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” FRANCESCA BUSSA DE’ LEONI, OVVERO SANTA FRANCESCA ROMANA ” – PROF.SSA GABRIELLA TORITTO

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Redazione-  Nacque a Roma nel 1384 da Paolo di Giovanni Bussa, nobile signore romano, e da Jacovella Roffredeschi, nel rione di Parione, in quel tempo una zona popolosa e commerciale della città, dove Francesca visse fino all’età di 12 anni. Ancora fanciulla andò in sposa al nobile Lorenzo de’ Ponziani, abitante in Trastevere nelle case di famiglia, presso la parrocchia di Santa Cecilia, situata nell’attuale via dei Vascellari.

Di elevata estrazione sociale sia per i natali, sia per il matrimonio contratto, ebbe tre figli: i primi due morti in tenera età e l’ultimogenito Battista, cresciuto con amorevole cura.

Francesca, da sempre molto religiosa ma dedita normalmente alla famiglia fino a quel momento, dopo la morte dei due figli, Evangelista e Agnese, attraversò un intimo travaglio così profondo da decidere assieme al marito un esclusivo rapporto fraterno in seguito al quale si moltiplicarono le sue meditazioni e le sue pratiche religiose.

Fondò una comunità spirituale femminile sotto la guida della Congregazione degli Olivetani. Inizialmente operò in Santa Maria Nova al Foro. Successivamente si stabilì presso la casa di Tor de’ Specchi, dove Francesca collocò la sua residenza non lontano dalla chiesa di Santa Maria in Campitelli, ancora oggi in funzione e situata presso le pendici capitoline.

Il nobile Lorenzo de’ Ponziani, marito di Francesca, fu un uomo molto comprensivo che rispettò e assecondò tutti i propositi della moglie. Le fu vicino nei vari momenti della sua vocazione spirituale senza disinteressarsi dei suoi affari: le grandi mandrie da lui comprate e vendute, “de boum bubalorum, pecudum, aliorum animalium gubernatione conversabat” e senza preoccuparsi troppo di disturbare le meditazioni che impegnavano sempre di più la moglie.

Nel 1436 Francesca, divenuta vedova, abbandonò l’abitazione di piazza Santa Cecilia per andare a vivere definitivamente nella casa di Tor de’ Specchi fino al 1440, quando si ammalò. La malattia si aggravò progressivamente fino a lasciarla del tutto sconvolta, così Francesca abbandonò la fondazione e chiuse gli occhi per sempre in casa Ponziani il 9 marzo 1440.

Durante la sua vita, specialmente nel corso dei ultimi anni, Francesca compì molti miracoli. In seguito alle sue meditazioni ebbe continue visioni che la condussero verso una forma di esistenza contemplativa.

Fra i tanti miracoli compiuti ricordiamo quello relativo ad una sua cognata: Vannozza Santacroce.

Una sera Vannozza, al seguito di un gruppo di donne facenti parte della Comunità di Francesca, accompagnava la Santa lungo il tragitto che attraverso la Lungara e Ponte dei Giudei congiunge Trastevere al Portico di Ottavia e a Tor de’ Specchi. Ad un certo punto – così si legge in “Vitae” – verso l’ora del crepuscolo, mentre stava per scoppiare un temporale e fischiava un terribile vento freddo, Vannozza, cognata di Francesca, scivolò per disattenzione dal greto del Tevere nelle gelide e tempestose acque del fiume. Un vortice, allora come anche oggi presente vicino all’isola Tiberina, si impossessò di Vannozza e la trascinò via mentre le altre donne urlavano, restando ferme, pietrificate dalla paura, senza trovare alcuna possibilità di intervento immediato. Fu invece l’invocazione della fondatrice della comunità che salvò la congiunta che stava per affogare e che fu ritrovata sana e perfettamente asciutta pochi metri più avanti.

Tale miracolo fu a tal punto prodigioso che si diffuse ben presto in tutta la comunità dell’Urbe e anche all’esterno. Sempre fra gli anni 1436-1440 vi furono tanti altri miracoli in particolare quelli riguardanti quattordici persone che furono guarite tutte da Francesca Romana e cinque di esse furono poi oblate di Tor de’ Specchi.

Fra i miracolati, oltre a parenti e conoscenti di Francesca Romana, molti appartennero a quella borghesia mercantile di cui fecero parte commercianti, imprenditori che ricorsero alla Santa per essere aiutati.

Dopo la morte, quando la sua salma fu sepolta presso Santa Maria Nova, i miracoli si moltiplicarono, tanto che le fu attribuita fama di carismatica, capace di concedere grazie speciali a chi si rivolgeva a lei con particolare fervore.

Fu madre esemplare, moglie spiritualmente vicino allo sposo e anche amministratrice attenta e oculata, buona organizzatrice di attività monastiche spirituali.

Diversamente da sante come Brigida di Svezia, pur essendo nobile di nascita, non rifiutò, né disprezzò mai il contatto con i suoi concittadini meno abbienti, anzi lo favorì. Divenne pertanto molto presto oggetto di particolare devozione sicché la sua canonizzazione fu proclamata da papa Pio V nel 1608 e la sua festa annuale fu fissata il 9 marzo.

In “Vitae” si trovano fonti che riguardano l’esistenza della Santa e le testimonianze rese durante il primo processo di beatificazione e canonizzazione avvenuto dopo il 1440.

All’interno di “Vitae” risulta importante la testimonianza del padre spirituale di Francesca, Giovanni Mattiotti, il quale raccontò le visioni della Santa e le lotte da lei fisicamente combattute contro i demoni. Giovanni Mattiotti riferì che le lotte ebbero luogo in particolare presso la comunità di Tor de’ Specchi dove di notte, nei locali ancora oggi della congregazione, le potenze del male aggredivano Francesca.

La Santa, finché riusciva a sopportare quei colpi, non opponeva resistenza per offrire il suo dolore e sacrificio. Sempre padre Mattiotti narrò che il signore delle tenebre afferrava la Santa per i capelli e la sospendeva fuori dalla finestra. Solo quando il dolore diventava insostenibile, Francesca invocava il nome di Dio e improvvisamente ogni dolore spariva ed ella tornava nel suo letto. Al mattino successivo alle terribili notti di tregenda la Santa, senza mostrare i segni dell’impari lotta affrontata, si recava a Santa Maria in Trastevere e traeva indicibile conforto dalla comunione.

Il conforto derivato dall’assunzione delle particole consacrate fu tale che Francesca iniziò a chiedere l’assunzione di più particolare all’interno della stessa giornata. Ciò procurò non poco imbarazzo in Giovanni Macchiotti, suo padre spirituale, poiché la prassi concessa ai fedeli era di una sola comunione al giorno. Ancora più imbarazzata da tali richieste fu la stessa famiglia Ponziani che riteneva disdicevole che una donna di quella elevata condizione sociale ed economica chiedesse con tanta insistenza di rinnovare più volte le devozioni, secondo le usanze in voga presso i gruppi spirituali più fanatici.

Allora il sacerdote si informò presso un vescovo per capire se l’insolita pratica di più comunioni in un giorno fosse compatibile con le buone regole e potesse essere praticata un giorno dopo l’altro. L’alto prelato consultato, anch’egli imbarazzato dalla richiesta formulata che non poteva essere sanzionata con un vero e proprio rifiuto, nel rispondere fu però categorico, ovvero non potevano essere somministrate ad una stessa persona più comunioni nello stesso giorno.

A quel punto il padre spirituale di Francesca, al fine di non offendere la futura Santa e di non porsi contro una consuetudine consolidata, decise di somministrare a Francesca particole non consacrate.

Accadde così che la futura Santa, la quale evidentemente non era stata avvertita del “ripiego”, quando riceveva l’ostia benedetta si sentiva subito sollevata e pervasa da grande energia vitale e benefica, mentre quando riceveva le particole non consacrate continuava a sentirsi angosciata e in preda a visioni di carattere diabolico.

Alla luce di tale esperienza, padre Macchiotti dovette convenire con se stesso che donna Francesca possedeva in realtà virtù di carattere superiore e che non poteva essere in alcun modo confusa con soggetti nevrotici che si avvicinavano alla comunione senza conoscere il significato profondo di quella pratica devota.

In “Vitae” oltre ad esservi testimonianze di visioni e della lotta notturna che Francesca condusse contro il maligno furono riportati anche altri “incontri” fra Francesca e i “vari luoghi dell’aldilà”. Di questi il più rappresentato fu il Purgatorio. Alcuni studiosi e critici hanno osservato che Francesca Romana probabilmente avvertì anche l’influenza della lettura della “Divina Commedia”, molto diffusa nel Quattrocento, nonché degli affreschi sulle prediche di Bernardino da Siena nelle chiese romane del Quattrocento.

La religiosità di Francesca mette in luce una spiritualità romana profonda, una spiritualità presente in vari ceti sociali, anche quelli più modesti (dove non si penserebbe di poterla rinvenire) ovvero in quegli ambienti a cui la santa fu particolarmente vicina, divenendo molto cara ai Romani.

Nonostante il notevole impegno religioso Francesca Ponziani non si distrasse mai dalla famiglia né dall’ambiente numeroso dei Romani che la conobbe bene e che lei aiutò in mille modi. Si ricordi che, nonostante il lignaggio cui apparteneva, non esitò a chiedere personalmente ed umilmente l’elemosina per conto dei poveri senza mostrarsi in alcun modo imbarazzata.

Pertanto Francesca si presenta come donna impegnata perennemente, vicina alle questioni concrete della città di Roma. Senza porsi molti problemi riuscì a trovare un suo spazio attraverso cui rimanere ben presente in Roma al momento opportuno, con discrezione ma anche con decisione e abilità, secondo le caratteristiche che la avvicinano ad altre religiose romane, ad esempio a quella di casa Frangipane o di casa Colonna, su cui abbiamo già scritto. Esse costituiscono immagine viva di una società dove l’elemento femminile fu importante, determinato, generalmente ben accetto da cittadini illustri ma anche dagli umili, sempre impegnate nelle attività spirituali ed ascetiche ma anche nelle pratiche che misero in evidenza l’impegno di carattere civico.

Francesca Romana fu donna non ai margini della società (quella romana fu peraltro complessa e variegata) di cui costituì un elemento insopprimibile e vigoroso.

F.to Gabriella Toritto

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