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COMUNICAZIONE E SISTEMICA: DALLA RETE DELLA VITA ALLE VITE DI RETE

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Come posso avere sostanza se non faccio ombra?

Devo avere anche un lato oscuro per poter essere intero”

 

C.G. Jung, Modern Man in Search of a Soul

 

Redazione-Oggi, sempre più, si propone un approccio interdisciplinare e trans-disciplinare negli ambiti organizzativi. Si auspicano tentativi di dinamica delle relazioni fra le parti di un sistema.

Dal punto di vista dell’osservatore, il modo in cui tali relazioni evolvono nel tempo, pongono sempre più verso una riflessione dei risultati.

In questo senso, si tratta di ‘vedere’ piuttosto che ‘guardare’ mostrando un’attenta osservazione da cui ha inizio una incisiva comunicazione in un sistema sempre più complesso. La vision va spostata verso l’esistenza di processi definiti trasversali, ovvero comuni a diversi livelli organizzativi di esistenza (cellula, corpo, famiglia, società, tecnologie), affacciandosi invece, dentro la questione della non-linearità e quindi della imprevedibilità dei processi vitali, che rimanda invece al tema dell’incertezza. Non manca poi il fatto che la conoscenza stessa può essere descritta come un processo, o meglio come una sistema di reti in continua connessione.

A partire dalla comunicazione e dall’ approccio sistemico, vediamo come il processo di conoscenza debba attraversare necessariamente l’informazione, ponendo attenzione al paradigma sistemico-comunicazionale, al linguaggio sistemico e alle connessioni.

L’intelligenza sistemica tra ambiente e comunicazione, sposta lo scenario dentro l’approccio sistemico,  l’ambiente come comunicazione e sistema, ed infine lascia spazio alla progettazione sistemica.

A partite  “Dalla rete della vita”che  indaga sulla rete della vita proposto da  Fritjof  Capra, si apre uno scenario verso l’ontologia, che riflette l’esigenza di fornire delle «solide fondamenta» alle scienze sistemiche e comunicative per  «identificare alcuni strumenti e procedure di carattere intellettuale con il dominio stesso della realtà, delle cose e dei comportamenti umani», trasformando così dei concetti in strutture ontologiche «dure e persistenti» in «un luogo fondamentale di spiegazione e di osservazione». L’introduzione del concetto di sistema e di complessità1 nella scienza contemporanea ha teso a far crollare questo mito e «quelle proprietà che si credeva facessero parte delle cose si sono rivelate proprietà dell’osservatore». Adottando questo punto di vista ne deriva coerentemente che distinzioni quali «sistema-ambiente», «autonomia-controllo» facciano parte della nostra cognizione di sistema e non sono caratteristiche del sistema stesso.

Tuttavia anche la teoria dei sistemi è stata per molto tempo dominata da problemi di ordine ingegneristico che riducevano il rapporto «osservatore-oggetto osservato» al tema del controllo. Un ‘analoga semplificazione è stata introdotta dall’alternativa riduzionismo (la comprensione del tutto a partire dalle parti) -olismo (comprensione del tutto a scapito delle parti), che ha reintrodotto di fatto l’illusione di un luogo privilegiato di osservazione e ha fatto trascurare «un tipo di spiegazione in movimento, circolare, in cui per cercare di comprendere il fenomeno si va dalle parti al tutto e dal tutto alle parti».

Ad ogni stadio l’osservatore  è in rapporto con il sistema attraverso una comprensione che modifica la sua relazione con esso.

L’osservatore, infatti, al pari di ogni altro organismo vivente, è autopoietico, cioè autonomo, autoreferente, autocostruentesi, e crea le sue conoscenze per compensare le perturbazioni del suo ambiente.

La definizione del sistema vivente come autopoietico ci permette di uscire dalla vecchia dicotomia sistema aperto-sistema chiuso e dall’illusione del controllo. Infatti i sistemi autopoietici sono chiusi (autonomi, con una propria identità) dal punto di vista dell’organizzazione, in quanto si autoproducono e non sono caratterizzabili in termini di relazioni «input-output». D’altra parte sono sistemi aperti (dipendenti), in quanto il loro comportamento è influenzato dalle perturbazioni dell’ambiente, che non determina però la loro identità. E’ la chiusura dell’organizzazione del sistema, che corrisponde al suo dominio cognitivo, che stabilisce l’ambito delle interazioni possibili e che determina il significato da attribuire agli stimoli esterni rispetto alla sua evoluzione.

In questo modo viene meno l’utilità del concetto di controllo e viene messo in primo piano, con l’idea di autonomia, il fenomeno dell’adattamento, visto come «compatibilità tra struttura dell’ambiente e struttura del sistema».Finché esiste questa compatibilità, l’ambiente e il sistema interagiscono attraverso perturbazioni reciproche e provocano continui cambiamenti di stato definiti «accoppiamenti strutturali tra sistema e sistema, sistema e ambiente». Altrettanto chiaramente trova posto l’idea dell’originalità di ogni sistema «che si costruisce e ricostruisce attraverso la storia particolare e idiosincratica delle sue interazioni e dei suoi accoppiamenti». Si richiama  il mondo vitale , secondo la teoria dell’agire comunicativo di J. Habermas e il suo paradigma“sullo sfondo dell’agire comunicativo c’è la dimensione del mondo vitale. E’ un serbatoio di evidenze e convinzioni che i partecipanti alla comunicazione utilizzano per i processi di interpretazione e di interazione cooperativa, ma che è esso stesso soggetto a valutazioni di validità” .

Habermas, così definisce il mondo vitale. Un mondo che si muove dentro quella dimensione che passa lungo la comunicazione dei mondi della vita quotidiana ed in cui i soggetti producono i significati.

In questo senso, il mondo della vita entra dentro la complessità del sistema sociale che viene controllato attraverso la socializzazione e l’interiorizzazione dei valori.

Il sistema sociale riceve dal mondo della vita non solo la riproduzione della vita in senso stretto, ma anche il suo senso più profondo (la società non è solo contratti e dominio ma anche valori ed emozioni).

Il senso viene prodotto all’interno dei mondi della vita quotidiana, che legittimano o meno l’operare dei diversi apparati istituzionali ( ad es.imprese, organi di informazione).

 Il controllo va dai mondi della vita ai sistemi sociali, e i mondi della vita tentano di difendersi dalla “colonizzazione”crescente delle logiche sistemiche.

La razionalità comunicativa è il medium di riproduzione simbolica dei mondi della vita.

Il senso viene prodotto all’interno dei diversi sistemi sociali, che svolgono una funzione specializzata nella società, in base al loro codice specifico (Es sistema economico, sistema politico, sistema dei media).

Il controllo va dal sistema sociale ai mondi della vita, e in questo senso il rapporto è asimmetrico:le diverse logiche sistemiche dominano quelle soggettive.

L’analisi delle connessioni macro e micro del sistema porta verso un pensiero che integri il ruolo complesso delle nuove tecnologie.

L’interdisciplinarità è oggi una parola d’ordine che attraversa tutti gli ambiti scientifici, un nuovo galateo che impone lo scambio di concetti e metodi, idee e pratiche, fra le varie discipline; ma lo scambio diventa veramente strategico nel campo delle scienze sistemiche ed umane, allorché ci si confronta con fenomeni basati sulle interazioni degli individui.

Dalla rete della vita alle  vite di rete,  è necessario fondere tutti quei  riferimenti delle scienze sociali viste come scienza integrata con tutte le altre in una logica

sistemica e di governance.

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