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I NEMICI DELLA SCIENZA E DELLA LIBERTA’ DI VALTER MARCONE

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Redazione- Il cerchio si chiude  ma il circolo è vizioso. C’è chi dice che  quelle piazze in molte città d’Italia  che gridano “ libertà,libertà” vanno ascoltate  e non represse  con una magnificenza democratica impareggiabile

Solo che chi si atteggia  a promotore di un liberale ascolto  di quelle istanze, in realtà è il primo responsabile nell’aver  determinato  quelle manifestazioni di piazza  che, proprio in virtù di opinioni, atteggiamenti e comportamenti  equivoci,  hanno potuto costruire un percorso di  protesta  che ha preso sempre più forza appunto  da chi non ha avuto il coraggio di  chiamare i propri comportamenti con il loro vero nome. Una forza sicuramente mediatica, stando al risalto che i media  danno  nelle loro cronache a queste iniziative di protesta, stando  alle seppure poche e sporadiche  violenze sulle cose, stando  al rumore che fanno sui social.  Perché in definitiva si  tratta di una minoranza , stando  ai numeri  . Una minoranza che   propone diverse e complesse motivazioni al rifiuto   del vaccino ,alcune anche giustificabili. Una maggioranza che però rischia di tenere in ostaggio un paese o di inceppare come un granello di sabbia un meccanismo che ha bisogno di raggiungere speditamente i suoi obiettivi per garantire veramente libertà e sicurezza.

Ora io non mi sogno minimamente di dire  all’opposto che  i termini del problema per i quali si invoca la libertà vadano chiariti con i gas lacrimogeni  o le cariche della polizia  ( per quanto in quelle piazze  quei provvedimenti a volte si sono resi necessari per fermare  le “ follie democratiche “ di chi era sul punto di sorpassare le regole ) ma  che i termini  del problema vanno esaminati  dal punto di vista scientifico.

E come si ben capisce voglio appunto parlare  ,in tema di  vaccini  per contrastare la pandemia da Covid 19 ,dell’apporto della scienza a queste misure con l’avvertenza che non si può scambiare, come spesso è stato fatto ,la scienza con le opinioni degli scienziati.

Ma cominciamo  dal rifiuto del vaccino che è un elemento importante e interessante in questa trattazione perché, al di là del suo peso sanitario, ha anche un peso politico in senso elettorale..  Chi non vuole vaccinarsi  in realtà è solo l’11% della popolazione.  Appartiene a questa percentuale  chi personalmente si rifiuta  di immunizzarsi secondo un sondaggio Demos &PI svolto a fine maggio. Mentre c’è all’orizzonte  una percentuale  di persone che sono contrarie all’obbligo.

Messi assieme no vax e contrari al  passaporto verde  raggiungono  sei milioni di persone.

Un bel serbatoio di voti  se vogliamo metterla così , capace di spostare i termini del problema , da tenere d’occhio, anzi a cui strizzare l’occhio  e tenere in caldo. Un atteggiamento che può permettersi legittimamente  Fratelli d’Italia ,per esempio, che   essendo all’opposizione può esprimere , legittimamente  la sua contrarietà al passaporto verde   conquistando simpatie e consensi.  Non può invece farlo , per esempio,  andando incontro ad una grande ambiguità la Lega  che con i suoi ministri  ha votato quel provvedimento.  Anche se da quel  fronte  viene l’affermazione che i comportamenti , per esempio dei deputati della Lega che partecipano alle manifestazioni no green pass,  attengono esclusivamente alla responsabilità personale degli stessi.

Del resto lo stesso Governo  non ha osato andare oltre  questa modalità di coinvolgimento degli italiani   ad una strategia di contrasto   del contagio che si realizza fondamentalmente  attraverso  la vaccinazione. Che è poi anche una risposta  efficace  alle argomentazione dei no vax.

Dunque ,per  affrontare il senso  di questa riflessione  devo dire  proprio in  tema di  no vax,  che i nemici della scienza  non sono solo quelli che dichiaratamente  esprimono  una motivazione contraria  sorretta da disinformazione, cattiva informazione, credulità, interesse egoistico ,  ma sono anche i  comportamenti di chi artatamente,  non avendo possibili controindicazioni  in merito, ha finora evitato di vaccinarsi.  Sono questi i peggiori comportamenti  perché minano proprio quella libertà a cui si richiamano . Anche se in quei comportamenti c’è una fetta di motivazioni che vale la pena di tenere presente come per esempio la paura di andare incontro a  danni , la difesa di una fragilità  intesa  appunto al contrario , evitando il vaccin, sulla quale  potrebbe influire negativamente e un’altra serie di motivazioni  quando non siano pretestuose, ideologiche o tantomeno   invenzioni personali .

Il ragionamento dunque è semplice  e spero efficace nella  sua evidenza. La premessa è  quella che con   il 70% di vaccinati  si raggiunge l’immunità di gregge  e si salvaguardano  tutte quelle persone  che a varie ragioni, legittimamente, non possono vaccinarsi. Tesi, quella che ho appena  esposto che salvaguardia una libertà molto ampia perché  consente  ad un 30% della popolazione di non vaccinarsi

Tra questo 30% è dunque compresa la percentuale dei no vax , degli scettici, di quanti  hanno patologie  non conciliabili con la vaccinazione. Questo grazie  al comportamento ,alla convinzione e all’altruismo  del rimanente 70% , che non si è  sottoposta alla vaccinazione a cuor leggero, sapendo il rischio a cui andava incontro. Un 70%  che nel garantirsi  la libertà di movimento  grazie agli effetti del vaccino ”regala” altrettanta libertà di movimento a quanti non hanno voluto vaccinarsi . Con la piena  avvertenza per quest’ultimi   che dipenderà  solo da questa loro posizione  l’eventualità di contrarre  il contagio e sviluppare una malattia grave ( per intenderci da terapia intensiva  con possibili esiti mortali ) non avendo la protezione totale del vaccino . Un ragionamento che però non vuole assolutamente dire “ noi contro loro”,non vuole assolutamente dividere il bianco dal nero perché esistono infinite  sfumature di grigio. Che vuol  dire evitare le contrapposizioni  che sono appunto anche in questo caso il peggior nemico della scienza e della libertà.  Confrontare le opinioni  con “ disponibilità” all’ascolto e alla presa d’atto significa appunto registrare un avvicinamento alla scienza le cui conclusioni sui vari temi mutano  con l’accumularsi dei risultati delle sperimentazioni.

Scendere sulle piazze dunque da parte di questa minoranza  o richiedere attenzione  per modificare provvedimenti  e cambiare  norme e regole risulta alla luce di quanto detto una forzatura  e quindi diventa inaccettabile .Diventa appunto  la dichiarazione di guerra ad una convivenza  tra le persone, tra la popolazione e il virus ,tra i provvedimenti che tentano di garantire  la sicurezza  collettiva  a favore di  opinioni personali,  interessi di parte , non esclusi quelli elettorali. Dunque una guerra alla scienza che  in tutta questa vicenda , aiutata dalla tecnica, ha  fornito , seppure  con problemi di comunicazione a volte rilevanti,  tutti gli elementi necessari per  promuovere consapevolezza del pericolo, strumenti di contrasto ,impegno per  accompagnare le persone  in percorsi  sanitari anche forse alternativi a quelli  già standardizzati nei protocolli sanitari .

Ora per  continuare l’esame della tesi iniziali  ci si deve porre una domanda. Perché non si riesce  ancora a raggiungere l’immunità di gregge. Manca all’appello un buon 30% che è il risultato di comportamenti ambigui , di disinformazione e di  cattiva informazione. Manca all’appello addirittura una fascia di età , gli ultrasessantenni , che sembra abbiano disertato i centri vaccinali per diverse ragioni. E una domanda tira l’altra. Ci si deve anche domandare che cosa ha detto veramente la scienza sui vaccini. Tenendo conto che probabilmente anche l’inefficienza  di qualche apparato dello Stato ha contribuito a determinare un clima di  incertezza. Ecco lo Stato  può anche imporre un green pass e quindi in teoria l’obbligo  mascherato della vaccinazione. Ma allo stesso tempo dovrebbe assumere impegni  perché questo obbligo del passaporto verde  sia temporaneo, perché come Stato provvederà  al sequenziamento costante  del virus, al monitoraggio  dei contagi con vera efficace  in modo da avere immediatamente  il controllo delle situazione e quindi allentare  le misure di  restrizione . Un impegno che deve tener conto dei tempi a disposizione che sono quelli dell’estate 2021   al termine della quale , con la ripresa dell’anno scolastico,  potrebbe  verificarsi qualche preoccupazione anche se la scuola in presenza deve essere il primo obiettivo da perseguire insieme  al contrasto della recessione economica.

Ora  proprio in termini di ripresa e resilienza va detto che probabilmente i nemici della scienza sono i nemici della ripresa economica. Perché lo ha detto  il Presidente del Consiglio Mario Draghi : l’economia va bene ,  è in ripresa ,la campagna di vaccinazione e l’adesione  a questo strumento  rappresenta un grande aiuto  alla ripresa perché evita , in presenza di una ulteriore ondata  di contagi, di dovere  procedere a serrati lockdown che comporterebbe la chiusura di molte attività e l’interruzione di un ciclo  favorevole.

Dunque abbiamo esaminato proteste, obblighi, impegni.  Ma facciamo anche  ricorso alla  filosofia  che ci domanda  in questo momento e in questa situazione “quale valore hanno  le convinzioni personali”. Quelle  che appunto animano  quel mondo  di  protesta e di rifiuto  ai vaccini  e alle regole per riuscire a convivere tra noi e con il  coronavirus .  Proprio per il suo valore di agente critico ,la filosofia  ci mette in allerta  e ci  dice che bisogna avere  dubbi,  quindi esprimere critiche , anche nei confronti delle proprie convinzioni. E’ quello che sembrano fare  Massimo Cacciari e Giorgio Agamben che da due fronti opposti convergono sulla stessa cosa .

L’Istituto Italiano per gli studi filosofici nel suo sito alla rubrica “Diario della crisi”,  in cui  ci si  fa le seguenti domande , ovvero   se :”È possibile trovare le parole per esprimere lo smarrimento che proviamo, in questa sospensione del tempo attraversata da vertiginosi cambiamenti? “ Se si può dare “ voce all’esperienza della separazione dai nostri prossimi, che pure ci accomuna a tutti gli abitanti del pianeta”: Se si  può restituire le domande che ci poniamo, immersi in una sfera cognitiva dissonante, con la sensazione che ci sveglieremo da questo incubo in un mondo trasformato e da trasformare.” Se si possono trovare “ insieme queste parole.” pubblica la seguente lettera a firma appunto  dei due filosofi  : “A proposito del decreto sul green pass”  La discriminazione di una categoria di persone, che diventano automaticamente cittadini di serie B, è di per sé un fatto gravissimo, le cui conseguenze possono essere drammatiche per la vita democratica. Lo si sta affrontando, con il cosiddetto green pass, con inconsapevole leggerezza. Ogni regime dispotico ha sempre operato attraverso pratiche di discriminazione, all’inizio magari contenute e poi dilaganti. Non a caso in Cina dichiarano di voler continuare con tracciamenti e controlli anche al termine della pandemia. E varrà la pena ricordare il “passaporto interno” che per ogni spostamento dovevano esibire alle autorità i cittadini dell’Unione Sovietica. Quando poi un esponente politico giunge a rivolgersi a chi non si vaccina usando un gergo fascista come “li purgheremo con il green pass” c’è davvero da temere di essere già oltre ogni garanzia costituzionale. “

La lettera continua ancora : “Guai se il vaccino si trasforma in una sorta di simbolo politico-religioso. Ciò non solo rappresenterebbe una deriva anti-democratica intollerabile, ma contrasterebbe con la stessa evidenza scientifica. Nessuno invita a non vaccinarsi! Una cosa è sostenere l’utilità, comunque, del vaccino, altra, completamente diversa, tacere del fatto che ci troviamo tuttora in una fase di “sperimentazione di massa” e che su molti, fondamentali aspetti del problema il dibattito scientifico è del tutto aperto. La Gazzetta Ufficiale del Parlamento europeo del 15 giugno u.s. lo afferma con chiarezza: «È necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, anche di quelle che hanno scelto di non essere vaccinate». E come potrebbe essere altrimenti? Il vaccinato non solo può contagiare, ma può ancora ammalarsi: in Inghilterra su 117 nuovi decessi 50 avevano ricevuto la doppia dose. In Israele si calcola che il vaccino copra il 64% di chi l’ha ricevuto. Le stesse case farmaceutiche hanno ufficialmente dichiarato che non è possibile prevedere i danni a lungo periodo del vaccino, non avendo avuto il tempo di effettuare tutti i test di genotossicità  e di cancerogenicità. “Nature” ha calcolato che sarà comunque fisiologico che un 15% della popolazione non assuma il vaccino. Dovremo dunque stare col pass fino a quando?  Tutti sono minacciati da pratiche discriminatorie. Paradossalmente, quelli “abilitati” dal green pass più ancora dei non vaccinati (che una propaganda di regime vorrebbe far passare per “nemici della scienza” e magari fautori di pratiche magiche), dal momento che tutti i loro movimenti verrebbero controllati e mai si potrebbe venire a sapere come e da chi. Il bisogno di discriminare è antico come la società, e certamente era già presente anche nella nostra, ma il renderlo oggi legge è qualcosa che la coscienza  democratica non può accettare e contro cui deve subito reagire.”

Una lettera che ripropone  con tutta la sua drammaticità proprio il  ruolo e la funzione  della scienza sulla pandemia. Nel dibattito interviene per esempio il direttore di Micro mega   che afferma : ““Tenere a distanza chi non vuole vaccinarsi non ha nulla di discriminatorio, è una misura elementare minima di difesa della libertà (e vita) degli altri”.  Con le seguenti argomentazioni : “Caro Massimo,
perché mai, nel tuo testo (in coppia con Agamben), diramato dall’“Istituto di studi filosofici di Napoli” col titolo “A proposito del decreto sul green pass”, non hai speso una sola parola di indignazione, vituperio, condanna, per la “pratica di discriminazione” che non consente di guidare liberamente un’automobile (ma eventualmente anche un Tir, se aggrada), e impone di passare per le forche caudine di esami orali e scritti, solo al termine dei quali il cittadino (ma non è ormai così ridotto a suddito?) riceve un “green pass” definito “patente di guida”?”  Continuando così: “E perché mai non hai stigmatizzato l’insopportabile “regime dispotico” con cui in Italia si pretende un “green pass”, chiamato burocraticamente “porto d’armi”, per il libero cittadino (ridotto con ciò a suddito) che voglia girare con una P38 in tasca, mentre liberamente e gioiosamente un cittadino statunitense può acquistare al negozio d’angolo anche una Beretta pmx, una Skorpion Vz 61, una Thompson, e altri gingilli di libera autodifesa? E perché non hai ricordato che queste nefaste pratiche discriminatorie hanno il loro antefatto nell’odiosa volontà (Legge 11 novembre 1975, n. 584, poi Legge 16 gennaio 2003, n 3, rafforzata dieci anni dopo con la “legge Sirchia”) di “purgare” i fumatori, discriminandoli col divieto d’ingresso nei cinema, teatri, ristoranti, caffè, treni, aeroporti, uffici, ghettizzandoli sui marciapiedi e in molti paesi cacciandoli infine anche dai luoghi aperti?”

Insomma una disputa  che come si vede dagli argomenti  chiama in causa dunque la scienza e quello che ha  detto e dice sulla pandemia . Infettivologi, esperti, provvedimenti del governo, hanno quotidianamente affrontato il tema  della pandemia ,la situazione nel mondo, le modalità del contagio, gli strumenti  di prevenzione . Scrive Ermanno Motta, specialista in Igiene e Medicina preventiva, Direttore sanitario del Poliambulatorio Punto Salute sul sito di Punto salute.it : “Oggi, a distanza di qualche mese dall’inizio della pandemia, possiamo dire di avere qualche notizia in più sul SARS-CoV-2, microrganismo meglio conosciuto come Coronavirus (questo nome definisce però una “famiglia” e non un singolo virus), responsabile di 500.000 morti nel mondo, di moltissime infezioni di gravità variabile e del condizionamento della vita di qualche miliardo di persone.(…) Gli errori non sono stati solo difetti di comunicazione, ma portano con sé responsabilità gravissime perché la gente comune ha creduto di potersi fidare dei cosiddetti “scienziati”, teorici portatori del Verbo in medicina, ma è stata ripetutamente tradita da personaggi salottieri proprio nel periodo iniziale della diffusione del virus, quando più serviva la consapevolezza di ciò che stava accadendo per limitarne gli effetti. Si sono invece ascoltate affermazioni totalmente fuorvianti, inesatte, in molti casi sconcertanti. Potrebbe far parte dello spettacolo, oggi ostentato per ogni aspetto della vita, ma giocare con la salute delle persone è irresponsabile. Come medico provo vergogna e tristezza per alcune performance alle quali abbiamo dovuto assistere.”(….) “Abbiamo però avuto ancora la prova che una scienza neutra ed obiettiva non esiste e, con molta probabilità, non è mai esistita. La ricerca, nel nostro Paese, non è mai stata considerata un’attività interessante, un’area nella quale investire per il bene della collettività. Ne consegue che l’unico motore che la alimenta è l’investimento che su di essa possono fare le multinazionali del farmaco e che il solo fine è quindi generare profitti giganteschi il cui riflesso positivo sulla salute delle persone non è sempre scontato.”

Argomenti che  suscitano  un grande dibattito perché The Economist ha calcolato che a partire dal mese di gennaio 2020 il numero di pubblicazioni scientifiche su covid-19 è raddoppiato ogni due settimane: quasi 200 “paper” al giorno. Una sorta di “paperdemic”, ovvero una pandemia da pubblicazioni, che rischia di proliferare in maniera incontrollata senza un valido scrutinio, ha scritto Ricardo Jorge Dinis-Oliveira, dell’University Institute of Health Sciences di Porto, in Portogallo. Rispetto alla epidemia di SARS nel 2002 – la sindrome respiratoria causata sempre da un coronavirus – covid-19 ha prodotto durante i primi cinque mesi della pandemia un numero decisamente maggiore di studi pubblicati. (1 )

Dinis-Oliveira RJ.  In  “COVID-19 research: pandemic versus “paperdemic”, integrity, values and risks of the “speed science”. Forensic Sci Res 2020; 5: 174-87.” affermano che “Garantire l’integrità della ricerca scientifica in tempi di pandemia, quando paura (e pressioni/interessi politici ed economici) inducono a raggiungere in fretta dei risultati, non è impresa facile. Se è importante avere accesso con rapidità a nuovi dati scientifici, man mano che vengono raccolti, perché possano essere condivisi, il rischio è che la “speed science”, ovvero la scienza ad alta velocità ingaggiata dall’emergenza, possa favorire la diffusione di risultati incompleti o erronei che portano a prendere decisioni di politica sanitaria basate su studi non esattamente appropriati”

Afferma Gianna Milano  , giornalista scientifica sul sito “Recenti progressi in medicina “    “ Durante la pandemia il ruolo dei preprint è diventato preponderante. Circa il 40 per cento di 16mila articoli su covid-19 analizzati sempre dai ricercatori di Sydney e pubblicati su server come bioRxiv e medRxiv erano preprint4. La diffusione di scoperte discutibili su covid-19, riferisce Nature, ha spinto a rendere più severe le procedure di vaglio degli articoli preprint4. E BioRxiv e medRxiv hanno deciso di ingaggiare esperti per esaminare più da vicino i “paper” con affermazioni che «potrebbero causare danni, contraddire i consigli di salute pubblica o alimentare teorie del complotto. Ci sono ricerche come quelle sui farmaci che non dovrebbero eludere il processo di peer review e non venire immediatamente disseminate come preprints», ha detto a Nature Richard Sever, cofondatore di BioRxiv e medRxiv. La “infodemic”, ossia l’eccesso di informazioni, alcune accurate altre no, circolate sui media durante la pandemia, ha fatto da catena di trasmissione alla “paperdemic”: il potenziale virale dei preprint su notiziari e social media è stato analizzato da diversi studi7. La ricerca che mostrava un legame tra covid-19 e Hiv è stata twittata 17mila volte e ha raggiunto oltre 25 testate giornalistiche, nonostante sia stata poi ritrattata5. A maggio 2020 gli studi correlati a questa ricerca postati su BioRxiv e medRxiv erano circa tremila.

D’altra parte : “Il primo rischio di non tener conto di tutte le pubblicazioni scientifiche è che si esagerino i benefici di un farmaco, come è avvenuto per clorochina e idrossiclorochina. Il secondo è che vengano sottostimati gli effetti collaterali. «Un anno dopo che nuovi vaccini vennero prodotti e immessi sul mercato a grande velocità per far fronte nel 2009 alla minaccia dell’influenza suina H1N1, nella fase post-marketing si registrarono casi di narcolessia in diverse persone che avevano ricevuto il vaccino Pandemrix. Ma ci vollero altri sette anni – e una causa legale – perché venissero fuori i rapporti di farmacovigilanza del produttore i quali suggerivano che i problemi di sicurezza del vaccino erano stati in realtà segnalati in tempo reale durante la pandemia». Continua Doshi: «I benefici della trasparenza vanno ben oltre una conoscenza più vera sulla sicurezza ed efficacia di un “prodotto”, servono per esempio a guadagnarsi la fiducia della gente. Esiste una sorta di catena della fiducia: solo se i dati sono resi disponibili è possibile ad altri ricercatori, che hanno la capacità di farlo, analizzarli e validarli. Perché per potersi fidare le persone devono avere la certezza che quei risultati sono stati sottoposti a un rigoroso scrutinio. Non ci sono le basi perché le industrie farmaceutiche si appellino alla confidenzialità commerciale, dal momento che la maggior parte dei prodotti che abbiano una prospettiva di mercato hanno già avuto la garanzia di profitti massicci attraverso l’acquisto preventivo fatto dai governi. Non ci dovrebbe essere preoccupazione alcuna sulla protezione dei brevetti. Prima che qualsiasi trattamento o vaccino sia reso disponibile su larga scala, i protocolli di studio dovrebbero essere di dominio pubblico, insieme all’analisi statistica, ai risultati dei trial clinici, al monitoraggio dei dati del paziente, e alla documentazione delle agenzie regolatorie e altri stakeholder». La trasparenza dei dati non è solo una cosa “bella da avere”. Annunci fatti senza l’accesso ai dati – sia che appaiano in pubblicazioni peer-reviewed o in preprint senza peer-review – non sono affermazioni scientifiche.”

Covid-19 ha messo in particolare evidenza ,non solo  i comportamenti ,le opinioni,  che vanno contro la scienza ma anche  il rischio di una politicizzazione della scienza. «I politici e i governi stanno sopprimendo la scienza. Lo fanno nell’interesse pubblico, dicono, per accelerare la disponibilità di diagnosi e trattamenti. Lo fanno per favorire l’innovazione, per portare i prodotti sul mercato a una velocità senza precedenti. Entrambi questi motivi sono in parte plausibili; i più grandi inganni si fondano su un granello di verità. Ma ciò che nascondono questi comportamenti è preoccupante. La scienza viene sacrificata a interessi politici e finanziari. Una appropriazione indebita e opportunistica. Vale anche per scienziati ed esperti. La pandemia ha rivelato come il complesso medico-politico possa essere manipolato in caso di emergenza, in un momento in cui sarebbe ancor più importante salvaguardare la scienza», scrive Kamran Abbasi, direttore esecutivo del BMJ35. Un esempio di uso improprio della scienza a scopo politico è stata la strategia proposta dal governo britannico per gestire la pandemia: l’immunità di gregge. Il modello su cui si basava non è stato reso pubblico e ci sono voluti alcuni giorni prima che un team di scienziati dell’Imperial College pubblicasse quali potessero essere le conseguenze di una decisione del genere per affrontare covid-19”

Dunque un  tema  importante e interessante quello che abbiamo tentato di esaminare  in un momento in cui  la scienza rappresenta  il punto di partenza  di un  percorso, che certo muta di giorno in giorno, perché questa è la caratteristica della scienza , ma senza la quale  non porta da nessuna parte  se non a soccombere  in una contesa che molte volte nella storia si è ripetuta  con alterni risultati.

(1) https://www.recentiprogressi.it/archivio/3565/articoli/35454/

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