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LA FAME, IL GRIDO DEI POVERI E L’ASSALTO AL POTERE- PROF.SSA GABRIELLA TORITTO

2022. Lo Sri Lanka e il mondo

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Redazione- Nel 1948 lo Sri Lanka divenne una repubblica, riscattandosi dal colonialismo britannico, dalla dipendenza dal Regno Unito.

I fratelli Rajapaksa, che hanno governato quel Paese come se fosse una loro proprietà, scambiandosi vicendevolmente il ruolo di premier e di presidente negli ultimi anni, da eroi della Patria sono diventati fuggiaschi in questi giorni.

Assieme al padre, discendenti di una ricca ed estesa famiglia, hanno dominato lo scenario politico ed economico dello Sri Lanka dagli anni ‘70, accumulando ricchezze inenarrabili e riservando al popolo soltanto delle briciole. Durante i loro governi le accuse di nepotismo e di corruzione sono state insabbiate mentre veniva avviato un processo di modernizzazione delle infrastrutture e di riforme che avrebbe dovuto favorire il turismo, lo sviluppo e la crescita economica di un paese paragonabile ad una goccia di smeraldo nell’Oceano Indiano.

Il processo di modernizzazione e di sviluppo tuttavia è stato stroncato dalla cattiva amministrazione dei due potentissimi e ferali dioscuri, i quali hanno reso il loro paese, dal promettente futuro, una neocolonia della Cina.

Ora lo Sri Lanka è allo sbando. Venerdì 8 luglio vi è stato l’assalto al palazzo presidenziale. A nulla sono valsi i tentativi di repressione da parte della polizia poiché i manifestanti erano numerosi e le loro fila si sono rinforzate sempre più nel corso delle ore successive allo scoppio della rivolta.

La protesta era iniziata già la primavera scorsa a causa della grave crisi economica, la peggiore dal 1948 ad oggi, secondo gli analisti internazionali.

Quella in atto è stata definita la “rivolta del pane”. Il paese è affamato. E’ stato ridotto allo stremo: i prezzi sono aumentati; la benzina e il gasolio sono finiti; le attività economiche sono state tutte bloccate; i beni di prima necessità, che il paese non è più in grado di comprare, scarseggiano. Tutto ciò ha innescato l’esplosione della rabbia e delle manifestazioni che si stenta a contenere, mentre si chiede aiuto alla Russia! Attenzione!

Frattanto il Pontefice, unico al mondo ad essere ancora saggio e prudente, domenica 10 luglio ha chiesto ai potenti della Terra di ascoltare il grido dei poveri, di non ignorarlo.

La rivoluzione francese del 1789 avrebbe dovuto insegnarci qualcosa. E invece no. Abbiamo ormai capito che la Storia è una cattiva maestra, ancora più cattiva se non è insegnata con passione e se ci sono dei cattivi scolari che non la studiano e che perciò non la ricordano!

Ignorare il grido dei poveri significa far divampare, prima o poi e ovunque, la scintilla che prelude ad un ben più ampio e vasto incendio sociale e civile, come nello Sri Lanka.

E tutto questo avviene in un contesto internazionale, mondiale dalle tinte fosche, quasi apocalittiche, in cui i governanti, votati da cittadini ignari o ignavi, hanno perso il ben dell’intelletto; hanno omesso di pianificare strategie, soluzioni di problemi climatici, energetici, economici, sociali che ora potrebbero abbattersi sulle nostre comunità come uno tsunami.

Papa Francesco, all’Angelus di domenica 10 luglio, non solo si è appellato ai potenti della Terra perché ascoltino il grido di dolore dei Popoli, ma anche perché pongano fine ad una guerra folle.

E, se ogni guerra è folle, quella che si sta combattendo in Ucraina è la più folle di tutte poiché potrebbe incenerire il nostro Pianeta, unico punto azzurro nell’oscurità del Cosmo!

I potenti della Terra, resi tali da coloro che li hanno votati, non possono trattare come oggetti, come gettoni di un jukebox, come strumenti e mezzi dei propri subdoli obiettivi quelli che hanno concorso ad eleggerli.

Quando i cittadini sono serviti alle loro aziende, allora l’input sfrenato è stato: “crescete, consumate e moltiplicatevi”. Ora che quei cittadini non sono più funzionali a quelle e ai loro biechi obiettivi ecco che sono licenziati ed abbandonati al loro duro destino.

Quando c’era da “alimentare” le industrie e da rimpinguare le loro casseforti allora l’input ingordo, oltreché forsennato, è stato “globalizzazione tout court”. Ora invece serve una marcia indietro. Ora serve una guerra per bloccare tutto.

Dunque ora i cittadini, i popoli tutti possono fare la fame, morire di caldo o, nei prossimi mesi, morire di freddo, rimanere senza lavoro, piangere, soffrire, morire etc… tanto loro, i potenti della Terra, sono riusciti nel frattempo a tutelarsi e a salvaguardare loro stessi, la progenie e i propri interessi.

Male che va, i potenti della Terra, come i fratelli Rajapaska dello Sri Lanka, scappano. Scapperanno tutti? Per nascondersi dove?

Allorquando è iniziata la guerra in Ucraina il presidente degli USA, Biden, ha chiesto anche a Zelensky di scappare. Il presidente ucraino ha rifiutato e tuttora resiste nella sua patria martoriata. Forse era / è sorvegliato speciale di quelle frange militari che Mosca definisce naziste.

Non so quali sonni dorma il presidente ucraino. Mi chiedo se qualche volta abbia desiderato tornare indietro nel tempo, al 23 febbraio scorso, per adottare ben altre decisioni.

Lacrime, sangue, rovine, l’inferno si sono abbattuti su un paese bellissimo, l’Ucraina, il cui vessillo ancora oggi ci racconta un cielo, di un azzurro intenso, e un suolo ricoperto d’oro, il giallo oro del grano e dei girasoli.

Quel cielo non c’è più. Quel suolo è la rappresentazione dell’inferno sulla terra.

I potenti della Terra dovrebbero imparare, come ogni buon padre di famiglia, a pianificare, a essere lungimiranti e a operare in scienza e coscienza per i popoli che governano, piuttosto che seminare lutti e tendere sempre ad interessi personali.

Infine, così come c’è un dissidente di nome Aleksej Naval’nyj, c’è un attivista di nome Julian Assange. Essi condividono un comune destino di persecuzione e di segregazione, così come condividono un comune destino di umiliazione e di disperazione tutti i poveri della Terra.

 

Il Viceré

 Papero era un promettente costruttore di pollai. In breve tempo, aiutato da soci ed amici, era divenuto ricco e potente.

I suoi poderi si estendevano per tutto il contado e i suoi affari crescevano di giorno in giorno finché tutti lo chiamarono Zio Papero per ingraziarsi le sue simpatie e la sua benevolenza.

Papero, oltre che i soldi, amava le giovani papere. Ce n’era una molto carina, una ballerina del Pip Pap, che finì per sposare. Il suo nome era Papavera. Aveva soffici piume bionde e deliziosi occhi cerulei. Lo fece proprio innamorare e gli diede dei paperotti.

La famiglia cresceva felice e zio Papero veniva applaudito da tutti. Aveva molti fans e tutto procedeva a suo favore.

Trascorsero alcuni anni e zio Papero non era più costruttore. Lui sì che aveva avuto successo! Ora era un gran papavero, blasonato e rispettato, che sedeva nel Gran Consiglio di Paperopoli. Divenne in breve Viceré.Anche i suoi soci ed amici erano ben sistemati! Ognuno di loro aveva un incarico importante.

Frattanto nel contado si addensavano nubi oscure. I tempi erano divenuti duri. Si rimpiangevano quelli in cui circolava tanta ricchezza!Vi era stata una grave epidemia che aveva mietuto vittime. Anche i contadini stavano soffrendo. Il raccolto era scarso. Un’ondata di gelo aveva danneggiato le colture.

I paperi non ne potevano più, mentre il Gran Consiglio restava indifferente alle loro istanze. Accadde che un giorno i paperi del contado organizzassero una manifestazione: – “Qua, qua, qua … Vogliamo condizioni di vita migliori!”. “Qua, qua, qua … Vogliamo tutelare i nostri figli!”. “Qua, qua, qua ….Vogliamo lavorare …”. E sfilarono tutti sotto le finestre del Gran Consiglio di Paperopoli.

I Consiglieri, di tutta risposta, ordinarono ai poliziaperi di disperdere con forza i manifestanti. Fu così che i poliziaperi caricarono contro i paperi del contado. Vi furono contusi, feriti e ci scappò anche il morto.

Il dolore fu grande. Il silenzio piombò sul contado e su Paperopoli. Ma la rabbia covava negli animi e non passò molto tempo prima che i paperi organizzassero una rivolta. Sfilarono ancora sotto le finestre del Gran Consiglio: – “Vogliamo mangiare! Qua, qua, qua …” “Vogliamo vivere! Qua, qua, qua …” “Vogliamo un futuro migliore! Qua, qua, qua …” 

E ancora una volta i poliziaperi caricarono contro di loro.Questa volta però i paperi erano pronti e preparati a tutto. Si difesero e resistettero alla carica. Circondarono il Palazzo del Gran Consiglio e lo espugnarono. Chiesero quindi di parlare con il Viceré, quell’ardito papero che un tempo lontano razzolava con loro nel contado.Questi ricevette una delegazione nell’intento di negoziare la resa: – “Dunque a che cosa si deve questa rivolta?” – chiese minaccioso ed arrogante – “Forse che non avete di che vivere? Qua …qua!” 

Un giovane papero, disperato, rispose: – “Le nostre famiglie sono stremate. I nostri figli sono senza pane e senza futuro. Non possiamo più tollerare tutto ciò! Vogliamo vivere! E’ giusto che la vostra sconfinata ricchezza sia ridistribuita, poiché costruita sull’inganno e con la frode!” Il papero Viceré, infuriato: – “Come osi, tu, qua, qua, qua, parlarmi così! …Qua, qua, qua … Guardie, prendetelo e uccidetelo!” Ma era tardi. Il Viceré non esercitava più alcuna autorità. Era ormai spodestato, le sue guardie inermi. Fu invece lui ad essere catturato dai paperi insorti, che, occupato il Palazzo, issarono una nuova bandiera, quella della libertà e della dignità dei paperi.

Libertatem afferunt

F.to                      Gabriella Toritto

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