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METAMORFOSI E TRASFORMAZIONE COME IPOTESI DI CAMBIAMENTO

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Redazione- Le figure retoriche, oggi possono essere considerate “ schemi deprivati di senso” in cui inserire le parole: “ donne,  cavallier, l’arme ed amori” (primo canto dell’Orlando Furioso di Ariosto)o parole rigorose su cui soffermarsi?

E’ risaputo che le culture umane sono in permanente evoluzione e la velocità del cambiamento  che è in relazione alla celerità delle trasformazioni tecniche e all’intensità ed estensione della comunicazione  ( con l’ansia generata dalla sua intensità e dall’esigenza di farvi fronte) rappresenti uno degli argomenti cardine dell’analisi socio psicologica.

Gia’ la legge dei tre stadi di A. Comte era dominata dall’esigenza di recuperare l’equilibrio fra ordine e progresso, (alterato dalla Rivoluzione del 1789) mentre  K. Marx individuava nelle trasformazioni produttive e nella formazione di un nuovo profilo di classe, proprio della società industriale, l’origine del mutamento. È persino possibile distinguere fra una scuola di pensiero dicotomica che concepisce il mutamento come approdo di un processo la cui origine è storicamente individuabile ed indirizzi ispirati all’antica teoria ciclica (di cui si troverebbe un’eco nello stesso V. Pareto) o alla filosofia dei corsi e ricorsi  di Vico.

Una continua  ricerca di paradigmi teorici capaci di spiegarne le cause, le condizioni e le forme ricorrenti del mutamento in realtà sociali quanto mai eterogenee,  che assume connotati di una visione critica e problematica del diverso.

Un mutamento, per intenderci,  che non conduce tra varie dimensioni esistenti  di un multiverso, o di una realtà

mitica o simbolica, cercata in un viaggio di “esplorazione personale”, proprio quando l’ordinario viaggio della vita sembra inutile.

Ma il privilegio di scoprire ciò che si cela nelle pieghe del tempo e dello spazio,  puo’ condurre alla  terribile solitudine cui è condannato colui che torna indietro dopo aver ammirato altri orizzonti, chi è uscito dalla caverna di Platone, chi ha osato con le ali di Icaro , chi ha immaginato un oltre ed un altrove possibile..

Chi  osa abbandonare le rassicuranti certezze legate alla personalità con la  vita, il  passato e il  futuro; ovvero dall’esperienza sino al timore della morte.

Ho sempre ritenuto che molte delle persone che incontro “ individui con patologie psichiche” siano ( come dice Jasper), viandanti di senso che hanno smarrito il significato del cammino o hanno in frantumi il sestante che li conduce.

E  quando si finisce per “delirare” non altro si fa’ che trovare riparo a qualcosa che si è frantumato e non ricorda piu’ quale fosse la forma iniziale.

Conversioni isteriche, dismorfofobie, transgender, sindrome di capgras, crisi pantoplasiche, non sono forse tentativi di ritrovarsi?

Ritrovarsi chiamandosi a squarciagola, perdendosi per paura, trasformandosi per celarsi, credere ad una altra realta’.Ma la tautologia si sa’ rassicura e allora è piu’ semplice curare che comprendere.Spesso ripenso alla metamorfosi di Kafka quando nell’involuzione/evoluzione di alcuni se’, l’alterita’ sociale scompare, si ritira, si difende e teme di essere quasi contaminata da possibilita’ trasformative.Mi chiedo cosa richiama alla trasformazione coloro che la attuano e cosa respinge negli spettatori.Perche’ alcuni adolescenti abbandonano il ciclo vitale canonico di evoluzione e decidono di trasformare le loro esistenze in una esperienza di morte credendo che diventeranno altro?Perche’ assistiamo perplessi ed immobili, cosa ci toccano delle nostre profondita’?L’onnivora e pervasiva pulsione ad abusare di tutto cio’ che vagamente possa trasformare ( dalle chetamine alle polveri di cannabinoide) non e’ forse un tentativo doloroso e solitario di provare a trasformarsi in qualcosa che assomigli al proprio se’ autentico.

Qualcosa che assertivamente cerchi di far coincidere quel che si sente con quel che si agisce

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