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” ELOISA , BADESSA DI PARACLETO ” – PROF.SSA GABRIELLA TORITTO

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Redazione- Fra tutti i personaggi femminili dell’Età di Mezzo Eloisa, badessa del Paracleto, è senza dubbio una figura drammatica quanto enigmatica. Il nome e gli eventi a lei legati sono divenuti nel tempo oggetto di narrazioni tendenziose, destinate a mettere ora in evidenza la triste sorte riservata a tante fanciulle vissute in quei secoli, la loro inevitabile sottomissione alla famiglia e al marito, altre volte a sottolineare il desiderio di una giovane, Eloisa appunto, di scegliere finalmente una libertà fino ad allora sconosciuta. Forse fu fra le prime a dare vita e voce ad esigenze di una maggiore e più circostanziata autonomia femminile.

Eloisa manifestò con la sua vita e con la sua voce la consapevolezza di porsi in contatto con il mondo esterno al fine di essere intesa e compresa anzitutto dagli uomini ma voleva anche porsi  all’attenzione delle stesse donne, spesso timorose e abituate  a rimanere nell’ombra,  donne che solo dopo molto tempo compresero pienamente il suo messaggio.

Con Eloisa iniziò il penoso cammino di tante creature che non ebbero paura di muoversi e di agire in una società indifferente e insensibile a certe questioni.

Oggi  Eloisa non può essere annoverata esclusivamente fra le “intellettuali”, né solo fra le “religiose”, poiché in seguito alle vicissitudini cui la sua esistenza fatalmente incorse si può affermare che fu finissima intellettuale e, pur non volendo, religiosa per amore del suo amato.

Fu ad un tempo  intellettuale, filosofa, studiosa di Aristotele e Platone, libera da convenzioni e condizionamenti sociali, amante appassionata, monaca regolare, donna palpitante, pronta al martirio pur di affermare i principi in cui credeva. Eloisa fu una figura singolare, animata da grande coraggio ma anche da fragilità, data l’epoca in cui visse.

Con lei nasce la querelle des femmes che non si sarebbe più fermata e su di lei sono a noi pervenute testimonianze di volta in volta discordanti. E’ stata rappresentata come   eccellente intellettuale, studiosa di filosofia e della letteratura latina classica e medioevale, autrice di importanti lettere sulla cui autenticità si è discusso moltissimo. La sua produzione epistolare ci è pervenuta attraverso Abelardo, cui le lettere furono indirizzate.

Ancora oggi però ci si chiede se l’autrice di quell’epistolario sia stata veramente Eloisa oppure se si trattò di una mistificazione.  In tale ipotesi non si saprebbe a chi attribuire le lettere.

Fu nipote di Fulberto, canonico di Notre-Dame. Nacque a Parigi a inizio XII secolo e durante l’adolescenza fu ben istruita presso l’abbazia di Argenteuil. Fulberto, in quel tempo autorevole personaggio nella città di Parigi, affidò l’istruzione della giovane nipote ad Abelardo, teologo, filosofo, nato in Bretagna intorno al 1079.

Abelardo fu allievo di Guglielmo di Champeaux e di Guglielmo di Laon. San Bernardo, che lo conobbe e lo criticò a fondo, lo definì “spirito ardimentoso e ribelle”. Fu a tal punto ribelle da polemizzare con i principali ambienti culturali di Parigi,  tanto che gli fu negata la presenza nella scuola di Notre-Dame. Pertanto Abelardo finì per fondare una nuova cattedra presso San Genevieve, che divenne in breve tempo un importante ritrovo della vita culturale parigina.

Fulberto allora decise che sarebbe stato Abelardo a completare la formazione culturale di Eloisa, volenterosa e già ben avviata agli studi.

I due iniziarono a frequentarsi e in breve tempo l’intenso programma di studi si trasformò in un’appassionata relazione d’amore, da cui nacque un figlio, chiamato Astrolabio.

Così Eloisa, che riteneva il matrimonio gettare un’ombra di interesse sul legame affettivo e distruggere  la stessa definizione di affetto disinteressato, fu costretta a sposarsi.  Da sempre sfavorevole  all’istituzione del matrimonio, si rifaceva al pensiero di Seneca e di Cicerone ed era fortemente influenzata da “De amicitia”, che per lei divenne il “livre de chevet”.

Abelardo di lei espresse parole meravigliose: “fin da giovane ha stupito il mondo, disprezzando i piaceri, ponendo tutta la sua vita nell’approfondimento dei suoi studi, condotti con tale e tanto impegno da superare persino gli uomini”“Invero graziosa, fu superiore ad ogni altra per l’infinita ricchezza del suo sapere …”  La definì la nuova Pentesilea, regina delle amazzoni, ricca di carismi e simile alle donne forti dell’Antico Testamento, in virtù dell’infinita ricchezza del suo sapere.

Abelardo purtroppo pagò amaramente il suo amore. Fu evirato. Fulberto si vendicò, sentendosi tradito da colui a cui aveva affidato un’innocente fanciulla, che peraltro Abelardo rapì e portò in Bretagna. Correva l’anno 1113 e anche Fulberto fu punito con la confisca dei beni e la radiazione dalla lista dei canonici di Notre-Dame.

In seguito a così grave scandalo Abelardo si isolò, rifugiandosi presso il monastero di Saint-Denis. Eloisa, rapita una seconda volta, contro la sua volontà fu costretta a rinchiudersi nel monastero femminile di Argenteuil, allora prestigiosa, e ne divenne priora. Successivamente il monastero retto da Eloisa passò sotto la giurisdizione di Saint-Denis e lei, ormai non più sua sposa ma sorella in Cristo, si ritrovò accomunata al destino dell’amato. Fu Abelardo a conferirle l’abbaziato della fondazione del Paracleto, ovvero dello Spirito Santo Consolatore, nella Champagne, dove il filosofo riprese l’insegnamento,  portando a termine il trattato “Scito te ipsum”, avendo illustri allievi, come Giovanni da Salisbury e Arnaldo da Brescia, e riannodando i suoi rapporti con Eloisa.

I due ripresero a frequentarsi e non poche furono le dicerie e le insinuazioni sul loro conto. Sicché dovettero nuovamente separarsi. Abelardo fu costretto ad accettare l’abbazia di Saint Gildas de Rhuys, nella selvaggia Bretagna, dove era nato, e dal quel momento non si sarebbero più rivisti. Iniziò a quel punto una fitta corrispondenza epistolare fra loro, sulla cui autenticità non vi è motivo di dubitare.

Le pene dell’amato Abelardo non erano tuttavia finite. Nel 1140 il  teologo e filosofo fu accusato da San Bernardo di Chiaravalle e condannato nel Concilio di Sens. Finito il Concilio, Abelardo si ritirò nell’Abbazia di Cluny, dove Pietro il Venerabile lo confortò e tentò di riconciliarlo con le autorità. Morì poco dopo, fra il 1142 e il 1144. Il suo corpo fu restituito ad Eloisa che lo seppellì al Paracleto. Eloisa gli sopravvisse per un ventennio.

Alla fine  ebbero comune sepoltura i due amanti che si amarono di un amore infinito e disperato che non consolò, che non conobbe appagamento o speranza, che consumò e non diede tregua.

F.to Gabriella Toritto

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