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L’OSSESSIONE DI APPARIRE RENDE INVISIBILI-DI BENEDETTA LEONE

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Redazione-La conformità è il risultato dell’agire sull’individuo di fattori che tendono a uniformare il suo comportamento a quello del gruppo di appartenenza o del sistema sociale. Tali norme sociali costituiscono criteri di giudizio riguardo a come le persone devono comportarsi in determinate situazioni: siamo più preoccupati di adeguarci al giudizio degli altri, che ad esprimere la nostra opinione ed il senso di protezione che ne deriva rafforza ulteriormente i comportamenti conformisti.

Le principali modalità secondo cui si manifesta il fenomeno della conformità sono: l’acquiescenza e l’obbedienza. Nel primo caso la conformità è il prodotto della pressione di un gruppo nei confronti di un individuo (esperimento del confronto delle linee di Salomon Asch – 1955); nel secondo caso, la conformità è prodotta da richieste e comandi provenienti da un’autorità riconosciuta come legittima (esperimento di Stanley Milgram sull’obbedienza distruttiva o esperimento di Eichmann – 1974).

Asch si chiese se l’essere membro di un gruppo fosse condizione sufficiente a modificare le azioni e i giudizi di una persona, in modo acritico. Seguendo queste riflessioni Asch prepara un esperimento nel quale si invitava un volontario a valutare la lunghezza di diverse linee, e ad individuare quale, tra le tre proposte, aveva la medesima lunghezza di una linea esempio (la differenza tra le tre linee era piuttosto marcata). Gli8 soggetti, di cui 7 complici dello sperimentatore all’insaputa dell’ottavo, risposero in maniera concorde e palesemente errata ed il vero soggetto sperimentale, che doveva rispondere per ultimo, in un’ampia serie di casi rispose anche lui in maniera scorretta, conformemente alla risposta sbagliata data dalla maggioranza di persone che aveva risposto prima pur sapendo che si trattasse della risposta sbagliata. Con questo semplice esperimento Solomon Asch ha rilevato che il 75% dei partecipanti si è adeguato almeno una volta all’ideologia di gruppo.

Inseriti in un determinato contesto o società, a noi stessi assegniamo una maschera, obbligandoci a muoverci secondo schemi definiti che accettiamo per convenienza senza avere mai il coraggio di rifiutarli, anche quando contrastano con la nostra natura, ma sotto la maschera il nostro spirito freme , ma lo freniamo per non urtare contro i pregiudizi della società, perché quella nostra «forma», o maschera fissa, è l’unico punto fermo al quale ci aggrappiamo per non essere travolti. Ma a volte capita che l’anima istintiva che è in noi esploda facendo saltare ogni freno inibitorio: la maschera si spezza. A ben vedere i romanzi di Pirandello rispecchiano quello che accade all’uomo contemporaneo: un’esistenza affine all’idea di uomo come personaggio, e non come persona, protagonista della poetica pirandelliana. La “teoria delle maschere” spiega come i personaggi di Luigi Pirandello si nascondono dietro una “maschera”, recitando la parte che la società esige da lui e che egli stesso si impone: gli uomini sono personaggi all’interno della commedia sociale, ma ognuno di noi indossa una maschera e continua a farlo fino a quando questa non diventa una “maschera di piombo” dalla quale il soggetto cercherà di liberarsi come se fosse una vera e propria trappola: una volta levata la maschera, verrà visto come un uomo diverso, rifiutato e talvolta definito pazzo. Basti pensare a Belluca, immerso nella sua vita monotona fatta di conti, indossando la maschera di “macchinetta di computisteria”, di colui che inerte china la testa di fronte ad ogni ingiustizia, facendosi scivolare addosso qualsiasi cosa. Questa condizione lo porterà alla “follia”, o meglio considerato pazzo dai colleghi che osservano i fatti esternamente. Una follia dovuta a una vita di sacrifici, di privazioni, di alienazione dal proprio essere più profondo.

In un certo senso questa conformità si evince nelle sostanze ferromagnetiche che, in assenza di un campo magnetico esterno sono pressoché smagnetizzate in quanto i singoli momenti magnetici dei vari domini di Weiss si annullano reciprocamente, ma in presenza di un campo magnetico esterno i vari domini sono portati ad orientare i propri atomi concordemente con il campo esterno. Dopo un certo lasso di tempo tutti i domini della sostanza saranno orientanti nello stesso verso del campo esterno.Tuttavia esistono situazioni in cui l’individuo si sente fortemente spinto a seguire determinati comportamenti anche senza la presenza di un gruppo. Milgram definisce l’obbedienza come una particolare forma di conformità che comporta la variazione del proprio comportamento per rispondere a un ordine impartito da un’autorità legittima. L’obiettivo di Milgram era quello di dimostrare che “gente normale, che si occupa soltanto del suo lavoro, da un momento all’altro può rendersi complice di un processo di distruzione”. L’esperimento ha tre protagonisti: lo scienziato, ovvero l’autorità, l’allievo, il cui compito era quello di apprendere alcune associazioni di parole, ma ad ogni errore di memoria riceveva,

solo fintamente una scossa elettrica (dai 15 ai 450 volt) da parte dell’insegnante. Pur manifestando tensione e protestando vivamente, i soggetti sperimentali cedettero all’autorità, mettendo a tacere la propria coscienza, incuranti del dolore delle vittime. Con questo esperimento Milgram riuscì a mostrare al mondo intero che le giustificazioni addotte da Adolf Eichmann e dagli altri torturatori dei lager nazisti, ossia di essersi limitati ad eseguire gli ordini dei propri superiori, non erano pretestuose: l’autorità può indurre qualsiasi persona normale a perpetrare crimini distruttivi. L’esperimento Milgram venne effettuato in occasione del famoso processo contro il criminale nazista Adolf Eichmann, descritto da Annah Harendt ne “La banalità del male” più come un grigio burocrate che come un diavolo mostruoso. D’altro canto, gli oppositori di Milgram e della Harendt sostenevano che chi compie atti efferati in ossequio a un’autoritànon si sta semplicemente conformando alle regole in modo acritico, ma in genere aderisce in modo attivo.

Nell’ambito della cultura letteraria, un’opera di spessore sociologico fondamentale è quella di George Orwell che con 1984 ha illustrato i meccanismi della manipolazione autoritaria nei contesti formalmente democratici, attraverso i concetti di neolingua e bipensiero. The Party has absolute control of the Press, communication and propaganda; language, history and thought are controlled in the interests of the state through the gradual introduction of Newspeak, the official language whose lexis is so limited that people find it impossible to express their own ideas. Newspeak then, is a language created to control thought, thus controlling action. Orwell tried to warn his readers that language can become a weapon. Big Brother did not allow for variety in his society: there was no tolerance for individualism, everyone and everything needed to be the way that he liked it, and if people did not follow his ways, then he would kill them. They weren’t free to think and believe what they wanted to.  For instance, in the end the Party would announce that two and two made five or that war is peace and freedom is slavery and you would have to believe it.

Infine ho cercato di immaginare il giudizio di Sartre nei confronti dell’acquiescenza e dell’obbedienza ed effettivamente la riflessione sartriana sull’uomo racchiude in un certo senso entrambi gli esperimenti. Sartre afferma che la coscienza nasce come potenza nullificatrice del puro dato, quindi affermare che l’uomo è coscienza, equivale a dire che l’uomo è libero, ove per libertà intendiamo la nullificazione del mondo mediante l’attribuzione a esso di una serie di significati. “L’uomo è condannalo ad essere libero”:

un’idea che rende l’uomo interamente responsabile delle sue scelte e della sua esistenza. E’ lo stesso Sartrein “L’essere e il nulla” a parlarci di una situazione di guerra: se io vengo chiamato in una guerra, questa guerra è la mia guerra, e se ho mancato di sottrarmi ad essa, con il suicidio o la diserzione, allora io l’ho scelta. Per quanto riguarda il primo esperimento, Sartre afferma che il rapporto con l’altro è segnato da una netta negatività. L’esperienza tramite la quale si istituisce il rapporto, è data dallo sguardo, con il quale l’uomo è in grado di “nullificare” l’altro attribuendogli determinati significati; la stessa operazione la compie l’altro. La libertà fa sì che l’individuo risulti in uno stato di permanente conflitto con gli altri e risultano inevitabili lo scontro delle libertà, al punto tale che Sartre, nella sua opera teatrale “A porte chiuse”, afferma che

“l’inferno sono gli altri”.

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