Ultime Notizie

RIFLESSIONI LINGUISTICHE SULLA BIBBIA – SECONDA PARTE

0

Redazione- Questo secondo articolo dell’ill.mo Prof.re Gabriele Gaudieri è destinato a quei lettori che sono appassionati dell’interpretazione del testo biblico quindi di ermeneutica, di esegesi contestuale, di linguistica e discipline affini. Fino a un secolo fa il metodo linguistico, usato sia per lo studio biblico che per l’analisi linguistica in generale, era di tipo «etimologico». Molto peso era dato alla morfologia, all’etimologia, alla formazione etimologica dei termini. In campo biblico era l’ossessione per «l’ispirazione testuale» d’ogni singolo morfema e lessema a portare molti studiosi a cercare per forza un significato intrinseco e più profondo degli stessi: un testo divinamente ispirato doveva contenere più di quello che s’apprendeva normalmente.Contava poco come questo assumesse differenti sfumature secondo il contesto, in cui esso era inserito. Come ci ha ricordato Tonino Mele, per molte persone i termini hanno un «significato fisso». Saussure, circa un secolo fa, gettò le basi per la linguistica moderna, cosa che trovò non solo ampio uso nello studio delle Scritture, ma anche minò alla base i vecchi metodi «diacronici». Fra gli studiosi evangelici vi è oggi un consenso sulla priorità e dell’utilità del metodo sincronico su quello diacronico, idea per l’appunto, esibita per primo da Saussure.Qui di seguito si fa uso dei termini «sincronico» e «diacronico». Col primo s’intende il significato di un termine in un certo momento della storia; mentre «diacronico» intende l’uso e lo sviluppo di un dato termine nel tempo. <<

Riprendiamo, cari lettori, l’analisi del testo biblico, analizzando il “pericolo della lingua”, in Ecclesiaste 5:2 “NON ESSERE PRECIPITOSO NEL PARLARE E IL TUO CUORE NON SI AFFRETTI A PROFERIR PAROLA DAVANTI A DIO, PERCHE’ DIO E’ IN CIELO E TU SEI SULLA TERRA.LE TUE PARLE SIANO DUNQUE POCHE, POICHE’ CON LE MOLTE OCCUPAZIONI VENGONO I SOGNI, E CON LE MOLTE PAROLE I RAGIONAMENTI INSENSATI”; questi versetti, assai cari alla tradizione ebraica,ci intimano a non parlare con troppa facilita’ con Dio, usando parole vane ed inconsistenti,ma a riflettere e, soprattutto, a vivere nella riflessione del silenzio, che e’ un vero e proprio linguaggio, costituito di introspezione (tipico il “redi in te ipsum ),ricerca del vero, comprensione della Parola di Dio, ricordando,altresi’,che l’uomo, mortale e corruttibile,non puo’ su questa terra che portare in se’l’imperfezione ,anche nel parlare…pertanto si usino poche parole (nel mondo ebraico ci si prepara prima di proferir parola!), poiche’ un gran numero di esse aumenterebbero il grado di “entropia”, di caos, che inciderebbe negativamente persino nel rapporto sogno veglia e ci condurrebbe al risveglio a delirare!

Ecclesiaste 6:11 “MOLTIPLICARE LE PAROLE SIGNIFICA MOLTIPLICARE LA VANITA’; CHE VANTAGGIO NE VIENE ALL’UOMO?  Come sappiamo l’Ecclesiaste presenta una serie di dimensioni sulle contraddizioni della vita e sottolinea la difficolta’ dell’uomo a dare un senso a cio’ che accade “sotto il sole”, per cui, come affermerebbe il buon  Petrarca “VANITAS VANITATUM ME RETINEBAT”,forse essa cresce a dismisura quando le parole sono molte ed inflazionate!Nel mondo ebraico della diaspora  prevale una certa “gelosia” per una lingua “essenziale” e rigorosa, lontana da contaminazioni.

Ecclesiaste 10:14”LO STOLTO MOLTIPLICA LE PAROLE:EPPURE L’UOMO NON SA QUEL  CHE GLI AVVERRA’: E CHI GLI DIRA’ CHE COSA GLI SUCCEDERA’ DOPO DI LUI?” in questi versetti e’ presente l’angoscia dell’ebreo  assennato che condanna la persona superficiale che non vive con dignita’, ma nella pigrizia e nella rilassatezza, per cui, come un ubriaco, pronuncia parole vane, senza pensare al futuro…per “la pigrizia sprofona il soffitto,per la rilassatezza delle mani piove in casa”.

Ecclesiaste 7:1 “UNA BUONA REPUTAZIONE VALE PIU’ DELL’OLIO PROFUMATO E IL GIORNO DELLA MORTE VALE PIU’ DEL GIORNO DELLA NASCITA”….7:3 LA TRISTEZZA VALE PIU’ DEL RISO: PERCHE’ QUANDO IL VISO E’ AFFLITTO,IL CUORE DIVENTA MIGLIORE” acquisire una buona reputazione,oltre ad un innato senso dell’ospitalita’, rappresenta il fine del buon ebreo, che teme di cadere nell’errore,

avendo gia’ un’antica tradizione nei  testi sacri che ne evidenzia, ahime’, le debolezze davanti a Dio.

La parola e’, nel Nuovo  Testamento, fortemente legata all’amore, all’agape, a mo’ di esempio valgano i versetti di Paolo I Corinzi 13:1 “ SE PARLASSI LE LINGUE DEGLI UOMINI E DEGLI ANGELI, MA NON AVESSI AMORE, SAREI UN RAME RISONANTE O UNO SQUILLANTE CEMBALO”…I Corizi 13:4 “L’AMORE E’ PAZIENTE E BENEVOLO, L’AMORE NON INVIDIA,L’AMORE NON SI VANTA,NON SI COMPORTA IN MODO SCONVENIENTE, NON CERCA IL PROPRIO INTERESSE…”,la parola non puo’ mai essere disgiunta dall’amore, essa e’ amore, tu che ne fai uso sei Amore.

Il tema della Parola/Amore e’ tuttavia gia’ presente nell’Antico Testamento, nel Cantico dei Cantici, ove, in lingua ebraica, prevalgono alcune sfumature come nel plurale DODIM che esprime l’amore insicuro, timidamente accennato, al contrario di AHABA’, che indica Amore come scoperta dell’altro, superamento dell’egoismo, in cui non prevalel’ebrezza della felicita’ (scomposta e triviale) ma il bene dell’amato nella sua dimensione spirituale; l’amore non e’, come banalmente pensiamo oggi, solo un sentimento (i sentimenti vanno e vengono), ma una richiesta di maturazione profonda dell’uomo, che ne deve coinvolgere tutte le sue potenzialita’, coinvolgendolo nella sua interezza, conciliando, in un certo senso, corpo ed anima.

Affinita’ con l’Agape cristiano, tuttavia, vi e’ traccia in Omero, in cui, talvolta il verbo greco AGAPAO indica amore di protezione, cura, benevolenza, in Demostene ha, talvolta,i l significato” tengo in gran conto”.

Possiamo affermare, senza tema di essere smentiti, che il concetto di agape e’ molto piu’ ricco e completo di quello che si manifesta nel mondo greco, in cui EROS ,come afferma la poetessa greca Saffo, frammento 130,”SCIOGLIE LE MEMBRA, MI AGITA, DOLCEAMARO, INVINCIBILE FIERA”; EROS

domina incontrastato sull’uomo che sembra perdere la liberta’di..e la liberta’ da…dovendosi sottomettere completamente a questa terribile forza irrazionale!

In Giacomo 3:2 “SE UNO NON SBAGLIA NEL PARLARE E’ UN UOMO PERFETTO, CAPACE DI TENERE A FRENO ANCHE TUTTO IL CORPO”…3:8 “MA LA LINGUA NESSUN UOMO LA PUO’ DOMARE; E’ UN MALE CONTINUO,E’ PIENA DI VELENO MORTALE”, comprendiamo da questi versetti che l’uomo raggiunge la prefezione se sa tenere a freno la sua lingua con la quale giudica gli altri con troppa superficialita’ e cattiveria, tenendo a freno la lingua tutto il corpo sarebbe animato da “eumorfia”,

evidenzierebbe eleganza e compostezza, ma ahime’, nella gran parte degli esseri umani quasi nessuno riesce a domarla, poiche’ la

natura umana tende spesso a peccare!>>.

Commenti

commenti