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“LECTIO MAGISTRALIS” SUL CANTO GREGORIANO DEL DIRIGENTE SCOLASTICO DI CARSOLI PROF.RE PIERO BUZZELLI ALL’UNIVERSITA’ DELLA TERZA ETA’ DI PERETO

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Redazione-Splendida “Lectio Magistralis” sul canto Gregoriano del dirigente scolastico di Carsoli Prof.re Piero Buzzelli all’Università della Terza Età a Pereto. A fare gli onori di casa è stato il Prof.re Carlo Iannola che ha presentato l’illustre ospite al qualificato pubblico presente sottolineando l’importanza che hanno questi incontri culturali e che rappresentano il “motore della nostra conoscenza la quale, se mantenuta a livello ottimale, non può non generare cultura con la C maiuscola”. Presenti il Sindaco di Pereto Giaginto Sciò, L’ex dirigente scolastica Licia Ippoliti e il nuovo parroco di origine brasiliana don Cosmo Thiago. “Il canto gregoriano, ossia il repertorio musicale proprio del rito romano, viene così chiamato in onore del suo presunto autore, il papa Gregorio I, meglio noto come Gregorio Magno, papa dal 590 al 604, dottore della Chiesa, santo per cattolici ed ortodossi.”ha spiegato il Prof.re Buzzelli-“La tradizione vuole che questo grande pontefice riformatore, monaco benedettino, abbia scritto nel 590 un Antiphonarium nel quale indicò le regole fondamentali per il canto liturgico, che prese quindi da lui il nome.La leggenda sulla stesura di quest’opera nacque all’epoca di Carlo Magno e fu narrata nella biografia redatta da Paolo Diacono, monaco e intellettuale longobardo che visse e agì per diversi anni alla corte carolingia.Secondo il racconto, Gregorio dettò i canti ad un monaco rimanendo però seduto dietro un telo e prendendo lunghe pause fra una parola o una nota e l’altra; tanto che l’amanuense, stupito delle continue interruzioni, sollevò infine il velo divisorio e vide che una colomba (simbolo dello Spirito Santo) dettava le melodie all’orecchio di Gregorio.In ulteriori storie, il libro sarebbe stato conservato nella Chiesa di San Pietro, assicurato da una catena d’oro, ma sarebbe andato perduto durante le invasioni barbariche.La leggenda fu molto diffusa e diede origine ad una cospicua produzione iconografica, specie nelle miniature di ornamento ai codici.Gli studi recenti hanno sottolineato come Gregorio Magno abbia avuto poco a che fare con la nascita del gregoriano, e le origini del nome di questa branca della musica sacra occidentale, benché in parte ancora oscure e assai discusse, vengono generalmente attribuite alla riforma carolingi. Al di là delle leggende, il canto gregoriano prese realmente il proprio nome da papa Gregorio Magno, ma non perché ne sia stato il miracoloso autore.La nascita e l’evoluzione di questo fondamentale repertorio, peraltro ancora tutt’altro che chiarita, viene comunque quasi unanimemente fatta risalire all’epoca carolingia . L’opinione prevalente degli studiosi ritiene infatti che esso sia una rielaborazione del canto ecclesiastico romano da parte dei chierici franchi durante il regno di Pipino III e del figlio Carlo Magno, diffusasi poi quasi universalmente nell’Europa occidentale e centrale medievale, con l’unica eccezione significativa della diocesi di Milano.L’evento cruciale sarebbe stata la visita di papa Stefano II (752-7) al re Pipino nel 754. In effetti il papa, insieme con un notevole seguito di clero romano, tra cui, presumibilmente, la Schola Cantorum, soggiornò per diversi mesi a St. Denis e in altri centri carolingi. Nel contempo re Pipino avviò una politica di istituzione del cantus romanus e di soppressione della liturgia gallicana indigena, politica poi confermata dal figlio Carlo Magno, che pubblicò numerosi editti in tale direzione. L’associazione del canto con il nome di Gregorio ebbe luogo durante questo primo periodo di assimilazione franca del canto romano. Il repertorio dei canti gregoriani si presenta oggi come un insieme di canti monodici, su testi latini tratti dalla Sacra Scrittura, dell’Ufficio delle Ore e della messa (solo gli inni, i tropi e le sequenze risalgono a poeti medievali). Musicalmente esso riflette un’originaria influenza di componenti soprattutto orientali ed ebraiche, ma devono essere approfonditi i rapporti di affinità e influenza con gli altri riti gemelli (gallicano, ambrosiano e mozarabico) e con la Chiesa bizantina. E’ solitamente interpretato da un coro di voci maschili o da un solista chiamato cantore o spesso dallo stesso celebrante con la partecipazione di tutta l’assemblea liturgica. Nei secoli passati fino all’ ‘800, e ancora oggi in un ristretto numero di cori di rilevanza internazionale, era praticato anche da un coro di voci bianche, talora tollerato ma in linea di principio vietato dall’etica, come qualsiasi altra menomazione dell’integrità psico-fisica della persona. Deve essere cantato a cappella, cioè senza accompagnamento strumentale, poiché ogni armonizzazione, anche se discreta, altera la struttura di questa musica. Si tratta di un canto omofono, più propriamente monodico, è una musica cioè che esclude la simultaneità sonora di note diverse: ogni voce che lo esegue canta all’unisono. Dal punto di vista del sistema melodico, il canto gregoriano è di tipo modale e diatonico. I cromatismi vi sono generalmente esclusi, così come le modulazioni e l’utilizzo della sensibile. Le diverse scale impiegate con i loro gradi ed i loro modi, sono chiamati modi ecclesiastici, scale modali o modi antichi, in opposizione alle scale utilizzate in seguito nella musica classica tonale. Il suo ritmo è molto vario, contrariamente alla cadenza regolare della musica moderna. Il ritmo, che nel canto gregoriano riveste un ruolo complesso, oltrepassa le parole e la musica, sorpassando le due logiche. Nei passaggi salmodici o sillabici, il ritmo proviene principalmente dalle parole. Nei passaggi neumatici o melismatici, è la melodia che diventa preponderante. Queste due componenti sono costantemente presenti. È una musica recitativa che predilige il testo in prosa, che prende origine dal testo sacro e che favorisce la meditazione e l’interiorizzazione delle parole cantate. Il canto gregoriano non è un elemento ornamentale o spettacolare che si aggiunge alla preghiera di una comunità orante, ma è parte integrante ed efficace della stessa lode ordinato al servizio ed alla comprensione della Parola di Dio.

È questo il significato più profondo ed intimo di questo genere musicale”.

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