IL VALORE CULTURALE DEGLI ALBERI-PROF.RE FERNANDO TAMMARO
Redazione-L’importanza degli alberi, in una visione più ampia, si estende al di là del pur importante ruolo che hanno in Natura e nell’espressione della biodiversità nei contesti forestali ed urbani. Il mondo degli alberi e delle foreste infatti, non solo è oggetto di attenzione di Botanici, Forestali, Naturalisti, Ambientalisti, Paesaggisti, Pedagogisti e Insegnanti, Economisti, Amministratori, ma ha suscitato emozioni anche a Scrittori e Poeti di ogni epoca ed a grandi artisti (pittori e scultori) che con gli alberi hanno trasmesso significati e valori universali. Grandi sono le emozioni e la bellezza che ci sono trasmesse da scritti e dipinti su alberi e paesaggi, del passato e recenti. Questi hanno un loro significato culturale e letterario che li rende universali anche oltre il tempo e lo spazio geografico dove sono collocati.
Grandi scrittori (da Omero ai moderni Premi Nobel) spesso riportano gli alberi intrecciandoli con le vicende narrate, sovente con un ruolo di primo piano. Dalle robuste querce dell’Iliade, alle Ninfe della Teogonia di Esiodo, all’ombra riposante che diffonde il faggio di Virgilio e via via fino a Garcia Lorca e a Quasimodo, gli alberi appaiono come portatori sia di esperienza poetica sia di informazioni culturalmente significative. Generalmente però il lettore moderno è privo dell’effettiva conoscenza degli alberi e il loro riferimento letterario o poetico non diventa veicolo di trasmissione culturale, ma solo di momentanea curiosità.
Luoghi silvestri e boscosi hanno tuttora un gran fascino e sono densi di storia. A Camaldoli vi è l’abetina di Vallombrosa, solenne, altissima, fondata da San Giovanni Gualberto, patrono dei Forestali. I suoi monaci erano dediti sin dal 1000 all’“arte boschiva” ed alla conservazione degli Abeti.
Il nocciolo nella cultura celtica rientra tra le piante ‘Nobili del Bosco’ (Trees Cheiftain); nelle leggende celtiche rappresenta la saggezza. Essa è trasmessa all’uomo dai salmoni che si sono nutriti di frutti e di foglie della pianta. Molti scrittori e poeti l’hanno celebrato, fra cui d’Annunzio che ricorda il bastone di nocciolo che portavano i pastori transumanti (“rinnovata hanno verga di avellano”) e Boccaccio che nella novella di Calandrino riporta una caratteristica e singolare espressione toscana, per dire di chi non ha capacità ad ottenere un qualche risultato concreto. “In mille anni non saprebbono accozzare tre man di noccioli”.
Anche il noce ha dato spunto a vari proverbi. “Una noce sola non suona in un sacco”; “Una noce in un sacco non fa rumore; “stare in sul noce” significa stare a bello sguardo. L’espressione più singolare compare però in Boccaccio nel suo Decamerone (Novella 10 della Sesta giornata) quando Fra’ Cipolla, tra le sue fandonie (promette di mostrare le penne dell’angelo Gabriele) riferisce “il quale gran mercante io trovai là, che schiacciava noci e vendeva gusci a ritaglio”.
Il carrubo è l’albero del Giardino dei Giusti di Gerusalemme ed il primo fu dedicato ad Oscar Schindler (1908-1974) straordinario personaggio immortalato nel film Schindler’s list (1993) di Steven Spielberg (1946-vivente).
Salvatore Quasimodo (1901–1968) premio Nobel per la letteratura nel 1959, in una sua lirica di grande spessore poetico, dedicata alla sua terra siciliana, rievoca con ricordi nostalgici di grande suggestione il carrubo nella campagna assolata.
Ma il carrubo è carico di fascino anche per altri aspetti. I suoi semi sono alquanto uniformi come dimensione e peso. Essi sono stati presi a riferimento di un’unità di misura per le pietre preziose. Dal loro nome arabo (qīrāṭ o “karat”) è derivato il nome carato, equivalente ad un quinto di grammo (0, 2 g).
Il cedro del Libano (in ebraico Erez) è menzionato oltre 70 volte nella Bibbia ed è detto l’Albero di Dio. La foresta dei cedri libanesi, denominata dei cedri di Dio (Forest of the Cedars of God) è un bene culturale dell’Umanità.
Gli alberi spesso sono riprodotti nella pittura figurativa, dove possono apparire come elementi di sostegno di una composizione o come suo principale centro artistico. Le raffigurazioni di alberi si rinvengono in ogni epoca: dai vasi greci, affreschi di tombe etrusche, dipinti murali romani (a Pompei o a Roma nella villa di Livia), rappresentazioni di scene pastorali, spesso ispirate da episodi di epica o di tragedia, fino ai pittori a noi più vicini.
Il ciliegio ed i suoi frutti sono riportati in sommi pittori, quali Tiziano (1477-1576): Madonna con ciliegie; Rembrandt (1606-1669): Hendrickje in veste di Flora; Cezanne (1839-1906): Natura morta con piatto di ciliegie (1885-87) e Manet (1832-1883): Ragazzo con ciliegie (Le Garcon aux cerises), 1859.
Alberi di ciliegio sono rappresentati in numerosi dipinti giapponesi come Samurai-Sakura (Samurai e ciliegio in fiore) essendo la pianta della tradizione dei Samurai giapponesi, simbolo del loro coraggio.
Il corbezzolo è citato nell’Eneide di Virgilio (70-19 a.C.). Il feretro di Pallante, compagno di Enea ucciso da Turno, è adagiato su un graticcio di rami di corbezzolo e di quercia. Anche G. Pascoli non sa sottrarsi al fascino mitico di questa pianta e compone l’Ode al Corbezzolo.
Hieronymus Bosch (1453-1516) dipinge un pannello dal titolo Il giardino delle delizie o la pittura del corbezzolo (1500–1505?). Nel pannello di sinistra si osservano piante di corbezzolo che hanno dato il titolo al quadro. Il Giardino delle delizie trasmette un messaggio di moralismo (la bellezza dei fiori è effimera come la felicità ed il piacere).
Madrid ha per simbolo un albero di corbezzolo ed un orso che lo agita per farne cadere i frutti.
Nel Ritratto di Ginevra de’ Benci di Leonardo da Vinci (1452-1519) la pianta alle spalle di Ginevra è il ginepro, che nel nome ricorda quello della dama dipinta (Ginevra).
Particolare predilezione ha Piero Della Francesca (1416-1492) per il leccio. Questo albero è infatti dipinto in numerosi quadri ed affreschi quali il Battesimo di Cristo, (1440-1460); il San Girolamo e il donatore Girolamo Amadi; il San Girolamo penitente (1450); l’Adorazione della vera Croce, c. 1452 (affresco, a San Francesco, Arezzo).
Alla Quercia Federico Garcia Lorca (1898-1936) dedica una poesia pervasa da un lirismo di grande delicatezza.
Il tiglio era celebrato nella letteratura romantica, quale simbolo della patria e della sicurezza. Ma già Ovidio nelle sue Metamorfosi (libro VIII, 655-720) lo considera simbolo di unione ed amore coniugale, narrando la bella storia d’amore di due anziani coniugi, Filemone e Bauci, che furono trasformati da Zeus in una quercia e un tiglio uniti per il tronco.
La gran parte degli artisti ha riprodotto le piante o loro parti nell’effettiva forma botanica. Il noce (Pisarro, 1830-1904), il tiglio (Dürer; 1471-1528); il pino marittimo (Botticelli, 1445-1510); la quercia (Tiepolo, 1727-1804); la quercia rovere (Millais, 1829-1896); alcuni le hanno interpretate secondo il loro estro pittorico: il larice (Klint, 1862-1918); il leccio (Renoir, 1841-1919), il limone (Matisse, 1869-1954), il mandorlo (Van Gogh, 1853-1890); il pino (Carrà, 1881-1966), la quercia (Giotto, 1267-1337), il sambuco (Chagal, 1887-1985).
Nelle poesie e nelle opere pittoriche le piante e i loro frutti sono innalzati verso i vertici della bellezza.
Saffo (640-570 a.C.) paragona l’eros ad un vento impetuoso che dalla montagna irrompe entro le querce ed agita le fronde. Il gelso è stato testimone dell’amore tragico fra Piramo e Tisbe. Questo episodio (Ovidio, Metamorfosi, IV) fu ricordato anche dal sommo Dante (1265-1321) nel Canto XXVII del Purgatorio.
“Allor che’l gelso diventò vermiglio” e vi si ispirò anche Shakespeare (1564-1616) in Romeo e Giulietta. Questo grande drammaturgo aveva una buona conoscenza delle piante e ne riporta numerose nelle sue opere.
Nella simbologia cinese il gelso è il legame tra la terra e il cielo; nel simbolismo giapponese rappresenta l’auto-sacrificio.
John Milton (1608-1674) nel suo Paradise Lost libro VI in un’eloquente immagine poetica, paragona il taglio degli abeti ed il loro accatastamento ai dannati nell’Inferno.
Wolfgang Goethe (1749-1832) scrive una bellissima lirica sul Ginkgo biloba, John Keats (1795-1821) nella poesia To Autumn rievoca il nocciolo e le sue tradizioni celtiche.
Tra i poeti italiani hanno avuto particolare attenzione alle piante Giovanni Pascoli (1863-1912) e Gabriele d’Annunzio (1863-1938). Tra le poesie più note vi sono La quercia caduta di Pascoli e la Pioggia nel Pineto di d’Annunzio. Eugenio Montale (1896-1981) nella celebre lirica I limoni, rievoca lo splendore del sole mediterraneo riflesso in questo frutto ed anche Federico Garcia Lorca (1898-1936) è cantore lirico di numerose piante della sua Andalusia (mirto, limone, arancio, mandorlo, ciliegio, pini, q uercia, ecc.).
Le fronde di quercia, albero dedicato a Giove per la maestà del suo portamento arboreo, sono simbolo nazionale di vari Stati fra cui, Inghilterra, Francia, Germania. Anche nell’emblema della Repubblica Italiana compaiono rami di quercia. . Negli USA la quercia è stata designata Tree National of America dal 2003. Foglie di quercia sono tradizionalmente sui gradi, cappelli e mostrine di forze armate.
Il limone è una di quelle piante che hanno maggiormente affascinato i pittori. Affreschi parietali a Villa Livia (Roma) mostrano la pianta in frutto; Domenico Ghirlandaio (1449-1494) nell’Ultima Cena nel Refettorio del Convento di San Marco (Firenze) pone, sullo sfondo, alberi di limone, emblema della salvezza; Paolo Morando (1486-1522) nella tela La Vergine ed il Bambino, San Giovanni Battista e l’Angelo raffigura Il Battista che offre un limone a Gesù, come simbolo di fedeltà; Henry Matisse (1869-1954) lo raffigura ne La stanza rossa. Questo frutto compare poi in varie Nature morte.
Difendere gli alberi. Pierre de Ronsard (1524 – 1585), al suo tempo chiamato il principe dei poeti, in Elegie (1565) riporta questa lirica sulla difesa degli alberi.
Ascolta, boscaiolo, ferma il braccio: /legno solo non è quello che abbatti, /non vedi il sangue sgorgare dalle Ninfe/ che vivono nei tronchi dalla dura scorza. /Sacrilego assassino, se s’impicca un ladro/ per un bottino di scarso valore/quanto più tu meriti, o malvagio, /e ferro e fuoco e morte e patimenti..
Il mondo degli alberi offre pertanto Natura, Cultura e Bellezza e va considerato perciò un bene dell’Umanità. Esso va conosciuto, ammirato, amato e difeso dall’incuria e dalla distruzione. Questo richiamo d’impegno civile è in fondo il messaggio che questo libro intende dare.Introduzione (in parte) dal libro Alberi Crocevia tra Natura ,Pittura e Letteratura di
Fernando Tammaro Vertigo ed.(Roma) pp.566, pubblicato nel gennaio 2019