IL QUARTO POTERE: LA PROPAGANDA E LA MANIPOLAZIONE DELLE COSCIENZE-DI LUCREZIA FILIPPONE
Redazione-Con l’espressione “quarto potere” si fa riferimento alla capacità dei mezzi di informazione di influenzare e orientare l’opinione pubblica, alludendo alla teoria della separazione dei poteri di Montesquieu (legislativo, esecutivo e giudiziario).
Ho scelto di sviluppare questo argomento perché i mezzi di comunicazione di massa sono oggi gli strumenti più utilizzati per ottenere il consenso della popolazione, spesso ignara dell’influenza che questi mezzi esercitano sulle loro scelte. Ed è proprio questa inconsapevolezza a favorire la manipolazione e l’annullamento delle facoltà critiche dell’individuo.
La comprensione dell’importanza che i nuovi mezzi di comunicazione di massa stavano assumendo fu, nella prima metà del Novecento, l’arma vincente del Fascismo. È Gaetano Salvemini, antifascista, a scrivere che “il fascismo fu inventato da un genio della propaganda”, una macchina intelligente e onnipresente, finalizzata alla conquista e al mantenimento del consenso, che crea miti, nasconde la realtà e illude gli uomini. Mussolini fu in grado di utilizzare la comunicazione scritta, radiofonica, fotografica e cinematografica per entrare nelle menti degli italiani:
- Per quanto riguarda i giornali, Mussolini spiega che essi “si utilizzano come una clava, devono colpire dentro la testa fino a condizionare la formazione dell’opinione pubblica”. Il controllo della stampa fu assunto dal Ministero della Cultura Popolare, che ebbe il compito di censurare tutti quei documenti contrari al regime e far si che le notizie uscissero ben modellate, esaltando il mito del “duce”.
- La radio è invece il mezzo che permette di arrivare anche agli strati sociali meno alfabetizzati che non leggono giornali, ovvero le classi lavoratrici, trasmettendo i discorsi del Duce.
- Il cinema, insieme alla fotografia, con la potenza delle immagini diventa un formidabile strumento di manipolazione delle masse. Mussolini crea nel 1924 l’Istituto Luce, un ente incaricato della produzione di film di propaganda che mostrassero agli italiani la grandezza e i valori del Duce, forte e sicuro di sé: quindi un punto di riferimento per tutti.
Il fascismo consentì una certa pluralità di ricerca nel campo artistico, permettendo varie sperimentazioni. I futuristi si resero subito conto della forza comunicativa di cui era dotato il manifesto pubblicitario e la sua straordinaria capacità di persuasione.
Il manifesto diventa folle, bizzarro, ricco di slogan e dai colori forti. Come disse Marinetti, i manifesti dovevano “lottare a pugni di colore” e le strade dovevano diventare dei musei a cielo aperto, perché il manifesto pubblicitario è arte a tutti gli effetti.
In questi anni la pubblicità futurista diventa espressione dei nuovi miti che entusiasmavano la popolazione ed il regime: il mito del volo, della velocità, del movimento, temi molto cari non solo al fascismo ma anche al futurismo. Infatti anche il fascismo si poneva come movimento giovane, dinamico, lanciato verso il futuro. Lo stesso Mussolini era rappresentato come il simbolo di questa nuova giovinezza fascista. Amava farsi riprendere mentre guidava l’auto, nuotava e soprattutto pilotava aerei. L’aviazione e la supremazia dei cieli rappresentavano un utile strumento di propaganda, soprattutto per dimostrare oltre i confini nazionali come l’Italia fosse diventato un paese moderno.
Oltre ai manifesti, con quarto potere si intende anche, ad esempio, la televisione.
Negli anni successivi al boom economico, Pasolini definisce il sistema neocapitalistico come un “nuovo fascismo”. Egli afferma che, attraverso la televisione, la civiltà dei consumi è riuscita a compiere una centralizzazione che neppure il “centralismo fascista” aveva potuto realizzare. Infatti il fascismo proponeva un modello e le varie culture particolari vi aderivano a parole, ma rimanevano invariate. Invece la televisione è accusata di essere lo strumento che ha reso possibile al Potere la distruzione di ogni forma di cultura autentica e alternativa, omologando tutti a un unico modo di sentire e di pensare, agli stessi valori e modelli. È per questa ragione che Pasolini si pronuncia duramente contro la televisione, strumento terribile di appiattimento delle coscienze e di trasformazione di ciascuno in puro consumatore.
La riflessione pasoliniana si basa sulla “mutazione antropologica” indotta dai mass media, rivendicando la necessità di difendere l’identità della cultura popolare. Contro ciò Pasolini orienta la propria attività intellettuale: venuto meno con la massificazione ogni possibile mandato sociale, l’intellettuale non può essere che un “corsaro” in territorio nemico, costretto a servirsi dei mass media per combatterli. In questo modo Pasolini tenta di salvaguardare la funzione tradizionale dell’intellettuale in una società in cui sta ormai nascendo la nuova figura dell’intellettuale-intrattenitore.
Posizioni vicine a quelle di Pasolini, nei confronti della capacità della televisione di condizionare i comportamenti di massa, sono assunte da Karl Popper nel suo saggio intitolato “Una patente per fare tv”.
La critica popperiana alla televisione si incentra soprattutto sulla violenza presente nei vari programmi, che induce i più giovani ad adottare atteggiamenti antisociali.
La televisione, infatti, fa parte dell’ambiente che tutti i giorni i bambini vivono, e proprio per questo è in grado di influenzarli. Una scena di violenza vista in televisione ha la stessa portata condizionante della violenza effettiva che può essere vissuta realmente all’interno delle mura domestiche.
Consapevole dell’importanza che la televisione ha sullo sviluppo dei bambini, Popper propone una soluzione: chi fa televisione deve essere munito di una patente, concessa ai produttori solo dopo un corso, che avrebbe l’obiettivo di renderli consapevoli del ruolo di educatori di massa che essi, anche senza volerlo, assumono.
Per Popper il controllo dei mezzi di informazione è necessario per la sopravvivenza della democrazia. Dice infatti: “Credo che un nuovo Hitler avrebbe, con la televisione, un potere infinito.”
Perciò la libertà di informazione della televisione deve essere limitata, altrimenti può correre il rischio di diventare una sorta di “Grande fratello” orwelliano.
In “Nineteen eighty-four”, Orwell presents a frightening picture of the future under the constant control of big Brother. There is no privacy because there are monitors called “telescreens” watching everything. The Party has absolute control of the communication through the introduction of “Newspeak”, an invented language with a limited number of words because people think by the use of the language they has and then they became unable to express their own ideas.
Paradox is the literary device Orwell uses when developing the official slogan of Oceania to indicate how propaganda is used by the Party to interfere with logical thought. The slogan of the party is “War is peace. Freedom is slavery. Ignorance is strength”:
- “War is Peace” because by keeping war, people don’t have enemies inside the country, because they are busy fighting enemies outside the country.
- “Freedom is Slavery” means that the man who follows his will isn’t really free, because he is unprotected from the failures he can get from bad decisions.
- “Ignorance is strength” encourages the people to accept everything that The Party tells them, without using rational thinking.
In conclusion, the methods of slogans, propaganda and mind control are used by the Party to control and manipulate the population of Oceania. As it said in the book, “Who controls the past controls the future: who controls the present controls the past”: this slogan means that the Party not only can rewrite history, but it can also control the flow of information, the minds and thoughts of its citizens; therefore, the Party controls memory.
Quindi l’era nella quale viviamo è l’era dei media. Un’era di informazioni che si propagano grazie ai mezzi di comunicazione come la televisione, la radio, la stampa o internet, capaci di toccare milioni di individui in poco tempo e di influenzarli, grazie alla loro forza manipolatrice, dettando come vestirsi, cosa si deve consumare, cosa si deve amare oppure detestare, mettendo a rischio la nostra libertà di pensiero e il