Alla fine di un lungo e rigido inverno polare, quando il sole tornò a fare capolino fra le bianche nuvole sospese nel cielo e il luccichio del ghiaccio che iniziava a sciogliersi, Orsobianco avanzava solitario e maestoso alla ricerca di nuove giovani prede.
Sembrava trascinare la sua imponente pelliccia o forse doveva ancora sgranchire le membra intorpidite dal lungo letargo.
Si spinse laddove la coltre di ghiaccio iniziava a spaccarsi perché potesse meglio fiutare l’odore delle amate foche. A Orsobianco piacevano in particolare le foche con gli anelli. Le trovava più appetitose.
Silenzioso, si appostò sulla banchina di un iceberg, in attesa del momento più propizio per tramortire con una possente zampata l’agognata preda.
Aspettò a lungo quando la sua attenzione fu catturata dal volteggiare a cerchi concentrici di un’aquila di mare, accompagnata da tre aquilotti.
Orsobianco si avvide subito che gli aquilotti erano incerti nel volo. Addirittura sembrava che a tratti perdessero quota. Erano ancora piccoli e forse quello era uno dei primi voli da loro spiccati.
Orsobianco non si sbagliava. La sua intuizione era ben fondata, tanto che uno degli aquilotti perse a tal punto quota da cadergli fra gli artigli.
Ancora assonnato, Orsobianco non riusciva a credere ai suoi occhi quando mamma aquila piombò in picchiata al suo cospetto, scusandosi e perorando la grazia per il figlio tanto inesperto e imprudente.
L’orso si sollevò dalla coltre di neve che gli scivolò di dosso, iniziò ad agitarsi mentre mamma aquila gli volteggiò più volte attorno con mille suppliche perché non azzannasse il piccolo. L’aquila di mare lo invocò promettendogli ripetutamente che non si sarebbe pentito e che avrebbe ricambiato il favore a tempo debito.
Mentre Orsobianco si dimenava per allontanare da sé le lunghe e aperte ali dell’aquila che battevano così forte da fargli sollevare il bianco pelo, annusò un odore a lui familiare. Da sotto la lastra di ghiaccio stava affiorando, per respirare, una foca con gli anelli.
Orsobianco si concentrò nella sospirata e tanto attesa operazione di cattura. L’aquila di mare se ne avvide; velocemente afferrò il suo piccolo per spiccare il volo e guadagnò subito quota.
Finalmente le aquile di mare si librarono di nuovo fra le bianche nuvole mentre l’orso, distratto dal ratto dell’aquilotto, perse anche la foca.
Orsobianco rimase all’asciutto e non si perdonò di essersi lasciato sfuggire l’una e l’altra preda così fortunosamente capitategli.
Rimediò comunque dei salmoni e poté tornare alla sua tana satollo.
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