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I MIEI 15 ANNI DI MUSICOTERAPIA CON LE PERSONE ANZIANE-P.D. M.T. PAOLO PARMEGGIANI

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Redazione-Sono passati 15 anni dall’inizio della mia esperienza di Musicoterapia con anziani, cominciata con il tirocinio e dal 2004 come lavoro.

Dal 2008 sono entrato nel Registro Professionale dell’AIM (Associazione Italiana professionisti della Musicoterapia) in qualità di Professionista della Musicoterapia, effettuando una costante supervisione del mio lavoro con docenti di fama nazionale ed internazionale (Proff. B.Zanchi, G.Bonardi e J. de Backer).

Precedentemente ho lavorato più di 2 anni (2000-2002) come Assistente Geriatrico in una Casa di Riposo di Bolzano e prima ancora ho prestato servizio come musicista professionista in orchestre italiane (1992-1998), dopo un lungo studio e perfezionamento del violino (1979-1992), conseguendo il Diploma di Conservatorio a Bologna nel 1989 e perfezionamento a Budapest.

Questa è la mia formazione ed esperienza lavorativa.

La mia proposta di Musicoterapia con anziani è nata dall’incontro delle mie precedenti esperienze, partendo da una solida formazione musicale e sperimentando direttamente la realtà di assistenza in una Casa di Riposo.

La mia proposta d’intervento tiene conto delle problematiche concrete esistenti in una struttura residenziale, non solo dal punto di vista degli anziani, ma anche da quello del personale.

Mentre lavoravo come assistente quasi vent’anni fa, col mio passato di musicista e il presente in formazione nel corso di Musicoterapia, continuamente mi domandavo che cosa poteva essere importante offrire in quel contesto, cosa mancava, qual era la necessità dell’anziano che non riusciva a formulare, quale “musica” sarebbe servita e come proporla.

Nella formazione in Musicoterapia si dà molta importanza all’improvvisazione e al “dialogo sonoro” attraverso strumenti semplici, proprio per differenziarsi da un semplice “musicale”, ma, dopo tentativi e fallimenti ho capito che dovevo indirizzarmi verso un altro approccio, altri “strumenti” e altra modalità d’intervento.

La mia Tesi di Musicoterapia è stata dedicata agli anziani, con la supervisione diretta di F. Delicati, uno dei primi musico terapeuti italiani ad affrontare approfonditamente il tema Terza Età che, dopo aver raccolto il poco materiale esistente all’epoca, ha proposto la prima Tesi di Musicoterapia sull’argomento, con una proposta d’intervento principalmente basata sul canto e le canzoni.

La Tesi di F. Delicati è diventato il primo libro in italiano sulla Musicoterapia e Anziani con il titolo: “Il canto fa venire fuori il paese più in fretta” (1997).

La Musicoterapia con anziani è diversa da altri contesti in cui è applicata, l’anziano, il più delle volte è solo vecchio, non malato.

Se nel bambino o adolescente la curiosità e l’energia sono i punti di forza, nell’anziano la memoria, la lunga esperienza di vita diventa il punto di partenza e continuamente di ritorno.

Più che il “nuovo” è importante principalmente ricordare, “rievocare” chi si è e chi si è stato, il paese di origine, le proprie radici.

Ricercare l’Identità Sonoro-Musicale di ogni individuo, proporla e valorizzarla nel gruppo e, attraverso la varietà dei presenti, creare un momento d’incontro, di scambio e di confronto vivo e vario.

L’Identità Sonoro-Musicale è un concetto ideato dal dott. R. Benenzon, musicoterapeuta argentino, e riguarda l’identità musicale che appartiene ad ognuno di noi, dalla nostra personale esperienza col “mondo sonoro”.

È composto da canzoni, musica, timbro di suono o ritmo, è come un’impronta digitale che caratterizza ogni essere umano.

Tutto il materiale musicale l’ho appreso direttamente dagli anziani negli anni, ho cominciato con poche canzoni e adesso ho raccolto più di 120 titoli.

Ogni canzone è legata a un ricordo e ad una persona.

Questo materiale è stato integrato con registrazioni originali di cantanti famosi, dove il colore e l’espressione della voce sono più importanti della canzone stessa. Recentemente ho aggiunto anche dei video, per proporre oltre che la voce, anche l’immagine e filmati che in molti non avevano visto perché alla fine degli anni ‘50 erano in pochi ad avere un televisore, esisteva principalmente la radio oltre al giradischi.

Conosco il nome di ogni partecipante del gruppo, la provenienza, il lavoro che ha svolto, a volte particolari della sua famiglia, l’anno di nascita e la città dove è vissuto. Questo genera una relazione più profonda e significativa.

Non mi rivolgo genericamente ad un gruppo, ma contatto singolarmente i presenti.

Questo crea un modo diverso di stare in gruppo, la mia funzione è di collegare, coinvolgere, motivare e generare uno svilupparsi dell’incontro coerente ai presenti, all’attenzione e alle energie del momento, è un divenire continuo.

Questa è la mia principale capacità e competenza sviluppata negli anni e determina la riuscita o meno dell’incontro.

La gestione del gruppo rappresenta la parte più propriamente “terapeutica” insieme alla qualità di relazione, non il semplice “musicale” che può essere proposto da qualsiasi musicista o riprodotto con una registrazione.

È importante proporre anche una varietà d’ascolto, alterno il violino alla fisarmonica e alle registrazioni.

La stessa canzone posso proporla con i diversi timbri e ottenere un risultato diverso, col violino c’è una maggiore intimità, con la fisarmonica ci si apre alla condivisione e la registrazione riporta direttamente nel tempo passato.

È difficile nel tempo mantenere e offrire sempre novità e varietà, creare per ogni incontro un “tema”, uno sviluppo, evitando scalette preconfezionate e noiose routine. Ascolto in ogni momento di cosa c’è bisogno; osservo chi è attivo e chi resta in disparte, e conduco l’incontro tessendo una trama composta da relazione e musica.

Per questo motivo il numero dei partecipanti diventa per me una risorsa e non un limite, ovviamente deve esserci la capacità dei presenti di stare in gruppo, anche numeroso (15-20 partecipanti).

Visto da fuori il mio intervento può apparire molto semplice, a volte banale e ripetitivo, a volte noioso, ma la mia non è un’animazione o un incontro musicale, è (a modo mio) una terapia, una condivisione di emozioni e ricordi, un “tempo” e una modalità giusta per la relazione e l’ascolto.

La terapia ha come obiettivo anche la capacità di stare in gruppo, sviluppare la socializzazione tra i presenti, per questo stiamo in cerchio dove ognuno può vedere e confrontarsi con qualsiasi altro partecipante.

L’anziano non mi chiede di fare una terapia, è attratto principalmente dal musicale e dall’ambiente familiare e accogliente.

Il “terapeutico” sono io a doverlo aggiungere, ad averlo sempre ben chiaro in mente, esprimendolo nella qualità di relazione e nella gestione delle dinamiche di gruppo.

Come il fisioterapista ha bisogno di ripetere un movimento per rieducarlo, io ho bisogno di riproporre e affermare in ogni incontro l’Identità Sonoro-Musicale dei presenti, attraverso una canzone o un ricordo e, ovviamente, anche negli incontri successivi questa “Identità” rimarrà invariata.

Per un parente che tutte le settimane è presente in struttura, o anche per un operatore, può risultare incomprensibile la mia ripetizione, e spesso dice: “Sempre quella… ?”.

Il mio compito successivo è cercare e chiedere una variazione e un approfondimento, entrare e investigare nell’Identità Sonoro-Musicale dei singoli, per questo motivo il “tempo” diventa importante e fa la differenza.

Questa ricerca richiede un periodo lungo, o comunque più il tempo è significativo, più elementi e particolari emergeranno e più la relazione che si instaura sarà profonda e importante.

Alcuni anziani li conosco da quasi vent’anni, ho vissuto con loro prima il tirocinio di assistente geriatrico, poi il lavoro d’assistenza e infine l’esperienza di Musicoterapia. In certi momenti ho pensato che non andava bene un tempo così lungo e sarebbe stato meglio un’alternanza con colleghi, ma recentemente ho capito che la mia proposta è diversa, proprio dal tempo e dalla continuità nasce il valore.

Nella relazione bisogna prima conquistare la fiducia dell’anziano per aprirsi e poi, gradatamente incominciare l’esplorazione con attenzione e rispetto.

Una frequente alternanza di operatori genera confusione e porta l’anziano a chiudersi; sempre più gli assistenti provengono da paesi stranieri e hanno difficoltà anche solo a comunicare.

La mia consapevolezza di quanto accade, del mio vissuto e di quello di ogni partecipante ha richiesto e richiede un lavoro continuo su me stesso, una costante supervisione e l’apertura a critiche e osservazioni.

Questa è la mia proposta attuale, dopo anni di esperimenti e fallimenti, sono consapevole che è valida solo attualmente; lo è stata negli ultimi 20-30 anni, partendo dall’esperienza di Delicati e penso potrà rimanere efficace e importante nei prossimi 10 anni.

Dopo saranno necessarie sostanziali modifiche, vedo già da qualche anno l’arrivo di “nuovi anziani”, che hanno vissuto lo scontro tra “urlatori” e “melodici” avvenuta nei primi anni ’60.

Penso sia una realtà principalmente italiana enfatizzata allora dalla radio e dalla televisione, creando accese polemiche e scontri tra le diverse fazioni.

Attualmente restano in maggioranza i “melodici”, ma tra qualche anno cambierà la situazione, sarà necessario rivedere tutto e l’improvvisazione diventerà un importante mezzo di comunicazione e scambio.

In questo momento ritengo particolarmente importante la mia proposta per i “melodici” rimasti, sono dei sopravissuti disorientati di un’epoca passata che aveva le sue origini nel melodramma ottocentesco e nella canzone napoletana.

Il mio incontro offre un’ultima possibilità di contattare un mondo altrimenti perduto e lontano, un’ultima oasi che ristora e rassicura anziani quasi centenari.

Esiste anche una diversa Musicoterapia, basata sull’acquisizione di semplici “competenze”, l’abilità di imparare a suonare un facile strumento o a improvvisare, per questo può essere sufficiente un breve ciclo d’incontri, qualche mese.

Serve più per dare una valutazione sulle capacità residue, ma sarebbe difficile proporre un tempo più lungo con le stesse persone. È un’attività più a scopo didattico ed esperienziale che ho proposto solo all’inizio della mia attività.

Gli obiettivi sono diversi, non si inciderebbe più sulla qualità quotidiana di vita all’interno di una struttura, si offrirebbero “nuove” competenze, una temporanea esperienza, come creare un oggetto dopo un ciclo di incontri.

Si potrebbero fornire solo schede d’osservazione poco utili o utilizzabili, formate da numeri o crocette che non restituiscono la singolarità di una persona e l’esperienza di una lunga vita.

Il mio incontro è diventato sempre più riconoscibile e atteso dagli anziani all’interno della settimana.

Nel tempo è diventato un appuntamento fisso e importante, non è semplicemente con la “Musica”, ma è con “Paolo”.

In questi anni ho accompagnato tante persone, anche fino alla celebrazione del funerale, suonando e condividendo con familiari e anziani rimasti le “musiche significative”.

Non ho offerto una semplice competenza, ma una relazione autentica.

Il mio intervento non aumenta il carico di lavoro assistenziale, ma, anzi, quando possibile, può diventare una risorsa, sia per migliorare il “clima”, rendendolo più tranquillo e positivo, sia coinvolgendo un gruppo importante di anziani per alleggerire il carico assistenziale del personale.

Quando c’è la volontà, integro il personale con i residenti, offro uno spazio dove è possibile condividere una modalità di relazione diversa dalla quotidiana routine, dove l’assistito può essere visto nel pieno delle sue capacità residue, e non nell’inesorabile decadimento o peggio ancora nella profonda compromissione progressiva di una demenza.

Spesso, direttamente aiuto il personale a portare gli anziani dove formerò il gruppo, utilizzando questo tempo per entrare già in relazione col singolo, non pretendendo di trovare il gruppo già pronto, all’orario stabilito, questo creerebbe tensione col personale e farebbe vedere il mio intervento come un’ulteriore richiesta e carico di lavoro.

Per me è importante agire quindi anche sull’ambiente, proponendo positività, energia nuova.

Anche un ottimo intervento verrebbe vanificato, se, l’ambiente che accoglie successivamente i partecipanti non è collegato direttamente col momento appena vissuto.

Per questo motivo il mio “setting” non è ermetico, stagno, la porta è spesso aperta o apribile, io fungo da filtro e da collegamento con la realtà esterna successiva al mio intervento.

Questo può creare problemi, spesso è un lavoro in più, ma tante volte ho visto in un tempo breve, perdere il benessere appena conquistato.

Per questo dopo riaccompagno fuori gli anziani e dedico ancora qualche momento per parlare e continuare l’esperienza e salutare con calma, non devo correre per un altro lavoro.

Per me è importante creare un momento particolare, un momento “affettivamente significativo” e facilmente riconoscibile.

Agire sulla motivazione e sul piacere di partecipare all’incontro.

Proporre una qualità di relazione e di ascolto che non è possibile offrire con i tempi veloci dell’assistenza quotidiana. Il mio lavoro in sintesi è basato sulla qualità di relazione supportata dal musicale.

P.d. Mt. Paolo Parmeggiani

MiA Musicoerapie in Ascolto

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