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” VIVERE IN UNA CAMERA D’HOTEL ” DI VALTER MARCONE

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Redazione-  Camere di casa, camere di hotel , camere separate , viaggi attorno ad una camera, storie di camere .

Vivere in una camera d’hotel sembra essere un modo di vivere precario, pieno di incertezze, insomma un modo di sopportare la vita . Ma potrebbe anche essere come “vivere in un romanzo” una condizione di soave beatitudine. Un’avventura continua .

Quando parlo di vivere in un romanzo mi vengono in mente due opere di narrativa : “Camera con vista” di Edward Morgan Foster ,una storia d’amore nell’Inghilterra dell’età edoardiana e “ Viaggio intorno alla mia camera” di Xavier de Maistre ,scritto nel 1794 quando l’autore era agli arresti domiciliari: quarantadue capitoli pari al numero dei giorni in cui l’autore fu confinato nella sua camera. Una ricognizione sugli oggetti contenuti nella stanza che ci vengono presentati con arguzia e una morale benevola.

E mi vengono in mente opere letterarie ambientate in una camera d’albergo. Molti autori hanno trovato l’ispirazione per la stesura delle loro opere più famose in hotel come per esempio , ne ricordo due : il Balmoral di Edimburgo dove è stata scritta la saga di Harry Potter da J.K Rowiling e il Chelsea Hotel che ha ospitato scrittori come Mark Twain, Charles Bukowski e Jack Kerouac.

Ma anche hotel dove alcuni autori hanno preso fissa dimora : per esempio Ernest Hemingway che durante il suo soggiorno cubano aveva preso alloggio nella stanza 511 dell’hotel “ Anbos Mundos” oppure a Venezia dove abitava in Gritti Palace nella celebre Suite Presidenziale dove ha scritto “Di là dal fiume e tra gli alberi“. o come Picasso e Cocteau che nel 1917 vissero per mesi all’Hotel de Russie in Piazza del Popolo a Roma. Tanto che Jean Cocteau scrivendo alla madre le diceva enfaticamente : “ Cherie, abitiamo il paradiso terrestre . Cogliamo le arance dalla finestra e il sole inonda i mobili con il satin blu del cielo “.

Forse una esagerazione dettata proprio dalla ricchezza cromatica di quell’ambiente che riusciva a metterlo a proprio agio e che prometteva delle lusinghe di un concierge a disposizione ,ventiquattrore su ventiquattro, alle quali non sono riusciti a sottrarsi il giornalista e presidente di Medusa Carlo Rossella, che alla vita in albergo ha dedicato un libro : “Grand Hotel”, avendo vissuto, come egli stesso afferma, negli alberghi più belli del mondo . A Washington per un anno all’Hotel Watergate. Il libro di Rossella racconta il soggiorno in hotel per così dire di molti vip ma descrive anche quelle strutture .

Alberghi che si sono trasformati negli scenari in cui sono ambientati alcune storie raccontate dagli scrittori che vi hanno abitato. Per esempio nel 1929 l’austriaca Vicki Baum si ispira al famoso Adlon di Berlino per raccontare l’improvvisa decadenza della Repubblica di Weimar negli anni antecedenti l’esplosione del secondo conflitto mondiale(Sellerio, traduzione di Mario Rubino) .Nella sua autobiografia dal titolo “Non mentirmi “ Philippe Besson racconta mentre si trova in una hall di albergo le sue vicende e la sua omosessualità . “Shining” è un famoso romanzo scritto da Sthefen King dal quale è stato tratto un film con protagonista Jack Nicholson che racconta una storia di insonnia proprio in un albergo chiuso per il periodo invernale in cui il protagonista si ritrova a lavorare come custode essendosi lì trasferito anche con moglie e figlio .Il magico Hotel Magnifique di Emily J. Taylor (traduzione di Sofia Castiglioni Reich, Mondadori) è una storia di magia e sortilegio in un albergo in cui tutto luccica ma niente è come appare. Deborah Moggach in Mio suocero, il gin e il succo di mango (Garzanti, traduzione di Laura Noulian) racconta la storia di un uomo ormai vecchio alloggiato dal genero in un hotel trasformato in casa di riposo .

Ci sono poi gli hotel Plaza a New York e Monteleone a New Orleans cari a Truman Capote che vi ospitò per esempio in quest’ultimo tutti gli autori del “Southern Gothic,” da Eudora Welty a Tennessee Wiliams, fino a raccontare, cosa non vera , di esserci addirittura nato. Nella stanza n. 16 dell’hotel d’Alsace, a Parigi (oggi L’Hotel con interni di Jacques Garcia) morì Oscar Wilde nel 1900. Anche se per Oscar Wilde l’ hotel Langham di Londra fu una residenza indimenticabile in quanto proprio in quell’hotel la sera del 30 agosto 1899, durante una cena, fu deciso con l’editore del Lippincott’s Magazini la pubblicazione del suo capolavoro “Il ritratto di Dorian Gray” .

Grand Hotel et de Milan a Milano inaugurato nel 1863, ha ospitato nelle sue stanze i più grandi protagonisti della cultura italiana e internazionale. Scrittori ma anche Giuseppe Verdi, Maria Callas, Caruso, Luchino Visconti e Giorgio Strehler. Letteratura, musica, cinema e teatro, insomma. Ma anche arte: qui era solita soggiornare Tamara de Lempicka, che scriveva lettera al suo amico Gabriele D’Annunzio proprio sulla carta intestata del Grand Hotel .

Storie affascinanti che nella loro trama descrivono alberghi, dimore, residenze che rappresentano un vero e proprio patrimonio anche letterario e che quando smettono di funzionare come strutture ricettive continuano a svolgere una loro funzione perchè riutilizzate come case museo per aver ospitato autori che poi li hanno descritti nei loro romanzi per esempio, come già detto, nel caso di Stephen King che fu ispirato a scrivere il suo primo bestseller “Shining” dagli incubi sognati nella stanza n. 217 dell’hotel The Stanley fra le montagne del Colorado, dove aveva dormito una notte nel 1974. La stanza 217 viene continuamente richiesta da turisti per il fascino che emana dopo il soggiorno di King ora autore amato e popolarissimo .

Agatha Christie ha vissuto nei più famosi hotel del mondo in cui ha ambientato le sue storie . Scrisse Murder sull’Orient Express nella stanza 411 del Pera Palace di Istanbul, un albergo stabilimento con vista sul Corno d’Oro . Iulio Camba scrisse i suoi ultimi articoli nella stanza 383 del Palazzo e Hemingway raccontò al mondo la guerra civile spagnola dalla Florida a Madrid. Proust ha scritto “Alla ricerca del tempo perduto” al Grand Hotel Cabourg, in Normandia.

In Romagna, a Lugo come a Parigi esiste un hotel speciale in cui le camere sono dedicate a grandi personalità letterarie: da Dante a Stendhal, da Leopardi a Lord Byron. Il rapporto tra letteratura ed alberghi è solido e di lunga data. A raccogliere gli esempi più noti e significativi ci ha pensato il Telegraph : un singolare giro del mondo attraverso le stanze, le suite e le sale d’albergo che offrono questo originale e culturale “booking” letterario. (1). A Parigi c’è Le pavillon des Lettres , un albergo letterario che dispone di 26 camere e suite ognuna delle quali è dedicata ad un famoso autore. Da Jean-Jacques Rousseau a Virginia Woolf. Da Hans Christian Andersen a Charles Baudelaire. Da Gustave Flaubert a Johann Wolfgang von Goethe. E ancora Victor Hugo, Henrik Ibsen, Henry James, Franz Kafka, William Shakespeare, Léon Tolstoi. E molti altri.

Mentre arrivano in Italia i condo hotel dove i privati possono acquistare una suite confortevole e moderna con i servizi di un albergo. Ad Abano Terme il Ritz lancia la proposta “senior living” a 2.000 euro al mese. Un mondo positivo dunque anche se secondo le considerazioni di Zygmunt Bauman espresse nel suo libro “ Modernità liquida “del 1999 (traduzione di Sergio Minucci, Laterza) possono divenire spazi privi delle espressioni storiche di identità e storia diventando dei “ non luoghi “. Per Bauman sono non luoghi “ gli aeroporti, le autostrade, le anonime stanze d’albergo, i mezzi pubblici di trasporto (…) arrivando alla conclusione che mai prima d’oggi nella storia del mondo i non luoghi hanno occupato tanto spazio”.

Nelle camere di un hotel dunque può accadere di tutto. Non sono solo i luoghi dove letterati, giornalisti, uomini d’affari realmente amano vivere ma sono luoghi in cui amano vivere i personaggi di molte storie raccontate in romanzi e film famosi , Fino a diventare però dei “non luoghi” come ci dice Bauman che equivale a dire che possono diventare luoghi dell’incertezza.

Apro qui un capitolo che potrebbe essere voluminoso perchè penso a tutte quelle stanze d’albero che hanno dato alloggio a persone che fuggivano da un cataclisma sia naturale come terremoti, alluvioni , sia provocati dall’uomo come guerre, carestie. Anche se a proposito di queste vicende quasi sempre chi la fa da padrone è la tenda o il container o il riparo di fortuna che può essere per esempio un’automobile o nei casi più fortunati una roulotte o un camper..

Nella letteratura che si occupa del dopo terremoto, per esempio come quello di Messina o della Marsica o del Belice o per l’alluvione del Polesine o la rottura della diga del Vajont protagonista è la tenda o il container o comunque un riparo di fortuna mentre per i terremoti del Friuli, di L’Aquila e di Amatrice la stanza d’albergo svolge un ruolo determinante .

Vivere in una stanza di hotel da “ sfollati”.Come si vive in un hotel a centinaia di chilometri dalla propria città , dalla propria abitazione. L’allora capo del governo Silvio Berlusconi all’indomani del terremoto di L’Aquila invitò tutti ad andare al mare ovvero raccomandò di aderire all’offerta della protezione civile, diretta da Guido Bertolaso, di accettare ospitalità nelle strutture alberghiere della costa abruzzese .

Uno scenario quello del terremoto di L’Aquila con 309 morti, circa 1600 feriti di cui 200 gravissimi ricoverati negli ospedali di Teramo, Avezzano, Chieti, Pescara, Ancona, Roma, Rieti, Foligno e Terni, e circa 65.000 sfollati, alloggiati momentaneamente in tendopoli, auto, alberghi lungo la costa adriatica. Un cratere che comprende, oltre alla città dell’Aquila, altri 56

comuni. Riguarda un territorio di quasi 2.400 kmq con una popolazione complessiva di

140.000 abitanti. È un numero enorme che corrisponde quasi alla metà della popolazione

provinciale. Ma ciò che impressiona ancora di più è che dei 140.000 abitanti oltre 50.000

hanno perso la propria abitazione, oltre un abitante su tre.

Cosa che si è ripetuta nel terremoto di Amatrice. Anche in quel caso la protezione civile ha offerto ai 18.550 terremotati due alternative: farsi ospitare in alberghi e altre strutture, o mettersi alla ricerca di soluzioni abitative autonome con un contributo di autonoma sistemazione . Le località chiave per l’accoglienza degli sfollati nelle due emergenze sono state San Benedetto del Tronto, dopo il 24 agosto, e Porto Sant’Elpidio, dopo il 30 ottobre.

Colorite espressioni descrivono , nel caso degli sfollati di L’Aquila la loro esperienza in strutture alberghiere :si vive come un vegetale, come un uccello in gabbia, non si vive”. Espressioni che dicono tutto il travaglio di una condizione che è tutta all’opposta di quella che abbiamo raccontato parlando di camere d’hotel alloggio di personaggi reali e fantasiosi. Un travaglio che spesso sfocia nell’esasperazione come nel caso degli anziani, molti dei quali, come l’esperienza di questo decennio ci ha detto, non hanno rivisto più la loro casa in vita loro. Depressione per l’impotenza della protesta,per la frustrazione. Depressione come quella degli sfollati dai bombardamenti dei teatri di guerra e di scontri tra opposte fazioni, di persecuzioni .

Con la consolazione per quelle persone costrette a vivere in una stanza d’hotel che altre persone abbiano volontariamente scelto quel modo di vivere .

In altre situazioni la tenda è diventata anche un segnale umanitario . “All’estremità sud della Striscia di Gaza, tra le dune di sabbia di Rafah a un chilometro dal mare, si stagliano trecento tende bianche.

Sono il primo nucleo di una tendopoli allestita dalla Mezzaluna rossa palestinese assieme con quella egiziana per i palestinesi sfollati dal nord e dal centro della Striscia.E’ il primo segnale tangibile dell’impegno umanitario per quella marea di persone in costante fuga che nella sola Rafah ha ormai superato il milione. La struttura porta loro un po’ di sollievo ma sono in molti a pensare, e temere, che chi vi farà ingresso sarà destinato a restarci per molto tempo. “ si legge in un comunicato Ansa .(2)

Ma la storia della tenda è lunga quanto la storia dell’umanità. Accompagnò i popoli primitivi nomadi che avevano bisogno di spostarsi frequentemente . Si affiancò ai ripari delle grotte .Nel Vecchio testamento, il luogo in cui gli ebrei veneravano il loro Dio si trovava in una tenda eretta da Mosè .Divennero parte dell’equipaggiamento d’ordinanza dei militari. I Romani per esempio le utilizzarono nei loro accampamenti tanto che la tecnica di costruzione di quest’ultimi si perfezionò nel tempo e tecnicamente dettero vita a insediamenti che si trasformarono addirittura in città come nel caso di Torino, Verona, Chester o York. In Asia la tecnica di costruzione delle tende fu molto diffusa, in particolare in Mongolia. Erodoto dice che gli abitanti vivevano in “yurta”, strutture circolari costruite su impalcature di legno e ricoperte di feltro. Anche i Turchi Ottomani erano grandi costruttori di tende, e gli eserciti ne possedevano a migliaia. Un esemplare datato tardo XVII secolo è conservato alla Real Armeria di Madrid .Nell’immaginario collettivo moderno, grazie anche alla letteratura e ai film western ,la tenda che tutti conoscono è la tenda degli indiani d’America (“wigvams” o “tepee”). “Quest’ultima era costituita da piccoli pezzi di pellame cuciti tra loro e trasportata da donne e cani; con l’introduzione dei cavalli, nel XVI Secolo, le tende divennero anche più grandi. La “tepee” è stata un’invenzione degli indiani Apache e Blackfoot, che risiedevano nella parte orientale degli attuali Stati Uniti. La costruzione consisteva in tre o quattro pali legati tra loro in una cima e coperti con pelle di bisonte, spesso decorata dalle donne; nelle stagioni più calde, il rivestimento era in cotone. Le tende dei capi potevano arrivare anche a cinque metri in altezza, avevano una forma ovale e sulla sommità avevano un’apertura che permetteva un ricambio d’aria e la fuoriuscita del  fumo. La pelle di bisonte era impermeabile e proteggeva l’interno dalle intemperie mentre all’interno potevano essere appesi vari tipi di attrezzi. Gli accampamenti contavano centinaia di tende che potevano essere chiuse e rimosse in una giornata. “

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Ma al di là di queste curiosità storiche la tenda come la camera d’albergo usata come ricovero in condizioni di necessità sia per far fronte alle esigenze della vita normale sia in condizioni straordinarie di vita come è quella dopo un terremoto o un’alluvione ,fanno pensare all’incertezza.

Una condizione con un “come”, un “quando” e un “perchè” a cui non si riesce a dare una risposta. L’incertezza è mancanza di sicurezza nel futuro ma anche instabilità nel presente. E’ mancato accertamento di una data, nel tempo, di un riferimento ad un luogo, nello spazio. E’ sinonimo di indecisione, irresoluzione, esitazione. Incertezza è anche ,come dicevo mancanza di sicurezza rispetto alla soluzione di problemi che per esempio la politica non sa dare .

Anche in tema di incertezze torna il prezioso contributo di Bauman che dal canto suo, parla dell’esperienza congiunta di più fenomeni definibili in termini di insicurezza esistenziale (rispetto alla propria posizione, ai diritti e alla qualità della vita), incertezza (ri spetto alla propria stabilità presente e futura) e insicurezza personale (rispetto alla vulnerabilità o incolumità del proprio corpo, della propria persona, ma anche dei propri possedimenti e della propria comunità)(4)

Vivere dunque in una stanza di hotel. Un paradiso per alcuni, una condizione di incertezza per altri. Probabilmente una condizione per pochi comunque si voglia girare la questione perchè , a secondo dei posti, vivere in hotel potrebbe costare dai 100.000€ ai 120.000€ all’anno fino ad arrivare a diversi milioni per i migliori al mondo. Ma per fare una esperienza di soggiorno potrebbero bastare da 30 € per camera a notte per una struttura ricettiva economica e superare i 200 € per camera a notte in un hotel di lusso . Anche se in alternativa Volagratis nel suo sito web ci offre una piccola selezione di 5 posti in cui dormire almeno una volta nella vita: Dormire in tenda nel deserto. …Dormire in Cappadocia. … Dormire nella foresta pluviale del Costa Rica. … Dormire tra i sassi di Matera. … Dormire in un trullo.

(1)https://www.repubblica.it/viaggi/2016/03/06/foto/da_shining_ad_harry_potter_gli_alberghi_piu_belli_legati_alla_letteratura-134893844/1/

( 2)https://www.ansa.it/ansamed/it/notizie/rubriche/nazioni/2024/01/02/una-tendopoli-a-rafah-tra-paure-e-sollievo_266e3b2b-71d7-4780-b3d4-2d46bbc7426a.html

(3)https://www.ecoluxury.com/it/storia-della-tenda

(4)Z. Bauman, La solitudine del cittadino globale, Feltrinelli, Milano 2000; Id., Moder-

nità liquida, Laterza, Roma-Bari 2002.

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