” ADDIO FIORITO ASIL ” – DI VALTER MARCONE
Redazione- Ci furono anni in cui nel nostro paese le arie di opere liriche appena rappresentate in teatro erano sulla bocca di tutti. Forse ne decretavano il successo ancor più dei rumorosi loggioni che erano una specie di “fossa dei leoni” per parolieri e compositori che portavano sulla scena le storie scritte, musicate e cantate di un mondo che di volta in volta si rifaceva alla Storia ma anche all’attualità. Storia e storie che avevano un legame con l’attualità e che spesso ne erano la metafora appunto divulgata attraverso un mezzo potentissimo quale era la musica e il canto. Come d’altra parte le immagini sacre, non solo quelle rappresentate sulle pareti delle chiese, ma anche veicolate attraverso “ pezzi di carta” come i cosiddetti “santini” che raggiungevano tutti . Era quello delle storie del melodramma un modo di raccontare sentimenti , emozioni, vicende , accadimenti, realtà di tutti i giorni e prodigi che a volte apparivano strabilianti , anche grazie al supporto scenografico del “teatro” che apre orizzonti inimmaginabili . Immortale, in quanto ancora oggi quelle opere liriche vengono rappresentate grazie ad istituzioni vere e proprie come le fondazioni e i teatri lirici . Il melodramma una forma tutta italiana ,perchè appunto nata nel nostro paese, di “recitar cantando” proprio dell’antica tragedia greca .Una forma teatrale che ebbe il suo pieno sviluppo nell’Ottocento e nella prima metà del Novecento con la produzione di opere liriche le cui arie come dicevo restano immortali. Opere che vengono ancora rappresentate nel nostro paese in alcune occasioni e che hanno un pubblico di “appassionati” mentre all’estero rappresentano un dna, una identità culturale tutta italiana e un incentivo allo studio della lingua italiana specialmente da parte di giovani giapponesi, coreani, americani.
Tra l’altro bisogna ricordare , con qualche soddisfazione che il canto lirico italiano è stato dichiarato patrimonio dell’umanità dall’UNESCO durante la riunione dei membri della Commissione, tenutasi in Botswana nei primi giorni di dicembre 2023.
In Italia la storia e il valore del melodramma vengono ricordate dall’esistenza di enti come le Fondazioni liriche (1) secondo l’art. 6 della Legge 14 agosto 1967, n.800. e i Teatri lirici (2 )
Il decreto “Valore cultura” del Ministero dei Beni culturali del 2013 ha permesso alle Fondazioni un risanamento delle situazioni debitorie attraverso un iter speciale a richiesta delle Fondazioni in stato di crisi. “ Le fondazioni potranno accedere a un fondo di 75 milioni di euro, che sarà gestito da un commissario straordinario. Dovranno: presentare entro 90 giorni un piano industriale di risanamento ; ridurre fino al 50% del personale tecnico amministrativo;∗ interrompere i contratti integrativi. Il MiBAC, per salvaguardare i lavoratori, ha previsto la possibilità di trasferimento ad Ales spa del personale tecnico amministrativo in esubero fino al 50% .” Un’operazione riuscita anche grazie al cambio della governance, all’obbligo rispettato del pareggio di bilancio e l’applicazione delle norme del codice dei contratti pubblici e dell’obbligo di cooperazione tra le fondazioni e di condivisione di programmi e spettacoli. Una norma , dunque ,voluta dall’allora ministro dei Beni e delle Attività culturali Massimo Bray, del Partito Democratico, che stabilì l’obbligo per le fondazioni lirico-sinfoniche di avere i bilanci in attivo. Per quelle in stato di crisi istituì un fondo da 75 milioni di euro, Un obiettivo quello stabilito nel decreto “Valore cultura “ che è stato raggiunto in quanto nel 2022 le 14 fondazioni lirico-sinfoniche hanno incassato tra biglietti e abbonamenti circa 80 milioni di euro. Nel 2022, 13 fondazioni su 14 hanno chiuso l’anno in utile, con l’eccezione del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, in forte dissesto da anni e in cui è in corso un rigido piano di risanamento. Al 30 giugno del 2023 le entrate da biglietteria delle fondazioni liriche-sinfoniche risultavano complessivamente in aumento di un quarto rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
L’importanza delle cifre che ho ricordato e che sono facilmente rilevabili dalla documentazione che ciascuna Fondazione offre nei siti e nelle pagine web che gestisce ci dice come gli spettacoli lirici vengano ancora frequentati . Anche se in realtà è poi una ristretta cerchia di appassionati che diventa una élite a cantare per esempio alcune arie famose tratte dalle opere liriche del nostro melodramma d’Ottocento.
Mentre sicuramente a cantare le arie di Giuseppe Verdi. mi limito solo a ricordare Verdi. fu un popolo intero in un paese in cui il nome di Verdi un tempo era scritto sui muri perchè “ viva Verdi” in realtà voleva dire “ viva Vittorio Emanuele re d’Italia”.
Al coro di ebrei del Nabucco di Giuseppe Verdi è stato spesso attribuito il valore di simbolo di patriottismo. In realtà il coro del Nabucco è un archetipo dell’immagine di diaspora, poi riproposta e modificata da Verdi in numerose altre sue opere, quali I Lombardi alla prima crociata, Ernani, Macbeth, Alzira e I vespri siciliani. Al funerale di Giuseppe Verdi, per le vie di Milano, la gente intonò il «Va, pensiero» in cori spontanei. Il 13 marzo 2022 l’ Opera di Odessa si è esibita all’aperto e il coro ha cantato proprio il “ Va pensiero “ , sfidando i bombardamenti dell’esercito russo.
Ancora oggi si cantano questi versi :“Va, pensiero, sull’ali dorate; Va, ti posa sui clivi, sui colli, Ove olezzano tepide e molli L’aure dolci del suolo natal! Del Giordano le rive saluta, Di Sionne le torri atterrate… Oh mia patria sì bella e perduta! Oh membranza sì cara e fatal! Arpa d’or dei fatidici vati, Perché muta dal salice pendi? Le memorie nel petto raccendi, Ci favella del tempo che fu! O simile di Sòlima ai fati Traggi un suono di crudo lamento, O t’ispiri il Signore un concento Che ne infonda al patire virtù “
“ O mia patria si bella e perduta “ il messaggio più vicino all’attualità di quel tempo .Il popolo ebreo oppresso diventa il popolo italiano prima dell’unificazione oppresso dall’occupazione austriaca.
E dicevo, si cantano ancora oggi “ Vendetta, tremenda vendetta! “,”.La donna è mobile”,”Libiam ne’ lieti calici …” e tante altre arie da opere di compositori come Gioacchino Rossini, Gaetano Donizetti, Vincenzo Bellini, Ruggero Leoncavallo, Pietro Mascagni, Giacomo Puccini solo per citare alcuni tra i più famosi .
Una antologia di queste arie si può leggere o cantare per chi ne conosce la,melodia nel volume “Addio fiorito asilo “ che oltre ad essere un’aria della Madame Butterflay di Puccini è il titolo di una raccolta di arie famose a cura di Rubens Tedeschi edita una prima volta nel 1978 da Feltrinelli e una seconda volta nel 1992 da Edizioni Studio Tesi .
Quel popolo che ieri cantava Verdi anche il giorno del suo funerale nelle strade di Milano, oggi canta altre melodie, altre canzoni che emozionano e fanno da colonna sonora ai giorni della vita di molti tra di noi . Sono le melodie del Festival di Sanremo ma anche del Festival della canzone napoletana che hanno avuto due storie diverse.
Il Festival di Sanremo ha compiuto quest’anno 74 anni . Fu Nunzio Filogamo a dare l’annuncio della nascita del Festival il 29 gennaio 1951 con queste parole “Signore e Signori, benvenuti al Casinò di Sanremo per un’eccezionale serata organizzata dalla Rai, una serata della canzone con l’orchestra di Cinico Angelini”. Dal 1952, l’anno successivo , la commissione esaminatrice delle richieste di partecipazione dovette esaminare ben 380 brani .Dal 1955 la Rai trasmette in diretta l’evento. Ha inizio il grande successo di una manifestazione che di anno in anno si è identificata spesso con i volti dei presentatori e dei cantanti vincitori e che è entrata emblematicamente nella vita e quindi nelle cronache e nella storia del nostro paese . Quarantacinque presentatori da Nunzio Filogamo ad Amadeus passando per Pippo Baudo , Carlo Conti, Mike Buongiorno ,Corrado, Beppe Grillo,Enrico Maria Salerno ,Fabio Fazio, e altre figure dell’intrattenimento.
Settantaquattro vincitori anzi meno perchè qualche cantante si è classificato primo, due o tre volte. Con centinaia di motivi e motivetti che hanno dimostrato non solo una presa sul grande pubblico ma anche una vitalità che dopo 74 anni è rimasta quasi intatta. Nel retrobottega per così dire del Festival spesso vengono ricordati cantanti e canzoni che hanno fatto la storia di questo Festival. Questo è stato per esempio con l’interpretazione di Gigliola Cinquetti settantasette anni di età, della sua “Non ho l’età” in una delle serate dell’edizione di quest’anno del Festival. Una Gigliola Cinquetti ,presentata da Mike Buongiorno che con questo motivo vinse il festival nel 1964 e anche l’Eurovision Song Contest (primo italiano a riuscirci) e una seconda volta nel 1966 con “Dio come ti amo” e che negli anni ha vissuto un intensa carriera non solo di cantante ma anche di disegnatrice, giornalista , con la partecipazione a programmi tv come Linea verde e Portobello , discografica, vendendo in totale quindici milioni di dischi in tutto il mondo ma anche madre di Giovanni e Costantino . Aveva in precedenza vinto il Festival di Castrocaro nel 1963 con la canzone di Giorgio Gaber ,Le strade di notte e Sull’acqua.
Una vitalità dunque di cui la Cinquetti in qualche modo sembra essere l’emblema ma che può annoverare numerosi altri personaggi che qui sarebbe troppo lungo ricordare .
Una vitalità che certamente noi troviamo anche nei motivi del Festival della canzone napoletana, fondato dall’Ente Salvatore Di Giacomo, che però ha dalla sua parte un patrimonio immenso di melodie e motivi che sono quelli in generale della canzone napoletana.
Fu anche in questo caso Nunzio Filogamo a fare da padrone di casa e condurre le prime serate del Festival, un concorso canoro che si svolgeva a Napoli , nato nel 1952 e cessato nel 1971 anche se è stato ripreso in varie edizioni dal 1981 fino al 2004. La prima edizione nota come Festival Radiofonico della Canzone Napoletana, si tenne al Teatro Mediterraneo di Napoli dal 28 al 30 settembre 1952.
C’era già stato però nel 1951 una specie di prototipo di festival della canzone napoletana che si era tenuto appunto anch’esso a Sanremo. Anche se bisogna ricordare che il primo prototipo in assoluto del Festival dedicato alla canzone napoletana, non è nato né nel 1951 con la prima edizione del festival tenutosi a Sanremo , né nel 1952 con il primo Festival della Canzone Napoletana tenutosi al Teatro Mediterraneo di Napoli, bensì nel 1932. Infatti in quell’anno un gruppo di poeti e di musicisti partenopei, che volevano esportare la musica e la lingua napoletana, capeggiati da Ernesto Murolo ed Ernesto Tagliaferri, presero l’iniziativa di organizzare un festival. La prima edizione dunque in assoluto si svolse nel Casinò di Sanremo.
Probabilmente il desiderio di esportare la musica e la lingua napoletana era un obiettivo superfluo in quanto la tradizione della canzone napoletana aveva da tempo occupato il suo posto nelle rassegne canore europee ma aveva varcato anche l’oceano grazie a cantanti come Enrico Caruso e Beniamino Gigli che erano stati applauditi nei santuari teatrali delle Americhe compreso il Metropolitan di New York, sull’onda di “ O sole mio “ la canzone napoletana più conosciuta al mondo , scritta nel 1898 da Giovanni Capurro e musicata da Eduardo di Capua, . Ma anche grazie all’emigrazione di massa nelle Americhe ( 3 ) . In patria la canzone napoletana fin dall’inizio del secolo scorso si era avvalso di giovani esecutori che , molte volte figli d’arte , calcavano i palcoscenici proprio fin da bambini tanto che molti di loro non avevano ancora i dieci anni di età . Raffaele Viviani fu un bambino prodigio, a soli 4 anni cominciò a duettare con Vincenzina Di Capua. Lui la corteggiava nei panni del monaco o dell’ufficiale ed era alto solo la metà di lei. I piccoli Papiluccio, vezzeggiativo per Raffaele, e Luisella cantavano assieme Funiculì Funiculà e ’A serva e ’o pecuozzo. Ci fu poi l’avvento del grammofono e quindi dei dischi che riproducevano le arie e i nomi degli esecutori in America si allunga di molto. Personaggi conosciuti sia in Italia che oltre oceano come per esempio Gilda Mignonette, ritenuta in Italia come «la regina degli emigranti», e negli Stati Uniti come «The Queen of Diamonds» e «La Carusiana», la risposta femminile a Caruso
Un mondo di melodie che emigra dunque insieme con tanta gente che va alla ricerca oltreoceano di una vita nuova, di una speranza di vita, che non ha trovato nel nostro paese. Fino a quando anni dopo Renato Carosone a suo modo ci ricorda in Tu vuò fà l’americano proprio tutto quel mondo oltreoceano che ha improntato con molte influenze tanta parte della nostra cultura e della nostra vita di partner di un paese che ha svolto nel mondo un suo ruolo nel bene e nel male . A cominciare da quella richiesta di cibo da parte di Alcide de Gasperi fino ai nostri giorni con l’adesione al Patto atlantico.
Ma torniamo alla canzone napoletana . Non aveva bisogno di essere promossa da un Festival per essere già conosciuta come un rilevante patrimonio che aveva affascinato e questo fascino dura tutt’ora numerose generazioni . Una canzone che nasce secoli fa e che interpreta tutto un mondo di valori , cultura e tradizioni . Per brevità consideriamo l’aspetto neomelodico che nel corso dell’Ottocento ( 4)ci regala canzoni come per esempio Te voglio bene assaje (1839), di Filippo Campanella su testo di Raffaele Sacco e Fenesta ca lucive (1842), di Guglielmo Cottrau. Con i loro ritornelli che vengono ancora cantati :
“Io te voglio bbene assaje
E tu nun pienze a me
Io te voglio bbene assaje
E tu nun pienze a me”
e
“Fenesta che lucive e mo nun luce
Sign’è ca nenna mia stace malata
S’affaccia la sorella e mme lu dice
“Nennella toja è morta e s’è atterrata”
La Festa di Piedigrotta fu per molti anni l’occasione per presentare nuovi brani scritti da autori come Salvatore Di Giacomo , Libero Bovio Ernesto Murolo fino allo stesso Gabriele D’Annunzio con la sua A vucchella (1904)
Si’ comm’a nu sciurillo,
tu tiene na vucchella,
nu poco pucurillo,
appassuliatella.
Méh, dammillo, dammillo,
è comm’a na rusella.
Dammillo nu vasillo,
dammill, Cannetella.
Dammillo e pigliatillo
nu vaso; piccerillo
comm’a chesta vucchella
che pare na rusella
nu poco pucurillo
appassuliatella…
E poi in ordine sparso canzoni che vengono ricordate anche per i loro interpreti :Luna rossa. Luna rossa. Claudio Villa. … A canzone e napule. Beniamino Gigli. … Aggio perduto ‘o suonno. Aggio perduto ‘o suonno. Roberto Murolo. … Dimme addò staje. Dimme addò staje. … Anema e core. Anema e core. … Chiove. Chiove. … ‘A serenata ‘e pulecenella. ‘A serenata ‘e pulecenella.
Melodramma,festival di Sanremo, canzone napoletana ci consegnano dunque un patrimonio sonoro che insieme a quello dei cantautori fa il paio con l’etnomusica, quella si , quasi sconosciuta. Musica “popolare” che ci ha tramandato il mondo e la cultura contadina che per secoli ha caratterizzato la vita del nostro paese . Una cultura che ha espresso canti del lavoro, come quelli della mietitura o della vendemmia , incisi su dischi e cd da Caterina Bueno e Giovanna Marini o le ninne nanne come questa famosa che anche noi cantiamo ancora di cui trascrivo la prima strofa:
Fate la nanna, coscine di pollo
la vostra mamma v’ha fatto il gonnello
e ve l’ha fatto con lo smerlo in tondo
fate la nanna coscine di pollo.
Ninna nanna, ninna nanna,
il bambino è della mamma,
della mamma e di Gesù,
il bambino non piange più.
O le melodie del ciclo della vita ,dalla nascita alla morte,passando appunto per il mondo del lavoro, della festa , della religiosità ,la guerra o i grandi fenomeni sociali come l’emigrazione e lo spopolamento delle campagne.
Patrimoni eccezionali che vanno tutelati e salvaguardati perchè fanno parte della nostra vita di ieri, di oggi e se vogliamo di domani.
( 1) Fondazione Lirico Sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari ( Legge 11 novembre 2003 n.310.)
Fondazione Teatro Comunale di Bologna
Fondazione Teatro Lirico di Cagliari
Fondazione Teatro Maggio Musicale Fiorentino
Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova
Fondazione Teatro alla Scala di Milano
Fondazione Teatro di San Carlo in Napoli
Fondazione Teatro Massimo di Palermo
Fondazione Teatro dell’Opera di Roma
Fondazione Accademia Nazionale di S. Cecilia di Roma
Fondazione Teatro Regio di Torino
Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste
Fondazione Teatro La Fenice di Venezia
Fondazione Arena di Verona
( 2 )Tra i più importanti teatri lirici italiani troviamo : Teatro alla Scala di Milano inaugurato il 3 agosto 1778 con “L’Europa riconosciuta”, opera composta da Antonio Salieri. Teatro Massimo – Palermo: inaugurato il 16 maggio 1897, con la rappresentazione lirica del Falstaff di Giuseppe Verdi. Arena di Verona: la prima rappresentazione lirica fu l’Aida, il 10 ottobre 1913. Teatro dell’Opera – Roma: il Nerone di Arrigo Boito fu la prima opera lirica, messa in scena il 27 febbraio 1928. Teatro San Carlo – Napoli: inaugurato il 4 novembre 1737 con “Achille in Sciro” di Domenico Sarro .Teatro La Fenice -Venezia : inaugurato nel 1790 con un’opera di Giovanni Paisiello, “I giochi di Agrigento”.Teatro Petruzzelli – Bari: inaugurazione avvenuta il 14 febbraio 1903, con “Gli Ugonotti” di Giacomo Meyerbeer. Teatro Sferisterio – Macerata: l’Aida di Giuseppe Verdi fu la prima opera messa in scena, nel 1921.
( 3 ) S a g g i La canzone napoletana negli anni dell’emigrazione di massa Simona Frasca
Università di Roma Centro Altreitalie https:/www centroaltreitalie.it
(4 )Tra le composizioni più rilevanti della canzone classica napoletana, appartenenti all’Ottocento, si ricordano: Te voglio bene assaje ,1839 di Filippo Campanella su testo di Raffaele Sacco ; Fenesta ca lucive ,1842, di Guglielmo Cottrau, Santa Lucia , 1849 di Teodoro Cottrau , testo Giuseppe Turco; Funiculì funiculà,1880 di Luifi Denza, testo Giuseppe Turco ; Era de maggio , 1885, di Mario Costa su testo di Salvatore Di Giacomo; Marechiare ,1886, di Francesco Paolo Tosti su testo di Salvatore Di Giacomo ; Scetate ,1887 , di Mario Costa su testo di Ferdinando Russo; ; Comme te voglio amà, 1887 di Vincenzo Valente ; ‘E spingule frangese , 1888, di Enrico De Leva su testo di Salvatore Di Giacomo; Lariulà, 1888, di Mario Costa su testo di Salvatore Di Giacomo ; Catarì ,1892 di Mario Costa su testo di Salvatore Di Giacomo ; ‘ O marenariello ,1893 di Salvatore Gambardella su testo di Gennaro Ottaviano ; ‘O sole mio di Eduardo di Capua su testo di Giovanni Capurro.