specifico , un luogo permanente di incontro e confronto ,lo spazio web pordenoneleggepoesia.it già in linea dal 16 di agosto. E’ stato ed è un luogo di ascolto e di attenzione al fare poetico nel segno del “ dialogo”.

Si legge sul sito del festival : “ Fra le diverse ‘finestre’ tematiche, Dialoghi sarà infatti l’area in cui gli autori entrano nelle loro opere e le raccontano, convocando l’esistenza di ciascuno. Letture, permetterà di riflettere sulle forme e sui temi dei nuovi libri di poesia, e su questioni che attraversano il campo poetico e il sentire del nostro tempo. Nuovo sentire si focalizzerà suò rapporto tra percezione e forme poetiche, con l’attenzione alla dimensione biologica e neurocognitiva dell’essere umano. I ciànt la mé vôs: inviterà i poeti friulani a riflettere sull’eredità della poesia di Pasolini nel proprio lavoro, in particolare sul suono che si fa parola. A coordinare il progetto di pordenoneleggepoesia.it saranno i poeti Roberto Cescon, Alessandro Canzian, Matteo Bianchi Azzurra D’Agostino, Tommaso Di Dio, Massimo Gezzi, Franca Mancinelli, Carlo Selan. Dal 14 al 18 settembre,inoltre si poteva visitare la Libreria della poesia con oltre 3mila titoli inclusi gli “introvabili” con l’aggiunta anche dell’esposizione di sei acqueforti di Ernesto Treccani dedicate a The waste land, capaci di armonizzare parola e segno grafico con rara potenza impressiva.

Tra i molti poeti stranieri va ricordata la partecipazione del Premio Pulitzer Poesia 2020, l’istrionico performer Jericho Brown, poeta e accademico, straordinario interprete dei suoi componimenti: domenica 18 settembre sprigionerà sul palcoscenico di pordenonelegge tutto il suo carisma di nativo della Louisiana, presentando per la prima volta in Italia The Tradition (Donzelli), la raccolta tradotta da Antonella Francini.

In successione poi va anche ricordata la presentazione, in anteprima, dell’antologia pubblicata da Mondadori Poeti d’Ucraina, in libreria dal 13 settembre, a cura di Alessandro Achilli e Yarina Grusha Possamai. La raccolta di poesie vuole mettere l’paccento sul fatto che fin dall’Ottocento la poesia ha avuto un ruolo importante nella cultura ucraina moderna. Il volume parte da Vasyl’ Stus, e dalla rinascita della poesia ucraina dopo i decenni bui dello stalinismo, attraversa la poesia alternativa dell’età tardo-sovietica, e approda alla complessa cultura degli anni Ottanta, alla lunga ricostruzione dei due decenni a cavallo del secolo e del millennio, fino alla svolta del 2014, per concludere con un accenno alla produzione poetica ispirata dall’allargamento della guerra a tutto il Paese dopo il 24 febbraio 2022.

Ancora va ricordata la presenza del palestinese Najwan Darwish, una delle voci più rilevanti del panorama poetico arabo moderno, che presenterà il suo primo libro (tradotto in italiano da Simone Sibilio per le edizioni de Il Ponte del Sale), insieme ad Asha Lul Mohamud Yusuf, figura di spicco della diaspora somala, Liz Lochhead con il libro Una scelta (titolo originale: A choosing), un’antologia che raccoglie i testi composti in un arco temporale di quasi quarant’anni, i quali mostrano le profonde disuguaglianze del sistema patriarcale scozzese e la volontà di far rivivere le tradizioni secolari e soprattutto lo Scots, lo storico idioma nazionale; il francese Martin Rueff con Verticale ponte (I poeti sconfinati), in cui la vertigine del passato poetico si corrisponde con l’urgenza del presente. Nel centenario di The waste land di Eliot, verrà data lettura integrale dell’opera (con Roberto Cescon, Bernardo De Luca, Sebastiano Gatto, Rossella Pretto) nella traduzione di Elio Chinol con le opere di Ernesto Treccani, ripubblicata di recente da Interno Poesia a cura di Rossella Pretto.

(1)https://www.milodeangelis.it/

(2)https://www.doppiozero.com/il-silenzio-intervista-con-milo-de-angelis

(3) (https://festivaldelclassico.it/de-rerum-natura-il-poema-dellinfinita-tempesta/)

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