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“ L’ATTENTATO A MUSSOLINI OVVERO IL SEGRETO DI PULCINELLA “- CARLO TRESCA CONTRO I FASCISTI AMERICANI E IL FASCISMO ITALIANO – DI VALTER MARSONE

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Redazione- Per la data del 25 aprile di questo 2023 giorno della liberazione e festa dell’antifascismo appena trascorso voglio ricordare Carlo Tresca . Un sindacalista italiano ,assassinato in America , nato a Sulmona e ivi espatriato per sfuggire ad una condanna al carcere della Corte d’Appello di L’Aquila. Carlo Tresca con il suo giornale “Il Martello” negli anni trenta dello scorso secolo svolse in America una intensa campagna di opposizione ai fascisti americani e al fascismo italiano .

Tanto che “Il Martello” divenne uno dei simboli dell’antifascismo in America. Per più di vent’anni Carlo Tresca fu protagonista della lotta contro le camicie nere negli Stati Uniti attraverso sit-in, manifestazioni, contestazioni e vere e proprie battaglie consumate per le strade delle Little Italy di New York.

Presso l’Archivio di Stato di Roma esiste un fascicolo della polizia fascista italiana intestato a Carlo Tresca in cui si possono leggere tutti i dispacci e le informazioni che dall’America venivano trasmesse appunto alla polizia con notizie sull’attività in quel paese di Tresca che fu anche tra i promotori della breve esperienza dell’Antifascist Alliance of North America (AFANA).

Questo organismo svolse un’intensa opera di propaganda contro il fascismo italiano anche se con profondi disaccordi tra i componenti di cui Tresca fu sicuramente il più vivace animatore. Questa attività venne attentamente sorvegliata e monitorata dalle autorità italiane che attraverso l’ambasciata di Washington esercitarono pressioni sul governo statunitense perchè reprimesse questa associazione. In particolare le azioni e i comportamenti di Tresca che era diventato un personaggio scomodo e di qui la rinnovata catena di divieti, di denunce e di arresti cui egli fu sottoposto. Il tentativo fu dunque quello di ridurlo al silenzio.

Nel maggio 1923 gli fu impedito di svolgere un comizio a Waterbury, nel Connecticut, e il 17 giugno a Buffalo, nello stato di New York. Il 28 giugno 1923 Il Martello venne sospeso per aver precedentemente pubblicato un articolo dai toni violentemente anti monarchici del suo direttore. Un mese dopo, il 21 luglio, il servizio postale statunitense si rifiutò di spedire Il Martello senza fornire spiegazioni in merito. Tresca attribuì la responsabilità di questi divieti all’influenza di Gelasio Caetani, ambasciatore dell’Italia fascista a Washington. (1)

Il 14 agosto seguente Tresca fu arrestato, apparentemente per il suo articolo “immorale” di tre mesi prima contro la monarchia. Ma in novembre, in sede processuale, l’accusa a suo carico subì un inspiegabile cambiamento: egli veniva ora ritenuto colpevole di aver fatto circolare a mezzo posta un numero del giornale contenente la pubblicità di un volume di “igiene sessuale” ( 2 ) che venne ritenuto “osceno” e che gli costò, il 10 dicembre 1923, una condanna ad un anno e un giorno di reclusione. La palese ingiustizia del verdetto suscitò un’ondata di reazioni tali, (3) anche tra la stampa democratico-borghese,( ) che dopo quattro mesi di detenzione nel penitenziario federale di Atlanta, in Georgia, il presidente americano Calvin Coolidge decise di condonargli la pena. Nel frattempo a Tresca era stato impedito di parlare a New Kensington (Pennsylvania) il 6 settembre 1923, ma aveva poi potuto tenere una pubblica conferenza su “I martiri di Chicago” a New York l’11 novembre e un comizio antifascista a New Haven il 18.
Chiunque legga i numeri de Il Martello pubblicati nel corso degli anni Venti potrà seguire passo dopo passo le varie tappe dell’impegno politico di Tresca, innanzitutto contro i fascisti italiani presenti in America,( 4 ) che godevano e abusavano impunemente della protezione delle autorità, e in secondo luogo contro le varie provocazioni poliziesche cui il movimento libertario italiano veniva fatto segno: dalla bomba esplosa a Wall Street nel settembre 1920, di cui la polizia e la stampa borghese cercarono di attribuire la responsabilità a Tresca, al caso dei due anarchici Donato Carillo e Calogero Greco, ingiustamente accusati di aver ucciso due camicie nere nel maggio 1927, nel corso di una manifestazione fascista, e strenuamente difesi da Tresca sulle colonne del suo giornale fino al verdetto di assoluzione, pronunciato dal tribunale alla fine di dicembre. (5)

Continua Paolo Casciola in “CARLO TRESCA, COMBATTENTE LIBERTARIO (1879-1943)” in uno studio originariamente apparso come introduzione a “Carlo Tresca, L’attentato a Mussolini ovvero Il segreto di Pulcinella”, Quaderni Pietro Tresso, n. 48, luglio-agosto 2004, pp. 3-21 : “ Tresca continuò ad essere attivo nell’ambito dell’AFANA anche dopo che il primo congresso dell’as-sociazione, svoltosi a New York nel settembre 1925, ebbe registrato l’uscita della componente socialista e la conseguente acquisizione di una posizione predominante da parte dei comunisti. L’intesa tra questi ultimi e il gruppo libertario raccolto attorno a Il Martello era stata ribadita dall’elezione di uno stretto col-laboratore di Tresca, Pietro Allegra (che sarebbe in seguito passato nelle file dello stalinismo), alla cari-ca di segretario dell’AFANA.
A quell’epoca l’anarchico sulmonese riteneva che i comunisti fossero validi e utili alleati nella lotta contro il fascismo. E va ricordato che verso la metà degli anni Venti egli aveva tra l’altro stretto rapporti estremamente cordiali proprio con quello stesso Vittorio Vidali che era giunto negli Stati Uniti nel settembre 1923 (ne sarebbe stato espulso nel marzo 1927, abbandonando poi il paese in luglio), e che quasi vent’anni dopo – diventato ormai uno “stalinista di ferro” e legatosi ai servizi segreti sovietici – sarebbe stato ingiustamente accusato di essere l’assassino di Tresca. La rottura definitiva di Tresca con lo stalinismo sarebbe venuta molto più tardi, in primo luogo allorché nel 1934 i comunisti sabotarono lo sciopero dei lavoratori alberghieri di New York e poi, soprattutto, in seguito all’ignominia dei grandi processi di Mosca del 1936-38 e all’indomani delle sanguinose “Giornate di maggio” del 1937 a Barcellona, allorché la burocrazia sovietica dimostrò in maniera inequivocabile di essere definitivamente passata nel campo della controrivoluzione. E forse è anche questa rottura tardiva a fare di Tresca, ancora oggi, un personaggio scomodo per il movimento anarchico.
Gli scontri tra fascisti e antifascisti italiani in terra americana proseguirono negli anni Trenta con immutata violenza, e con esiti talvolta mortali. Basti ricordare la cosiddetta “Battaglia di Staten Island” del 4 luglio 1932, quando l’Ordine dei Figli d’Italia e altri gruppi di orientamento fascista decisero di profanare la casa in cui nell’estate del 1850 Antonio Meucci aveva accolto il profugo Giuseppe Garibaldi, allora braccato dalla reazione europea. Tresca fu il principale artefice della battaglia con cui ai fascisti venne impedito l’ingresso alla “Casa di Garibaldi”. Quello scontro ebbe un tragico strascico nell’uccisione di un fascista, uccisione della quale fu accusato l’anarchico Clemente Lista, che venne successivamente prosciolto grazie alla campagna organizzata in suo favore dallo stesso Tresca. A questa campagna si aggiunse un anno dopo quella in difesa dell’anarchico Athos Terzani, che era stato ingiustamente accusato dell’omicidio del suo compagno Antonio Fierro durante una manifestazione organizzata nel luglio 1933 dal movimento fascista statunitense delle Khaki Shirts of America. Il processo che ne seguì, in dicembre, si concluse con l’assoluzione di Terzani e con il successivo arresto, nel febbraio 1934, dei due veri colpevoli: i fascisti Art J. Smith e Frank Moffer.
Non è certo questa la sede più appropriata per ricostruire nei dettagli la storia di quegli scontri e il ruolo di tutto rilievo che Tresca e i suoi compagni vi giocarono, talvolta a rischio della propria vita. Ci piace tuttavia ricordare quanto ha scritto in proposito uno storico statunitense: “Tresca univa in sé una felice combinazione di intelletto e di coraggio: queste sue doti gli permisero (…) di progettare e di guidare azioni di guerriglia contro le camicie nere nei vicoli di New York. Le sue triviali battute contro il duce e la monarchia erano così spietate che non desta meraviglia che in parecchie occasioni i fascisti cercassero di eliminarlo. Una volta uno di questi attentati fallì in modo tragicomico perché l’automobile che trasportava la bomba esplose sotto il suo ufficio uccidendone i tre passeggeri, in seguito identificati come membri della FLNA [Fascist League of North America]. (…) Sarcastico com’era, e perciò bestia nera dei fascisti, Tresca amava vantarsi di aver a tal punto terrorizzato le camicie nere che queste avevano smesso di tenere comizi pubblici a New York. (…) In realtà né Tresca né nessun altro antifascista fu in grado di frenare l’infiltrazione delle camicie nere (…); tuttavia il coraggio di Tresca, mentre serviva di incitamento morale per gli antifascisti, era un fattore fisico onnipresente che le camicie nere non potevano ignorare se non a loro rischio e pericolo. Il contributo offerto da Tresca alla resistenza fu quello di una costante probità e di una purezza di intenti che nessuno riuscì mai a scalfire”( 6)

Negli Stati Uniti d’America sin dal 1920 e poi negli anni Trenta, con la creazione del Fascio di Combattimento di New York, fu avviato il tentativo di penetrazione della ideologia fascista nelle principali istituzioni sociali, culturali ed economiche italo americane. Inizialmente nelle Little Italy, l’antifascismo fu un fenomeno di netta minoranza; gli antifascisti erano considerati traditori dagli italoamericani e pericolosi sovversivi dal governo degli Stati Uniti.

Tresca divenne uno dei simboli di questa piccola comunità antifascista, tanto che, nel 1926, l’Italia arrivò addirittura a ritirargli la cittadinanza italiana. Nel 1928 il console generale di New York dichiarava all’ambasciatore De Martino: “Per infliggere un colpo mortale all’antifascismo negli Stati Uniti basterebbe liquidare Carlo Tresca”.

L’antifascismo di Tresca ebbe però un respiro più ampio delle vicende italiane tanto che il Martello si dedicò ad una dura opposizione alla politica staliniana anche con il grande sostegno alla Spagna libertaria, cercando di svelare, attraverso gli articoli sulle sue pagine , trame e complotti stalinisti e attaccando senza sosta la sezione italiana del Partito Comunista degli Stati Uniti d’America. La lotta contro tutte le dittature impegnò Carlo Tresca sino al giorno del suo assassinio.

Tra il 1942 e il 1943 denunciò pubblicamente “gli antifascisti di Pearl Harbour”: importanti personalità italoamericane, spesso colluse con la criminalità organizzata che, con l’entrata in guerra degli Stati Uniti, dopo vent’anni di piena fedeltà al regime di Mussolini, facevano professioni di antifascismo.

Opposizione dunque alla penetrazione fascista negli organismi degli emigrati con l’azione attraverso la partecipazione a centinaia di comizi e incontri ma anche con la penna. Non solo su “Il Martello” ma anche attraverso pubblicazioni come per esempio un libello ripubblicato nel 2019 da Unicopli “ L’attentato a Mussolini ovvero il segreto di Pulcinella “-

La pubblicazione del dramma di Tresca è un tassello fondamentale nel tentativo di far riemergere quelle “vite minuscole” (riprendendo Pierre Michlon) della letteratura anarchica, che sono state abbandonate alle soffitte. Ma che hanno sostanziato quel carattere di “cultura fortemente emotiva“, che ha permesso all’anarchismo di diffondersi e radicarsi.

Scrive Oreste Veronesi : “Il dramma di Tresca venne rappresentato per la prima volta all’inizio del 1926, mettendo in scena il tentato omicidio di Mussolini per opera di Tito Zaniboni dell’anno precedente.  Entrando nello specifico del testo, il primo tratto che emerge alla lettura è la rottura dell’immaginario machista e patriarcale del regime. Apre la scena un’istantanea di intimità amorosa tra il gerarca Roberto Farinacci e la “contessa del Viminale”. A chi la leggesse non avendo conoscenza della storia del fascismo, questa fotografia rimarrebbe neutrale. Roberto Farinacci fu “l’intransigente” del regime, l’uomo di punta della corrente radicale del partito fascista; colui che a capo della direzione generale del Partito impresse una svolta autoritaria nel tentativo di giungere ad una fascistizzazione totale del Paese. L’operazione letteraria dell’autore appare dunque come una rottura di quella visione di dominanza della virilità fascista che caratterizzava la narrazione del regime, facendo scorgere i tratti più reali, e quindi non riducibili a “mito“, della personalità umana: la gelosia, ad esempio, cui si legge la contessa insinuare a Farinacci, la promiscuità, ma anche la sfrontatezza di una donna di fronte al “capo” del partito fascista. E’ lo stesso protagonismo femminile a stonare con una realtà che «intendeva riportare le donne al focolare domestico, confinarle al loro destino di madri e restaurare l’autorità patriarcale». E su questa linea non sfugge all’attenzione una battuta che spiazza la mascolinità fascista con una semplicità disarmante: «tu tremi sempre», accusa Farinacci al suo camerata Rossoni, il quale risponde al gerarca in un rimbalzo di allontanamento di quel “difetto” della personalità. E nello scambio tra i due si scorge un altro tema caldo: la coerenza nella storia politica dei camerati, i quali spesso arrivarono a rinnegare la loro precedente esperienza socialista mostrando un sentimento di vergogna. Come si intuisce, i temi che questo testo di poche pagine stimola sono tanti, non ultimo il rapporto del regime fascista con il potere ecclesiastico. Sottolineando i legami tra i gerarchi e il clero, che si mostra accondiscendente rispetto le necessità repressive del regime, Tresca mette in luce l’anticlericalismo genetico del movimento anarchico. Ma a pesare sono anche le relazioni tra clero e fascismo negli Stati Uniti, come denunciò Gaetano Salvemini affermando che queste si evidenziarono in modo unanime più oltre oceano che non in Italia. Non è però questa la sede per approfondirli con sistematicità. L’auspicio è allora che altre siano le possibilità di indagare la produzione culturale degli anarchici italiani, spesso del tutto inedita e sconosciuta anche agli specialisti. (7)

Sulle pagine de Il Martello si ha traccia di una sola rappresentazione successiva a quelle del gennaio-febbraio 1926, avvenuta nel pomeriggio del 13 marzo 1932 alla Columbus Hall di Oldforge (Pennsylvania). In occasione di quella “grande recita pro stampa nostra e vittime del fascismo”, la Filodrammatica La Sociale di New York mise in scena anche un altro lavoro teatrale, La ragnatela. Nuovo dramma dello spionaggio fascista in tre atti, opera del socialista Vincenzo Vacirca.55 Per amor di completezza, segnaliamo che l’attività di autore teatrale di Carlo Tresca non si limitò a L’attentato a Mussolini. Abbiamo infatti notizia di almeno un’altra sua pièce dal titolo Il vendicatore. Dramma sociale antifascista in quattro atti, che fu rappresentato dalla Filodrammatica Moderna nella serata del 7 aprile 1934 presso la Ukrania National Hall di New York, e che venne presentata ai lettori de Il Martello con il seguente commento: “È un lavoro a forte tinte. Si svolge nell’ambiente fascista, in Italia, ove la tirannide più triste prepara, nell’odio delle folle, la scintilla che farà divampare il fuoco divoratore della vendetta.
È stato scritto appositamente da Carlo Tresca affinché, portate sulle scene gli orrori della inquisizione fascista, e il desiderio ardente della massa operaia a cercare le vie di uscita, si possa tenere desto lo spirito della rivincita. ( 8)

Il Martello consacrò soltanto tre articoli all’attentato organizzato da Zaniboni ai danni di Mussolini, che veniva immediatamente qualificato come un “segreto di Pulcinella”, e in seguito non ritornò più sull’argomento.(9 ) Tuttavia, basandosi sui fatti relativi a quell’episodio, Tresca decise di scrivere “a caldo” il bozzetto teatrale L’attentato a Mussolini. A quanto ci risulta, esso venne rappresentato per la prima volta – dopo essere stato “già proibito dalla polizia di New York” – presso la Music Hall di New Haven nella serata del 30 gennaio 1926, in occasione della “grandiosa festa proletaria” organizzata “sotto gli auspici del ‘Gruppo Germinal’ per contribuire alle spese di pubblicazione del Martello e per una forte affermazione antifascista della colonia italiana”. ( 10 ) Nel corso della festa – la prima ad essere organizzata dall’AFANA – sarebbero inoltre intervenuti, in veste di oratori, lo stesso Tresca e Antonio Aloia. Nel numero de Il Martello pubblicato all’indomani di quella serata il segretario dell’AFANA sottolineò il grande successo della “Festa pro Liberazione d’Italia”: La folla, l’entusiasmo, la cordialità tra gente di diverse scuole politiche, la gara di assistenza, ha dimostrato ancora una volta di quanto affetto e di quanta popolarità è circondata la Alleanza Antifascista che si propone dar battaglia al fascismo in America e aiutare il popolo italiano a liberarsi dalla tremenda piaga delle camice nere.
Sin dalle prime ore della sera l’immenso Salone era gremito. La polizia dovette chiamare le sue riserve per tenere a bada la folla, e ad un certo punto ordinò la chiusura delle porte della Bryant Hall.
Agenti federali, agenti della famosa squadra delle bombe, agenti della Città e detectives privati, erano in continuo movimento perché una massa enorme, circa mille persone, era rimasta fuori dalla sala e minacciava tumultuare.
Che spettacolo: una serata polare, e pure questa folla si assiepava nei dintorni del locale con la speranza di poter più tardi entrare. Si son viste donne coi bambini in braccia a sfidare i rigori del freddo per delle ore, e senza alcuna imprecazione o protesta contro gli organizzatori della festa che hanno fatto del loro meglio non avendo potuto trovare una sala più grande della Bryant Hall, e poi anche perché non si aspettava una folla così immensa.
Il bozzetto di Tresca: L’attentato a Mussolini, una requisitoria acre e burlesca riempì maggiormente l’atmosfera di brio. Giornalisti americani e gli stessi ufficiali di polizia, pur non comprendendo alla lettera quello che si recitava ridevano ai gesti del buffo Mussolini…
(…)
Va data lode alla massa dei compagni, dei lavoratori italiani che ci segue con devozione, con affetto. Vorremmo pubblicare le lettere che ci pervengono complimentandoci, e vorremmo pure pubblicare le lettere di coloro i quali son rimasti fuori dalla Sala. Essi mandano lo stesso l’importo dei biglietti, malgrado non abbiano potuto godere dello spettacolo e ci supplicano a che un’altra festa venga al più presto annunziata.
Ciò ci consola, è l’unica soddisfazione che vien data all’animo nostro attraverso le difficili lotte che dobbiamo sostenere contro un nemico insidioso, vile, perché lavora sottomano con l’aiuto dei Consolati divenuti covi dello spionaggio fascista.
Intanto grazie a tutti e al lavoro per dar guerra senza quartiere al fascismo

Una seconda “festa proletaria” dello stesso genere venne successivamente annunciata, sempre alla Music Hall di New Haven, per la serata del 20 febbraio 1926, ma stavolta la polizia locale proibì la rappresentazione della pièce teatrale di Tresca: “Era tutto pronto e vivissima l’attesa quando all’ultima ora il capo della polizia fece sapere che ad ogni costo avrebbe impedita la rappresentazione. Il compagno Allegra, per l’Alleanza Antifascista di New York, ed altri compagni del luogo ebbero un lungo ed animato colloquio col rappresentante l’ordine pubblico della città, già teatro di animate lotte tra fascisti e antifascisti, ma l’egregio uomo non cedette, consentendo appena che il resto del programma della serata si svolgesse senza interferenze poliziesche, e fu irremovibile nel divieto della rappresentazione del lavoretto drammatico di Tresca.
Si ebbe, così, di fronte ad un notevole pubblico, il programma ridotto, con scelta musica e canto, e poi, dopo parole di propaganda antifascista di Aloia, Allegra, Quintiliano e Tresca, il ballo, che si protrasse fino a tarda ora.
L’American Civil Liberties Union, che nel divieto del capo della polizia di New Haven, vede una violazione dei diritti costituzionali alle libertà del popolo, ha deciso di fare sua la causa dei compagni di New Haven, e promette il suo valido appoggio per vedere presto rappresentato anche a New Haven questo bozzetto che suscita le ire dei fascisti ed i timori della polizia. (11) (12 )

Sulla stessa pagina del giornale figurava per la prima volta la pubblicità dell’opuscolo contenente il “bozzetto drammatico-satirico” di Carlo Tresca L’attentato a Mussolini ovvero Il segreto di Pulcinella, che era stato nel frattempo dato alle stampe dalla Casa Editrice “Il Martello” di New York, e la cui data di pubblicazione va dunque fatta risalire al marzo 1926. Affiancato, nei riquadri pubblicitari de Il Martello, dal volume di Salvemini intitolato Come funziona la dittatura fascista, l’opuscolo di Tresca conobbe sicuramente una notevole diffusione tra gli emigrati italiani negli Stati Uniti. Del resto, il giornale lo aveva presentato ai propri lettori in modo tale da suscitare una certa curiosità: “Condensa in poche linee il carattere tragicamente teatrale del regime nero.
L’autore, nemico irreconciliabile del fascismo, i cui capi un giorno combatterono al suo fianco contro le forze reazionarie, traendo spunto dalle debolezze intime di essi, dalle rivelazioni fatte intorno al “Complotto” e dagli episodi che ne furono la genesi, ne forma un tutto unico che con fine ironia, con pungente sarcasmo smonta la montatura del “Complotto” e staffila i mostri che l’idearono

La vignetta anonima utilizzata per illustrare la copertina dell’opuscolo venne successivamente riprodotta sulla prima pagina del giornale diretto da Tresca, con la seguente didascalia: “Il ‘pagliaccio d’Italia’ alla vigilia di proclamarsi imperatore della…luna, posa espressamente per Il Martello! (Radiofotografia del nostro corrispondente presso il Viminale)” (Il Martello, a. XI [ma XII], n. 13, New York, sabato 27 marzo 1926, p. 1).

(1)Ergo Sum [C. Tresca], “Abbasso la monarchia”, Il Martello, a. IX, n. 17, 5 maggio 1923, p. 1.

( 2 )Si vedano tra l’altro “Tresca processato”, Il Martello, a. IX, n. 44, 1° dicembre 1923, p. 1; Pietro Allegra, “Vana speranza!”, Il Martello, a. IX, n. 45, 8 dicembre 1923, p. 1; Il Reporter, “Storia di una persecuzione disonesta e indecente”, Il Martello, a. IX, n. 46, 22 dicembre 1923, pp. 1-2.
(3) Cfr. “Commenti della stampa alla condanna di Carlo Tresca”, Il Martello, a. IX, n. 47, 29 dicembre 1923, p. 3.
( 4) Per una breve panoramica del movimento fascista italiano negli Stati Uniti di quel periodo si vedano Matteo Petrelli, “I Fasci negli Stati Uniti: gli anni Venti”, in Emilio Franzina-Matteo Sanfilippo (a cura di), Il fascismo e gli emigrati. La parabola dei Fasci italiani all’estero (1920-1943), Laterza, Bari 2003, pp. 115-127; e Stefano Luconi, “I Fasci negli Stati Uniti: gli anni Trenta”, ivi, pp. 128-139.
( 5 ) John P. Diggins, L’America, Mussolini e il fascismo, Laterza, Bari 1972, pp. 173-174.

(6 )http://www.rottacomunista.org/contributi/pcasciola/tresca.html

( 7)https://parentesistoriche.altervista.org/carlo-tresca-antifascismo-anarchismo/

( 8 )http://www.rottacomunista.org/contributi/pcasciola/tresca.html

( 9)Così recitava il riquadro pubblicitario pubblicato in: Il Martello, a. XII, n. 3, 16 gennaio 1925 [ma 1926], p. 4, che si chiudeva con l’appello: “Compagni lavoratori intervenite in massa a questa genuina manifestazione proletaria per (…) dimostrare ancora una volta il vostro odio per i tiranni d’Italia e per i loro menestrelli.”
( 10 )Pietro Allegra, “Strepitoso successo della Festa pro Liberazione d’Italia”, Il Martello, a. XI [ma XII], n. 6, 6 febbraio 1926, p. 3.

(11) Il Martello, a. XI [ma XII], n. 22, 29 maggio 1926, p. 4.
(12) Il Martello, a. XVII, n. 10, 5 marzo 1932, p. 1.

Letture e fonti

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 J. Guglielmo, Living the revolution. Italian women’s resistance and radicalism in New York City, 1880-1945, Chapel Hill, The University of North Carolina Press, 2012, p. 144.
E. Deaglio, La zia Irene e l’anarchico Tresca, Palermo, Sellerio Editore, 2018.
N. Pernicone, Anarchism in Italy. 1872-1900 in R. Vecoli (a cura di), Italian american radicalism: Old World origins and New World Developmentes. Proceedings of the Fifth Annual Conference of the American Italian Historical Association, Boston, 1972, pp. 1-29.
F. Durante, Italoamericana. Storia e letteratura degli italiani negli Stati Uniti, 1880-1943, voll. 2, Milano, Mondadori Editore, 2005.
M. Pretelli, La via fascista alla democrazia americana. Cultura e propaganda nelle comunità italo-americane, Viterbo, Sette CIttà, 2012.
P. Masini, Storia degli anarchici italiani da Bakunin a Malatesta, Milano, Rizzoli, 1969.
C. De Maria, Premessa. Metodo biografico e scansioni generazionali nello studio del socialismo italiano in G. Berti, C. De Maria (a cura di) L’anarchismo italiano. Storia e Storiografia, Milano, Biblion Edizioni, 2016, pp. 91-108. Ma si vedano anche le riflessioni contenute nell’introduzione di M. Salvati, Passaggi. Italiani dal fascismo alla Repubblica, Roma, Carocci, 2016.
M. Manfredi, Emozioni, cultura popolare e transnazionalismo. Le origini della cultura anarchica in Italia (1890-1914), Milano, Mondadori Education, 2018.
P. Dogliani, Il fascismo degli italiani. Una storia sociale, Torino, Utet, 2007, pp. 106 ss.
M. Di Figlia, Farinacci. Il radicalismo fascista al potere, Roma, Donzelli, 2007.
V. De Grazia, Le donne nel regime fascista, Venezia, Marsilio, 2007, p. 17.
G. Salvemini, Italian fascist activities in the United States, New York, Center for Migration Studies, 1977, pp. 145 e ss.

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